sabato 4 marzo 2017

Tregenda

Per questo sabato ho scelto una parola che evoca atmosfere cupe, magiche e misteriose. Una parola d'altri tempi, un po' antiquata. Una parola che fa rima con leggenda.

Tregenda [tre-gèn-da] s.f. 1. Convegno notturno di streghe e altri spiriti maligni. 2. fig. Notte da tregenda, che minaccia tempesta.

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Per il brano ispirato da questa termine era ovvio che avrei dovuto tirare fuori dai miei appunti un'altra strega, ma meno pacifica della guaritrice in catene di Batrace. E perché limitarsi a una sola?


Non ho paura di voi, seduti là sui vostri scranni. Non mi spaventano i vostri ferri roventi o le vostre corde.

Non vi ho ancora raccontato di come la testa mi fu spiccata dal collo, vero?
Non serve che m'incoraggiate con i vostri metodi: vi dirò tutto.
Accadde sette anni orsono. Mi stavo recando da Pisa a Firenze per assistere al processo di un eretico assieme all'inquisitore Agostino. Come tutti sapete, non giungemmo in tempo all'evento; anzi, non vi giungemmo affatto. Fu nelle campagne di Libbiano, credo, che sorprendemmo nella notte una tregenda di streghe e indemoniati. Ballavano attorno a un noce, alla luce dei fuochi, e alcuni di loro si erano già strappati di dosso le vesti e danzavano in cerchio, nudi, sotto la luna.
L'inquisitore mi fermò e mi disse che dovevamo tornare a riferire l'accaduto al vescovo. Stavo per obbedire, quando la vidi. L'unica creatura pura e innocente in quel consesso: una fanciulla in abiti da contadina, strattonata di qua e di là dagli invasati.
Mi precipitai tra di loro in sella al mio ciuco, ma non la raggiunsi. La folla mi afferrò e mi tirò giù, e assieme all'inquisitore fui portato al cospetto delle streghe: tre vecchie orrende che con l'aiuto del demonio avevano soggiogato il villaggio.
Ci tennero fermi e ridendo ci spalmarono addosso un unguento acre e ci costrinsero a bere una disgustosa pozione.
Poco dopo riuscii a vederli, i diavoli che ballavano con loro, e le tre streghe ritornare giovani e belle. Sapevamo di chi era opera il prodigio, perciò entrambi ci rifiutammo di pronunciare l'empio giuramento che ci veniva richiesto.
Infuriate, le streghe chiamarono un boia incappucciato che brandiva una scure. All'ennesimo rifiuto di Agostino il boia calò su di lui la mannaia. Poi fu il mio turno. Mi staccò la testa dal collo, ma non morii.
Fu la fanciulla che provai a salvare dalla folla. Lei mi tenne in vita e mi riattaccò la testa.
Voi la chiamate magia, e dite che sia una strega. Io lo chiamo miracolo, e quella fanciulla, santa.

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