sabato 19 agosto 2017

Zenit

Come buona parte dei termini usati in astronomia, adoro zenit e nadir. E pensare che ho quasi scartato questa in favore di altre parole, solo perché "è troppo tecnico, non credo di essere in grado di ricavarne un racconto". Alla fine ho scoperto che mi sbagliavo.

Zenit [zè-nit] s.m. inv. astr. Punto d'intersezione della sfera celeste con la perpendicolare passante per il luogo d'osservazione posto sulla superficie terrestre (si contrappone al nadir). Sole allo zenit, direttamente sopra la testa dell'osservatore.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Ci sono personaggi persi nei miei appunti da anni. Ma per questi due (quattro?) è diverso: loro sono persi in un racconto bloccato da anni nel momento in cui sono dispersi. Tanto vale farli proseguire un po'... anche se non so ancora come la loro storia andrà a finire. Ad ogni modo, questo è ciò che il calore dell'estate mi ha ispirato!


Il sole era quasi allo zenit sul deserto. Non c'era una strada davanti a noi, nessuna oasi, né ombra, né un segno della nostra meta. Arrancavamo sudando sull'ennesima duna, del tutto identica alle cento altre che l'avevano preceduta. L'elementale del ghiaccio era alto la metà di quando eravamo partiti: vedevo goccioline staccarsi continuamente da lui e volare nel barattolo incantato di Jashira. Al vederlo la gola mi doleva, ma non ero abbastanza assetato da arrischiarmi a bere quell'acqua.
Jashy era stanca, ma aveva lo stesso sguardo caparbio di quando le avevo detto che non sarebbe mai riuscita a far piovere rane. Che giorno fu quello, per gli abitanti di Shonai!
Ho imparato allora a non dirle mai che non può fare qualcosa. Per quello non avevo detto niente quando aveva proposto di prendere "una scorciatoia". Speravo di dissuaderla, concordando con lei.
Non aveva funzionato.
L'elementale di fuoco non se la passava meglio. Avrei giurato che in un posto rovente un elementale del fuoco si sarebbe trovato come a casa, ma... Jashira aveva ragione: era affamato. Avevo già sventato un paio di attacchi ai bagagli. L'ultima volta gli avevo lanciato una manciata di sabbia. L'elementale l'aveva trovata di suo gradimento e s'era messo a ingurgitare sabbia, ma non era un cibo salutare, per lui. Si stava vetrificando, le creste fiammeggianti sostituite da una pasta trasparente che si solidificava sempre più. Jashira mi aveva rimproverato, e io le avevo chiesto scusa mille volte, ma per il momento non potevamo farci nulla.
Raggiungemmo la sommità della duna. Nessuna traccia della città-oasi di Timing. Scoppiai in una risata nervosa. – Ehi, Jashy! Non sarebbe divertente se schiattassimo e tra mille anni gli archeologi di Timing ritrovassero i nostri scheletri e i bagagli e un coso di vetro? Potrebbero indire una sfida per capire cos'è...
– Zitto e cammina!
Sbuffai. Il sole era allo zenit sul deserto e chi ci aveva ficcato in quel guaio non voleva ammettere che ci eravamo persi.

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