lunedì 29 luglio 2019

Il giullare

Dopo aver descritto persone comuni, eroi coraggiosi e malvagi antagonisti, aiutanti (magici e non) e astuti ingannatori, mi sembra giunto il tempo di un po' di leggerezza. Così, stavolta è arrivato il turno di un tipo di personaggio che non si può non amare:

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Il giullare è quel personaggio che fa battute, si ritrova protagonista di equivoci o situazioni imbarazzanti, oppure è talmente goffo e impacciato da combinare fin troppo spesso guai, a dispetto delle sue buone intenzioni. Un classico esempio nell'universo Disney è il simpatico Pippo, che si infila in disavventure procurate dalla sua stessa goffaggine, o anche lo scoiattolo Ciop, quello dal naso rosso, il più casinista, ingenuo e impulsivo dei due. Il giullare è anche definito "spalla comica" perché, come dimostrato dai due scoiattoli, viene spesso accoppiato a un personaggio più serio, al quale inevitabilmente rovina ogni piano, quale è il caso di Igor nel film Frankenstein Junior. Altre volte, è proprio la differenza di carattere tra i due a creare l'effetto comico, come accade con i droidi R2-D2 e C-3PO di Star Wars.

Ci sono casi in cui il giullare ha, all'interno della storia, scene dedicate a lui soltanto, e una o più battute (o situazioni) ricorrenti che lo caratterizzano: è il caso dello scoiattolo preistorico Scrat nei film che riguardano L'era glaciale, sempre alle prese con la sua adorata e irraggiungibile ghianda. Altre volte il giullare è talmente inserito nella trama da esserne il protagonista, come accade nelle serie, animate e non, dedicate a Mr Bean o L'ispettore Gadget. Quando appartiene a un gruppo, il giullare può esserne la mascotte o l'elemento più pavido: nelle avventure di Scooby Doo, rispettivamente l'omonimo cane e il pauroso Shaggy, sebbene spesso definire chi sia il più spaventato dei due è un'impresa ardua. Nel caso il gruppo sia composto da creature soprannaturali, non umane o dotate di poteri speciali, spesso il ruolo di giullare ricade sull'unico normalissimo umano privo dei suddetti poteri, ed è ciò che avviene con Xander nel telefilm Buffy l'ammazzavampiri. Ma può essere vero anche il caso inverso, in un'ambientazione in cui il resto dei personaggi è perfettamente umano, è l'alieno o la creatura proveniente da una realtà diversa a essere, involontariamente, il giullare della situazione, a causa della differenza nella cultura e nelle abitudini. E così, avremo il bizzarro Mork di Mork & Mindy, e tutte le imitazioni che ne sono seguite.

Comunque, non è detto che il giullare sia sempre dalla parte dei protagonisti, né dalla parte degli eroi. Basta considerare i Minion dei vari Cattivissimo Me, l'elemento più buffo in una serie di film già improntati alla parodia, votati a fare da aiutanti a quello che dovrebbe essere il malvagio della situazione; o gli sfortunati ladri Marv e Harry, che sono gli antagonisti del bambino lasciato da solo in casa nel film Mamma ho perso l'aereo. Così come non è detto che un personaggio che all'inizio della storia ricopre il ruolo del giullare non evolva in qualcos'altro, forse addirittura in un eroe: è questo il destino, oltre del già citato Xander, anche dell'impacciato Neville Paciock nella saga di Harry Potter.

Infine, non è detto che il giullare sia tipico delle commedie e sia del tutto assente nelle storie più cupe e più serie. Anzi, è in questi casi che l'intervento del giullare è più gradito, perché ha funzione di alleggerire un po' l'atmosfera. Tra i tanti esempi, voglio ricordare gli hobbit Merry e Pipino, e più avanti, Gollum, che ricoprono il ruolo nella trilogia di libri e di film Il Signore degli Anelli.


Ne avrei ancora da citare, ma qui rischio di rendere questa serie di esempi ridicolmente lunga! Quindi... basta. Ora arriva la parte divertente, perché ti lascio al doppio esercizio di oggi.

Se sei uno scrittore, cerca esempi di giullari nelle tue storie. Scrivi un brano in cui l'intervento del giullare aiuta a stemperare una situazione drammatica. O, se la tua storia non è affatto cupa, semplicemente una brano in cui il giullare si prende la scena e dà il meglio di sé.

Se sei un lettore (o uno spettatore), ripensa alle storie che hai seguito di recente o a quelle che ti piacciono di più o che ricordi meglio: in quali casi hanno un personaggio che puoi riconoscere come giullare? Scrivimi pure nei commenti quelli che ti vengono in mente.

sabato 27 luglio 2019

Ridanciano

Mi sembra più che giusto, dopo il "querulo" di sabato scorso, proseguire con un aggettivo che ha il significato opposto.

Ridanciano [ri-dan-cià-no] agg. 1. Incline al riso; allegro, gioviale. 2. Di racconto o spettacolo, che suscita il riso.

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Questa volta non ho avuto dubbi: se c'è qualcosa di ridanciano nel brano, lo dovevo collocare nella Città dei Felici. E così, ecco un'altra sorella maggiore che usa l'aggettivo del giorno per il fratellino in un futuro post-apocalittico...


Hilo batteva le mani a tempo e rideva, interrompendosi di tanto in tanto per indicare a Maarit un uomo in un ingombrante costume da orso che continuava a sbattere addosso agli altri e inciampare, o una ragazza dalla testa equina che faceva volteggiare in aria un tris di ferri di cavallo, o ancora una coppia di bambini che correva, tenendosi per mano, dentro una grande ruota color arcobaleno, e lanciava frammenti di carta multicolore sulla folla che assisteva alla sfilata ridanciana.
Maarit era l'unica che non rideva. Se ne stava dietro al fratello, con le braccia conserte e una smorfia, e sbuffava ogni volta che qualcosa di particolarmente ridicolo li oltrepassava accompagnato da una comica musichetta.
– Sono ancora convinta che non sia possibile sostenere una città di queste proporzioni – brontolò, rivolta al fratello, al termine della sfilata. La folla si stava lentamente disperdendo: chi andava nelle sale del cibo, chi nelle stanze del riposo e chi ancora si metteva in fila alla stazione delle rotaie senza meta, o a un'altra delle numerose attrazioni della Città dei Felici. – Senza mura per proteggersi dai predoni – proseguì Maarit. – Senza bestiame o campi per sostentare la gente, senza nessuno che comanda e che faccia lavorare tutti gli altri. Di sicuro c'è qualcosa sotto: se è troppo bello per essere vero, non è vero.
– Ma dai, Maa, non fare così – replicò Hilo, che guardava con meraviglia e bramosia le rotaie senza meta, e la gente che gridava mentre i vagoni scendevano vertiginosamente e sfrecciavano nelle complesse circonvoluzioni del percorso. – Lo hai sentito il Custode, no? Lavori se vuoi, altrimenti ci sono i sostituti...
– Vorrei proprio vederli, questi sostituti. – Maarit gli rivolse uno sguardo sprezzante. Era convinta che il carattere ridanciano di Hilo e la sua ingenuità gli impedissero di vedere qualcosa di ovvio, un pericolo la cui natura sfuggiva anche a lei. Ma, perlomeno, Maarit sapeva che doveva esserci qualcosa di sbagliato in quel posto.

giovedì 25 luglio 2019

Personaggio: Asana Mei

Descrivere un ingannatore senza rivelare troppo della storia in cui è presente non è facile. Ne ho uno insospettabile nel mondo di Whiteray, ma appunto non voglio anticipare nulla. Del tradimento di Eco, nel mondo mitologico di Mith, ho già scritto la scena rivelatrice. Di altri non voglio nemmeno citare i nomi, e quindi... andando per esclusione, mi resta lei.

Immagine creata con Mega Fantasy Avatar Creator di Rinmaru Games


Asana Mei è l'esempio di come un ingannatore può essere qualcuno che è stato a sua volta ingannato. Qualcuno che ingenuamente ha riposto troppa fiducia nelle persone sbagliate, che non ha più intenzione di cadere nella trappola di nessuno, e che ha imparato a tenderne di sue. Magari, proprio per vendetta verso coloro che lo hanno tradito. O almeno che crede lo abbiano fatto.
La storia di Asana Mei mi è divenuta chiara quando ho unito due vicende in apparenza indipendenti, ambientate in epoche diverse, di cui stavo buttando giù alcune scene più o meno nello stesso periodo. In entrambe c'era il personaggio di una strega, ma quella della prima storia mi sembrava incapace delle nefandezze che gli altri personaggi attribuivano a quella della seconda.
Non ricordo quando ho cominciato a capire che le due storie potevano in realtà essere collegate, ma quando è accaduto Asana Mei, come viene chiamata la strega della seconda storia, ha assunto le caratteristiche fisiche della fanciulla bionda della prima storia, ha acquisito un passato, e con esso la motivazione che sta dietro alle sue azioni e al timore che suscita il suo nome.


Questi i brani in cui compare Asana Mei:
Una strega o una santa
La strega e l'uomo di Dio
La vendetta della strega


L'esercizio richiede di scrivere un brano che riguarda un inganno messo in atto da questo personaggio, raccontando il suo successo, o il modo in cui viene smascherato. Mi interessava esplorare l'opzione che ancora non ho scritto, anche perché... andiamo... lei è la cattiva, non poteva vincere, no?


Viola è stata brava. La mia piccola, innocente chiave si è fidata di me e ha fatto esattamente ciò che le ho chiesto. Gli steli di lillà pregni del mio potere, che le ho affidato affinché li piantasse in giardino, sono cresciuti nottetempo, abbracciati alle pareti della casa. Il loro profumo dall'effetto stordente è penetrato attraverso ogni fessura, e mentre contemplo la porta chiusa, l'ultimo ostacolo tra me e la mia vendetta, non posso fare a meno di provare un po' di delusione per quanto è stato facile. Questi Protettori di un'altra era non hanno alcuna traccia dell'astuzia di coloro che mi catturarono in passato. Ma non importa, non è una sfida ciò a cui anelo.
Entro nella casa satura del profumo dolciastro e inspiro a pieni polmoni. Non ha effetto su di me, dopotutto è il mio potere, ma sono certa che gli abitanti della casa dormono un sonno profondo, inermi. Trovo i primi due abbracciati in un letto enorme, molto più grande di quello che condividevo con il loro infido antenato. Il protettore della fede, il protettore dell'umanità che ha finto di amarmi per carpire i miei segreti.
Contemplo la possibilità di cercare la loro figlia, svegliarli e ucciderla di fronte ai loro occhi, così come quell'uomo prese la mia bambina per consegnarla alle fiamme, prima di torturarli come gli uomini di Dio fecero con me. Ma non faccio in tempo a mettere in atto i miei propositi che avverto un bruciore alla guancia, e in quel punto la mia nuova carne fatta di magia si scioglie fino al mio vecchio teschio.
– So chi sei, strega, i tuoi malefici non possono ingannarmi, Asana Mei! – bofonchia la voce di cartapesta di una vecchia.
Mi giro, e accanto a Viola, che mi rivolge una smorfia triste e risoluta, si erge una creatura rugosa, dai capelli sottili e bianco latte, che impugna non un'arma né una croce, bensì una mano recisa e mummificata, tesa verso di me. Viola invece regge un piccolo sacchetto di cuoio, e le sue dita sono sporche di una polverina verde.
All'inizio non mi capacito di come siano riuscite a rimanere sveglie, a contrastare il mio potere che aleggia ovunque, nell'aria. Avanzo, o almeno tento: la mano mummificata, rigida come a indicarmi di non proseguire oltre, sembra avere il potere di tenermi bloccata lì dove sono.
Rido e mi rivolgo alla ragazza, che già altre volte sono riuscita a influenzare, mentre una parte di me lavora alacremente per ricostruire la bellezza del mio volto.
– Lo vedi, Viola? La tua cara nonnina, così ostile alla magia e al potere che ne deriva, così moralmente superiore a me, è pronta ad abbassarsi e a usare i mezzi di una comune strega quando le conviene.
– Non mi chiamo Viola! – grida la ragazza, afferrando un'altra manciata della polvere sciogli-carne. – Io sono Iolanda! Iolanda, o Jole per chi mi vuole davvero bene, ma non Viola!
Contemporaneamente, in tono più calmo, l'anziana che l'accompagna replica: – Le tue menzogne ora sono palesi, strega. Jole sa che io non uso malefici: la nostra famiglia, dopotutto, è votata alla protezione del mondo da quelle della tua razza. Sono erbe officinali raccolte nel giardino di un monastero, benedette dalle cure di numerose generazioni di monaci, quelle che rivelano la tua vera natura. Ed è la mano di un uomo santo a fermarti, la stessa mano, ora come allora.
Ho un sussulto alle sue parole, e fisso la mano raggrinzita dal tempo. Tutto ciò che rimane del mio uomo di Dio.
Scaccio i ricordi, troppo piacevoli e troppo dolorosi. C'è ancora qualcosa che l'anziana non ha spiegato alla nipote, un dettaglio sul quale posso far leva. – La protettrice pura e onesta! Dimmi, allora: in quale modo stai contrastando la mia magia del sonno, la stessa che ha vinto sua madre e suo padre, ma non te, né tua nipote?
Le osservo: appaiono entrambe, ugualmente, confuse e incerte. – Non lo sai? – Scoppio a ridere. – Solo qualcuno che ha in sé il potere di una strega può resistere a questo incantesimo. E non di una strega qualunque, solo qualcuno che ha in sé lo stesso potere della strega che lo ha lanciato...
Mi blocco. Solo allora me ne rendo conto. Qualcuno che ha in sé il potere, e che appartiene al mio sangue.
Possibile che lui mi abbia mentito... possibile che abbia salvato almeno nostra figlia?

lunedì 22 luglio 2019

Personaggio: Il Furetto

Se penso ai miei personaggi, ho ben chiaro in mente un gruppo di tre, appartenenti alla stessa storia, che rientrano nella categoria degli ingannatori. Due li ho già presentati in questa sezione, Tia Midsummer, la Volpe, come "prescelta", e il Corvaccio come mentore. Mancava solo il terzo, l'ingannatore tra gli ingannatori.

Immagine creata con Mega Anime Avatar Creator di Rinmaru Games


Ammetto che già classificare un personaggio in questa categoria toglie il gusto della scoperta circa le sue vere intenzioni e la sorpresa quando l'inganno è rivelato, ma almeno un paio ne dovevo trovare... e cercherò, come per il Furetto, di individuare un altro personaggio per il quale il ruolo di ingannatore non è una rivelazione troppo grande. Del Furetto già si sapeva che viaggia con altri due truffatori, il Corvaccio e Tia-Vixen, ma rispetto agli altri due il Furetto è l'allievo che supera il maestro, ingannando entrambi. Come e perché lo lascio all'immaginazione, per ora.
Quando Tia lo incontra il Furetto hai sui dodici o tredici anni, e nonostante la giovane età è già un serial killer, ed è probabilmente il personaggio più psicopatico che mi sia mai capitato di scrivere.
Fisicamente assomiglia al Corvaccio che lo ha preso sotto la sua ala, ma non so se ci sia un qualche grado di parentela o una mera coincidenza. Quel che è certo è che il Furetto resta il preferito del Corvaccio, anche dopo l'aggiunta di Tia alla "famiglia", tanto che il Corvaccio gli perdona i suoi passatempi violenti, sebbene nella maggior parte dei casi non portino introiti alla famiglia.
Un segno particolare, citato nel brano che ho scritto qualche tempo fa, è il naso storto che il Corvaccio gli ha voluto lasciare come punizione, in uno dei rarissimi casi in cui il suo preferito ha tirato troppo la corda, nonostante con l'uso di una pozione il difetto si sarebbe potuto sistemare.
Il giorno in cui il Furetto torna a casa con il naso rimesso a posto, è il giorno in cui porta a compimento il piano che ha inizio con il racconto che ho deciso di scrivere oggi.


Questo il brano in cui compare il Furetto:
Dispetti e monete false


L'esercizio richiede di scrivere un brano che riguarda un inganno messo in atto da questo personaggio, raccontando il suo successo, o il modo in cui viene smascherato. Ho scelto di tornare indietro rispetto al brano già scritto, e narrare il primo incontro tra il Furetto e Tia.


Era già la terza volta che la bambina passava di lì, e chiunque avrebbe potuto capire che si era smarrita. Lo aveva capito il mendicante che dai gradini del tempio tendeva la mano, intabarrato nei suoi stracci. Lo aveva capito il venditore d'acqua, che presidiava l'unica fontanella della piazza e chiedeva un obolo per il suo utilizzo. E lo aveva capito anche il finto storpio, che zoppicava dietro ai passanti appoggiato alla stampella, mugugnando d'essere un reduce di guerra ma senza specificare di quale.
Nessuno di loro però nutriva il minimo interesse in una bambina smarrita, evidentemente priva di ogni avere che non fossero gli abiti che aveva addosso.
Quello che le si avvicinò fu un ragazzino che poteva avere circa il doppio dell'età della bambina. Indossava abiti lisi, eppure puliti, e sotto la fronte corrucciata esibiva un sorriso timido, appena accennato, e tuttavia cordiale.
– Bambina... sì, ciao, dico a te – mormorò il ragazzino, nell'accosciarsi per guardarla negli occhi. – Io mi chiamo Nenehi, abito qui vicino, stavo tornando a casa quando ti ho visto... ti sei persa? Ti serve aiuto?
La bambina dai capelli rossi chiuse la mano destra nel palmo della sinistra e si guardò attorno, senza rispondere. Scosse la testa, poi rivolse ancora gli occhi a destra e a sinistra, le labbra strette in una smorfia caparbia. Infine cedette, e annuì.
Il sorriso del ragazzino si allargò un poco, mentre le sfiorava la spalla. – Coraggio, ti aiuto io! Per fortuna che ti ho trovata, c'è tanta brutta gente in giro. – Nenehi accennò al mendicante cencioso sui gradini, poi allo storpio claudicante, due estranei che dovevano apparire spaventosi per la bambina. – Con me sei al sicuro, ti proteggo io. Prima di tutto, come ti chiami? Come si chiamano i tuoi genitori? Così possiamo domandare se qualcuno li ha visti...
– Tia... Tia Midsummer – rivelò la bambina, nell'alzare lo sguardo con un accenno di fierezza. Anche la voce le uscì dalle labbra limpida e sicura, ma ogni traccia di orgoglio svanì mentre proseguiva: – Ho solo la  mia mamma...
– Va bene – la interruppe il ragazzino, nei cui occhi era passato un lampo di piacere all'udire il suo nome. Anche chi viveva in città conosceva le tradizioni dei villaggi circostanti, la festa della notte di mezzestate, e i bambini che nascevano nove mesi dopo. – Sai, ti capisco, anche io ho solo il mio papà. Va bene. Dunque, mh... io non conosco nessuno col tuo cognome, ma forse il mio papà può aiutarti.
Il ragazzino si alzò e le tese la mano, ma la bambina esitò. – È qui da qualche parte la mia mamma, io... è meglio se non mi allontano.
– Casa mia è qui vicino – le ricordò Nenehi. – Ti puoi riposare, se vuoi. E se passa in strada la tua mamma, la sentiremo dalla finestra.
La bambina scosse la testa. – No, non posso, io... non devo parlare con gli estranei.
Torse le mani, guardandosi attorno, ma nessuno dei passanti badava ai due ragazzini, e nessun volto le era noto. Lo stomaco iniziò a brontolare al profumo del pandolce e delle focacce che più di qualcuno portava con sé dal mercato. Se fosse stata più furba, la bambina avrebbe seguito a ritroso quella sorta di briciole di pane, camminando in direzione inversa rispetto a coloro che avevano acquistato merce dalle bancarelle. Ma la bambina non lo fece, e il ragazzino scrollò le spalle e aggiunse: – Be', io devo andare a casa adesso, il mio papà sarà tanto in pensiero. Ha preparato la torta di mele, io adoro la torta di mele, è la mia preferita! Ce n'è un pezzo anche per te se vuoi, ma se preferisci rimanere qui...
Con un'altra scrollata di spalle, il ragazzino si allontanò di un paio di lenti passi. Non dovette attendere a lungo prima che la bambina gli corresse dietro, e si aggrappasse al suo braccio con fiducia. Il ragazzo allacciò una mano alla sua e la condusse lontano dal centro della città, verso la zona dei magazzini, molto più lontano di quanto le aveva detto. Per tutto il tempo chiacchierò con lei di giochi, e di dolci, e di comodi e soffici letti dove riposare i piedi stanchi per distrarla.
Quando infine aprì una porta con un gioioso: – Eccoci qui, siamo arrivati! –, non c'era nulla di tutto questo ad attendere la bambina.
Ancora non sapeva che quel ragazzo era il Furetto, che le aveva dato un nome falso, e che la porta che si apriva per lei si sarebbe chiusa alle sue spalle, per non lasciarla andare mai più.

sabato 20 luglio 2019

Querulo

Questo è un esempio di come a volte il suono di una parola dia molte più informazioni della definizione della parola stessa. Senti questo termine, e già hai capito che le lamentele della persona a cui questo aggettivo si riferisce non sono una cosa seria.

Querulo [què-ru-lo] agg. 1. Che ha un tono lamentoso. 2. Che si lamenta in continuazione, piagnucoloso.

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È facile accostare questo aggettivo a un bambino. Questa volta non mi sono posta troppi problemi e, dato che le prime due frasi mi sono venute in mente quasi dal niente, ho deciso di proseguire da questo incipit improvvisato.


Non sapevo come avevo fatto a ritrovarmi appresso quel ragazzino insopportabilmente querulo. Ah, no, certo, lo sapevo: era mio fratello.
Jean era mio fratello, ma non era affatto come me. Non era coraggioso, e non era curioso. Eppure, ogni volta che partivo per una delle mie avventure Jean insisteva nel venirmi dietro. Era venuto con me quando avevo esplorato i magazzini abbandonati della Sezione Delta di Avyon City. E quando mi ero lanciata per la prima volta da Torre Libertà. E quando avevo avuto la folle idea di tentare di raggiungere in volo la sommità della Bolla. Non ci ero riuscita, ovviamente. Le nostre ali sono fatte più per planare che per un volo vero e proprio, ma ero riuscita a convincere me stessa e Jean che l'impresa era possibile. Anche se lui, all'inizio, aveva sollevato una marea di obiezioni.
– Ma... sei sicura sicura che vuoi farlo, Celine? – aveva chiesto Jean con la consueta vocina querula. – E se... se non trovi una corrente abbastanza forte e cadi?
– Stupido zuccone, ho le ali. Basta allargarle un po' e prima o poi una corrente che mi sostenga la trovo.
– E se ti stanchi prima di arrivare? La Bolla è altissima, ci vuole tanto tempo ad arrivare su, e non ti dimenticare che poi devi anche tornare indietro.
Mi ricordo di aver sbuffato alla vista della sua espressione mogia mentre mi vestivo per l'impresa, e di avergli mostrato la ventosa che intendevo portare con me. – Ehi, guarda che ci ho già pensato. Partirò dal tetto di Torre Libertà, e se avrò le ali stanche una volta arrivata, mi appenderò a riposare un poco prima di tornare giù.
– E se arrivi e sbatti la testa e svieni e cadi giù fino alla strada proprio...
– Senti – avevo tagliato corto. – Non fare il guastafeste, Jean. Ormai ho deciso che vado, e ci andrò.
Ero riuscita a zittirlo, per un istante. Poi Jean aveva fatto una smorfia, aveva preso un'altra ventosa, e aveva dichiarato: – Vengo con te.
E a quel punto non mi era stato possibile dissuaderlo nemmeno ripetendogli tutte le sue obiezioni.

giovedì 18 luglio 2019

Recensione: "Dov'è Alice?" di Stefania Siano




Titolo: Dov'è Alice?

Autore: Stefania Siano

Casa editrice: Lettere Animate Editore

Data di pubblicazione: 7 aprile 2015






Da troppi mesi mancava una recensione, ma questo ho voluto leggerlo due volte... e se vai avanti capirai il perché.
Prima di cominciare, due avvertimenti:
1) Questa, come ogni altra recensione, è almeno in parte basata su preferenze e gusti personali. Ciò che io ritengo un elemento di pregio potrebbe essere un difetto agli occhi di qualcun altro, o viceversa.
2) Se preferisci evitare gli spoiler, leggi solo la recensione in breve che trovi all'inizio.



Recensione in breve


Una vicenda incantata tra fiaba e giallo, con il meglio di entrambi

Punti di forza: stile scorrevole, un intrigante mistero da risolvere, personaggi bizzarri e comici, numerosi riferimenti a fiabe negli elementi simbolici dell'ambientazione che rimane comunque coerente, un dramma fin troppo reale mascherato da fiaba.
Punti di debolezza: qualche refuso e stratagemma da fumetto per evitare descrizioni, elementi dell'ambientazione che alla prima lettura sembrano fuori posto (ma non lo sono), e per cogliere ogni riferimento e ogni indizio va letto più volte.
Lo consiglierei a... chi è bambino fuori o dentro, chi sente il bisogno di ritrovare un senso di meraviglia e di stupore, tutti coloro a cui piace un mistero da svelare nelle proprie letture.

Piume Totali: 🌾🌾🌾🌾🌾🌾🌾🌾 8 su 10


Se vuoi evitare ogni spoiler, questo è l'ultimo avvertimento: fermati qui. Altrimenti prosegui pure, e scopri quali elementi del testo mi sono piaciuti, quali no, e che valutazione (da 0 a 2 piume) ho assegnato a ciascuno di essi.



Stile

Salvo qualche refuso rimasto per distrazione o per fretta, tanto è vero che gli errori sono più numerosi verso la fine del libro, lo stile è scorrevole e comprensibile, adatto alla giovane età del narratore, che per la maggior parte del romanzo è Arianna, la sorella di quell'Alice citata nel titolo. Spiazza un po' il cambio di narratore all'inizio, da una narrazione in terza persona al passato del primo capitolo si passa all'improvviso a un testo tutto in prima persona e al presente: il cambio così brusco mi fa pensare che il primo capitolo avrebbe avuto più senso come prologo, in modo da attenuare la sensazione di smarrimento quando si passa alla vicenda raccontata direttamente da Arianna. Molto godibili e naturali anche le pagine di diario che ogni tanto si inseriscono nella storia.
Un paio di pecche a mio parere sono l'eccessivo ricorso ai gerundi, soprattutto verso la fine del romanzo, e l'uso ricorrente del maiuscolo per indicare una voce che grida nel dialogo, assieme a un punto di domanda accostato a uno esclamativo, tipico del fumetto: due stratagemmi che considero facili scorciatoie per evitare descrivere il timbro di voce e l'espressione del personaggio che sta parlando.

Piume per lo Stile: 🌾🌾



Trama

Fin dal titolo è possibile capire che la trama gira attorno al mistero della scomparsa di Alice. La storia si dipana quasi come un gioco per il lettore, che man mano che la protagonista raccoglie indizi su quanto realmente accaduto, può provare a collegarli e formulare ipotesi. In questo senso la storia funziona alla stessa maniera di un giallo, o di un indovinello da risolvere, e posso assicurare che, nonostante di indizi ce ne siano tanti, non è affatto semplice arrivare alla soluzione: io stessa ci sono riuscita solo poche pagine prima della rivelazione.
Vale la pena di rileggere il testo una volta scoperta la verità sulla scomparsa di Alice, e notare ogni frase che rivela una parte della verità in modo così esplicito che c'è da sorprendersi di non averlo capito prima.
Al di là del mistero che può impegnare i lettori più amanti della sfida, la storia contiene componenti di quotidianità familiare, anche drammatici, raccontati in maniera semplice, sincera e delicata, con gli occhi di un bambino; elementi che rendono la storia interessante anche per chi di primo acchito non si sente attratto da una storia che potrebbe apparire come una favola, ma che alla resa dei conti cela in sé molto di più.

Piume per la Trama: 🌾🌾



Personaggi

Il Signor Bianconiglio è il mio personaggio preferito! Fenomenale, ironico, sorprendente, espressivo, e la parte migliore è che è solo un coniglio di peluche! Lui è la guida che fornisce ad Arianna consigli e aiuto per raggiungere gli indizi. È anche uno dei tanti riferimenti ad Alice nel paese delle Meraviglie.
Ho amato molto anche i gemelli Lea e Leo, i cui dialoghi-battibecco sono tra i migliori di tutto il testo. Quei due litigano come cane e gatto, e Arianna nella narrazione non manca di sottolinearlo.
Il padre della protagonista, con i suoi manierismi e i vezzeggiativi per la figlia, è un mistero nel mistero: ogni volta che Arianna nomina Alice e succede quella cosa, io avevo un'ipotesi diversa per spiegarla.
Gli insegnanti di Arianna, con i loro nomi e le descrizioni che calzano a pennello per la materia che insegnano, sono un ulteriore elemento che richiama il mondo delle fiabe; così come i personaggi secondari, caratterizzati spesso in modo molto buffo, e una su tutti che mi è rimasta in mente è la Vecchia Sdentata.
Mi ha dato un po' sui nervi invece il Dottor Z, ma forse è scritto apposta per essere irritante: lo si conosce alla luce delle reazioni di Arianna, la quale non è mai molto entusiasta di incontrarlo.
Tutto sommato, nonostante i personaggi siano davvero tanti, sono uno diverso dall'altro, e non si corre mai il rischio di confonderli tra loro.

Piume per i Personaggi: 🌾🌾



Ambientazione

L'ambientazione è la parte del romanzo più immaginifica e affine alle fiabe. Si vede che l'autrice si è divertita a creare un mondo a parte, a metà strada tra un universo fantasy e un cartone animato, dotato di una geografia, un'architettura, un'economia e un sistema di trasporto unico e assolutamente coerente. Gli elementi simbolici, tratti da favole come La lepre e la tartaruga o da classici come Alice nel paese delle Meraviglie abbondano; in alcuni casi, come i nomi dei luoghi, sono un indizio che concorre a completare il quadro della verità dietro la vita di Arianna. Le spiegazioni di questi dettagli inventati (come funzionano le monete di sole e i fiocchi di neve, per esempio) arrivano al lettore in modo naturale, non forzato. L'unica volta in cui mi è parso che l'ambientazione non fosse coerente, è quando nel romanzo iniziano ad apparire riferimenti al Natale: una festa troppo connessa a una religione della nostra realtà, della quale non ci sono altri elementi nel romanzo. Sembrava un dettaglio fuori posto. Invece, a una seconda lettura, appare chiaro come questo e altri dettagli della realtà su cui non mi ero soffermata hanno perfettamente senso nel contesto della storia.
Una menzione a parte la meritano le "bambole Alice" compagne di giochi dei bambini nel mondo di Arianna: quasi dei robot antropomorfi che mi hanno fatto sospettare all'inizio un romanzo di fantascienza, in realtà non hanno spiegazione se non che semplicemente esistono e "sono possibili" in questo tipo di mondo. E, una volta arrivati alla fine, anche questa è una spiegazione valida.

Piume per l'Ambientazione: 🌾🌾



Altro

La copertina, dai toni un po' spenti, non rende la meraviglia della storia che racchiude, e fatica ad attirare l'attenzione. Ma superato l'ostacolo, questo è un romanzo di cui ci si può innamorare.

Piume per qualcos'Altro:

lunedì 15 luglio 2019

L'ingannatore

Se il donatore delle settimane scorse è senza alcun dubbio dalla parte dei protagonisti, quello che presento oggi è molto più difficile da collocare, nonché da individuare subito come tale. E non potrebbe essere altrimenti, dato che sto parlando di:

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L'ingannatore, come dice il nome stesso, è un personaggio che cela le sue vere intenzioni agli altri, spesso anche al lettore o spettatore, facendosi passare per qualcuno che non è. Talvolta il personaggio che ricopre questo ruolo viene definito "mutaforma", anche quando non lo è nel senso stretto del termine, proprio per la sua capacità di travestirsi o sembrare qualcun altro. Uno dei primi che mi viene in mente è il dio della mitologia nordica Loki, che forse ricorderai più che per le sue malefatte originarie, per la rivisitazione nei vari film legati alla saga degli Avengers. Altra divinità, ma di un pantheon più vicino alle nostre coste, che può essere identificata come ingannatore è il messaggero degli dei, il greco Ermes o il romano Mercurio, entrambi considerati, tra gli altri aspetti, come Dei dell'inganno, protettori dei ladri, dei truffatori e dei bugiardi. Basti pensare al ruolo che ha avuto Mercurio nella commedia Anfitrione di Plauto dove, per aiutare Giove in uno dei suoi affari amorosi clandestini, appare nelle sembianze di Sosia, il servo del marito tradito, e convince persino lo stesso Sosia di essere chi dice di essere.

Oltre al travestimento, uno dei comportamenti tipici dell'ingannatore è la manipolazione degli altri per ottenere i propri scopi. Nel telefilm Once upon a time c'è un ottimo esempio nel personaggio di Tremotino e nei suoi accordi: pur riconoscendolo come un personaggio negativo, di cui non ci si può fidare, in pochi rifiutano di concludere un affare con lui, credendo di poter ottenere più di ciò che danno in cambio. E come va a finire è facile da immaginare. Un altro personaggio che, pur non potendo ingannare né il lettore né i protagonisti della storia, riesce a manipolare e farsi inconsapevolmente aiutare da chiunque altro, è il Conte Olaf, antagonista in Una serie di sfortunati eventi. Non fosse per il fatto che i suoi travestimenti e le sue intenzioni sono trasparenti per chiunque abbia un minimo di buon senso (cosa che sembra appartenere solo agli orfani Baudelaire e a pochi altri nei libri), i suoi piani sarebbero riusciti fin dall'inizio.

Date le caratteristiche dell'ingannatore potresti pensare che il suo ruolo è limitato a un personaggio malvagio, o a uno dedito a portare il caos per il proprio divertimento, che si finge dalla parte degli eroi fino al suo smascheramento. Non è così, o almeno, non sempre. Se in Animali fantastici e dove trovarli il cattivo della situazione, Grindelwald, si nasconde sotto le insospettabili spoglie di un altro personaggio (e non dico quale per evitare lo spoiler), nella saga di Harry Potter è il professor Piton, così ostile al protagonista e in apparenza dalla parte di Voldemort, a lavorare in segreto per Albus Silente fin dall'inizio.

L'ingannatore non sempre è un personaggio secondario. A volte l'ingannatore è il protagonista della storia in cui compare, come accade all'alter ego di Stanley Ipkiss, una volta indossata la maschera (non a caso collegata a Loki) nel film The Mask - Da zero a mito. Il quale, tra l'altro, mostra un volto più giocoso e ironico dell'ingannatore. Invece il protagonista del telefilm Jarod il camaleonte, che ha la capacità di inventare e assumere molte identità diverse, così come Simon Templar, protagonista di romanzi, telefilm e film sotto il nome di Il Santo, seppure con una certa dose di humor, appaiono come personaggi più seri, non negativi ma nemmeno del tutto positivi. Senza dimenticare, a proposito di ingannatori divertenti e ironici, Lupin III, il ladro dell'omonima serie animata, che con le sue celebri maschere e i suoi piani astuti non manca mai di lasciare stupiti tutti, compreso chi resta a guardarlo davanti allo schermo.


Bene, per adesso mi sono divertita abbastanza a smascherare alcuni degli ingannatori presenti nelle varie storie. A questo punto, senza inganno, ti lascio al doppio esercizio di oggi.

Se sei uno scrittore, cerca esempi di ingannatori nelle tue storie. Spetta a te decidere se scrivere una scena in cui l'ingannatore ha successo nel suo piano, o una in cui viene smascherato da coloro che ha tentato di circuire.

Se sei un lettore (o uno spettatore), ripensa alle storie che hai seguito di recente o a quelle che ti piacciono di più o che ricordi meglio: in quali casi hanno un personaggio che puoi riconoscere come ingannatore? Scrivimi pure nei commenti quelli che ti vengono in mente.

sabato 13 luglio 2019

Poliedrico

Dal solido (letteralmente) all'astratto, ecco un'altra parola che ha fatto il salto! Come già scritto altrove, mi piacciono vocaboli come questo, che da un significato concreto si allargano a comprenderne un altro metaforico.

Poliedrico [po-li-è-dri-co] agg. (pl.m. -ci, f. -che) 1. geom. Relativo al poliedro, che ha le caratteristiche del poliedro. 2. fig. Che ha molteplici e multiformi capacità o aspetti.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Se penso a un personaggio tra i miei per il quale la definizione di poliedrico calza a pennello, non ho dubbi: Vixen, ovvero Tia Midsummer, incarna quella parola più di chiunque altro. Poliedrica, camaleontica Tia! Ma per rendere le cose ancora più interessanti, stavolta ho deciso di lasciarla nell'ombra e dedicarmi a un retroscena con alcuni comprimari della sua storia.


Avevamo riunito un bel gruppetto di folli e visionari, ma non erano abbastanza per fare di loro la nostra poliedrica ciurma. Avevamo una cuoca che s'immergeva così tanto nella lettura da scordarsi di aggiungere il sale o altri ingredienti, una coppia di attori che si immedesimava un po' troppo nei loro personaggi, un inventore che non aveva mai creato nulla di utile o funzionante, un marinaio terrorizzato dai pesci, e che tuttavia insisteva nel non voler cambiare mestiere, un bizzarro individuo che andava in giro a preannunciare la fine del mondo, una sensitiva che vedeva i fantasmi, e un cantastorie che sosteneva di essere il profeta di una divinità mai sentita prima.
– Dobbiamo trovarne altri, se vogliamo farla volare – mormorai, appoggiato con entrambe le mani alle carte sul tavolo. – Un equipaggio di venti persone è il minimo, ma per avere la certezza di mantenerla stabile, io direi che ce ne servono trenta. E penso che ormai dobbiamo cercarle altrove.
Una sola città poteva ospitare una quantità limitata di pazzia.
Sbirciai Ekira, china sulle formule, che mordicchiava un labbro concentrata sui calcoli. Più in là un cristallo poliedrico tratteneva le pergamene, riflettendo i bagliori delle candele da ogni sfaccettatura. Era l'ultimo modello che Ekira aveva realizzato prima di creare il cuore della nave.
Non volevo disturbarla, ma era così bella quand'era persa nella sua testa. Mi abbassai e l'abbracciai. Ekira ricambiò con un vago sorriso, sistemando una ciocca spettinata.
Il nostro momento durò poco, perché subito la porta si aprì e il cantastorie fece il suo ingresso trionfale, annunciando: – Capitano! Te ne ho scovata un'altra, una persona davvero speciale.
Mi raddrizzai di scatto, assunsi una posa marziale, e con un cenno lo invitai a proseguire.
– Mai visto nulla del genere, è un portento, riesce a diventare un'altra persona in un batter d'occhio. C'è un solo problema: è un mago delle truffe, e non credo che si lascerà convincere tanto facilmente a venire con noi.

giovedì 11 luglio 2019

Personaggio: Fiordaliso

Ho scelto, per il secondo personaggio che rappresenta il donatore, di restare nella stessa terra, ma di cambiare tipo di dono: non un oggetto, bensì un aiuto, una magia o una seconda possibilità. E dato che il donatore, tradizionalmente, nelle favole è quasi sempre una fata, non potevo esimermi dal presentarne una in questa sezione.

Immagine creata con Pixie Scene Maker di Rinmaru Games


Le fate a Penterra sono tra le creature più potenti e misteriose, talmente tanto che cerco di farle intervenire il meno possibile, soprattutto in qualità di aiuto per gli altri personaggi, perché altrimenti rischiano di diventare un deus ex machina. Sono esseri al di fuori del tempo, in grado di modificare qualunque evento passato, presente o futuro con la loro comparsa. I rari casi in cui ho deciso che la loro presenza era necessaria nella storia sono quelli in cui il loro aiuto comporta, oltre al vantaggio immediato, una considerevole quantità di guai non previsti nel futuro dei personaggi che le hanno incontrate.
Fiordaliso è l'unica fata il cui nome sia noto tra gli esseri umani di Penterra, che tendono a considerarla nelle leggende e nei racconti la "Regina delle fate". È lei quella che fa da tramite tra il suo popolo e gli esseri umani nelle rare occasioni di incontro, l'unica a parlare e stringere accordi. In realtà, ancora non lo so, ma ho il sospetto che tutte le fate siano Fiordaliso. Anche quando ne compaiono molte tutte assieme, dato il loro rapporto particolare con il tempo potrebbe trattarsi di diverse versioni dello stesso individuo. Ma questa è solo una teoria.
L'aspetto di Fiordaliso e delle altre fate non si discosta molto da quello classico che ci si aspetterebbe da queste creature, e ho il sospetto che si presentino volutamente come le leggende le ritraggono: bellissime, lucenti, dotate di ali di farfalla e dalle dimensioni che variano da quelle di un essere umano a quelle di un grosso insetto. Ciò che distingue Fiordaliso e la rende identificabile per chi la incontra è il colore azzurro, e la presenza di questi fiori sugli abiti o tra i capelli.


Questo è il primo brano che scrivo per il blog con protagonista Fiordaliso.


L'esercizio richiede di scrivere un brano che riguarda l'offerta di un aiuto, un potere o un oggetto al protagonista. Con Fiordaliso avevo già scritto una scena simile, e quindi la propongo qui.


– Mostrati! – comandò Yrael, mettendo in quell’ordine un po’ della sua antica magia del desiderio. Sapeva che la Sfera amplificava il suo potere. E la vide, su una sezione della parete sferica. Era una giovane donna, vestita nei colori dei Petracqua, azzurro e grigio, con i capelli castani raccolti in un’elaborata acconciatura. Stringeva a sé un fagotto avvolto in un lenzuolo bianco, quasi a proteggerlo, e dava l’impressione di essere allo stesso tempo debole e forte: in una parola, disperata. Camminava lungo un fiume, guardandosi attorno con timore, e quando si fermò a Yrael parve che fosse con lei nella Sfera, mentre il paesaggio rimaneva disteso sulle pareti come uno sfondo.
La donna rimase immobile per qualche istante e Yrael non seppe cosa dirle o chiederle. Anche se sentiva di doverlo fare, semplicemente non le venivano le parole. Quella donna aveva un’aria familiare.
Davanti ai suoi occhi, di fronte alla donna, l’aria si fece liquida e poi solida, cristallizzandosi nelle apparenze di una fanciulla dalla pelle di vetro. Si mosse al rallentatore, mentre le sue fattezze divenivano sempre più nitide e si delineavano le ali leggere dall’arabescata filigrana d’arcobaleno. L’apparizione cambiò più e più volte forma e consistenza, finché non fu quasi un’umana dalla bellezza indicibile, ma con azzurre trasparenti ali. Sulla veste dello stesso colore erano ricamati elaborati motivi con fili d’oro e d’argento e di un altro materiale che pareva madreperla. Frammenti d’opale e piccoli fiori celesti ornavano i suoi capelli, raccolti in una lunga treccia, candidi quasi quanto la sua pelle. Quest’ultima, sfiorata appena dai raggi solari, brillava a tratti di una propria luminescenza.
– Fiordaliso! – chiamò la donna, rivolta all’apparizione. Il nome della regina delle fate!
Yrael osservò la fanciulla fatata, evitando di interferire. Capiva che l’evento che le veniva mostrato si era svolto nel passato, o forse nel futuro, molto lontano da lì.
– Giungo al tuo richiamo, figlia dei Petracqua – disse la fata, e la sua voce risuonò nell’aria, nelle foglie e nell’acqua del fiume, senza che lei muovesse le labbra. – Cosa posso fare per te?
– Onora il patto antico. Fa’ che mia figlia viva! – affermò la donna, tendendole il fagotto che reggeva tra le braccia.
Fiordaliso allungò la mano sinistra e la passò sopra al lenzuolo. Quindi, con la mano sospesa a mezz’aria, disse alla donna: – Non ne ho il potere. So che le creature della tua gente attribuiscono alla mia capacità illimitate, ma non è così. Però, se vuoi, mi è concesso di fare una sola di due magie, per lei. Devi scegliere.
La donna annuì. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riavere con sé la figlia, la sua secondogenita, morta così giovane cadendo dalle scale del palazzo imperiale. Tutta la Sfera vibrò del suo desiderio, e il pensiero giunse a Yrael.
– Posso portarla fra la mia gente, nel mio regno dove non esiste morte né dolore; solo lì lei potrà vivere. È l’unico modo, anche se non potrai mai più rivederla. Ma se le vuoi bene, ti prego, accetta questa mia proposta.
– No, mai! – gridò la donna, ritraendo il fagotto e stringendolo a sé, per poi cullarlo dolcemente. Yrael capì, attraverso le epoche, che l’avevano avvertita degli inganni delle fate, da sempre alla ricerca di bambini o di giovani uomini da rapire e portare con sé. Quella proposta non poteva essere altro che un tranello, a cui la donna doveva opporre un deciso rifiuto. Solo così la fata avrebbe desistito dal suo intento e le avrebbe parlato dell’altra magia, l’unica che fosse possibile accettare.
Fiordaliso chinò il capo e ritirò finalmente la mano. – Come ho detto, a te sola spetta la decisione. Tremo al solo pensiero di rivelarti l’altra mia idea, ma lo farò. Ho il potere di fare della tua bambina una creatura a cui diamo il suono, nella nostra voce, di Lexemag. È una creatura fatta di carne e magia che avrà lo stesso aspetto di tua figlia, e in parte gli stessi ricordi, personalità e comportamento. Ma non sarà lei, non potrà mai più esserlo.
– Ma sarà proprio come la mia bambina… sarà uguale a lei, e io non vedrò alcuna differenza? – chiese la madre.
– Così giovane… no, ti sembrerà quella di sempre, e agli occhi della tua gente apparirà come una di voi, e anche lei crederà di esserlo, sebbene i ricordi dell’altra sua vita si faranno vaghi e confusi. Ma ti avverto ancora una volta: lei non sarà tua figlia, sarà un Lexemag.
– Non mi importa in che modo ritorna, purché torni! – dichiarò la madre.
– Allora lasciala qui. Questa notte entrambe le lune saliranno in cielo, una dopo l’altra: è il momento propizio. Sarà fatto entro l’alba: appena sorge il sole, affrettati e vieni qui. Ma bada di non giungere troppo presto, o troppo tardi, poiché in quel caso la porterò nel mio regno per sempre – l’avvertì Fiordaliso. La madre annuì stringendo le labbra e posò a terra delicatamente il fagotto. Nel farlo, una ciocca di capelli neri sfuggì dall’involto, ma la donna si affrettò a sistemarli. Indietreggiò di alcuni passi, ma senza inclinare il busto né chinare il capo: un commiato da regina a regina. Quindi si volse e si allontanò, rapida, dal magico luogo.
Rimasta la sola a contemplare Fiordaliso e il macabro fagotto, Yrael si avvide che la scena si faceva via via più veloce e confusa. Il sole scese, tramontò, poi fu sera, e fu notte. Kristalia, la piccola luna azzurra, si levò in cielo, seguita poco dopo da Albarea, il bianco specchio, la placida madre. Yrael ricordò all’improvviso una ballata che ascoltava da sua madre, da bambina: “e la dolce fanciulla azzurra e la bianca serena madre danzeranno insieme in cielo, nella notte dei prodigi, riunite da una benevola sorte.”.
Una fanciulla e una madre separate, proprio come nelle immagini che stava vedendo. Possibile che quello fosse l’evento all’origine del mito delle due lune? No, si disse Yrael, non poteva essere. Tutto, dalla foggia dell’abito della donna, al suo modo di parlare e comportarsi, rivelavano che doveva trattarsi di un fatto molto più vicino al presente.
Le immagini divennero di nuovo nitide. Si trovava in un luogo diverso, un fitto bosco i cui tronchi sembravano disordinate colonne di un tempio. Le due lune s’intravedevano tra le fronde e a terra, sui rami e tutto intorno danzavano le fate. Alcune le apparivano come era stata Fiordaliso, fanciulle umane con un paio di variopinte ali, riccamente abbigliate, coperte di veli o completamente nude; altre somigliavano piuttosto a luminose farfalle dal corpo umano, di diversi colori e dimensioni; altre ancora erano come luci pulsanti o nebbie brillanti, che si espandevano e di contraevano. Fiordaliso stessa, al centro del magico conclave, variava di continuo le sue fattezze. Era difficile, per Yrael, fissare lo sguardo su qualcosa che non aveva forma o, piuttosto, le aveva tutte.
Accanto a Fiordaliso giaceva il fagotto e tutte le fate danzavano intorno, tessendo con le loro movenze la magia che la loro regina avrebbe usato per dare vita al Lexemag. Yrael la vide riplasmare il corpo della bambina: intrecciava a ogni sua fibra un sottile filo di magia fatata, creando una rete di carne e magia. Fiordaliso muoveva le mani svelta, come se stesse tessendo un abito, o ogni tanto incitava le fate a fare presto, che la notte era breve. Disfò e ricompose il corpo della bambina in ogni sua parte, e quando ebbe finito Yrael poté vedere che la bambina era la stessa, eppure era diversa. Il suo cuore batteva per magia, e non era più sangue, bensì magia liquida ciò che le scorreva nelle vene.
Yrael memorizzò ogni istante di quel processo, spinta dalla sua curiosità di Arcimaga a conoscere ogni forma di magia praticata nel mondo. Osservò ogni particolare con fredda meraviglia. Ne era attratta, ma allo stesso tempo provava repulsione per quell’atto innaturale.
Come Fiordaliso aveva annunciato, tutto si concluse poco prima dell’alba, e le fate svanirono una alla volta fondendosi con l’aria, nel tornare forse al loro misterioso regno. Rimase solo la regina, che riprese lentamente l’aspetto con il quale si era presentata alla donna. La fata pose un fiordaliso tra i capelli della bimba, quindi raccolse con tenerezza il suo corpo addormentato vestito di broccato rosso e la portò all’appuntamento. Il luogo della visione cambiò e con esso il tempo. Il sole sorgeva all’orizzonte, Kristalia se n’era andata, rimaneva solo la pallida Albarea. La fata attendeva in piedi l’arrivo della donna, con la bambina sveglia aggrappata alla sua gonna blu.
La donna giunse e la bambina si strinse ancor di più a Fiordaliso, timorosa. Nel vederla, la madre di gettò in ginocchio ai piedi della fata e pianse.
– La mia bambina… – mormorò. Non vedeva ciò che per Fiordaliso e per Yrael era così evidente: quella non era la sua bambina.
Non era la stessa che aveva portato lì il giorno prima.

lunedì 8 luglio 2019

Personaggio: l'uomo nero

Come primo donatore, ho scelto qualcuno che consegnasse un oggetto materiale nelle mani di un protagonista delle mie storie. In questa storia in particolare, di donatori ce n'è più d'uno, essendo la trama principale un viaggio alla ricerca di varie parti di un oggetto che serve a uno dei protagonisti. Fra tutti i donatori a cui fa visita, questo è l'unico che era già comparso tra le pagine di questo blog. Non conoscendone il nome, io lo identifico come:

Immagine creata con Star Wars Avatar Creator di Rinmaru Games


L'uomo nero è un esempio di come la mia conoscenza dei personaggi si evolve nel tempo. All'inizio pensavo che dietro a questo appellativo, dato da una mutaforma a un essere umano sconosciuto visto in sogno, ci fosse una persona di colore. Un mago, questo lo era fin dall'inizio e tale è rimasto. Un uomo in fuga, abbigliato in abiti scuri, che cerca di non spiccare e si nasconde nell'ombra: anche questo mi è stato chiaro fin da subito. Quello che non avevo capito, era che il "nero" a cui si riferiva la mia mutaforma non era un tratto naturale della sua carnagione, bensì una sorta di "necrosi magica" che progredisce ogni volta che il mago usa incantesimo. Iniziata dalla sua mano destra quando il mago ha infranto una regola della magia (sto semplificando all'estremo... non mi sembra il caso di iniziare una dissertazione su come funziona la magia a Penterra), quando la mutaforma lo incontra l'area annerita ha già coinvolto tutto il braccio, parte del torso e della gamba e una metà del volto. Ed è quel lato di profilo ciò che lei ha visto, e il motivo di quel soprannome.
Come donatore, l'uomo nero è una persona stanca di fuggire, piena di rimorso, e desideroso di riscatto. Sente di avere una missione da compiere, ma è ben felice di passarla in altre mani, nel momento in cui si ritrova di fronte a un campione in grado di portarla a termine per suo conto.


Questi i brani già scritti nel blog in cui compare l'uomo nero:
Condannato dalla magia


L'esercizio richiede di scrivere un brano che riguarda l'offerta di un aiuto, un potere o un oggetto al protagonista. Il brano che ho postato in precedenza riguarda già un suo dono e il prezzo che ha dovuto pagare. Questo rivela il destino dell'altra metà di quel dono.


Giù, sempre più giù nella tana di pietra degli umani. Seguo l'odore del mio popolo. I prigionieri.
Io sono qui per loro. Per liberarli. Ho deciso che Jasmen non mi fermerà oggi.
Posso nascondermi tra gli umani e comportarmi come loro tutti gli altri giorni, ma oggi non chiuderò gli occhi di fronte alla sofferenza. Se Aku mi ha portato qui è per un motivo, mi dico.
E ho ragione, ma non per il motivo che pensavo.
Scendo silenziosa, a piedi nudi, con la lunga veste degli umani che mi intralcia le gambe, e lo sorprendo in uno dei cunicoli sotterranei. Lui si blocca, appena mi vede, come farebbe un cucciolo sorpreso da un cacciatore. È un umano, ma non è pallido come tutti gli altri. Per metà, il suo volto assomiglia alla corteccia di un albero di palude.
– Mayruamaku – sibilo.
L'uomo nero della mia visione.
Lui si volta, ma è troppo lento per sfuggirmi. Gli afferro un polso. Stringo forte, finché non gli cade il bastone che ha in mano.
L'uomo nero mi guarda con occhi grandi e parla. Continua a dire parole che non capisco, ma io mi sento come nel mezzo di un Incanto, con la magia che soffia come aria sulle mie squame. E allora capisco.
Gli afferro anche l'altro braccio e lo spingo contro il muro. Di nuovo. Ancora. Lui grida, e sta zitto.
Qualcos'altro, un cerchio con un intreccio intagliato all'interno, gli cade dalla mano nera.
Quando riprende a parlare, non c'è più magia nella sua voce. E io capisco quello che dice.
– Non otterrai niente da me, Eterna.
Mi avvicino, trattenendolo contro il muro, e digrigno i denti alla puzza dell'umano che mi riempie le narici.
Lui si gira di lato, e io vedo solo il nero sulla sua faccia. Come nella visione.
– Coraggio, fai quello per cui sei venuta. E dì pure al tuo padrone che non ce l'ho più.
Inclino la testa di lato. Questa volta, mi sento in dovere di contraddirlo.
– Io no ha padrone.
Lo lascio e faccio un passo indietro. L'uomo nero crolla a terra come morto.
– Tu ha cerchio verde – gli dico. Non ho le parole, e la pazienza, di spiegargli quello che ho visto, la pietra luminosa che Aku mi ha mandato a prendere.
L'uomo nero chiude gli occhi e scuote la testa.
Trattengo un ringhio. Da sotto la veste, afferro il pugnale di pietra bianca che ho nascosto nella coscia, mi inginocchio e lo appoggio sulle mie gambe per mostrarglielo, mentre gli tocco la spalla più volte. – Cerchio verde. Io ha visto. Va qui.
L'uomo nero apre gli occhi, e li apre di più quando vede il pugnale. Cerca di prenderlo, mormorando altre parole strane, ma io lo blocco contro il muro con un braccio.
Lui alza le mani. Stavolta, ringhio.
– Madre del Sole! – dice l'uomo nero. – Tu non sei umana.
Passo la lingua sulle zanne. Non mi sono trattenuta, e per un momento ho paura. Sono stata scoperta.
Ma l'uomo nero, invece di chiamare altri come lui per catturarmi, continua a parlare a voce bassa, e capisco che parla proprio a me: – Sei in incognito, vero? Ah, lo sapevo, lo sapevo che per tutto questo tempo vi abbiamo sottovalutati! E questo... è elfico? Con qualcos'altro sopra, non riesco a capire, c'è una strana energia sulla lama.
Gli afferro la mano che tiene sopra il pugnale. Lui mi guarda, i miei denti sono tornati normali.
– Tu eri con lui di sopra, alla festa – mormora l'uomo nero. – Lo hanno presentato come Neron, ma io ho cominciato a sospettare che non lo fosse quando gli sono andato addosso di proposito in mezzo alla folla e lui non mi ha riconosciuto. Inoltre, quell'uomo non aveva...
L'uomo nero infila una mano sotto i vestiti. Sono pronta a prendergli un'arma, ma lui mi mostra il cerchio verde che io ho già visto con gli occhi chiusi.
– ...il suo gemello – conclude l'uomo nero.
Non brilla come ricordo, però so che quello è ciò che Aku mi ha mandato a cercare.
Mi allungo per afferrare la pietra. L'uomo nero alza di più il braccio. Posso prenderla con la forza, se voglio. Ma non lo faccio. So cosa direbbe Renkhrizaelra. Passare tanto tempo con gli umani mi ha resa debole. Io però non ci credo, non più.
– Eri alla festa con Jasmen Astorenn. Il nemico del mio nemico – dice ancora l'uomo nero. – E vuoi questo cosiddetto cerchio verde per un'arma, senza nemmeno sapere che cos'è. Solo perché... lo hai visto? Dimmi dove, e come facevi a sapere che ce l'avevo io, e potrei decidere che vale la pena di lasciarlo a te.

sabato 6 luglio 2019

Obolo

Forse riconoscerai questa parola per averla incontrata durante i tuoi studi. Per me, sarà per sempre indissolubilmente legata alla tradizione dei popoli antichi, greci e romani in particolare, di lasciare ai defunti un pagamento per il traghettatore delle anime.

Obolo [ò-bo-lo] s.m. Elemosina, piccola offerta in denaro.

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Con il brano di oggi volevo allontanarmi dall'immagine che ho descritto all'inizio, sia perché mi sembra un po' scontata, sia perché non saprei in quale delle mie ambientazioni potrei inserirla in modo plausibile. Allora ho cominciato a riflettere su un guardiano da ricompensare, e dopo aver scelto la foto ho aggiunto all'equazione un'anziana signora e il conteggio delle monete... e il risultato è il brano che ho scritto.


Era una tradizione: tutti coloro che oltrepassavano la porta a sud della città lasciavano un obolo ai piedi della statua della Vecchia Signora. Lo facevano anche quelli che si allontanavano per poche ore, per andare a raccogliere le erbe o la legna nel bosco, o per coltivare i pendii terrazzati fuori dalle mura. La Guardiana di Escalona, la chiamavano, e quasi nessuno sapeva più il perché di quell'offerta. Qualcuno arguiva che si trattasse di una cortesia per gli indigenti, e che fossero proprio i mendicanti a raccogliere nottetempo le monete ai piedi della statua. In realtà, costoro non passavano che dopo l'alba, e avevano sempre cura di non prenderle mai tutte: anche loro lasciavano un obolo per la Vecchia Signora. Mormoravano che la statua di notte si muovesse, che scendesse dal suo piedistallo per sgranchirsi le gambe e tenere il conto delle offerte, ma nessuna persona ragionevole avrebbe prestato orecchio a quelle voci.
Fra tutti gli abitanti di Escalona, solo la famiglia del Governatore era al corrente del mistero che riguardava la statua. Loro sapevano perché era necessario conservarla, nonostante fosse brutta, tozza e deforme, a malapena riconoscibile come una donna. Loro conoscevano l'importanza di farle trovare una considerevole quantità di monete ogni notte, fondamentale al punto da arrivare a punire chi osava sottrarne una in prossimità del tramonto. Perché la Vecchia Signora una guardiana lo era davvero, seppur inconsapevole del ruolo che le era stato assegnato.
I troll di montagna, tanto forti da tener testa ai demoni, avevano due debolezze: la luce del sole che li mutava in pietra, e la compulsione irrefrenabile a contare ogni somma di denaro trovassero sulla loro strada. Era stata una fortuna che una di loro fosse stata sorpresa dall'alba vicino alla città. Era stata un'astuzia notevole, per il Governatore di allora, sfruttare quell'evento fortuito per tenere alla larga, nei secoli a venire, qualunque altra creatura violenta vagasse nella notte.

giovedì 4 luglio 2019

La Piuma Tramante chiude?

Può succedere. A volte si arriva al punto in cui si capisce di dover fare un cambiamento drastico, oppure chiudere un capitolo che appartiene ormai al passato, piuttosto di trascinarselo in giro come un peso morto, qualcosa che fai per abitudine, ma che non ti fa più provare alcuna soddisfazione o piacere. E io penso di aver raggiunto questo punto con La Piuma Tramante. Non ho più lo slancio e la passione di quando avevo iniziato. Sempre più spesso mi capita di scrivere i post come fosse un dovere, un'incombenza da sbrigare tre volte a settimana, un lavoro per il quale, come mi ha fatto notare una persona nella mia vita, nemmeno vengo pagata. Sottraggo tempo alla mia vita, alle persone che mi sono vicine, senza ricevere nulla in cambio, neanche a livello di gioia e di soddisfazione personale. So, sono sicura, che così non posso andare avanti.

Non vorrei chiudere il blog, smettere di scrivere qui. Perché ci sono ancora cose che mi piacciono di questa esperienza, e post che scrivo volentieri, come mi è capitato con il brano di sabato scorso, quello ispirato dalla parola "nefando". Ma sento l'esigenza di fare il punto, di capire quello che mi piace e quello che non mi soddisfa, riaccendere la fiamma iniziale, e chiedere un consiglio a te che ancora leggi queste parole.


Cosa mi piace del blog:

  • mi dà un motivo per scrivere nuovi brani anche quando con il romanzo sono in fase di revisione, perfino quando non ho molta voglia di mettermi davanti a una pagina bianca. Mi sprona, e mi tiene in esercizio;
  • man mano che aggiungo brani di una stessa storia, la trama si chiarisce sempre di più e scopro i dettagli necessari per scrivere, prima o poi, un intero romanzo su quei personaggi;
  • riflettere sul modo in cui scrivo e sui vari elementi di una storia mi aiuta a chiarirmi le idee su processi che a volte do per scontati;
  • inventare esercizi è una sfida quanto scrivere i racconti che seguano le regole e gli spunti creativi che ho proposto. E le sfide mi piacciono.

Cosa non mi piace del blog:

  • spesso scrivo il post nella giornata in cui devo pubblicarlo. Non era un problema all'inizio, ma ora mi accorgo che termino sempre più tardi;
  • non sempre sono soddisfatta di ciò che scrivo e mi sorprendo a desiderare che siano in pochi a leggere quei post "imperfetti";
  • nella maggior parte dei casi non ho un riscontro, non so se qualcuno legga effettivamente ciò che ho scritto e se gli piace oppure no;
  • all'inizio non era così, ma ora non riesco più a coinvolgere nessuno con gli esercizi o gli spunti di riflessione che propongo;
  • mi prende quasi tutto il tempo e l'energia a disposizione per la scrittura, così il mio progetto principale, il romanzo che è alle ultime fasi... procede a rilento o non procede affatto.

Perché ho iniziato

  • per avere un "luogo" dove condividere alcuni dei racconti che ho scritto con chiunque voglia leggerli e scoprire questo lato di me, perché mi era stato chiesto da una persona e allora non ne avevo online;
  • per offrire la mia esperienza con la scrittura ad altri che percorrono la stessa strada o che si apprestano a iniziare, per scambiarci opinioni e confrontarci tra noi che abbiamo la stessa malattia... emh, passione;
  • per spronare altri a scrivere con gli esercizi che propongo, per scoprire come da uno stesso spunto nascano brani completamente diversi;
  • per coinvolgere un numero sufficiente di lettori da suscitare l'interesse delle case editrici sul mio romanzo (pia illusione!);
  • perché, soprattutto, lo volevo fare. Perché mi faceva sentire bene, e perché non vedevo l'ora che arrivasse lunedì, giovedì e sabato per scrivere un nuovo post del blog.

Cosa vorrei per il futuro:

  • meno struttura. Sapere esattamente cosa avevo da scrivere e quando mi è stato estremamente utile in precedenza, ma adesso mi sembra più d'intralcio che d'aiuto.
  • più brevità. Post più sintetici e più rapidi da scrivere. In questo caso meglio un ritorno alle origini, perché mi sembra di aver allungato sempre di più i post con il passare del tempo.
  • più passione, più meraviglia. Questa è la base della mia scrittura, ma se le trovo nel romanzo e nei racconti precedenti, tra queste pagine mi sembra di averle smarrite.
  • più scambio. Vorrei capire se ciò che scrivo sul blog interessa a qualcuno, se viene letto, cosa piace di più e cosa meno. E inoltre, confrontarmi con altri scrittori, e spronare chi non lo ha mai fatto a provarci, anche solo per gioco, almeno una volta nella vita, a inventare una piccola storia.
  • più divertimento. Vorrei che il blog fosse ciò che era all'inizio, non un lavoro, ma un piacere.


Detto questo, il blog non chiude. Per ora. Dato che è nella mia natura finire ciò che ho iniziato, proseguirò fino al termine di questa sezione sui personaggi mentre mi prendo il tempo per riflettere su cosa fare dopo. Penserò in che direzione voglio proseguire, se davvero voglio proseguire. Rimuginerò su come ottenere di nuovo una Piuma Tramante di cui essere fiera, che mi renda felice, e che sia un frammento di sogno, e non un incubo, anche per te che leggi. Ma, per farlo, ho bisogno di te. Vorrei capire le tue impressioni, ascoltare i tuoi consigli, qualunque cosa ti venga in mente. Non so se quello che ho scritto qui sopra ha un senso, se è solo frutto di una depressione da calura estiva o se davvero è necessario un cambiamento, in una maniera o nell'altra.
Non lo potrò sapere finché questo monologo non diventerà un dialogo.

lunedì 1 luglio 2019

Il donatore

L'ultima volta ti ho parlato dei personaggi che ricoprono il ruolo di veggente o di messaggero, fornendo informazioni o consigli al protagonista. C'è un altro tipo di personaggio che al suo apparire offre un aiuto, ma nel suo caso si tratta di qualcosa di più concreto delle parole. Sto parlando di:

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Il donatore, come dice la parola, è colui o colei che offre un aiuto tangibile al protagonista. Può trattarsi di un oggetto, come la spada Excalibur che La Dama del Lago dona ad Artù nel mito di Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda. Può trattarsi di abilità speciali o poteri magici, come quelli trasmessi dal mago Shazam all'orfano Billy Batson nel film Shazam!. Può essere un oggetto simbolico, privo di un reale potere ma utile per dare al protagonista la fiducia che gli manca, come la Piuma magica che il topolino Timoteo e i corvi regalano a Dumbo. O talvolta, in rari casi, il donatore interviene direttamente, compiendo azioni che favoriscono il protagonista, come fa Il gatto con gli stivali dell'omonima fiaba, che è al tempo stesso dono (eredità dal padre), beneficiario di doni (gli stivali, il cappello e il sacco da parte del figlio minore), e donatore (al re, per ingraziarsi il suo favore; al suo padrone, la fama e le ricchezze dell'orco per renderlo "Marchese di Carabas" agli occhi del re).

Nelle favole, il donatore è spesso una Fata Madrina, si veda ad esempio quella che dà a Cenerentola tutto il necessario per partecipare al ballo, ma a una condizione: la sua magia è destinata a esaurirsi a mezzanotte. Non è raro infatti che un donatore ponga dei limiti che vanno rispettati, pena la perdita dell'aiuto ricevuto. Un'altra fata, la Fata Turchina, si prodiga in aiuto di Pinocchio, ma solo alla fine, una volta dimostrato dal burattino pentimento e buon cuore, la Fata Turchina esaudisce il suo desiderio e lo trasforma in un bambino vero. E a proposito di desideri: nella storia di Aladdin il donatore è il Genio della lampada che concede tre desideri ma, almeno nella versione Disney, ce ne sono alcuni che non possono essere esauditi, e una formula da pronunciare per richiedere il suo aiuto (tanto che, se non è stato richiesto, il suo intervento non può essere considerato come uno dei desideri).

Il tipo di donatore, e di doni, varia enormemente da storia a storia. Per alcuni, utilità e significato simbolico vanno di pari passo, come la Spada della Verità e lo Scudo della Virtù dati al principe Filippo dalle Fate Madrine di Aurora nella versione Disney della Bella addormentata. In altri casi, accanto a un dono che si preannuncia di fondamentale importanza, pensa ad esempio alla Luce di Eärendil donata da Galadriel a Frodo nel libro e nel film Il Signore degli anelli "per aiutare il Portatore dell'Anello nelle ore più buie", vi è qualcosa privo di utilità pratica ma dall'alto valore simbolico: la ciocca di capelli della dama elfica chiesta da Gimli il nano, simbolo di un'amicizia e di una stima mai vista prima tra le due razze.

Può accadere anche che il valore del dono non sia evidente all'inizio, né il donatore lo spieghi. Se il bacio sulla fronte che la Buona strega del Nord dà a Dorothy in Il meraviglioso mago di Oz è subito identificato come una protezione contro il male, l'altro dono, le Scarpette d'argento appartenute alla strega cattiva, rivelano la loro magia solo al termine della storia. Infine, è bene chiarire che in caso di più beneficiari, un donatore tende a dare sempre a ciascuno l'oggetto o il potere che più lo rappresenta, anche a livello di carattere, e che se concede un dono, è certo che prima della fine della storia questo tornerà in qualche modo utile. Che è ciò che accade con il donatore per eccellenza, Babbo Natale, che appare in Il leone, la strega e l'armadio per regalare, rispettivamente: una spada e uno scudo a Peter, un arco e un corno magico a Susan, e una fiala di cordiale magico curativo a Lucy. E a Edmund, il bambino cattivo che in quel momento era irretito dalla Strega Bianca... niente.


In ogni storia, o quasi, è coinvolto un donatore, anche quando non c'entra la magia: ti basta ricordare che in una delle versioni di Cenerentola, il film La leggenda di un amore, la parte della fata madrina... la fa Leonardo da Vinci! Come con veggente e messaggero, però, il rischio di ricorrere fin troppo al donatore e trasformarlo in un deus ex machina per risolvere ogni situazione è alto. Perciò ti voglio fare un dono, e ti lascio un doppio esercizio per metterti alla prova.

Se sei uno scrittore, cerca esempi di donatori nelle tue storie. Scrivi la scena in cui al protagonista viene offerto un aiuto, un potere o un oggetto dal donatore.

Se sei un lettore (o uno spettatore), ripensa alle storie che hai seguito di recente o a quelle che ti piacciono di più o che ricordi meglio: in quali casi hanno un personaggio che puoi riconoscere come donatore? Scrivimi pure nei commenti quelli che ti vengono in mente.