sabato 16 dicembre 2017

Reminiscenza

Se hai visto i film o le puntate del telefilm Highlander, la parola di questo sabato ti suonerà familiare. In quel caso l'avevano usata per tradurre il termine inglese "quickening", che però non ha nulla a che fare con la memoria.

Reminiscenza [re-mi-ni-scèn-za] s.f. 1. Ricordo vago e impreciso di qualcosa; la cosa stessa ricordata. 2. In un'opera letteraria, teatrale, musicale ecc., ripresa, più o meno consapevole, di motivi propri di autori e opere precedenti.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.



Mi viene da pensare che con tutte le storie, i mondi e i personaggi che ho, finisco sempre per scegliere i soliti due o tre. Li calo in tempi e luoghi diversi, ma... ahi ahi, ho anch'io i miei preferiti tra le mie "creature"! Per stavolta ho ceduto, ma la prossima devo trovare spazio anche per qualcuno che in queste pagine non l'ha mai avuto.


– A volte qualcuno me lo chiede. Com'è stato vivere due vite, intendo. La verità li delude sempre.
Distolsi lo sguardo dalla città oltre la finestra della torre. Laeverth. Laeverth era così bella da far male al cuore.
C'era voluta tutta una vita, la mia seconda vita, per farla tornare al suo antico splendore.
– La verità è che io non lo ricordo. Ho qualche vaga reminiscenza, sì; ma nulla più di questo. Qualche immagine. Qualche frase che mi riecheggia nelle orecchie. È come svegliarsi da un sogno, sapere che si ha sognato, ma non sapere cosa.
Chiusi gli occhi e ascoltai i suoi passi sulle tessere variopinte del mosaico. Non volevo guardarlo, perché sapevo che il tempo trascorso non l'aveva cambiato. Jossintaur era lo stesso di quando, da ragazzina, gli avevo scioccamente rivelato il mio amore. Una cotta che in realtà non aveva motivo di esistere. In retrospettiva, ero lieta che lui mi avesse respinta con tutto il tatto possibile.
Ed era lo stesso delle mie reminiscenze dall'altra vita, solo che in quel caso il sentimento che associavo al suo viso era un odio profondo e altrettanto ingiustificato.
Lo sentii posarmi le mani sulle spalle. Sollevai una delle mie vecchie mani a sfiorargli le dita. – Sei venuto a dirmi addio, mio buon amico?
– No. – Sentii la seta elfica dei suoi abiti sussurrare un canto ben diverso dal fruscio di qualunque altro tessuto. Aprii gli occhi e mi ritrovai di fronte il suo volto giovane, le orecchie dalla punta delicata tra le onde della sua chioma bionda. – Sono venuto a dirti che tu hai vissuto più di due vite. In più di due mondi. E che questa non deve essere la fine, se tu lo vuoi.

Nessun commento:

Posta un commento