giovedì 18 aprile 2019

Personaggio: Dhamantin, il Giunco d'Argento

Non volevo scrivere di due esempi di Male assoluto che si assomigliassero troppo, così ho scelto piuttosto un personaggio che ne ha le intenzioni, l'indole, ma non ancora il potere. Insomma, più un Tom Riddle che un Lord Voldemort, un male assoluto ancora in divenire. Una menzione speciale va agli antagonisti di questa categoria che non ho utilizzato: i falsi dei di Night Shamyan, l'Oscurità avversaria del Fuoco nella storia di Vesta, e quello che io chiamo "il Terrore", di cui avrei scritto se non fosse troppo a rischio spoiler per la storia a cui appartiene. E ora il vincitore, il protagonista di oggi.

Immagine creata con Mega Fantasy Avatar Creator di Rinmaru Games


Dhamantin è uno dei giocatori più sadici e privi di scrupoli nell'universo di Duel. Ha un particolare talento per capire ciò che più irrita chi ha di fronte, o la cosa che i suoi avversari temono di più, e prova un piacere perverso nel metterla in pratica. Non ha remore nel piegare le regole del gioco a suo vantaggio, o nell'eliminare davvero, nella vita reale, altri giocatori. Ma questo non basta a renderlo un esponente del male assoluto.
Che cosa lo avvicina ad altri antagonisti del genere? Innanzitutto, il potere, di gran lunga superiore a quello degli "eroi" che lo combattono. Pur essendo umano infatti, Dhamantin appartiene a una ristretta cerchia di giocatori con un talento particolare che si trasmette all'interno della famiglia: quello di poter partecipare al gioco senza bisogno di usare la tecnologia che durante il duello isola dal mondo esterno i giocatori e li trasfigura nei propri personaggi. Quindi, già in partenza è "un po' più che umano", sebbene non sia l'unico. Oltre a ciò, quando compare nella storia Dhamantin è pericolosamente vicino a vincere il gioco, e quindi a ottenere il premio che gli consentirebbe di allargare il suo potere non solo all'area di gioco e ai due personaggi impegnati nel duello, ma a tutta la terra e a tutti gli esseri umani. Il potere di cambiare qualunque dettaglio in qualunque zona del mondo, unito alla sua inclinazione a dare alle persone esattamente quello che non vogliono, è sufficiente a collocarlo alla pari con i più classici malvagi per eccellenza.
Ultimi due particolari. Sebbene, essendo un essere umano, è chiaro che deve avere un nome al di là di quello che usa per il suo personaggio nel gioco, probabilmente questo non verrà mai scoperto dagli altri personaggi, facendo di lui una specie di innominato privo di una reale identità. E infine, trovo curioso che la sua arma nel gioco sia una spada (diversa da quella che uso nell'immagine, ne ho scritto una descrizione abbastanza precisa e non è facile trovarla simile a come l'ho ideata). Curioso, perché solitamente è proprio l'arma prediletta dalla nemesi del male, ovvero l'eroe buono.


Questi i brani già scritti in cui compare Dhamantin:
Dhamantin vs Tenkaya


L'esercizio richiede di scrivere il momento in cui un personaggio entra in contatto con il male assoluto, di persona o scoprendone l'esistenza attraverso il racconto di qualcun altro. Il primo duello in cui compare Dhamantin nella storia in cui fa da antagonista l'ho già scritto, ma è un brano lungo e dà per scontate alcune delle meccaniche del gioco già spiegate in precedenza... perciò ho optato per una versione riassunta e indiretta, che precede di qualche giorno il brano qui sopra.


Sellit e Alex parlavano fitto fitto in inglese, senza nemmeno allontanarsi dalla sedia su cui stavo piegata a riprendere fiato. Tipico degli americani, pensai, credere che il resto del mondo non li capisse. Io capivo, invece. Non tutto, ma qualcosa capivo. Sì, insomma: riconoscevo qualche parola, e da quelle univo i puntini, mezzo deducendo e mezzo immaginando i collegamenti che mi mancavano.
Ma quando venne fuori quel nome, quello lo riconobbi senza alcun dubbio. Dhamantin.
Strinsi i denti e cinsi lo stomaco con le braccia, con il dolore che riaffiorava nella memoria e filtrava attraverso i lividi che quel bastardo mi aveva lasciato.
Alex stava dicendo qualcosa tipo "individuo disgustoso" quando mi gettò un'occhiata e smise di parlare. Sellit, pure, si girò a guardarmi.
Agitai una mano. – Andate avanti, io sto bene – assicurai loro, volgendo le spalle ai due per quanto me lo consentisse la lunga fila di sedie della sala d'attesa.
Quella che avevo appena pronunciato era una bugia così palese, che era scontato che nessuno dei due mi avrebbe dato retta.
– Shariza. – Alex si sedette sui talloni e rimase lì a fissarmi. Apprezzai che avesse usato il mio nome nel gioco, che avesse scelto di non rivelare la mia identità a Sellit nemmeno in quella che, da quanto avevo capito, era una situazione d'emergenza. – Shariza, per favore, ora devi proprio dirmelo. Con chi hai combattuto prima di venire qui?
Sentii le mie labbra tremare mentre cercavo di trattenere quel nome. Ma dopo qualche istante che mi parve infinito, mi udii esalare quelle poche lettere, "Dhamantin" con voce roca e flebile, e mi sembrò che fosse stato qualcun altro a parlare. Fino a quel momento non avevo capito quanto mi avesse scosso quell'incontro. O, forse, la causa era di quel poco che credevo di aver capito del discorso di Sellit. E una volta che il silenzio fu rotto, non riuscii a fermarmi.
– Non l'ho visto arrivare – mormorai, alzando lo sguardo verso Sellit. – Non c'era nessuno sulla mappa. Mi è comparso davanti all'improvviso, e... credo che abbia hackerato il suo Simpler. – Non ci avevo pensato prima, ma quella era l'unica spiegazione che avesse senso. – Mi ha trascinato nella distorsione, e non avrebbe dovuto... eravamo troppo vicini. – Vidi Alex e Sellit scambiarsi uno sguardo. Mi venne in mente che forse Sellit, che vendeva elementi del gioco sottobanco, sapeva anche come alterare un Simpler in modo da non essere scoperto. Ma nessuno dei due parlò, perciò ripresi a riempire il silenzio. – Sapeva che avevo fretta. Già prima del duello, lo sapeva. Ha fatto quella cosa stupida, del non lasciarmi passare, e dopo... avrebbe potuto finirmi in un attimo. Come hai fatto tu. – Ricambiai lo sguardo di Alex, quindi distolsi gli occhi. – Invece ha continuato a... girare, e parlare, e ferirmi. Ferirmi soltanto, senza uccidermi. Non ha mai mirato a un punto vitale, mai.
Mentre raccontavo loro di quel duello orribile riaffiorarono tutte, una dopo l'altra, le ferite e le botte che ancora bruciavano nella mia memoria. Le staffilate alla schiena e alla spalla sinistra con il lato piatto della lama. La ferita superficiale che mi aveva intorpidito un avambraccio. Il taglio sulla coscia, e il colpo in testa con i petali argentati e taglienti che ricoprivano l'elsa. Il punto preciso della spalla destra in cui la sua lama mi aveva trafitto da parte a parte, e infine il solco nel mio addome che Dhamantin aveva ripassato più volte, con sadico piacere, quando ormai non ero più in grado di combattere. Ma anche allora, non abbastanza a fondo da finirmi.
– E mi ha lasciato lì a dissanguarmi, capite, finché non sono... finché non sono uscita dalla distorsione. – Avevo raccontato tutto. Tutto, tranne quel bacio che mi aveva imposto mentre non potevo reagire. Di quello mi vergognavo troppo.
Sellit e Alex tacevano. Alzai gli occhi e ne approfittai per chiedergli se quello che credevo di aver capito era vero. – Lui... lui lo ha fatto sul serio? Fuori dalla distorsione, intendo. Uccidere.
Sussurrai l'ultima parola con un filo di voce. Alex rivolse un'occhiata a Sellit, che annuì.
– Non possiamo più permetterci di fare gli schizzinosi e di rispettare le regole. Non deve cadere nelle sue mani. – Annunciò Sellit. – Quell'individuo va fermato. Il prima possibile. A qualunque costo.

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