lunedì 28 giugno 2021

Mercati e negozi

Che ne dici di proseguire il nostro giro da turisti tra le storie con un po' di shopping? Qualche souvenir di viaggio, vestiti nuovi, una visita a un mercatino caratteristico o una fermata al centro commerciale... e poi via, alla prossima meta! Ti stuzzica l'idea? Seguimi, e ti mostrerò alcune tappe da non perdere per le storie di vendite e acquisti.



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Nelle storie si può trovare ogni genere di luogo di commercio, dalle piccole botteghe rivali di capi d'abbigliamento del film Concorrenza sleale all'enorme e labirintico bazar planetario in Valerian e la città dei mille mondi. Una visita al mercato, d'altra parte è spesso il punto di partenza per molte vicende, basti pensare alle fiabe, ad esempio La bella e la bestia, in cui nella versione originale il padre mercante avrebbe dovuto riportare a casa dei doni chiesti dalle figlie, tra cui una rosa per la più giovane e bella, oppure a Jack e il fagiolo magico, in cui uno scambio in apparenza improvvido fa la fortuna del protagonista. Come non rammentare poi l'inizio del cartone animato Aladdin della Disney, in cui a introdurre la storia è uno spassoso mercante col turbante.
Per la categoria dei mercati all'aperto, con bancarelle e carretti di ambulanti, nelle storie se ne trovano di tutti i tipi: da quelli resi in maniera più realistica come il mercatino di Campo de' Fiori, a quelli dove si va per rintracciare un ingrediente o un libro di incantesimi, come il Portobello Road di Pomi d'ottone e manici di scopa. Anche se di solito questo tipo di mercatino, che può assumere anche la forma di una via con negozi, è nascosto alle persone comuni, come la Diagon Alley della saga di Harry Potter di J. K. Rowling. Ma la differenza probabilmente è che a Portobello Road si trova davvero di tutto, anche cose comuni tra le quali è difficile rintracciare l'unica cosa di interesse per una (apprendista) strega.
Passando ai negozi, si potrebbe pensare che a questo punto le storie si fanno molto più reali e c'è poco o nessuno spazio per la magia. E invece no, perché basta immaginare un negozio di giocattoli, categoria perfetta per richiamare alla mente la fantasia dei bambini, ed ecco che in un negozio come quello del film Mr Magorium e la bottega delle meraviglie il tema è proprio quello di saper conservare quel pizzico di magia anche nella vita adulta. Ma anche in una semplice bottega da ciabattino, che a parte il fascino da lavoro d'altri tempi non sembra prestarsi a nulla di speciale, può capitare invece che il proprietario si ritrovi tra le mani qualcosa che gli cambia la vita, come accade nel film Mr Cobbler e la bottega magica. Comunque, nelle storie è bene fare attenzione alle botteghe nelle storie, perché anche un innocuo negozio di fiori può nascondere una sorpresa non molto piacevole, come la piantina dalla dieta particolare vista in La piccola bottega degli orrori.
Nelle storie i negozi possono essere raccontati dalla parte dei commercianti, sia che si tratti di piccole botteghe esotiche che nascondono un segreto come quella del romanzo La maga delle spezie di Chitra Banerjee Divakaruni, sia che si tratti dei grandi magazzini del film Shopgirl; oppure possono essere visti dalla parte dei clienti. Clienti ossessionati dagli acquisti come la protagonista di I love shopping, o clienti che passano soltanto davanti alle vetrine come nel film Colazione da Tiffany, sperando un giorno di potersi permettere la merce esposta, o di riceverla in regalo da un ricco corteggiatore.
Una categoria a parte delle storie ambientate in un negozio, o al centro commerciale, è il ricco filone di quelle natalizie. Troppe per citarle tutte, mi va comunque di ricordare due tra le più particolari, come il padre che si affanna cercare l'introvabile giocattolo chiesto dal figlio nel film Una promessa è una promessa, e il Babbo Natale sui generis che assieme all'elfo complice progetta un furto al centro commerciale in Babbo bastardo.
Infine, non sempre chi va al supermercato, o al centro commerciale in una storia è sicuro di tornare a casa sano e salvo con i suoi acquisti, soprattutto se si alza una nebbia strana che cela bizzarre creature, come nel romanzo La nebbia di Stephen King, o nella sua trasposizione su pellicola The Mist. E anche quando ci si va per cercare rifugio dagli zombie di L'alba dei morti viventi, le cose possono mettersi molto molto male tra gli scaffali dei negozi.
Ma qui mi fermo, meglio non andare oltre. Ci vediamo giovedì per i prossimi acquisti in uno dei negozi, o dei mercatini, che la mia fantasia ha immaginato.

sabato 26 giugno 2021

Ammennicolo

Ammennicolo [am-men-nì-co-lo] s.m. Accessorio di scarsa importanza.

Etimologia: dal latino adminiculum, "sostegno", composto dalla particella ad, "a" e dalla radice min, "sostegno per piante, paletto". Secondo altri sarebbe composto invece da manus, "mano", nel senso di "appoggio".



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Avevo tenuto la sua stanza come un santuario: un luogo immutato, inviolabile, sacro. A volte entravo e mi sedevo in un angolo a piangere, circondata dagli ammennicoli che Karin aveva raccolto. Soprammobili da pochi soldi, peluche, orpelli pacchiani da turista che aveva collezionato per riempire il vuoto della sua vita, quel grande punto interrogativo che era il suo passato. Il suo presente era diventato uno altrettanto grande.
Erano tutti convinti che fosse morta. Anche gli agenti che si occupavano del caso mi dicevano di non farmi illusioni. Lo dicevano senza mezzi termini, tanto io ero solo la sua coinquilina. A me sembrava che avessero smesso di cercarla, perché a dispetto della sua effimera fama, lei non aveva famiglia, non era nessuno. Ritrovarla non importava nemmeno ai discografici che avevano inciso quell'unico brano: perché avrebbero dovuto, se il mistero attorno alla sua scomparsa non faceva che aumentare le vendite?
E così ero rimasta la sola a sperare nel suo ritorno. Io, e quel suo ragazzo. Probabilmente. Non avevo avuto il coraggio di andare a cercarlo dopo quella notte, e le notizie che lo davano per vivo mi lasciavano indifferente.
Buona parte dello stipendio la spendevo per un investigatore privato. Non era Sherlock Holmes, ma era il meglio che mi potessi permettere. Non avrei smesso di cercare la mia bambolina dall'ugola d'oro. Buffo. L'unica donna che non ero riuscita a portarmi a letto, era anche l'unica che volevo nella mia vita.
Quando Virginia Blake della VB Cosmetics fece quell'annuncio e la presentò al mondo per ciò che realmente era, io non volevo crederci. Pensai a uno scherzo, a una trovata pubblicitaria. Ma era tutto vero.
Karin non era una persona. Era un robot, una... cosa.
Allora buttai all'aria la sua stanza, raccolsi i suo ammennicoli negli scatoloni e li gettai nel cassonetto, nel vicolo da dove lei era arrivata.
Qualche giorno dopo ricevetti la notizia dello sfratto e cercai di recuperarli per venderli, ma era ormai troppo tardi.

giovedì 24 giugno 2021

Uno zoo tutto per noi

Tra le mie ambientazioni ricorrenti, legate a determinate storie, ho un parco divertimenti in un futuro post apocalittico, un circo che si può raggiungere solo nei sogni e un freak show, ovvero un circo dei mostri... quindi un altro circo, non fosse che per quanto riguarda quest'ultimo ho descritto solamente momenti di vita quotidiana tra caravan e carrozzoni. In ordine sparso, ecco i brani che li riguardano su questo blog:


Quiescente (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/09/quiescente.html)
Uosa (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/03/uosa.html)
9 - Swing - Altalena (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/10/9-swing-altalena.html)
Ridanciano (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/07/ridanciano.html)
Impossibile (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/05/impossibile.html)
Peripezia (http://lapiumatramante.blogspot.com/2021/02/peripezia.html)
Lepido (http://lapiumatramante.blogspot.com/2021/05/lepido.html)


Nessuno zoo, quindi mi sono concentrata su quest'ambientazione per il mio racconto di oggi. Per scriverlo ho usato come tappeto sonoro Morning at the Zoo (https://www.youtube.com/watch?v=5vYEyNbB9JE) di Relax Enjoy White Noise. Non essendoci molti suoni da animali da zoo però l'ho integrato con altri video, principalmente con ASMR Zoo Visit (https://www.youtube.com/watch?v=JFK1Kl9UWsQ) di Ivi Lily ASMR.



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La bambina cresceva molto più rapidamente di quanto mi fossi aspettato. Non avrebbe dovuto sorprendermi, sapendo che i cuccioli di altre specie, anche terrestri, diventavano adulti indipendenti molto più in fretta, e noi potevamo mutare in uno o più esemplari di quelle specie ogni volta che lo volevamo. La verità era che, nonostante il cambiamento che aveva coinvolto entrambi, io ero ancora legato ai ritmi e alle concezioni umane, cosa che lei non avrebbe mai conosciuto. Trent'anni di abitudini erano difficili da gettare al vento così, come niente.
Qualcosa di familiare però ancora c'era nelle nostre giornate. Una visita allo zoo, per esempio, come se fossimo stati una famiglia normale. Beh, non proprio.
Lui era diventato molto prudente: aveva scelto con cura la città, lo zoo, e l'orario. Una struttura priva di telecamere, o di personale in servizio nelle ore notturne, in un paesino di provincia. Eravamo entrati che ancora era buio: facile superare muri di recinzione e grate di ferro, quando puoi diventare uno sciame di falene. In un attimo eravamo lì, tra enormi gabbie e ambienti esotici riprodotti artificialmente, a goderci lo spettacolo dell'alba. La bambina correva avanti, curiosa, e ogni volta che vedeva un animale che non conosceva, fosse stato un leopardo, uno scimpanzé, un coccodrillo, subito provava a trasformarsi.
Io e lui acceleravamo il passo per starle dietro, a due o a quattro zampe a seconda dei casi, e a me veniva mentalmente da ridere al pensiero che i bambini sono uguali in tutte le specie, terrestri e non. Anche come un cucciolo di alieno mutaforma, lei faceva esattamente ciò che fanno tutti i piccoli umani: imitare per imparare.
La trovammo di fronte al terrario delle rane, di nuovo in forma umana. Ci indicò un gruppo di batraci variopinti, che probabilmente sarebbero stati velenosi per qualsiasi creatura terrestre, e chiese: – Posso mangiarli?
Scossi la testa. Noi non risentivamo degli effetti di alcun veleno, fintanto che ciò che mangiavamo era vivo, ma il personale dello zoo ne avrebbe notato la mancanza. Provai a spiegarle il concetto di proprietà applicato alle creature viventi, ma lei lo comprendeva ancor meno di quando gliene avevo parlato rispetto agli oggetti. Per distoglierla dai suoi propositi, lui le disse che saremmo andati tutti assieme a caccia una volta fuori di lì, e funzionò, anche se più tardi la vidi guardare con desiderio una voliera di pappagallini variopinti. Non mangiavamo per il sapore di ciò che mettevamo in bocca, ma suppongo che quei colori e quelle forme insolite glieli facessero apparire desiderabili come le caramelle per un bambino umano.
Si fermò di nuovo di fronte al recinto degli elefanti (appena due esemplari in un ambiente ristretto, non era un grande zoo dopotutto) e ce li indicò. – Voi siete mai diventati uno di quelli?
Non ci chiese come si chiamavano, come avrebbe fatto qualunque altro bambino di fronte a un animale che non conosceva. I nomi, per noi che non ne avevamo più di nostri a definirci, non erano importanti. Non ne avevamo bisogno per mutare le nostre sembianze in un animale che stavamo guardando o che avevamo già visto. Tutto ciò di cui avevamo bisogno era una massa sufficiente per riprodurre almeno un esemplare intero o, se più piccolo, più esemplari della stessa specie uniti da una mente condivisa. E, nel caso di un elefante, ci mancava la materia prima per un esemplare adulto, ma lei che come tutti i bambini ci vedeva così grandi ancora non lo capiva.
Lui glielo spiegò mentre passeggiavamo sotto forma umana tra la gabbia dei lemuri e il recinto delle antilopi, poi la spronò a scegliere uno degli ambienti in cui entrare e confonderci con le specie presenti.
Mancava ancora qualche ora prima che il personale umano si facesse vivo per controllare gli animali e dar loro da mangiare, per poi aprire la struttura ai visitatori. Fino ad allora avevamo lo zoo tutto per noi, così ne approfittammo per far pratica passando da un ambiente all'altro, da una gabbia all'altra, da una forma all'altra, con la bambina che correva sempre avanti a noi, desiderosa di sperimentare tutto ciò che poteva e di imparare il più possibile da quella rara e bizzarra attività di famiglia.

lunedì 21 giugno 2021

Luna Park, circo e zoo

Dopo una settimana di visite ai luoghi della cultura, dai silenzi delle biblioteche alle atmosfere seriose di musei e mostre, cosa c'è di meglio che immergersi nella folla chiassosa e nel divertimento dei parchi a tema? Senza dimenticare i loro cugini itineranti, che siano Luna Park o circhi, e già che ci siamo, perché non una visita a zoo e parchi faunistici?



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Luoghi come il Luna Park, i parchi di divertimento, il circo o lo zoo nell'immaginario e dunque nelle storie rimandano subito all'infanzia, ai giochi, a un'età più spensierata in cui fantasia e immaginazione si confondono. Non è un caso se in un film come Wonderpark, in cui la protagonista rifiuta le abitudini dell'infanzia per cercare di crescere in fretta, il parco divertimenti che aveva immaginato si materializza per ricordarle la sua indole creativa. Ma nelle storie può accadere anche il contrario, ovvero che un bambino voglia crescere per poter salire su attrazioni da adulti, mantenendo però la mentalità della sua età precedente, come avviene al protagonista del film Big. In entrambi i casi, il ritorno alla normalità non sarà mai un ritorno al punto di partenza.
A proposito di partenza: il parco divertimenti può essere una meta agognata, una bella vacanza per tutta la famiglia, ma a volte le cose non sono come le si immaginava prima di partire. Capita al padre che trascina moglie e figli fino a un parco divertimenti chiuso per ristrutturazione, e mai titolo fu più azzeccato di Come ti rovino le vacanze. Ma anche ai tanti visitatori dei vecchi Jurassic Park (il film, così come il romanzo di Michael Crichton) e dei nuovi Jurassic World, perché parafrasando uno dei personaggi, quando ci sono di mezzo i dinosauri è un attimo passare dagli oooohhh! di meraviglia alle grida e alla fuga. E se gli animali estinti sono un po' troppo pericolosi per i tuoi gusti, prova gli scenari ricostruiti per mezzo della tecnologia del film Il mondo dei robot... salvo pericolosi guasti dei suddetti figuranti robotici.
Non va meglio, nei film, con un tradizionale parco divertimenti dei giorni nostri. Quando non c'è un'invasione zombie in corso con tanto di lotta per la sopravvivenza tra le giostre di Benvenuti a Zombieland, o la morte che rincorre i sopravvissuti di un brutto incidente sulle montagne russe in Final destination 3, il Luna Park può fare da copertura per un criminale, con tanto di scontro finale tra le attrazioni come avviene in Beverly Hills Cop III – Un piedipiatti a Beverly Hills.
Non bisogna poi dimenticare che il parco divertimenti può essere anche raccontato dal punto di vista di chi ci lavora, sia esso un ragazzo che accetta un lavoretto stagionale come nel film Adventureland, o una coppia di adulti che fanno parte stabilmente dello staff, protagonisti di La ruota delle meraviglie. E lì si possono intrecciare storie d'amicizia, d'amore, di crescita o di tradimento, con tutte le conseguenze.
D'altra parte quando un gruppo di persone lavora assieme, ad esempio nel circo di Come l'acqua per gli elefanti, è inevitabile che nascano attrazioni e gelosie, e che gli appartenenti al gruppo arrivino a considerarsi una famiglia, con tutti i pro e i contro del caso. Ancora di più se hanno caratteristiche che li accomunano e che li rendono degli esclusi al di fuori dell'ambiente circense, come avviene per gli artisti radunati dal protagonista di The Greatest Showman, altro esempio di come la fantasia di un bambino può diventare la creatività di un adulto, con un po' di determinazione e perseveranza. Non manca anche la versione fantasy del circo dei freak, come quello del film Aiuto vampiro, tratto dai romanzi della Saga di Darren Shan, in cui l'autore si è potuto sbizzarrire tra vampiri, uomini lupo, e altre creature ancora più bizzarre.
A proposito di creature, non bisogna dimenticare che alcuni circhi, e tutti gli zoo, prevedono la presenza di animali, dal cui punto di vista la storia può essere raccontata. In questo caso prevalgono i film d'animazione, tra l'elefantino Dumbo che dopo varie peripezie scopre grazie all'amico topolino di essere speciale, e una volta ritrovata la fiducia in sé stesso ha la sua rivalsa; il pesce chirurgo che nel film Alla ricerca di Dory per ritrovare la strada di casa e i suoi genitori finisce in un parco acquatico, e avrà il suo bel da fare per uscirne, tra amichevoli creature marine e visitatori umani; senza dimenticare l'assortito gruppetto della serie di film Madagascar, che dapprima, stanco dell'ambiente artificiale e ripetitivo dello zoo, fugge alla ricerca di qualcosa di meglio, poi dopo un assaggio di vita selvaggia cerca disperatamente di tornare a "casa" senza riuscirci... fino a scoprire che, dopo aver visto quanto è grande il mondo, il vecchio zoo appare ormai piccolo, troppo stretto, e la soluzione per continuare a girare il mondo è unirsi al circo che li aveva riportati al punto di partenza.
Ma adesso basta, o finisco per girare in tondo come su una ruota panoramica o una giostra cavalli. Come al solito, il prossimo appuntamento è per giovedì, e ti sfido a indovinare: ti porterò in un parco divertimenti, in un circo, oppure allo zoo?

sabato 19 giugno 2021

Falbo

Falbo [fàl-bo] agg. lett. Di colore biondo scuro, fulvo.

Etimologia: dal germanico falwa, attraverso la voce provenzale falb, latinizzata in falvus e falbus, da cui derivano i due termini italiani indicanti i colori fulvo e falbo.



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Non sono sempre stata così. Un tempo ero una volpe come tante altre.
Ricordo ancora la prima volta che accadde. Il sole basso all'orizzonte tingeva le nubi in un tramonto falbo, le ombre si allungavano e alle mie narici giungeva l'odore appetitoso di una preda. L'avevo seguita, tesa e attenta a ogni rumore, fino a inoltrarmi in un campo d'erba secca, gli steli ingialliti dall'estate. Ero allo scoperto, lontano dalle ombre degli alberi, quando udii i latrati dei cani in lontananza e capii che da predatore ero diventata preda. Mi girai e tentai la fuga, ripercorrendo i miei passi di corsa, ma il bosco era lontano e compresi in fretta che non ci sarei mai arrivata. Allora trovai un avvallamento e mi appiattii lì, nascosta tra gli steli falbi, poco più chiari del mio pelo, e rimasi zitta e immobile nella speranza che non mi trovassero.
Non riuscii a impedirmi di tremare quando li sentii abbaiare vicinissimi. Dietro di loro giunse l'uomo, e mi puntò contro il tubo grigio che in seguito imparai a conoscere con il nome di "fucile".
Non riuscivo a muovermi per la paura. Sentivo le zampe deboli e molli, e la leggera brezza mi metteva addosso un freddo mai provato.
Le mie orecchie udirono un verso nuovo, sconosciuto: – Miseriaccia!
Poi il cacciatore abbassò il fucile e tirò indietro i cani trascinandoli per il collare. E mi tese la mano.
– Sono mortificato, signorina. Sta bene? Che cosa le è successo, aspetti, le presto la mia camicia, non ho altro...
I suoi versi non avevano senso per me, non allora. Ringhiai, scoprii i denti, e tentai di graffiare la sua mano, ma la vista della mia zampa priva di pelo, così diversa, mi inorridì. Indietreggiai, poi fuggii nel bosco. Quando raggiunsi un posto sicuro dove riprendere fiato, scoprii che le mie zampe erano di nuovo le mie.
Con il tempo scoprii come cambiare per mia volontà, e non sotto la morsa della paura. Avere l'aspetto di uno di loro, e imparare a comportarsi e parlare come uno di loro, erano però due cose interamente diverse.

giovedì 17 giugno 2021

Il segreto del quadro

Avendo una storia che ruota attorno alla bibliotecaria, o per meglio dire, alle bibliotecarie che si occupano di una collezione di libri speciali, era ovvio che più di un racconto che ho scritto per il blog fosse ambientato in quella particolarissima biblioteca, o in una più piccola e comune all'interno di un edificio scolastico che è il luogo di lavoro "mondano" di una delle due. Quanto ad altri luoghi della cultura ho pochissimo, giusto un museo e una collezione privata di statue. Se ti va di leggerli, li trovi qui:


Come Alice (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/01/come-alice.html)
Tralignare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/03/tralignare.html)
Vivienne e La Biblioteca (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/02/vivienne-e-la-biblioteca.html)
Le conseguenze (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/03/le-conseguenze.html)
La maledizione del cuore infranto (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/03/la-maledizione-del-cuore-infranto.html)
Parenti al museo (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/05/parenti-al-museo.html)


Manca una galleria o una mostra d'arte tra i miei racconti, perciò mi sono focalizzata su una storia ambientata in quel luogo. Per scriverla ho usato come tappeto sonoro Modern Art Gallery Ambience Sound (https://www.youtube.com/watch?v=gZcixfv7Y_0&t=792s) di SCAHN Video.



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Ero seduta da ore su quel divanetto a fissare un singolo dipinto. La gente che affollava la sala mi passava accanto, commentava i quadri o parlottava del più e del meno, e ogni tanto qualcuno scattava una foto o due con il cellulare, nonostante i cartelloni che lo vietavano stampati a grandi lettere in più lingue in ogni sala. Prima o poi, qualcuno si sarebbe fermato a scattare una foto anche a me, pensai, considerandomi un'installazione della mostra, magari una statua di cera: "la donna che guardava i quadri". I ragazzini scappati al controllo dei genitori correvano avanti, e ogni tanto qualcuno si sedeva accanto a me e occhieggiava le stesse figure che io stavo osservando così attentamente, curioso di scoprire come mai mi affascinassero tanto. Ma non avevano la mia pazienza, e subito si alzavano e scappavano via, prima di poter carpire il segreto che per me era così evidente.
Il quadro non era mai lo stesso.
Le differenze erano sottili, e sarebbero sfuggite anche a un osservatore che si fosse attardato un istante di più rispetto ai turisti frettolosi in cerca di opere ben più rinomate di questa. Ma dopo un appostamento durato ore, io potevo dirlo con certezza. Alcune figure che all'inizio erano di spalle, nel corso del tempo si erano girate fino a essermi di fronte. Altre si erano sedute, o alzate; i personaggi più defilati erano gradualmente spariti dalla scena, sostituiti da altri. Mi domandavo come mai nessun altro lo avesse notato. Insomma, come minimo dovevano esserci delle foto di quel quadro, scattate tempo addietro, che con il trascorrere dei mesi avrebbero rivelato un mutamento ben più evidente di quello che avevo osservato io in poche ore; un cambiamento così marcato da non poter nemmeno più essere considerato lo stesso quadro. Capivo che la particolarità unica al mondo di questo dipinto fosse potuta sfuggire ai contemporanei del pittore, che non avevano mezzi per fissare per sempre un istante nel tempo, ma oggi... o stavo impazzendo io, cosa del tutto probabile, perché i quadri, da che mondo e mondo, una volta finiti non cambiavano... o davvero tutta questa gente che si aggirava per la mostra in un brusio bisbigliante e rintocco di tacchi, che dedicava a ogni opera d'arte meno del tempo che avrebbe occupato per una foto sui social o un video sul cellulare, aveva del tutto disimparato a osservare.
Non mi capacitavo di come nessuno a parte me, nemmeno gli esperti d'arte che dovevano aver scrutato attentamente ogni pezzo dell'esposizione, avesse mai notato nulla di strano. E se fossi stata l'unica al mondo a cui il dipinto non si vergognava di mostrare il suo segreto? No, il suo muoversi cauto, esasperatamente lento, non si era arrestato nemmeno di fronte al passaggio di una comitiva di studenti accompagnati dalla guida, che si era preoccupata di più di dare un'infarinatura generale sul periodo storico e sugli stili predominanti che non di commentare i dettagli delle opere effettivamente presenti e il loro significato.
Forse non ero una prescelta dal quadro, forse nemmeno sapeva di essere osservato, di essere stato scoperto. Eppure, per il fatto di essere la sola ad averlo compreso, nel corso di quel pomeriggio che volgeva ormai alla sera, era cresciuto in me il desiderio di averlo per poter continuare a osservare quello spettacolo al rallentatore. Avevo chiesto a una ragazza dello staff della mostra, venuta a sincerarsi che stessi bene: i quadri provenivano da musei e gallerie di tutto il mondo, e nessuno di loro era in vendita.
Avrei dovuto cercare di ottenerlo in un modo molto meno convenzionale.
Per fortuna sapevo già chi ingaggiare per l'acquisizione, e sapevo anche come far in modo che, una volta entrato in mio possesso, restasse mio: mi bastava tenerlo nascosto abbastanza a lungo, fino al giorno in cui fosse cambiato così tanto che nessuno avrebbe mai potuto riconoscerlo.

lunedì 14 giugno 2021

Biblioteche e musei

Cos'altro non può mancare, volendo fare un giro turistico tra i luoghi in cui sono ambientate le storie? Io dico che non si può saltare una visita ai luoghi della cultura, che siano biblioteche, musei o pinacoteche... seguite la vostra guida, da questa parte!


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Per comodità dividerò questa "guida" in due sezioni: comincerò dalle biblioteche per poi passare a musei, mostre, pinacoteche, e altri luoghi simili.
Solitamente, soprattutto per chi non nutre troppo interesse per i libri, una biblioteca è considerata in luogo noioso, dove il tempo non passa mai, e dove ci si reca solo se obbligati, come i ragazzi in punizione nella biblioteca scolastica nel film Breakfast Club; ma se pensi che un libro sia un oggetto qualunque, e soprattutto innocuo, allora non hai mai letto Il nome della rosa di Umberto Eco, né visto il film, che ci mostrano un interessante esempio di una storia ambientata nella biblioteca di un monastero, e pur appartenendo a un romanzo storico non ha nulla da invidiare alle sue colleghe degli universi fantasy quanto a struttura labirintica ricca di passaggi segreti e di misteri. Tuttavia nessuna biblioteca realistica potrà competere con La Biblioteca di Babele di Jeorges Luis Borges, una struttura tanto vasta da rasentare l'infinito, che contiene il Libro in cui è scritta la Verità, indistinguibile però da altri che narrano ciò che è falso, e assieme a questi numerosi altri volumi di sequenze di lettere prive di senso. Ci sono anche biblioteche in cui i libri non sono solo libri, ma portali attraverso i quali entrare in un mondo fantastico, o dai quali i personaggi e le creature delle storie possono uscire, come accade nel film Pagemaster - L'avventura meravigliosa
E talvolta le biblioteche nelle storie si fanno ricordare non per i volumi che custodiscono, bensì per i personaggi che vi si possono incontrare, spesso in qualità di residenti "occulti" come gli angeli del film Il cielo sopra Berlino, o come vere e proprie star della biblioteca conosciute da tutti, come il "gatto bibliotecario" del libro Io e Dewey di Vicki Myron, che racconta una storia vera.
La serie di film The Librarian infine narra di un bibliotecario/avventuriero/archeologo (una sorta di Indiana Jones, ma più nerd o secchione che dir si voglia) la cui base operativa è un'immensa biblioteca che però allo stesso tempo è anche un museo, in quanto contiene oltre agli scaffali di libri, piedistalli e vetrinette in cui sono conservati gli artefatti magici recuperati dal protagonista e dai precedenti bibliotecari. Quindi si può dire che quello sia, in un certo senso, l'anello di congiunzione tra i due luoghi presi in considerazione oggi.
Quanto ai film e libri ambientati in un museo, a eccezione della serie di film Una notte al museo in cui si raccontano le avventure, o disavventure, di un guardiano notturno alle prese con statue, mummie, quadri, perfino personaggi dei diorami che si animano, solitamente in una storia ci si reca in un museo o in una mostra di quadri per tre motivi: in visita, come accade in numerosi film di Woody Allen tra cui Manhattan e Provaci ancora, Sam; per fare ricerche su un misterioso reperto archeologico che poi condurrà a un tesoro, come in Il mistero dei Templari - National Treasure, o per rubare un pezzo dal valore inestimabile, come in Gioco a due, o per il suo valore affettivo, come in The Maiden Heist - Colpo grosso al museo. Che tra l'altro dimostra come nelle storie il personale di un museo non sia esente alle tentazioni, o a combinare terribili disastri, soprattutto se si tratta del protagonista di Mr Bean - L'ultima catastrofe.
Sebbene non ambientati interamente in un museo o in una mostra d'arte, infine, quei luoghi e i quadri che contengono hanno un ruolo fondamentale nel libro Il codice da Vinci di Dan Brown, e nel film che ne è stato tratto, come pure nel film La sindrome di Stendhal, due thriller molto diversi ma che non potrebbero esistere togliendo le opere d'arte a cui fanno riferimento dalla trama.
Concludo su una nota più allegra con un romanzo forse non molto conosciuto, ma che mi è rimasto impresso dalle mie prime letture: Fuga al museo di E. L. Konigsburg, in cui due ardimentosi ragazzi scappati di casa decidono che il museo è il posto ideale per nascondersi e viverci.
La visita guidata finisce qui... quasi. Per l'ultima biblioteca, museo o mostra d'arte da visitare, in questo caso tratto dal mio "itinerario personale", ci rivediamo da queste parti tra qualche giorno.

sabato 12 giugno 2021

Maliardo

Maliardo [ma-liàr-do] agg., s. 1. agg. Che incanta, seduce. 2. s.m. (f. -da) Chi esercita un fascino straordinario, anche in senso scherzoso.

Etimologia: derivato da malia, dal latino malus, "malvagio, dannoso", usato da Virgilio nel senso di "magico"; lo segue il suffisso peggiorativo -ardo.

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Al villaggio non si parlava d'altro. Non era possibile, dicevano, che una popolana come lei, senza un soldo, neanche tanto bella, fosse riuscita ad accalappiare lo scapolo più ricco della contrada. Le altre fanciulle le gettavano sguardi invidiosi, e bisbigliavano tra loro, quando Maia non era a portata d'orecchio, che doveva aver sedotto il pover'uomo usando una delle sue pozioni maliarde.
Intendiamoci, ogni singola ragazza del paese avrebbe volentieri approfittato di un aiutino pur di conquistare un buon partito, e più di qualcuna, prima del fattaccio, si era recata da lei o dalle sue sorelle a chiedere un filtro magico, dato che le storie sul loro conto giravano già da prima. Sette sorelle venute da chissà dove, senza famiglia, senza un passato, che se ne stavano sempre per conto loro, e i pochi che le avevano viste, giuravano di averle viste compiere prodigi. C'erano tutti i presupposti per identificare quelle giovani alquanto bizzarre come streghe.
Gli abitanti del villaggio non avevano tutti i torti, in fin dei conti: almeno un po', nel loro piccolo, le sette donne si dilettavano a praticare le arti magiche. La più talentuosa tra tutte era la giovane Alcyone, abilissima nel trasformarsi in questo o quell'animale. O meglio, lo sarebbe stata, se non le fosse mancata la concentrazione necessaria per mantenere la trasformazione più di qualche istante: la giovinetta, infatti, tendeva  distrarsi molto facilmente.
Quanto a Maia, però, le comari invidiose si sbagliavano: nonostante i suoi sforzi, non le era mai riuscito più di qualche intruglio curativo e qualche pozione dagli effetti molto blandi. Lei non avrebbe mai potuto irretire l'ambito scapolo per mezzo della magia. E non ci avrebbe nemmeno provato, poiché Maia, fino a qualche tempo prima, a prender marito non ci pensava nemmeno.
All'insaputa di tutte le donne del villaggio, infatti, il maliardo che aveva sedotto una fanciulla reticente con l'ausilio di un incantesimo era il loro tanto desiderato scapolo d'oro.

giovedì 10 giugno 2021

Vista sull'oceano

Non ho scritto tantissime storie ambientate in hotel o alberghi. La maggior parte di quel che ho trovato nel blog riguarda storie di stampo simil medievale, in cui un gruppo di viaggiatori/avventurieri fa tappa in una locanda. Qui ho aggiunto anche un paio di storie più moderne, non di veri e propri alberghi, ma di personaggi ospiti o affittuari di una stanza in casa altrui... è sempre qualcosa di simile, no? Eccoli qui:


Ridondante (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/02/ridondante.html)
Dietro una porta chiusa (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/05/dietro-una-porta-chiusa.html)
Becero (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/11/becero.html)
Personaggio: Taliesin (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/05/personaggio-taliesin.html)
Offuscare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/06/offuscare.html)
Cicisbeo (https://lapiumatramante.blogspot.com/2021/04/cicisbeo.html)


Come racconto di oggi volevo quello che ancora non ho: un vero hotel dei giorni nostri. O uno futuristico, perché fermarsi alla data odierna? Per scrivere questa storia ho usato come tappeto sonoro Underwater Hotel ASMR Ambience (https://www.youtube.com/watch?v=9Z8sEzt_twU&t=131s) di Miracle Forest, e quando l'ho trovato, ho capito di voler raccontare l'altra metà di una storia, quella metà a cui finora non avevo mai dato una voce.



mmagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Ivy Son da Pexels


Gettai lo zainetto con i miei pochi averi sulle coperte e mi diressi al pannello di vetro temperato, spesso quanto bastava per resistere al colpo di coda di una megattera, o ai tentacoli di un calamaro gigante, oltre all'enorme pressione dell'acqua che premeva dall'esterno. Appoggiai il braccio sul vetro e la fronte sul braccio, e mi parve quasi di sentirla, l'umidità fredda che strisciava sulla pelle.
Quando ero bambino, e vivevo nella cupola, una stanza con vista sull'oceano era un lusso che non mi sarei mai potuto permettere. Ma le cose erano cambiate, e la gente aveva iniziato a pagare di più per una stanza senza finestre, qualcosa che desse loro tranquillità e un momento di respiro dall'inferno blu che attraversavamo ogni giorno. Non in monete e banconote, no, e nemmeno in crediti elettronici: ogni forma di valuta ormai era soltanto un ricordo del passato. Il cibo era il pagamento più gradito qui negli avamposti: pesci, crostacei, molluschi, alghe commestibili.
Io non ero mai stato bravo con la fiocina. Era sempre stata mia sorella a procurarsi gli esemplari più pregiati, quelli che ci consentivano di mangiare almeno discretamente negli avamposti riconvertiti in hotel sottomarini, e di riempire d'ossigeno le bombole per la prossima traversata. Era sempre stata lei, fino a quel giorno.
Mi spinsi via dal vetro, girai il divanetto accanto al tavolino in modo che desse le spalle all'immensa finestra sull'oceano e mi ci lasciai cadere. Sul tavolino, il proprietario o più probabilmente una cameriera aveva già piazzato una tazza di tè d'alga nera fumante come dono di benvenuto. L'alga nera era la cosa più inutile che si potesse portare in un avamposto: cresceva praticamente ovunque, tanto fitta da essere paragonabile alle piante infestanti che invadevano un tempo i giardini della superficie, perciò non mi stupiva che pur di smaltirne un po' prima che marcisse, praticamente la regalavano.
Afferrai la tazza tra le dita e sospirai. Il gusto non era granché, ma il calore era il benvenuto. Io non ci avevo mai fatto l'abitudine, preferivo tenere la tazza in mano finché durava il calore e poi fingere di averlo rovesciato "per sbaglio". Adéla invece lo beveva ogni volta, rimproverandomi quando lo sprecavo.
– Henrique, smettila! È cento volte meglio quanto ti scalda da dentro, te lo assicuro, dovresti provarlo!
Non le avevo dato retta nemmeno quell'ultima volta, al Rifugio delle Sirene. Il proprietario di quell'avamposto era un uomo viscido, e aveva chiesto ad Adéla di restare, ma lei aveva rifiutato. Non sapevo se lo avesse fatto per vendicarsi di quel rifiuto, o semplicemente perché era un lurido taccagno. Stavamo sempre attenti quando ci riempivano le bombole, perché l'eventualità di incontrare qualcuno di poco onesto era sempre dietro l'angolo. Non sapevo come Adéla si fosse potuta distrarre. O forse avevano manomesso il suo contatore. Non lo avrei mai saputo, e a quel punto non aveva più importanza.
Qualcuno bussò alla porta. Posai la tazza sul tavolo e andai ad aprire: era l'inserviente con la mia zuppa di pesce e il libro che avevo scelto dallo scaffale all'ingresso. Non potevo permettermi altro, se volevo anche riempire le bombole fino al limite, con il misero bottino che avevo portato all'avamposto chiamato Motel Subterra. Riempire le bombole era la priorità, non si viveva senza respirare. Era un fatto risaputo, che era diventato tragica realtà quando Adéla si era accorta che il suo contatore lampeggiava sul limite di sicurezza. Eravamo ormai troppo lontani dal Rifugio delle Sirene per tornare indietro, e non abbastanza vicini al successivo avamposto, la Tana delle Tartarughe, per raggiungerlo. Eppure avevamo provato, nuotando abbracciati, veloci come non avevamo mai fatto. Io avevo ancora un buon quarto della mia riserva, ma non c'era modo di scambiarci le bombole, o di passarle una parte del mio ossigeno, non lì fuori nel bel mezzo del nulla. Avevo continuato a stringerla e a nuotare anche quando l'avevo sentita contorcersi e poi afflosciarsi. Avevo continuato, caparbiamente, a trascinare il corpo di Adéla con me, sebbene i muscoli delle gambe mi bruciassero e quel peso al mio fianco mi rallentasse così tanto che forse non sarei mai riuscito a raggiungere la Tana delle Tartarughe prima di esaurire anche la mia aria.
Mi aveva salvato uno squalo, portandola via con sé.
Congedai l'inserviente e spinsi il carrello vicino al vetro che dava sull'oceano. Rigirai il divanetto, mi sedetti e attaccai la zuppa, mentre un banco di pesci colorati guizzava oltre il vetro. Ad Adéla piaceva mangiare con quella vista. Diceva che eravamo fortunati. Noi, gli esuli delle cupole, eravamo quelli che ce l'avevano fatta.
Non avevo mai incolpato il proprietario del Rifugio delle Sirene per la morte di Adéla. Lui aveva solo approfittato del potere che aveva acquisito, che qualcun altro, inconsapevolmente, gli aveva dato. I rozzi abitanti degli avamposti erano diventati i padroni del mondo solo grazie a quegli schifosi Gargoyle, i mutati che avevano attaccato le cupole quando io e Adéla eravamo giovani. Assieme a un gruppo di Acquatici che avevano rinnegato l'indole pacifica dei mutati adattati alla vita nel mare, i Gargoyle avevano attaccato le cupole e rubato la nostra tecnologia e rapito i nostri scienziati per costringerli a lavorare per loro sulla superficie contaminata del pianeta. Loro, che avevano le ali per spostarsi rapidamente sulla superficie e la pelle spessa e resistente alle radiazioni, non si erano accontentati dei doni che aveva elargito la natura. No, avevano voluto di più. Avevano voluto prendersi tutto, e distruggere le città sottomarine che noi Veri Umani, gli ultimi rimasti, avevamo costruito per poter continuare a vivere.
Era colpa dei Gargoyle se tutta la mia famiglia era morta, se ero rimasto da solo, un esule in eterno pellegrinaggio da una stanza d'hotel all'altra.

lunedì 7 giugno 2021

Hotel e alberghi

La settimana scorsa ti ho portato a fare un giretto tra bar e ristoranti. Proseguendo con le tappe da turisti, quello che manca adesso è una sosta in hotel per riposarsi prima di ripartire, ma... facendo attenzione a non finire in uno dei posti meno raccomandabili di questo elenco!


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Al contrario di quanto accade con i luoghi di ristoro, per hotel e alberghi esistono un numero minore di storie dal punto di vista del personale rispetto alle tante che vedono come protagonisti gli ospiti. Tra i primi si può annoverare il film Grand Budapest Hotel, ma anche Un amore a 5 stelle,  mentre tra quelli di tipo "misto" mi viene in mente il film d'animazione Hotel Transilvania.
E con i tre film già citati ho coperto quasi tutti i generi di storie che si ritrovano di solito ambientati in questa "casa lontano da casa" che è l'albergo. Ma andiamo con ordine.
Uno dei filoni più classici è quello della commedia, tra scambi di persona, equivoci, ospiti bizzarri, mogli o mariti fedifraghi e tutta una serie di problematiche legate all'albergo che non è esattamente come i personaggi si aspettavano, o a una prenotazione errata delle camere. A dar retta ai cinepanettoni nazionali, come anche al film Hotel Paradiso, sembra che tutte le persone che si conoscono, che siano parenti che non si sopportano, amici invidiosi, odiosi vicini di casa o insopportabili colleghi, finiscano in vacanza non solo nella stessa località, ma addirittura nello stesso hotel e nel medesimo momento.
Se invece gli ospiti sono tra loro sconosciuti, una possibilità è che incrociandosi più volte nelle aree comuni scocchi la scintilla e prima della fine della storia i protagonisti si scoprano innamorati, con tutti i classici delle commedie romantiche. Il già citato Lost in Translation - L'amore tradotto (caspita... salta fuori ogni lunedì questo!) è un perfetto esemplare del genere, come pure Pretty Woman, pur non essendo una storia d'amore sbocciato "casualmente" tra due ospiti dell'hotel, si può annoverare tra i classici romantici con una stanza d'albergo come sfondo principale della vicenda.
Gli hotel delle storie sembrano quasi sempre offrire una certa aura di anonimato ai loro ospiti, e non solo quando si tratta di motel a ore dove consumare un tradimento registrandosi sotto pseudonimo; anche una conferenza sembra potersi svolgere senza che nessuno tra il personale conosca la vera identità e le motivazioni dei partecipanti, che possono anche essere creature di fantasia come nel romanzo Le streghe di Roald Dahl. Non è necessario però scomodare il fantastico per trovare personaggi con pessime intenzioni che girano attorno agli hotel: l'opulenza del Bellagio Hotel di Las Vegas, unita a vecchie rivalità, è il fattore scatenante che attira le attenzioni della squadra di ladri del film Ocean's Eleven su quella ricca preda. In genere però, salvo episodici furti o rapine, gli ospiti di hotel di lusso nelle storie non se la passano male.
Va assai peggio quando ad accogliere i viaggiatori è una struttura antiquata e isolata che spicca come un faro in mezzo al nulla (ancor peggio se ci si arriva in una giornata di pioggia): ecco a voi il Bates Motel del film Psycho, e non ho bisogno di spiegare perché sarebbe meglio cercare una stanza altrove. Purché non sia una stanza maledetta come quella numero 1408, in grado di alterarsi e mostrare ai suoi ospiti allucinazioni tanto vivide da farli impazzire. Altra stanza da evitare è la 237 dell'Overlook Hotel nel film e la 217 nel libro Shining di Stephen King, specialmente nella stagione di chiusura, se non si vuole fare la fine di Jack Torrance. Trame horror, follia, e hotel, sono così strettamente collegati che questi ultimi, con le loro stanze numerate e gli ospiti solo in apparenza sconosciuti, possono persino fare da metafora di una mente divisa in più Identità, come appunto avviene in un film.
Voglio ricordare, infine, uno degli hotel più bizzarri che mi sia mai capitato di incontrare in una storia, ovvero l'Hotel Climax,  tratto dal penultimo libro di Una serie di sfortunati eventi, intitolato appunto Il penultimo pericolo, di Lemony Snicket, le cui stanze sono ordinate secondo la Classificazione decimale Dewey usata nelle biblioteche.
Per oggi è tutto, ti aspetto per il check-in in uno dei miei hotel (ancora non so quale, ma vedremo) tra qualche giorno.

sabato 5 giugno 2021

Guiderdone

Guiderdone [gui-der-dó-ne] s.m. lett. Ricompensa, premio, remunerazione.

Etimologia: dal provenzale guizardon, che deriva dal latino medievale widadonum, e dal germanico vidarlon, "ricompensa", composti da widar, "contro, in cambio" e lon, "mercede, ricompensa", cambiata in don per influenza del latino donum, "dono".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Io e la mia banda avevamo riso nello scoprire lo squallido guiderdone che il Visconte di Argentara aveva posto sulle nostre teste. Diciassette miseri Coni Reali erano una nullità, considerato che anche il più inetto di noi, il Vecchio Orbo che da quanto era ubriaco cadeva ogni volta da cavallo, in una giornata riusciva a sgraffignarne dieci volte tanto. O il Visconte di Argentara era un taccagno della peggior specie, o non aveva proprio capito con chi aveva a che fare.
Nessuno sano di mente avrebbe rischiato di finire sgozzato in un fosso per diciassette Coni Regali. La gente rispettabile si chiudeva in casa quando passavamo noi. Persino gli straccioni badavano a non incrociarci per strada. Tale era la fama della nostra banda.
Quella taglia così inadeguata era una sfida. Così, mentre ci godevamo i lussi della villa di un nobilotto che al solo vederci era scappato dal retro assieme alla servitù, spronai i miei scagnozzi a proporre idee per un colpo spettacolare.
– Potremmo assaltare la diligenza delle tasse del Visconte – azzardò il Fiacco.
– Nah, già fatto.
– Che ne dite di andare alla fonte? – propose il Lesto. – Il deposito personale del tirchio, ad esempio.
– Non state pensando abbastanza in grande. – Li fissai truce. – Qua ci vuole qualcosa da una volta nella vita. Qualcosa che si ricorderanno tutti, non solo il bastardo.
– Il Tempio di Dorania. Scommetto che con tutti quegli oboli, ha le casse piene d'oro.
– Ora si comincia a ragionare! – Diedi al Piccoletto una pacca che lo mandò a ruzzolare sul pavimento. Scoppiammo a ridere e in mezzo al putiferio la voce avvinazzata del Vecchio Orbo si levò incerta. Dovetti far tacere tutti e farglielo ripetere.
– La Valle. Se cerchiamo l'oro di un Tempio, non c'è nulla di meglio della Valle.
– Ma è solo una leggenda! – protestò qualcuno.
Ma io ero interessato. Rubare da una leggenda poteva renderci leggendari.
Non avevo la minima idea di che tipo di guiderdone mi attendeva laggiù, e di come avrebbe cambiato la mia vita.

giovedì 3 giugno 2021

Cena al Blu di Mezzanotte

Ho scritto parecchi racconti ambientati in un bar o in un altro locale simile, mentre mi sono concentrata di meno per quanto riguarda i ristoranti. Qui una selezione di quelli pubblicati nel blog:

Amaricante (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/04/amaricante.html)
Patrizio Boscoscuro (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/11/patrizio-boscoscuro.html)
Un mentore reticente (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/11/un-mentore-reticente.html)
Perdersi a Natale (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/12/perdersi-natale.html)
La giustizia degli alberi (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/03/la-giustizia-degli-alberi.html)
Innamorarsi di un genio (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/12/innamorarsi-di-un-genio.html)
I commensali silenti (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/01/i-commensali-silenti.html)
Dietro a un bancone (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/02/dietro-un-bancone.html)
Insieme per caso (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/04/insieme-per-caso.html)
Mescere (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/05/mescere.html)


Nel riportarle ho notato una prevalenza di storie ambientate in bar e caffetterie, perciò per oggi ho preferito concentrarmi su un racconto che avesse invece come scenario un ristorante. Ne ho immaginato uno futuristico, perciò per scriverlo, ho usato come tappeto sonoro Midnight Diner ASMR Ambience (rainy night in surreal restaurant) (https://www.youtube.com/watch?v=4Eb9YhiO5B0&t=3059s) di Miracle Forest.



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Hasan Albari da Pexels


Non ero abituato a mangiare in tutto quel silenzio. Non quando sapevo di essere in un locale affollato.
Il Blu di Mezzanotte, con la sua atmosfera azzurrina e soffusa, la caligine rinfrescante e profumata che danzava sul pavimento, i suoi smorzatori di voce a ogni tavolo e le pietanze bizzarre, innovative anche per questo ventiquattresimo secolo, stando a quanto avevo sentito dire era uno dei ristoranti più costosi ed esclusivi di tutta Metronas, uno di quelli sempre al completo, il tipo di locale in cui per trovare posto dovevi prenotare con mesi di anticipo. A secoli di distanza dalla mia nascita e con un mondo completamente stravolto, a quanto pareva certe cose non cambiavano.
Comunque, non era il locale che avrei scelto per la mia prima cena con Kàli da quando mi ero trasferito a Metronas. Primo, perché non me lo sarei potuto permettere, e secondo, perché non ero così pretenzioso. A me sarebbe andata bene anche la pizzeria all'angolo del palazzo in cui passavo le mie giornate da cavia, anche se la pizza lì non aveva lo stesso sapore che aveva a casa; ma gli elfi presso i quali ero "ospite" avevano insistito, e pagavano loro, perciò tanto valeva approfittarne.
Studiavo il menù, zeppo di nomi che non mi dicevano nulla, quando Kàli mi raggiunse al tavolo.
– Scusa il ritardo – mi disse, passando una mano sulle squame delle braccia imperlate di pioggia: ovviamente, da creatura acquatica qual era, non si portava mai un ombrello. Mentre attendevo lei l'avevo sentita dal mio tavolo, accompagnata dal crepitio di tuoni lontani, la pioggia che batteva sulle finestre e sul selciato e che si faceva più intensa le rare volte in cui la porta si apriva, così come sentivo nitidi nel silenzio lo stridore delle posate e i passi ovattati dei camerieri, ma ovunque mi voltassi, tutt'intorno a me nella penombra nebbiosa, gli altri ospiti parevano boccheggiare muti come pesci per effetto degli smorzatori di voce. Kàli, che lo sapeva, non ebbe alcuna remora nel chiedermi a bruciapelo: – Ti stanno trattando bene?
Le indicai il lusso da cui eravamo circondati. – Guardati attorno. Sono il loro unico prezioso volontario Changeling, secondo te correrebbero mai il rischio di scontentarmi? – Sogghignai, prima darle la risposta seria: – Gli esami non sono mai troppo dolorosi o invasivi, le prove a cui mi sottopongono, non così difficili. Qualche volta, la sera, sono stanco morto, ma non posso dire che io non ci guadagni qualcosa da tutto questo. Ho scoperto così tanto su questo... – abbassai gli occhi alle mie mani – ...nuovo me stesso che non avrei mai potuto imparare da solo. Soltanto una volta abbiamo esagerato, e quello è stato davvero brutto. – Al contrario di lei, nonostante gli smorzatori, mi venne da parlare a voce bassa. – Dicono che sono andato in carenza di mana, e che il mio fisico non può reggerlo. Ma ci tengono a tenermi in vita, perciò d'ora in poi ci andranno più cauti.
Tra tutte le informazioni che avevo guadagnato da quello scambio, quest'ultima era la peggiore notizia che potessero darmi. Era ufficiale: mio fratello Jake e io non potevamo tornare a casa, nel nostro tempo, non tanto per il nostro aspetto che appariva spaventoso quando non imitavamo quello di un'altra variante umana, ma perché non saremmo durati un giorno nell'atmosfera priva di mana del ventunesimo secolo.
Sospirai, guardando il menù posato sul tavolo. – Non ci capisco niente di tutta questa roba. Tanto vale ordinare qualcosa a caso.
– Per tua fortuna ho lavorato in un locale simile, perciò posso evitarti pietanze che contengono rigurgiti o fluidi che sono certa non gradiresti, con i tuoi gusti da ragazzo del passato – commentò Kàli allegramente, e non capii se scherzasse o meno. – Non ti conviene dare una sbirciata in cucina... a meno che tu non voglia scappare a gambe levate.
Ecco: a quel punto ero certo che avrei preferito la pizzeria all'angolo. – Hai... hai lavorato in un locale del genere? – le chiesi, per evitare di pensare al resto del suo discorso.
– Sì, a Neon Anghels, non a Metronas, ma si somigliano tutti. – Kàli si strinse nelle spalle, e di fronte al mio sguardo sconvolto, aggiunse: – Che c'è, non pensavi che fossi un'Urbana? Ho vissuto per parecchi anni in una metropoli, prima di scoprire le mie attitudini e ritirarmi nella Riserva.
Mentre parlavamo una delle cameriere ci raggiunse. Apparteneva a una variante umana che non avevo mai visto, probabilmente tra le più rare, un'Aberrazione come me e Kàli: era estremamente magra, tanto che mi stupiva riuscisse a tenersi in piedi e camminare, e dalla sua pelle azzurro-grigia si levava la stessa nebbiolina profumata che si agitava sul pavimento. Non avevo mai visto qualcuno come lei, eppure era lei che mi guardava con malcelato stupore, a occhi sgranati. Mi chiesi perché, dato che per l'occasione avevo scelto di non apparire come uno degli unici due Changeling esistenti al mondo, ma di indossare il mio vecchio aspetto di umano qualunque. Solo in un secondo momento ricordai che gli umani qualunque, che in questo secolo chiamavano Invariati, erano molto rari, addirittura meno numerosi degli appartenenti a una delle Aberrazioni, escludendo la mia, e se ne stavano generalmente per conto loro, in città autosufficienti create apposta per ignorare il resto di questo folle mondo.
Lasciai che fosse Kàli a ordinare, e dal poco che riuscii a capire mi parve che lei avesse scelto di prendere qualunque cosa nel menù che contenesse il mana in qualche forma, liquida o solida, e mi chiesi se non fosse perché dopo ciò che le avevo raccontato era preoccupata che gli elfi nei loro laboratori non me ne fornissero abbastanza. Come se non si trovasse ovunque attorno a noi nell'aria che respiravamo. Ma poi Kàli mi spiegò che il processo di liquefazione e di brinamento del mana era parecchio costoso, e che dato che non pagavamo noi, tanto valeva approfittarne.
Prima che la cameriera ci lasciasse, allungai una mano e mi decisi a chiederle quello che avevo in mente fin dall'inizio.
– Posso... posso toccarti?
Non avevo ancora assimilato la sua particolare variante umana, e finché il mio corpo non ne decifrava il DNA con il contatto, non sarei stato in grado di assumere le sembianze di uno della sua specie. Per me era una richiesta innocente e logica, ma sia la cameriera che Kàli mi guardarono inorridite.
Toccò poi a Kàli spiegarmi che era proibito per legge il contatto tra clienti e professionisti come camerieri, commessi, intrattenitori e simili, e sempre a lei chiedere scusa alla cameriera per le mie maniere barbare da "ragazzo del ventunesimo secolo".