Immagine creata con Mega Anime Avatar Creator di Rinmaru Games
Anna, a differenza di Tenkaya, non si definirebbe un'eroina... ma buona, sì. E, in fondo, alcune delle caratteristiche che fanno parte di Tenkaya derivano proprio dal carattere di Anna. La propensione al rispetto delle regole, il disprezzo per chi bara o mente, la capacità di restare calma e concentrarsi, almeno durante una gara, la lealtà verso gli amici sono parte di Anna così come il suo temperamento umorale, il suo lato più dolce e allegro e la sua facilità a una stizza passeggera quando sente di essere stata vittima di un'ingiustizia, cose che invece Anna ha scelto di tener fuori dal personaggio che interpreta nel gioco. Tenkaya potrebbe quindi essere definita come una versione più matura di Anna, un ideale a cui la ragazza dovrà tendere nel corso della storia.
Di Anna, come per altri personaggi, non ho scritto una descrizione fisica. Perciò, arco a parte che non poteva mancare, per l'immagine ho inventato al momento.
Questo è il primo brano che scrivo per il blog con protagonista Anna/Tenkaya. Ho presentato altri personaggi che si muovono nella stessa ambientazione, ma i personaggi principali della storia ancora non erano comparsi sul blog.
L'esercizio richiede di scrivere il momento di dubbio dell'eroe buono, quello in cui i suoi valori sono messi alla prova. Per Anna/Tenkaya ho scelto quello in cui i confini tra il gioco e la realtà sono più sottili, e in cui le viene chiesto di fermare un uomo malvagio con qualunque mezzo.
Non pensavo che mi sarei mai trovata in una situazione simile. Non lo pensavo nemmeno quando avevo promesso a Sellit, al telefono, che nel caso le cose si fossero messe male avrei usato l'arco al di fuori della distorsione. Lì dove le persone morivano davvero.
Questo non era più un gioco.
L'uomo pallido, Dhamantin, teneva un braccio attorno al collo di Alex. Non stringeva, ma lo tratteneva davanti a sé, usandolo come scudo. E intanto, con l'altra mano, lo minacciava con un coltello.
Alex non lottava. Aveva smesso di lottare da quando Dhamantin aveva distrutto il suo simpler, da quando non era più Stefanus, il Mago dei Cristalli. Se ne stava lì inerme, a supplicarmi di scoccare la freccia, e di mirare al cuore. Di fermare Dhamantin a qualunque costo.
Io tenevo la freccia incoccata e la corda non del tutto tesa per non affaticare il braccio mentre decidevo che cosa fare. Avrei potuto colpire Dhamantin al braccio scoperto, ma era troppo vicino alla gola di Alex, e se avessi sbagliato, o se loro si fossero mossi?
La mano con cui reggevo l'arco tremò mentre mi ricordavo che io non ero Tenkaya. Ero Anna. E anche solo l'idea di ferire qualcuno, perfino qualcuno che fosse malvagio quanto quell'uomo, che aveva già fatto del male ai miei amici e che era fin troppo vicino a ottenere il potere di plasmare il mondo come desiderava, mi sembrava un pensiero folle. Allentai un po' di più la corda e abbassai la punta della freccia.
Dhamantin rise. – La nostra piccola arciera non ha il fegato per combattere davvero, n'est-ce pas?
Aveva ragione: mi ero arresa prima ancora di iniziare a lottare. Come Alex.
Vidi le lacrime nei suoi occhi. Sapevo che desiderava solo morire, da quando aveva perso tutto ciò per cui pensava di voler vivere. Ma non potevo essere io l'artefice della sua fine, nemmeno per impedire a Dhamantin di nuocere ancora.
Doveva pur esserci un altro modo.
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