sabato 27 aprile 2019

Cuora

No, non è un refuso, la parola di questo sabato è davvero "cuora", che se non erro viene dal latino cŏrium, ovvero "cuoio, crosta". E se, secondo il detto, in alto i cuori... la cuora, invece, è bene che resti in basso.

Cuora [cuò-ra] s.f. 1. Strato erboso che galleggia su paludi o laghi. 2. region. Terreno paludoso coltivabile in seguito a prosciugamento.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Trattandosi di un elemento del paesaggio di una palude, era quasi scontato pensare al popolo che le abita in una delle mie storie. Stavolta non ho nemmeno provato a cercare qualcosa di più originale, qualcosa di inaspettato: ho seguito il mio primo istinto, e ho usato la parola solo nel suo primo significato che era l'unico plausibile per la scena che avevo in mente.


I tre cacciatori procedevano leggeri sulla cuora, lasciando morbide impronte sullo strato d'erba che l'acqua fluiva a riempire. I loro passi echeggiarono con lieve sciaguattio, spaventando i lepidotteri delle ombre e i piccoli corvi di palude che volarono avanti, ben più silenziosi dei cacciatori. Lasciare tracce, fare rumore: un comportamento simile non sarebbe stato tollerato in una caccia qualunque. Ma la preda che si accingevano a stanare non si sarebbe mostrata, se non avesse pensato di poter sorprendere i cacciatori.
Kokroshyd si fermò e indicò al cacciatore più anziano un gruppo di alberispina alla sua destra. Il suo compagno scorse la trappola e digrignò i denti in risposta. Non era ancora il momento di distruggerla: se la preda non si fosse mostrata di fronte al loro numero esiguo e alla loro goffaggine, forse si sarebbe reso necessario fingere di essere caduti nell'inganno.
Mentre Kokroshyd mormorava ai due di proseguire, un lampo squarciò il buio della palude, accompagnato da uno sfrigolio.
– Il fuoco sibilante! – urlò Kokroshyd, e si gettò a terra, affondando nella morbida cuora che, rotta dai suoi artigli, non resse più il suo peso. Nuotò nell'oscurità liquida assieme agli altri cacciatori, lontano dal luogo in cui si era tuffato nell'abbraccio sicuro del suo elemento. Alle sue spalle, raggi di luce rovente foravano la cuora, alla ricerca della loro carne. Quella era la magia della loro preda, la magia dei demoni pallidi: una magia infida, senza simboli e senza preavviso. Ma Kokroshyd sapeva che, mentre i demoni pallidi a cui davano la caccia erano concentrati su di loro, altrove nella palude altri cacciatori emergevano dalle acque e dalle ombre, e seguendo a ritroso le scie del fuoco sibilante, rintracciavano e abbattevano ogni singolo demone pallido che aveva osato mettere piede nella loro casa.
Per quella notte ci sarebbe stato cibo, e la palude sarebbe stata un posto un po' più sicuro.

Nessun commento:

Posta un commento