sabato 11 luglio 2020

Vespertino


Vespertino [ve-sper-tì-no] agg. Del vespro, della sera.

Etimologia: il termine proviene dal latino vespertinus, derivato di vesper, "sera".

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Quando attraversai il passo montano, la sera stava già raffreddando i suoi colori dopo un tramonto lussurioso che si era rotolato in coltri di nubi vermiglie. Alle mie spalle il cielo vespertino era livido e carico di bufera, ebbro dell'ira di chi mi ero lasciata indietro. La mia famiglia, che mi aveva venduta. E l'uomo che mi aveva comprata, che non mi amava e che aveva già seppellito una moglie con i segni di percosse addosso.
Avevo giurato che non avrei fatto la stessa fine.
Ero partita da sola, seguendo il sogno fatto al tempio di Dorania, in cerca di una promessa che poteva sciogliere ogni altra promessa. Ero partita con nient'altro che me stessa, gli abiti che indossavo e pochi viveri in una sacca. Pensavo fosse un miracolo, essere riuscita a percorrere tanta strada, per me che non ero mai andata oltre la capitale. O forse era destino.
La Valle si stendeva ai miei piedi nella brezza vespertina, e con lei la speranza di una nuova vita. Alle mie spalle si addensavano nubi di tempesta, ma di fronte a me si preannunciava una notte limpida, lucente di pace e di stelle. Più in basso, nel tempio e nelle dimore dei Guardiani della Valle, si accendevano i primi fuochi. Erano la mia meta.
Pensavo che il sogno mi aveva guidata fin lì affinché mi votassi al servizio del tempio. Ed ero pronta, davvero, qualunque fosse la divinità che veneravano i suoi sacerdoti.
Non avrei mai immaginato che sarei divenuta io stessa l'incarnazione di quella divinità.

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