sabato 16 settembre 2017

Diafano

Non so, ultimamente scelgo solo parole delicate, leggere, che mi ricordano il colore bianco e un soffio di vento. Cosa vorrà dire?

Diafano [dià-fa-no] agg. 1. fis. Relativo a corpo che ha una trasparenza tale da lasciare vedere il contorno dell'oggetto posto dietro di esso, traslucido. 2. estens. lett. Trasparente, chiaro. 3. fig. Con riferimento a persona o al suo aspetto, di un pallore che lascia quasi vedere al di sotto della pelle.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Il primo personaggio che mi è venuto in mente per il brano era un vampiro. Un po' scontata come associazione: la fanciulla dalla pelle diafana illuminata da una pallida falce di luna. Poi ho scelto una figura che è l'opposto dello stereotipo del suo genere. Mi piace capovolgere i cliché.


– So quello a cui stai pensando – disse Julian, posando sul tavolo di legno grezzo l'elmo dalle fattezze demoniache che teneva sottobraccio. – Non assomiglio a una di quelle creature leggiadre dalla pelle diafana e dalle delicate ali di farfalla. Una di queste.
Julian si voltò verso la libreria. La guardai afferrare un grosso libro con gli artigli dell'armatura chitinosa e sfogliarlo sul tavolo. Come riuscisse a farlo con senza strappare le pagine con quelle cose appuntite che aveva alle dita, non sapevo spiegarmelo.
Julian mi indicò la figura di una fatina accanto a un fiore. Sembrava una fata dei cartoni animati del mio... dell'altro mondo. Ma non somigliava affatto alle donne che avevo visto tornare al di là della nebbia.
– Lo so – ribattei seccata. Incrociai le braccia.  – Ho visto la processione. La corte di eterne fanciulle. E hai ragione, non sei come loro, non hai fatto niente quando Laeverth è stata attaccata e come puoi indossare uno di... questi?
Accennai all'esoscheletro di demone che le faceva da armatura. Non osavo pensare a come lo avesse svuotato di quello che c'era dentro.
Julian rise. – Morire non ha intaccato nemmeno un briciolo della tua arroganza, principessa. – Chiuse il libro di scatto. – Una delle cose che raccontano è vera: non posso toccare il ferro. Ma non mi lamento, questa corazza è altrettanto dura, e più leggera.
Julian aggirò il tavolo e la sua figura sembrò offuscarsi dietro un velo diafano, che immaginai essere una barriera magica. Mi ricordava un vetro opaco. Julian si contorse, scivolò fuori dall'armatura e indossò una giubba, un paio di pantaloni e gli stivali. Quando uscì dalla parte opposta della barriera, raccolse i capelli neri in una coda e riprese a parlare.
– Tu non sai nulla. Non sai quanto possano essere crudeli ed egoiste le tue eterne fanciulle.
Sembrava una donna qualunque, non fosse stato per il pugnale di ossa e muscoli infilato nella cintura e dal quale, per quanto schifoso, non riuscivo a distogliere gli occhi.

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