Foto dalle mie vacanze, Canyon Rio Sass, Fondo (TN).
Primo giorno dall'atterraggio. In questo posto ogni cosa è bizzarra e ostile.
Dopo i primi quattro tempi e mezzo, i miei condotti auricolari hanno cominciato a ronzare per il fastidiosissimo frastuono prodotto da una gran quantità d'acqua che scorre in profondità tra la roccia. Ogni tentativo di frenarla con la pistola congelante è stato inutile. Staccare pezzi di roccia e vegetazione e gettarli tra i flutti per creare una diga si è rivelato altrettanto futile. Tra l'altro, ritengo di aver scoperto che le piante indigene, ricoperte di questi minuscoli frammenti a forma di goccia di un verde malato, sono velenose. Non è normale che sulla mia epidermide siano comparse, un tempo dopo il contatto, numerose macchie della stessa forma e colore. Suppongo che a breve morirò.
Nell'insperato caso della mia sopravvivenza, ho esplorato l'area per stabilire un campo base. Sono ragionevolmente certo che alcune strutture, come l'arco di pietra sopra di me e le griglie di metallo grigio che compongono la strada sospesa su cui mi muovo, non siano di origine naturale. Da una prima analisi, sembrano usurate e non molto stabili. Ogni tempo che passo qui corro il rischio di vedermi franare la roccia addosso o di precipitare nell'acqua turbinosa. Senza contare il pericolo rappresentato da chi le ha costruite: non posso prevedere se e quando torneranno, o la reazione nel trovarmi a casa loro.
Comincio a non sopportare più l'odore metallico del sentiero e la puzza di materia vegetale che marcisce nell'umidità persistente. Che l'aria sia respirabile, non la rende buona. La temperatura è appena tollerabile. Non voglio restare qui una frazione di tempo più del necessario.
Appena completate le rilevazioni, me ne tornerò al sicuro nell'ambiente asettico e controllato della mia nave.
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