giovedì 29 giugno 2017

Reminiscenza estiva

(racconto ispirato dall'esercizio Tappeto sonoro, non potendo raggiungere un luogo appropriato per l'atmosfera che avevo in mente, ho scelto di scrivere con il sottofondo di On the beach, a cui ho tolto il suono del fischietto e abbassato il volume dei gabbiani)

Suoni che sento:
sciabordio delle onde
voci di bambini
passi sulla spiaggia
fruscio di stuoie e ombrelloni scossi
strida di gabbiani
tintinnio di una campana a vento

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.

Il sole era calore sulla sua pelle. Solo quello, nulla più.
La ragazza sospirò e strinse le ginocchia con le braccia. Infilò l'alluce nella sabbia, scavando un solco più fresco e umido. Ma i suoi occhi erano fissi al cielo al di sopra delle onde, al di là dell'orizzonte. Dimra.
Un gruppetto di bambini le passò accanto, correndo verso l'acqua con un coro di gridolini che si fecero acuti quando sollevarono i primi spruzzi. Un paio di loro avevano braccioli verdi e blu infilati quasi fino alle ascelle; altri due ragazzini cercavano di rubarsi a vicenda un pallone da spiaggia, mentre una bambina, la più piccola del gruppo, arrancava con la vita circondata da una paperella gialla. Un adulto con un materassino sottobraccio li seguiva con aria rassegnata, gridando avvertimenti. Dedicò uno sguardo alla ragazza accoccolata sulla spiaggia, prima di passare oltre.
Lei chiuse gli occhi.
Ascolta, le aveva detto lui una volta.
Strida di un gabbiano che sorvolava una riva fin troppo affollata. Un lieve sbatacchiare della tela degli ombrelloni, e forse qualche stuoia o un asciugamano scosso da qualcuno per liberarlo dalla sabbia. Una campana a vento che tintinnava alle sue spalle, appesa al chiosco dei gelati.
Ora annusa, le ripeté il ricordo della sua voce.
La ragazza avvicinò le braccia al viso e inspirò il sale dalla pelle. L'odore rovente della sabbia. Le era rimasto addosso qualcos'altro, un'ombra di fragranza verde e calda, come di spezie, di resina e d'erba falciata? Non poteva esserne sicura.
Forse lo stava solo immaginando.
Riaprì gli occhi e fu accecata dalla gibigiana del sole che giocava sulle onde.
Il mare non sarebbe mai più stato lo stesso. Il mondo non sarebbe mai più stato lo stesso.
Lei non era più la stessa.
Con il vento che le soffiava nelle orecchie e spazzava via gli ultimi sprazzi di nuvole bianche dal temporale dei giorni scorsi, non sentì i suoi passi sulla sabbia.
– Allora, hai intenzione di passare il resto della vacanza a rimuginare qui da sola? – le chiese la rossa, china su di lei.
La ragazza trasalì, abbassò le braccia e accennò a un sorriso. – Fai davvero onore al tuo nome – le disse. Le dita afferrarono il pendente della collana, una specie di fiore d'argento stilizzato. – Ho così tante cose da chiedergli, e non posso. Vorrei averlo saputo prima.
La rossa le si sedette accanto. Si strinse nelle spalle. – Vero, non puoi chiedere a lui. Quel pessimo soggetto non è qui a farti impazzire ora. Però puoi chiedere a me. Che ne dici, ti va di scoprire quante imprecisioni ci sono qui dentro?
Le porse un libro. La ragazza sbirciò la copertina, ridacchiò e lo mise da parte. – Non voglio la fantasia, adesso. Voglio la realtà. Parlami del... posto, si dice così, vero? Parlami del posto da dove vieni.
La rossa cominciò a raccontare.

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