lunedì 4 marzo 2019

Personaggio: Lisa Segni

Se penso a quale tra i miei personaggi rientra nella tipologia della Persona comune che ho presentato lunedì scorso, il primo che mi viene in mente è questo.

 
 
Lisa all'inizio della sua storia è una ragazzina fantasiosa e timida che frequenta la scuola media, dove ha un'unica amica, Emma Miotti, che caratterialmente è il suo opposto: cinica, diretta, e talvolta un po' aggressiva. La sua storia appartiene all'ambientazione che identifico con il nome "Oltreconfine", in cui esistono due terre parallele: una che potrebbe essere paragonata alla nostra, e una in cui esistono la magia e buona parte delle creature presenti nelle favole e nella mitologia, oltre ad alcune di mia invenzione. E, al contrario di quanto si potrebbe pensare, "Oltreconfine" è il nome che gli abitanti dell'altra terra danno a quella che potremmo definire normale.
In questa ambientazione si muove Lisa Segni, che seppure sia al corrente dell'esistenza di una realtà diversa, all'inizio è all'oscuro di buona parte delle sue usanze e delle creature che la popolano. Il suo ruolo per me è sempre stato quello dell'osservatrice, della testimone: la Storia è stata già scritta, a lei spetta solo di ricostruire qualcosa che è avvenuto in passato, traendo spesso le conclusioni sbagliate, e finendo nei guai per questo.


Questi i brani già scritti in cui compare Lisa Segni:
Lisa vista dalla sua compagna di banco Emma
Lisa in fuga (un cameo all'inizio del brano)
Lisa parla con la "fata" Julian
Un'anziana Lisa si abbandona ai ricordi


L'esercizio richiede di scrivere il momento in cui la persona comune entra in contatto con il mondo non ordinario. Il brano qui sotto si posiziona cronologicamente tra il primo e il secondo di quelli riportati qui sopra, e per Lisa, questo è il momento del contatto... letterale.


Un singolo disegno stonava con il resto. Era strano sfogliarli, perché non mi ricordavo di averli fatti io, così come non ricordavo le poesie, o profezie se tali erano, che uscivano dalla mia penna. Quel disegno sembrava realistico e ricco di dettagli come gli altri, ma al contrario di loro ritraeva un paesaggio cupo, oscuro, angosciante. Lo voltai: sul retro era scritto “Le caverne dei cattivi”, ma non ero in grado di ricordare se anche quel titolo fosse stato distorto dallo zelo di un adulto.
Era appropriato, però, dato che sul davanti vi era raffigurata una parete di pietra nera su cui si aprivano una serie di grotte. Da una di esse emergeva un accenno purpureo di artigli che stringevano e graffiavano la roccia, e più in alto, un volto allungato e spigoloso mi fissava con occhi crudeli dal foglio. Quegli occhi... quegli occhi mi catturarono e mi fecero prigioniera. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, né a gettare via il disegno, né a muovermi. Il mio cuore accelerò e l'aria si fece pesante nei miei polmoni. Non vedevo più i confini di quella scena, che pareva invece espandersi intorno a me, inglobandomi senza scampo.
La creatura si mosse, uscì dalla caverna, si diresse verso di me...
Strappai il foglio urlando, poi raccolsi le gambe al petto e piansi in preda al terrore. Non ero impazzita, sapevo benissimo che la figura non si era mossa, che non poteva farmi del male. Non in quel momento. Perché mi aveva già fatto del male in un altro tempo. Lo ricordavo. Quella creatura era il demone che mi aveva...
Sentii dei passi ovattati nella stanza. Tacqui e mi feci ancora più piccola quando una mano si posò sulla mia spalla. D'istinto, dissi: – So cos'hanno in comune. Sono tutti luoghi che ho visto con i miei occhi. E si trovano nella Terra dei Sogni.
Mi voltai e scoprii che la mano apparteneva a Jossintaur, e che lui mi appariva reale e tangibile come chiunque altro. Jo rise e si chinò ad abbracciarmi.
– Bentornata a casa, Emily.
Era confortante il suo abbraccio, dopo tutto quel tempo carico solo di sguardi e parole. Ma era anche qualcosa di più. Era come ritrovare un amico perduto. Mai mi ero sognata di poterlo sfiorare: lui era solo il mio amico immaginario, il ragazzo di un altro mondo. Mi strinsi di più a lui, a occhi chiusi, come se temessi di trovare qualcun altro al suo posto se li avessi aperti.
– Mi sei mancato – mormorai. Non sapevo perché lo avevo detto: in realtà la sensazione del ricordo era già svanita, lasciandomi più confusa e smarrita di prima.
Riaprii gli occhi e lo osservai con attenzione. Era lui, senza alcun dubbio, ma era così strano poterlo toccare! Era ancora più bello di quanto avessi immaginato. Staccai la destra dalle sue spalle per posarla sulla sua guancia, ridendo, senza chiedermi come fosse possibile. Ero sbalordita ed estasiata. Jo mi sorrise, quindi, con mio rammarico, si sottrasse alle mie mani e al mio abbraccio. Solo allora lasciai vagare lo sguardo nella stanza, accorgendomi di non essere più a casa. Non c'era il mio letto, la scrivania, i poster, l'armadio. Mi alzai in piedi.
La stanza aveva le stesse dimensioni, eppure non era la mia. E sembrava abbandonata da tempo. Sui muri e sul soffitto, affreschi che dovevano essere stati incantevoli nel loro periodo migliore stavano cadendo a pezzi, divorati dagli anni e dall'edera che si arrampicava sulle pareti. L'intonaco, staccandosi, aveva creato una polvere finissima, più densa vicino al battiscopa, che velava i colori vivaci del marmo e dei tappeti. I mobili non se la passavano meglio: il letto a baldacchino e l'armadio avevano un paio di colonne e le ante spaccate, mentre il resto del legno stava marcendo. In un angolo, invece, giacevano le macerie di un tavolo da toeletta. Ovunque c'era odore di muffa e d'umido, un odore di soffitta. Mi portai la mano davanti al naso, cercando di respirare il meno possibile.
– Non è confortevole, ne sono al corrente, ma non ho di meglio da offrire al momento – mi disse Jo, eseguendo di fronte ai miei occhi un inchino che mi apparve strano, dato che lui indossava abiti moderni.
– Dove siamo? – gli chiesi, intimorita da quella desolazione.
– A casa – ripeté lui, specificando poi: – Nel nostro mondo.
Non riuscii a ragionare, all'inizio; poi ricordai che quando Jo parlava del "nostro mondo", in realtà intendeva l'altro mondo, la Terra dei Sogni.
– Cosa? – dissi, indietreggiando fino a toccare l'armadio con la schiena. Non era così che l'avevo immaginato. Questo fu il mio primo pensiero. Poi un altro, istantaneo, mi colpì bloccandomi il respiro e aggrovigliandomi le viscere. Com'ero arrivata fin lì?
Io ero solo una come tante, il cui sguardo non riusciva del tutto a oltrepassare il confine. Com'era potuto succedere?

Nessun commento:

Posta un commento