sabato 5 maggio 2018

Quassazione

Non sono una sostenitrice dell'uso di termini eccessivamente specialistici. A parte quando ne parla un personaggio che conosce alla perfezione l'argomento, e che per qualche motivo (abitudine, presunzione, l'intento di celare ciò di cui sta parlando ai non addetti, o al contrario, un dialogo con altri esperti del settore) preferisce non usare parole più semplici. Questo però lo trovo interessante.

Quassazione [quas-sa-zió-ne] s.f. Operazione farmaceutica del frammentare sostanze secche per ricavarne oli ed essenze.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Ho più di un personaggio che si diletta in "erbologia" e materie affini, dalla classica strega alla guaritrice a una più semplice cuoca, che però ha i suoi segreti da mantenere e altri trucchi nascosti nelle maniche. Ma ultimamente c'è un gruppo che riempie i miei pensieri, e ho deciso di dare spazio a loro.


Ethan sedeva sul tavolo mentre effettuavamo la quassazione dei semi che avevamo raccolto: Rosaura pestava i semi di lino chiacchierando senza sosta con Clara, Alice riduceva i semi di papavero in una finissima polvere nera e le altre sciamavano dal bancone alla stufa, dove in un paio di pentolini bollivano le nostre misture, riempiendo la cucina di un aroma dolce e pungente. Io sminuzzavo l'anice stellata e controllavo di tanto in tanto che mio figlio Ethan non si mettesse nulla in bocca. Sorrisi al bambino, che dondolava le gambe oltre il bordo del tavolo e mi fissava con grandi occhi scuri. Ormai riuscivo a leggere i mutamenti del suo aspetto, e i capelli biondi mi parlavano del suo stupore molto più della sua espressione. Ero sorpresa anch'io, almeno un po'. E felice. Era da tanto che non passavamo un pomeriggio così.
Gli eventi di due notti prima sembravano un passato lontano.
Almeno, finché il bambino non fece quella domanda.
– Quando arriva papà?
Clara mi guardò e rabbrividì. Il mormorio delle altre si spense all'istante.
– Non glielo hai ancora detto? – sibilò Rosaura. La capivo. Miraela era stata la sua migliore amica, prima che una sorella per tutte. La più timida e la più debole tra noi. Non ci aveva sorpreso quello che il suo Caduto aveva fatto.
Eravamo in dieci, all'inizio. Ed era bello. Poi, come i semi sul tavolo, eravamo state frantumate, spezzate, distrutte. L’essenza strappata dai corpi e dalle anime, vittime di una meticolosa quassazione. Non avevamo la forza di ribellarci, finché non era stato tardi.
Due notti fa avevamo usato ciò che i nostri angeli maledetti ci avevano insegnato per respingerli.
Alice si protese sul tavolo e mormorò: – Tesoro, il tuo papà non tornerà più.
I capelli di Ethan si tinsero di nero prima che il bambino iniziasse a piangere. La legna nella stufa s'incendiò in una vampata e l'acqua nei pentolini bollì furiosamente.
– Perfetto, Alice, proprio perfetto – sbottò Ingrid. – Ti pareva il caso di far arrabbiare il demonietto di Maria?

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