lunedì 29 novembre 2021

Tienimi la mano


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Masha Raymers da Pexels


Tienimi la mano.
Tienimi la mano perché qui dove sono è buio, e tetro, e spaventoso. Tienimi stretta e non lasciarmi cadere nel baratro che sento premere sotto questa fredda lastra di marmo, quell'abisso silente e in attesa tra i sussurri empi che instillano un significato nel labirinto di follia che ho in mezzo alle orecchie. Lo stesso vuoto che mi afferrava per i piedi lassù in montagna, quando abbarbicata a una grigia parete di roccia mi tenevi la mano e non volevi lasciarmi andare, per quanto il braccio ti facesse male, per quanto il sudore t'imperlasse la fronte come un diadema rovente. Tu non volevi, lo so che non volevi, ma la fatica era troppa, ed eri solo una ragazza mortale.
Lassù in montagna, più vicini al sospiro degli Dei, o forse dei demoni, chi può saperlo che cosa c'è oltre il cielo, forse abbiamo sempre capito il mondo al contrario, forse è cadendo che si arriva al paradiso. Il vento gelido c'investiva e al suo soffio dondolava la corda spezzata, assurdo metronomo che contava il tempo in cui tu resistevi tenendomi la mano.
Sapevamo entrambe che non ce l'avresti fatta. Non c'era modo di salvarmi. Nella mia testa, stavo già precipitando.
Allora non so perché anch'io ti tenevo la mano, forse per avere qualche altro istante del tuo viso affaticato prima di lasciarti, forse per quell'istinto che non si rassegna nemmeno di fronte all'inevitabile, l'istinto per la vita, per la continuazione della vita: lo stesso che spinge a generare figli, a preservarli da ogni pericolo. L'istinto che i genitori scambiano per affetto.
I miei genitori. Li sento bisbigliare qui vicino adesso mentre ti tengo la mano, avverto la loro disapprovazione, loro non hanno mai voluto che andassi ad arrampicarmi con te, potendo, mi avrebbero tenuta in casa, al sicuro, lontana dalla tua cattiva influenza. E guarda cos'hai fatto li sento dire, non dovevano lasciarmi andare, non dovevi lasciarmi andare.
Ti tengo io la mano ora, anche se la tua stretta è molle, inesistente, anche se altre dita dalle unghie lunghe e appuntite come artigli lottano per separarci. Quando ci riescono sei tu che precipiti, destinazione ignota, mentre io sono al sicuro, sdraiata sul freddo marmo, sotto l'oscurità di un tempio dedicato a divinità terribili. In cerchio, sacerdoti e sacerdotesse che non smettono di bisbigliare le loro preci immonde, le vesti nere e scarlatte, i volti coperti da maschere deformi.
La maschera di un teschio d'ariete dalle corna ricurve sopra una lunga tunica color del sangue si allontana dallo spazio ormai vuoto tra di noi, dal tuo braccio abbandonato e inerte, e si fa incontro a una coppia che non riconosco.
– È fatta, – dice loro, – una vita restituita per una vita sacrificata. I nostri Dei mantengono sempre le promesse, soprattutto se c'è di mezzo una così dolce vendetta.
La sua voce, falsa e melliflua, nasconde un'eco graffiante, come veleno versato nel miele. Ma già si perde nella gioia feroce dei due estranei che mi osservano dall'alto, una gioia che stride in questo luogo di morte e disperazione. Mi aiutano ad alzarmi, e adesso ti vedo: rapita, legata, distesa in modo scomposto su quella lastra di ossidiana venata di bianco, la gemella inversa del marmo che sosteneva il mio corpo. Il tuo viso contorto dal terrore e una macchia scarlatta sul tuo petto sono i segni della vendetta perpetrata, perché coloro che mi abbracciano e mi aiutano a rimettermi in piedi avrebbero potuto scegliere chiunque altro ma hanno scelto te, hanno voluto uccidere te per riavermi indietro. E io, che ho perdonato te, non posso perdonare loro.
I bisbigli ci accompagnano mentre ci allontaniamo verso le porte di quel tempio sacrilego. Mi volto, e dietro il teschio cornuto che cela l'identità della gran sacerdotessa colgo un cenno d'intesa. Identico, il lievissimo cenno che le rivolgo.
Poi sorrido a coloro che ti hanno uccisa, e che non sanno che qualcos'altro, qualcosa di oscuro e terribile, è tornato con me. Oh, ma lo sapranno, presto lo capiranno.
I miei Dei mantengono sempre le promesse, soprattutto se c'è di mezzo una così dolce vendetta.

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