sabato 18 luglio 2020

Artefice


Artefice [ar-té-fi-ce] s.m. e f. Chi compie un lavoro che richiede creatività, sapere e specifica abilità manuale; artigiano. 2. Autore, orditore, responsabile.

Etimologia: proviene dal latino artifĭce(m), composto da ărs, ărtis, "arte", e  facĕre, "fare".

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Gustavo Fring from Pexels


Sapevo che se avessi avuto successo sarei stato ricordato come l'artefice del futuro, eppure non mi ero fermato un solo instante a considerare che tipo di futuro volevo che fosse. Non facevano per me le questioni morali.
L'unica domanda che mi interessava era questa: era davvero possibile? E non intendo sul piano economico, sebbene la nostra piccola startup iniziata, come tante altre, in un garage, non avesse gli stessi mezzi dei colossi multinazionali che con squadre di ingegneri e programmatori facevano passi da gigante nel campo della robotica e dell'intelligenza artificiale. Andava un po' meglio da quando un misterioso finanziatore aveva dato una notevole spinta al nostro budget, con l'unica condizione che il nostro androide fosse di aspetto femminile. Come se contasse qualcosa, per una macchina. I miei soci avevano fantasticato per mesi sull'idea che l'anonimo benefattore si aspettasse da noi una robo-prostituta, ma non io.
Per me non cambiava nulla.
Il problema era che quello che stavamo tentando di creare, noi non l'avevamo mai definito. Schiere di filosofi e di psicologi non avevano saputo spiegare, figuriamoci misurare, la parte del cervello che ci rendeva consapevoli di essere vivi. Di esistere.
Come avremmo capito di essere riusciti a ricrearlo, se non sapevamo cos'era? Lo chiesi a Dennis, l'artefice della pelle e delle sembianze esteriori del nostro ultimo modello, il più promettente, ma lui mi rispose di non farmi tanti problemi e di concentrarmi sulle mie stringhe di numeri.
Dennis era così: un genio quando si trattava di sperimentare nuovi materiali, ma non ne sapeva nulla di programmazione.
La notte in cui sciogliemmo la nostra società in modo non troppo pacifico, con la fuga dell'androide e la distruzione del laboratorio, pensai di aver perso anni interi di lavoro e che non sarei mai riuscito a raggiungere il mio obiettivo.
Finché non sentii la sua voce artificiale, divenuta più espressiva e vitale di quanto non fosse mai stata, cantare alla radio.

Nessun commento:

Posta un commento