lunedì 29 aprile 2019

Personaggio: Il Corvaccio

Raramente nelle mie storie il mentore è un vecchio dalla barba bianca. I miei mentori sono prevalentemente atipici. Tolti coloro che sono anche genitori o parenti stretti del loro pupillo, e quelli che non si separano mai davvero dall'allievo (ce n'è anche uno che finge la propria morte, per poi ricomparire... anche se, a sua discolpa, il motivo per cui l'ha fatto non aveva niente a che vedere con la persona che aveva ormai finito di addestrare), ne rimangono ben pochi. Questo è il primo che mi è venuto in mente.

Immagine creata con Mega Fantasy Avatar Creator di Rinmaru Games


Il Corvaccio è un mentore atipico: al contrario di altri personaggi che hanno ricoperto questo ruolo, non è benevolo, e non ispira certo simpatia. Nell'impartire i suoi insegnamenti, il Corvaccio non ha a cuore il benessere dei suoi allievi, bensì il proprio tornaconto, e più che offrire lezioni, il suo metodo consiste nel plasmare il carattere dei ragazzi che ha preso, è il caso di dirlo, sotto la sua nera ala.
Se altri mentori hanno l'obiettivo di rendere i loro apprendisti individui capaci e indipendenti, per poi lasciarli andare per la loro strada, con il Corvaccio non è così: alla scuola del Corvaccio non ci si diploma. Infatti ai suoi pupilli non vengono rivelate mai tutte le informazioni, ma solo quelle indispensabili per poter agire come pedine nei suoi piani; inoltre, parte del suo metodo consiste nell'instillare una certa dose di dipendenza, tanto che si può affermare che tutti i suoi allievi abbiano sofferto della sindrome di Stoccolma a un certo punto.
Per ottenere questo, il Corvaccio si presenta come qualcosa di più di un mentore. Per i suoi allievi il Corvaccio è un padre, qualcuno che si prende cura di loro, a suo modo: l'unica persona al mondo a cui interessa qualcosa di loro, l'unico che può proteggerli e insegnare loro un mestiere. Nel Corvaccio, tutte le caratteristiche che fanno parte del ruolo di mentore sono in qualche modo presenti, ma distorti a fini egoistici.
Anche se ne so parecchio a livello di personalità, non ho ancora una descrizione fisica del Corvaccio, almeno non sulla carta. Ma ce l'ho in mente, e l'immagine creata ci si avvicina abbastanza: un individuo nella seconda metà della quarantina, che porta male i suoi anni. Massiccio, capelli castano scuro brizzolati, pelle consumata dal sole e dai vizi, mani grandi e occhi scaltri, barba incolta e un vestiario semplice e comodo, quando non gli serve presentarsi con un aspetto più curato per mettere in atto uno dei suoi inganni.


Questi i brani già scritti in cui compare o viene nominato il Corvaccio:
Una lezione da dare
Utili insegnamenti
La libertà dopo il Corvaccio


L'esercizio richiede di scrivere il momento della separazione tra mentore e allievo. Come ho già scritto, il Corvaccio non è tipo da lasciare andare per la sua strada qualcuno che ha addestrato...
Il brano che segue si pone cronologicamente tra il primo e il secondo di quelli elencati qui sopra.


Il Corvaccio aveva esagerato. Le buone occasioni ci erano sfuggite dalle dita una dietro l'altra negli ultimi tempi, e per una volta che qualcosa andava nel verso giusto, il vecchio aveva deciso di fare l'ingordo e rovinare tutto. Rompendo una delle sue regole, oltretutto, una di quelle che non potevano essere aggirate né piegate, perché riguardava Galam.
Con il Dio Nascosto non c'era da scherzare.
– Avevi giurato! – sbottai, sbirciandolo in cagnesco mentre ce la davamo a gambe. – Non dovevi...
Il corvaccio allungò un braccio e cercò di assestarmi un manrovescio, ma io mi feci da parte mentre imboccavamo un vicolo. Era un vicolo cieco, chiuso sui tre lati da case a due o più piani, e lui lo sapeva. Era la nostra via di fuga, il piano di riserva del Corvaccio, che qualunque cosa accadesse, ne aveva sempre uno. Tranne quella volta.
La finestra del primo piano della casa disabitata alla fine del vicolo era chiusa, e la scala era sparita.
Ci fermammo entrambi con la testa rivolta in alto. Forse il Corvaccio non era stato l'unico a ignorare le conseguenze del Giuramento Inviolabile, e anche il compare a cui aveva fregato il bottino aveva avuto intenzione di tradirlo. Il Corvaccio era solo stato il più rapido.
– Razza di idiota! – sibilai, reggendo con entrambe le mani il sacco pieno. – Deficiente! Bastardo avido, non ti bastava la metà, no, tu volevi proprio tutto...
Il Corvaccio mi agguantò per un braccio. – Non ti permettere di parlarmi così, stupida ragazzina. Tutto quello che hai e che sei lo devi a me, non scordarlo.
Sbuffai. Dalla strada venivano le grida delle guardie. Eravamo troppo in vista, non ci avrebbero messo molto a trovarci.
Ripresi a rimbrottarlo sottovoce: – E ora, grazie a te finirò in gattabuia o peggio. E che no fatto di male io? Galam, io non ho neanche fatto quell'assurdo giuramento...
Lo sguardo mi cadde sulla finestrella della cantina, alle spalle del Corvaccio. Al livello della strada, aperta, e troppo piccola perché lui ci passasse: naturale che non l'avesse nemmeno considerata.
Ma era perfetta per una ragazzina smagrita.
Avevo ragione: io non avevo giurato, non avevo nessuna parola da non mantenere. Galam mi stava offrendo una via d'uscita.
Lanciai il sacco al Corvaccio, che mollò la presa sul mio braccio per afferrare al volo la refurtiva. E intanto, io già lo avevo aggirato, e stavo strisciando in quel pertugio. – Oh, non credere di potermi abbandonare così – lo sentii protestare, e afferrarmi uno stivale. – Sei mia Vixen, tu sei mia!
Sfilai il piede dallo stivale e con un tonfo atterrai sul pavimento della cantina. Sapevo che non c'era il tempo di salire di sopra e aprirgli una finestra al piano terra, e lì per lì, nemmeno lo volevo. Ero furiosa. Fu così che abbandonai il Corvaccio al suo destino.
Quella fu l'ultima volta che lo sentii urlare. Circondato dalle guardie, mentre io me la davo a gambe. Ancora oggi, non so se il Corvaccio sia morto quella notte, o se invece non sia chiuso in qualche prigione a marcire.
Rimorsi? No, per niente.
Almeno, non fino al mattino dopo. Quando mi svegliai in un magazzino lurido e mi resi conto di essere sola, davvero sola, una ragazzina smarrita nel grande e brutto e pericoloso mondo.

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