sabato 13 giugno 2020

Offuscare


Offuscare [of-fu-scà-re] v.tr. (offusco, offuschi ecc.) [sogg-v-arg] Oscurare qualcosa, renderlo fosco, buio; annebbiare; estens. privare qualcosa di chiarezza. fig. Rendere qualcosa confuso, ottenebrare; rendere qualcosa meno vivo o splendente, farlo scadere, sminuirlo.

Etimologia: proviene dal latino tardo offuscare, composto dal prefisso ob "dinnanzi", e fuscus, "oscuro, nero".

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Bryan Geraldo from Pexels


Quando mi ero offerta di ospitare lo straniero, pensavo che la sua presenza avrebbe alleviato la mia  solitudine. Non nel modo in cui insinuavano le vecchie comari, no. Soltanto... volevo sentire che c'era di nuovo qualcun altro, oltre a me, in questa casa che ormai mi andava troppo larga.
Ma lo straniero se ne stava sempre per conto suo, in una camera che aveva offuscato abbassando le tapparelle. Non usciva mai di giorno e riuscivo a vederlo solo quando, vincendo l'imbarazzo, prendevo l'iniziativa e portavo nella sua stanza buia il vassoio del tè o il carrello portavivande con il pranzo. Non restavo più di qualche minuto, perché trovavo opprimente l'oscurità in cui si era confinato, e non avevamo argomenti di conversazione. Lui non parlava molto, e non avevo idea di cosa facesse tutto il giorno là dentro da solo.
Sapevo che usciva di sera tardi, o di notte, perché al mattino trovavo il carrello portavivande oppure il vassoio del tè in cucina, con le posate e le stoviglie lavate e riposte nella credenza. E, ogni primo del mese, non mancava mai di lasciarmi sulla tavola una busta con l'anticipo dell'affitto della sua stanza.
Non potevo lamentarmi, davvero. Ma non era questa la convivenza che avevo immaginato.
Io avevo sperato in rumori di passi, e in una voce che riempisse il vuoto, quel vuoto pesante d'assenza che giorno dopo giorno offuscava sempre di più, nella mia mente, il ricordo di una famiglia che non avrei mai più rivisto.

Nessun commento:

Posta un commento