lunedì 22 aprile 2024

Ricerca tra i ghiacci


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Foto di Kaushal Moradiya da Pexels


Il rombo sordo del motore le ronzava nelle orecchie mentre gli sci della motoslitta volavano sulla candida distesa piatta della pianura innevata. Era una splendida giornata sul tetto del mondo, con un sole pallido che attenuava il morso del gelo e splendeva abbacinante in riflessi traditori che l'avrebbero accecata, non fosse stato per la visiera scura del suo casco. Kall'te era preparata a quella lunga marcia. Era da tutta la vita che si preparava per quella che considerava "la missione della sua vita".
Quella era la parte più facile. Era addirittura piacevole procedere così spedita, senza nemmeno far fatica, senza un solo ostacolo in vista, e quel minimo di freddo che le intirizziva le mani avvolte nei guanti, o le spruzzate di neve sollevate dai bordi degli sci che impattavano contro la curva del parabrezza non la impensierivano. Kall'te sapeva che la vera sfida sarebbe giunta di notte, con il Vero Freddo che congelava qualunque cosa smettesse di muoversi, e le sole stelle a orientare il suo cammino. Il vento solare che dava vita a luci danzanti nel buio era troppo intenso lì per le delicate strumentazioni moderne che accompagnavano i viaggiatori in qualsiasi altra parte del mondo con la loro promessa di aiutarli a trovare sempre la loro meta. Così a nord, il viaggio era quasi lo stesso di secoli fa.
Quasi.
La motoslitta aveva sostituito le tradizionali slitte a trazione animale, con tutti i problemi che comportava doversi portare dietro altri esseri viventi da sfamare e accudire e proteggere dal Vero Freddo della notte. Ma la motoslitta poteva arrivare fino a un certo punto. Dopo, Kall'te sapeva che dipendeva tutto da lei.
Come coloro che l'avevano preceduta, Kall'te aveva studiato quel viaggio nei minimi dettagli, aveva osservato le mappe, riletto gli appunti lasciati dai suoi predecessori, da quelli che avevano rinunciato, almeno, ed erano tornati indietro per raccontarlo. Kall'te poteva imparare dai loro errori, se non altro.
Doveva accontentarsi di quelle esperienze parziali, poiché non avrebbe avuto notizie da coloro che avevano fallito così come da coloro che avevano avuto successo. Gli uni e gli altri erano semplicemente scomparsi.
Nessuno tornava mai indietro, una volta raggiunta la meta. Non c'era motivo di farlo.
Partendo Kall'te aveva detto addio a tutti coloro che conosceva, perché in qualunque modo fosse finita la sua impresa, lei non aveva intenzione di rinunciare alla Ricerca.
Quella era un'occasione che capitava una sola volta nella vita.
Il sole era quasi giunto al tramonto. Presto sarebbe cominciata la prima di una serie di notti sempre più brevi man mano che Kall'te si spingeva verso nord, finché il sole non sarebbe tramontato più e si sarebbe limitato a sfiorare l'orizzonte. Questo almeno diceva chi era arrivato così lontano da sfiorare quasi la meta. Kall'te non poteva far altro che fidarsi delle parole che ormai conosceva a memoria da quante volte le aveva lette e rilette.
In sella alla motoslitta, Kall'te strinse i denti e si preparò a resistere alla pungente tortura del Vero Freddo che di lì a poco l'avrebbe investita con tutta la sua forza.

Un'altra alba sorse e Kall'te si meravigliò di essere giunta così lontano. La motoslitta aveva ceduto giorni addietro, e se prima Kall'te aveva pensato che quel rombo continuo l'avrebbe fatta uscire di testa, in quel momento avrebbe dato di tutto per sentire qualcosa, qualunque cosa, che non fosse il silenzio ovattato dei suoi passi. Il Vero Freddo si era preso due dita delle sue mani, ma la notte durava sempre meno, e ciò la rinfrancava. Gli appunti dei suoi predecessori in quello non avevano mentito.
Se solo non fosse stato tutto così dannatamente silenzioso!
Rifletti. È così che deve essere, si disse Kall'te.
Il più grande tempio della conoscenza mai esistito non poteva che sorgere nel luogo più silenzioso dell'intero creato.
Per i primi giorni, dopo che aveva abbandonato la motoslitta ormai inservibile, Kall'te era stata tormentata da un fischio continuo nelle orecchie. Lo aveva odiato, ma non più da quando anche quel rumore fantasma era scomparso. Avrebbe potuto parlare, ma non ne vedeva l'utilità, dato che nessuno a parte lei l'avrebbe udita. Inoltre, non voleva sprecare il fiato che si condensava in preziose nuvolette di tiepido vapore non appena lasciato il suo corpo. Quel calore era tutto ciò che le restava, tutto ciò che la separava da un brusco termine del suo viaggio, dal fallimento, dalla morte per congelamento.
La notte aveva smesso di calare quando Kall'te lo trovò, perciò non sapeva più dire da quanti giorni fosse in viaggio, né se fosse giorno o notte, in quel momento, nel luogo che aveva chiamato casa, e che aveva abbandonato. Sapeva solo che le mancavano le stelle, e si sentiva persa senza la loro guida, e sì, le mancavano anche le splendide, inutili luci danzanti che le avevano ispirato tanta meraviglia.
Perciò trovare l'ingresso fu una sorpresa. Kall'te ci era arrivata vagando a caso, e d'altra parte, quella galleria di ghiaccio che scendeva nelle viscere della terra non sembrava affatto diversa da una caverna naturale. Non c'era alcuna insegna che la identificasse, né una serie di colonne scolpite nel ghiaccio cristallino, né un'imponente architettura barocca o postmoderna a fare da cornice a quell'ingresso. Solo un buco nel terreno. Una semplice tana d'orso.
Kall'te avrebbe addirittura pensato di essere nel posto sbagliato, se poco più avanti non fossero cominciati i gradini. Li percorse in reverente silenzio, come si confaceva a un simile luogo, avvolta in riflessi di luce azzurrina e accolta da un soffio d'aria insolitamente tiepido per quel clima e quella latitudine.
Nessuno sapeva davvero che cosa avrebbe trovato in fondo a quella tortuosa rampa di scale che risuonava lievemente come l'interno di una conchiglia. Le leggende parlavano di un labirinto, e di mostri da affrontare, ma erano soltanto ipotesi. Chi era arrivato dove lei si trovava, non era tornato indietro per raccontarlo.
Un uomo l'accolse ai piedi delle scale. Teneva un libro tra le mani, e la luce che si sprigionava dalle pagine in eleganti figure olografiche accompagnate da didascalie mutevoli si rifletteva sugli occhiali.
Kall'te, che si aspettava da lui un enigma da risolvere come prova del suo valore, si umettò le labbra per parlare, ma l'uomo le fece cenno con un dito di tacere e le indicò di seguirlo.
Il lungo corridoio che percorse dietro di lui, in silenzio, guidata dal bagliore che si sprigionava dal libro, si aprì infine in una balconata, e quando Kall'te si sporse, rimase a bocca aperta. File su file di scaffali ricolmi di libri, dal pavimento fino al soffitto, e figurette che si aggiravano tra di essi così in basso da sembrare minuscole formiche tanto era grande la caverna, che non era che la prima di molte sale collegate, come scoprì Kall'te in seguito. L'uomo la condusse giù lungo un'interminabile rampa di scale, e una volta che fu giunta tra coloro che come lei avevano avuto successo, che prima di lei avevano raggiunto quell'agognata meta, non ebbe bisogno di dirle che avrebbe potuto leggere tutti i libri che voleva, esplorare a suo piacimento l'immensa Biblioteca dei Ghiacci, il più grande tempio della conoscenza mai creato.
Kall'te era la più recente tra i suoi custodi, ma le ci volle poco per abituarsi a quella vita di studio silenzioso, e ancor meno per capire perché nessuno tornava mai da quell'impresa.
Era libera di lasciare la biblioteca quando lo desiderava, ma con tutta la conoscenza del mondo a propria disposizione, chi mai lo avrebbe voluto?

sabato 20 aprile 2024

Ampolloso

Ampolloso [am-pol-ló-so] agg. caratterizzato dal gusto per un'espressione verbale solenne, ricca di amplificazioni, retoricamente ornata; magniloquente, enfatico.

Etimologia: dal latino ampulla, "ampolla", ma anche "discorso gonfio e pomposo", probabile diminutivo di amphora, "vaso a manichi".


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Becca Correia da Pexels


La lettera era scritta in una calligrafia barocca, piena di svolazzi e slanci, e lo stile era affettato e ampolloso oltre ogni dire. Non si sarebbe mai aspettata una simile ostentazione di piacevolezza dato l'argomento di quella missiva.
La rottura di una promessa, un addio. Per quanto si potesse indorarla, quella dichiarazione restava comunque un affronto. Anzi, sarebbe stato meglio, più onesto, se fosse stata scritta in maniera diretta, scarna, senza troppi giri di parole. Se proprio lui non poteva dirglielo di persona, faccia a faccia.
Lei accartocciò la lettera, si alzò in piedi, si allontanò. Le mani strette a pugno, nella sua mente ripeté più e più volte le parole della lettera, suo malgrado. Provò a immaginarselo davanti, a pronunciarle in un discorso ampolloso, la voce cantilenante come se l'avesse imparato a memoria così che le parole perdevano di senso alle sue stesse orecchie, oltre che a quelle di lei. Poi immaginò di allungare le mani come per accarezzare il suo volto, ma di afferrargli invece la gola, e stringere, stringere, stringere.
La vista le si velò di rosso e lei fece un passo indietro, con sgomento, come se lui fosse stato realmente lì, davanti ai suoi occhi.
Una risata sommessa si fece strada tra i suoi pensieri. La voce era quella di un uomo, ma non era quella di lui, né la voce di alcun altro lei avesse mai udito.
Sì... lo vuoi, vero? Puoi averlo, possiamo averlo tutto per noi...
Lei cercò di distogliere la mente da quella voce, da quei pensieri, ma la voce continuò a chiamarla in tono sommesso, con un nome che lei non riconobbe: Lamia, Lamia... non resistere. Con la vendetta diventa ancora più squisito...
– Sto impazzendo – ammise lei, e quel giorno stesso fece i bagagli e tentò di fuggire da Venezia.
E fu allora che divenne quel che era destinata a essere, per sempre.

giovedì 18 aprile 2024

Audioracconto - L'eroe insoddisfatto


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Foto di Ron Lach da Pexels


Che cosa c'è dopo il "vissero per sempre felici e contenti"?

L'eroe insoddisfatto
(racconto breve adatto ai bambini e perché no, anche agli adulti!)


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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2022/03/leroe-insoddisfatto.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: Court and Page di Silent Partner
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=MyzwkDewpUY).

Immagini di: Ron Lach (https://www.pexels.com/it-it/foto/moda-uomo-abito-occhiali-da-sole-9758162/), Pedro Figueras (https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-dietro-la-copertura-bianca-626164/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/mano-della-persona-che-tocca-la-parete-626163/), Carlos Fernando Caupers (https://www.pexels.com/it-it/foto/cielo-vacanza-arte-punto-di-riferimento-4491786/), Pixabay (https://www.pexels.com/it-it/foto/lotto-di-lingotti-d-oro-47047/), HANUMAN PHOTO STUDIO🏕️📸 (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-amore-persone-donna-19153798/), Jacqueline James (https://www.pexels.com/it-it/foto/bianco-e-nero-uomo-coppia-donna-20272457/), Olya Prutskova (https://www.pexels.com/it-it/foto/luce-leggero-bianco-e-nero-cielo-7163732/), Fernando Cortés (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-ritratto-costume-medievale-10068866/), Monstera Production (https://www.pexels.com/it-it/foto/marketing-donna-mano-notebook-6373293/), Mike Bird (https://www.pexels.com/it-it/foto/ragazzo-che-indossa-la-statua-della-corona-189528/), Craig Adderley (https://www.pexels.com/it-it/foto/drago-dalla-coda-di-corno-ungherese-agli-universal-studios-3359734/), Juan Felipe Ramírez (https://www.pexels.com/it-it/foto/foresta-ritratto-costume-mostro-14403757/), furkanfdemir (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-notebook-scrittura-scrivendo-7080696/), James Wheeler (https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-del-percorso-circondato-da-abeti-1578750/), mohamed abdelghaffar (https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-in-scala-di-grigi-di-un-uomo-che-indossa-maglione-785746/), da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

lunedì 15 aprile 2024

Non era invidia


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Foto di Andrea Piacquadio da Pexels


Non ho mai invidiato gli altri ragazzi, quelli che stanno fermi in un posto solo. Per me era come se fossero parte del paesaggio visto dal finestrino di un treno. Un finestrino aperto, poiché conoscevo i loro nomi e arrivavo anche a sentire parte della loro storia, nei pochi mesi che condividevano. Non arrivavo mai a conoscerli del tutto, o a considerarli degli amici.
Non è che preferissi non affezionarmi. Io avrei anche voluto, sebbene loro fossero altro, parte del paesaggio, non della famiglia con cui avrei passato tutta la vita.
Loro, spesso, non lo rendevano facile.
Avevano già i loro amici. Io ero un'estranea, una straniera. E gli bastava guardarmi, vedere la mia cicatrice, per decidere che anche se tutto ciò che ci separava e ci rendeva diversi non contava, quello sì, contava parecchio.
Pensavo non m'importasse, perché tanto, chi ha bisogno di amici quando si ha la fortuna di avere così tante zie e cugine? Senza contare Maipe, Maipe era mio amico, e mi avrebbe seguito ovunque fossi andata.
E comunque, tempo pochi mesi e io quei ragazzi cattivi non li avrei più rivisti. Non puoi piangere per un brutto paesaggio, mi dicevo, presto il treno correrà avanti e quello dopo sarà migliore di questo.
Ma non lo era mai, e io mi disperavo ugualmente.
Enrico era l'unico che avrei rimpianto una volta che il mio treno avrebbe lasciato quell'ennesima stazione. Lui era stato il mio bel paesaggio fin dall'inizio. Non mi aveva mai guardato come mi guardavano gli altri, non aveva mai detto cattive parole alle mie spalle. Era stato curioso, sinceramente curioso. E alla fine aveva saputo di me ciò che a nessun estraneo avevo mai rivelato. Il segreto della mia famiglia.
Una volta gli avevo detto che invidiavo il Natale degli altri ragazzi, ma non era del tutto vero.
Non invidiavo i loro momenti di gioia, il loro Natale. I regali che io non avrei mai avuto. Il caos frenetico delle giornate che lo precedevano, l'aspettativa trepidante, il traffico chiassoso degli acquisti.
Non gli invidiavo i canti festivi e il tintinnare delle campanelle, sebbene mi attirassero irresistibilmente, forse perché mi rammentavano i miei primi, vaghi ricordi di Maipe che cantava per me quand'ero bambina. Né gli invidiavo le luminarie e gli abeti sfavillanti di lucine colorate, il sapore di dolci sconosciuti o il tepore di una cioccolata calda e di un caminetto acceso.
Noi, in famiglia, avevamo le nostre storie, le nostre tradizioni, le nostre luci, luci viventi che duravano per tutto l'anno, e non solo a Natale.
Quello che chiedevo era solo, per una volta, poter avere un bel paesaggio. Giocare in mezzo alla neve con un amico. Ridere assieme, invece di sentir ridere di me. Non era poi una pretesa impossibile, no?
Quell'anno fu il mio anno magico, perché fu l'anno in cui il mio desiderio si avverò. E anche se alla fine dovetti andarmene, come facevo sempre, ricordo ancora con piacere e una fitta di nostalgia quel bellissimo paesaggio che mi sono lasciata alle spalle.
Di quelli che non vanno da nessuna parte, io invidio la possibilità di avere una seconda occasione. Per loro è facile tornare sui propri passi, incontrare di nuovo le stesse persone, riprendere i fili di conoscenze strappate.
Noi no, non lo facciamo mai. Non torniamo indietro, non ci fissiamo sul nostro passato, a chiederci quel che sarebbe potuto essere, e non è. Almeno, questo in teoria, perché io non riuscivo a smettere di pensare al ragazzo che conosce il mio segreto.
Una volta, zia Cin mi ha raccontato della mamma e di Natiel, e allora io ho capito che la mia storia non era solo mia. Come Enrico, Natiel sapeva il segreto di famiglia, e la mamma aveva persino pensato di sposarlo. Ma erano entrambi ragazzini, troppo giovani, e nonna Tamesi non aveva voluto.
Mamma non era mai tornata indietro per Natiel, una volta cresciuta abbastanza. O meglio, la famiglia non era mai tornata a fermarsi nella zona dove lui viveva, e poi mamma aveva trovato papà ed era andata avanti.
Io però non voglio fare così. Questo è il secondo Natale che passo in questa città, e mi sembra magico quanto quello che ho avuto da bambina. Avrei persino lasciato la famiglia per averlo, ma non è stato necessario.
Mamma ha capito. È lei a guidare la famiglia, adesso.
Ha capito che per andare avanti, in un modo o nell'altro, io devo prima fare un passo indietro. Capire se può essere adesso quel che non è stato allora, se nel rivedere Enrico troverò un amico o un estraneo.
Se ancora vive qui, non può non sapere che siamo arrivati. La nostra tenda è quella di sempre, e le notizie girano in fretta.
Lo aspetto qui, nella neve che cade lieve, con la luce di Maipe accanto.

sabato 13 aprile 2024

Simulacro

Simulacro [si-mu-là-cro] s.m. 1. Immagine o statua di una divinità; statua o monumento in genere. 2. fig. Parvenza, immagine lontana dalla realtà effettiva. 3. lett. (al pl.) Vestigia, monumenti, testimonianze del passato.

Etimologia: dal latino simulacrum, composto dal tema simula, da simulare, "rappresentare", e dal suffisso crum, che indica, "mezzo" o "strumento".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Agung Pandit Wiguna da Pexels


Nell'angolo più appartato del giardino, celata da una selva di rami rigogliosi, scovai il simulacro di un'antica dea acquatica. Come quando avevo rinvenuto il loro libro delle ombre, con quell'incantesimo così provvidenziale e prezioso, mi chiesi chi potessero essere stati prima di me i proprietari di quella casa. Non sapevo se la statua fosse una riproduzione, o se un esploratore dei tempi andati l'avesse portata qui da qualche remoto angolo del pianeta, ma capivo anche senza toccarla che la dea impressa nella pietra era stata a lungo venerata.
Io non avevo bisogno di una statua per riconoscere l'essenza degli Dei nel creato, tuttavia, per rispetto degli spiriti degli vecchi proprietari della casa, liberai delicatamente la statua dalla sua prigione verde, permettendole di rivedere il sole. Mentre spostavo i ramoscelli, pronunciando parole cariche di potere per convincerli a curvarsi in altre direzioni, avvertii come una carezza la sua presenza.
Era uno spirito, ma non quello dell'antica dea, era uno spirito che conoscevo. Era la mia guida, il mio compagno di altre vite, la mia anima gemella.
– Ben fatto – mi disse, nel riconoscere il motivo che mi aveva indotto a occuparmi della statua.
Non eravamo destinati a condividere questa vita, non nel modo che io agognavo. Ma in quella casa avevo trovato una soluzione, per quanto folle.
Allungai una mano verso la sua guancia e come già tante volte mi era accaduto negli ultimi giorni, nel percepire la sua pelle sotto le mie dita provai un calore e una gioia incontenibile.
– Questo corpo non è che un simulacro – mi rammentò lui. – L'incantesimo non durerà. E ciò che hai fatto è sbagliato.
Aveva protestato, e molto, dall'alto della sua incommensurabile saggezza. Lo capivo: era il suo ruolo guidarmi in questa vita. Eppure, ogni volta dopo le proteste si avvicinava a me, e mi baciava, e mi stringeva in un abbraccio. E io sospettavo che non sarebbe passato molto prima che andassimo oltre.
In fondo, era ciò che voleva anche lui.

giovedì 11 aprile 2024

Audioracconto - Ammaliante inganno


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Foto di Maria Clara Alvarenga da Pexels


*** Attenzione ***
Per il tema narrato o il contenuto di alcune scene l'ascolto di questo racconto non è adatto ai bambini e a un pubblico sensibile.
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Una sirena dal canto ipnotico, una predatrice letale, una donna innamorata e tradita. Tutto questo, dietro un bel sorriso innocente. Dall'altra parte c'è lui, Thomas, che non sa di essere caduto in una trappola.

Ammaliante inganno
(racconto breve di genere rosa/horror)


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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2022/11/ammaliante-inganno.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Immagine di: Maria Clara Alvarenga (https://www.pexels.com/it-it/foto/bianco-e-nero-donna-ritratto-sorridente-12816409/), da Pexels, distribuita ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Video di: Javier Lemus (https://www.pexels.com/it-it/video/onde-che-si-infrangono-sulla-riva-2439510/), Pixabay (https://www.pexels.com/it-it/video/onde-durante-il-tramonto-855257/) e (https://www.pexels.com/it-it/video/onde-oceaniche-856204/), Kelly (https://www.pexels.com/it-it/video/monitoraggio-di-una-barca-in-velocita-in-acqua-2711239/), Mikhail Nilov (https://www.pexels.com/it-it/video/mare-natura-cielo-spiaggia-6981408/), Merve Sezer (https://www.pexels.com/it-it/video/mare-natura-acqua-oceano-8214778/), Rostislav Uzunov (https://www.pexels.com/it-it/video/mare-acqua-blu-oceano-7513671/), James Cheney (https://www.pexels.com/it-it/video/acqua-blu-sole-nuotare-2632737/), james (https://www.pexels.com/it-it/video/uomo-persona-occhi-modello-5125834/), Jorge Tapia (https://www.pexels.com/it-it/video/veicoli-natura-uomo-persone-5340699/), Joshua (https://www.pexels.com/it-it/video/rosso-arte-creativo-acqua-6739393/), Engin Akyurt (https://www.pexels.com/it-it/video/arte-creativo-acqua-modello-5594765/) e (https://www.pexels.com/it-it/video/rosso-arte-acqua-trama-5594562/), Dan Cristian Pădureț (https://www.pexels.com/it-it/video/arte-scuro-modello-astratto-5575173/) da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Effetti sonori per il canto della sirena: sound #8.mp3 (https://freesound.org/people/selinaM21/sounds/569624/) e sound #5.mp3 (https://freesound.org/people/selinaM21/sounds/569621/) di selinaM21, da FreeSound, sotto licenza Creative Commons: By Attribution 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/);
Altri effetti sonori da FreeSound (https://freesound.org/) sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/).

lunedì 8 aprile 2024

La Sposa del Deserto


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Era una tradizione, quella di Vostaldjertarn, l'Ultimo Giardino, la Perla del Sud, che risaliva a molti secoli addietro, e non si era mai interrotta, neppure quando le nazioni dei crudeli cannibali del nord avevano mosso guerra alle pacifiche città verdi, invadendole e saccheggiandole una dopo l'altra. Anzi, a maggior ragione, Vostaldjertarn proseguiva nel conservare intatto quel costume, perché in tempi di guerra una speranza effimera, una leggenda, era preferibile all'abbandonarsi alla disperazione.
L'Ultimo Giardino ai confini del deserto combatteva da sempre contro l'avanzare delle terre aride, e forse questa antica battaglia era all'origine della tradizione della Sposa del Deserto.
Ogni anno, nel giorno più lungo, una giovane donna in età da marito, ma non ancora promessa ad alcuno, veniva scelta e preparata a incontrare un invisibile sposo tra le dune di sabbia. Ogni anno, nel giorno più lungo, la donna e coloro che l'accompagnavano attendevano al riparo di una tenda, e ogni anno tornavano a casa disidratati e con un principio di insolazione.
Non accadeva mai nulla alla Sposa del Deserto al di fuori di questo, ma a Vostaldjertarn continuavano a mandare una sposa designata anno dopo anno, perché secondo la leggenda la Sposa del Deserto avrebbe assicurato la pace, la prosperità e la gioia agli abitanti di Vostaldjertarn e di tutte le città verdi. Qualcuno tra i più anziani si spingeva addirittura ad affermare che il compito della Sposa del Deserto era quello di salvare il mondo.
Che fosse vero oppure no, era un onore e una grande responsabilità essere scelta come Sposa del Deserto.
Dinalys non credeva alle vecchie leggende, eppure, quando fu il suo turno, non si tirò indietro. Chi mai lo avrebbe fatto, al suo posto, con la prospettiva di una rendita assicurata per un anno a fronte di quel piccolo fastidio? La Sposa del Deserto non avrebbe portato pace, prosperità e gioia a tutta la regione, ma a lei di sicuro sì.
Questo Dinalys pensava mentre le donne le lavavano la pelle e la profumavano con oli di Xar e di Jalanth, le acconciavano i capelli e la aiutavano a indossare il più bell'abito che lei avesse mai visto. Stretto in vita e sul petto, morbido sui fianchi, ampio e vaporoso sulle gambe con un lunghissimo strascico, il vestito candido era un impeccabile capolavoro di ricamo in leggerissima tela di ragno che aveva richiesto mesi alle migliori sarte di Vostaldjertarn per essere tessuto, e che si sarebbe poi riempito di sabbia e intriso di sudore appiccicoso per tutto il giorno. Questo Dinalys pensava, pragmatica com'era, mentre le coprivano il capo con un velo di tulle bordato da un ricamo di pizzo dai motivi floreali.
Tutto in nome di uno sposo immaginario che non l'avrebbe mai vista.
Com'era consuetudine, Dinalys partì all'alba accompagnata da suo fratello e da uno zio. Non aveva voluto coinvolgere in quella farsa suo padre: gli aveva detto che sarebbe tornata così com'era andata, da donna libera, e dunque non aveva bisogno di lui, e mentre arrancava tra dune roventi trattenendo su un braccio lo strascico, pensò che aveva fatto bene a non portarlo in quell'inferno.
Piantarono la tenda all'ombra di una duna, quando suo zio giudicò di essere sufficientemente lontani dalla città da poter essere "dall'altra parte del mondo, per quanto ne sapevano".
E lì, con il soffio costante e lieve che gettava spruzzi di sabbia ai suoi piedi, Dinalys e i suoi accompagnatori di accinsero ad attendere.
Di tanto in tanto, suo fratello e suo zio si passavano un cannocchiale, scrutavano l'ampia distesa di sabbia, e commentavano: – Ancora nessuno.
Dinalys si sarebbe volentieri messa a dormire, se il caldo asfissiante non glielo avesse impedito. Cominciava anche a pensare che forse un solo anno di rendita non era sufficiente a compensarla di tutto il disagio che stava patendo, quando all'improvviso suo fratello sbottò: – Arriva qualcuno!
Lo zio, che non gli credeva, si fece passare il cannocchiale. Ma non lo poté rimproverare e criticare per aver visto un miraggio e averlo scambiato per una persona, perché davvero arrivava qualcuno.
Lo straniero avanzava intabarrato in un mantello color ocra, poco più scuro della sabbia del deserto, che lo nascondeva a occhi distratti, e il suo volto era coperto da un copricapo di una sfumatura più chiara che celava i suoi lineamenti in volute di tessuto, lasciando scoperta solo un fascia in corrispondenza degli occhi. Dinalys vide qualcosa scintillare alla luce del sole suo suo volto, ma non capì cosa fosse, e pensò a un gioiello, almeno finché suo zio non sbottò allarmato: – Gli occhi! Ha gli occhi che brillano, è un demone del nord, un dannato cannibale del nord!
Tutti, al sud, sapevano riconoscere il segno del peccato. Gli uomini del nord che mangiavano carne umana erano maledetti, segnati da freddi occhi color argento, così che non avrebbero mai potuto nascondere il loro vizio, ovunque andassero. In realtà, vi era una spiegazione scientifica assai semplice: con la loro dieta contro natura, un pasto dopo l'altro, accumulavano nell'organismo la crolanina, la polvere d'argento che si depositava principalmente nelle iridi, mutandone il colore.
Dinalys tremò. Non era uno sposo del deserto, quello che stava venendo a prenderla.
– Che ci fa uno di quei demoni così a sud? – brontolò suo zio, e mise mano al fucile che aveva portato per precauzione. Subito, però, si piegò in due e si portò le mani alla testa.
– Zio! – urlò suo fratello, prima di crollare in ginocchio.
Dinalys rimase in piedi, nel suo splendido abito bianco da sposa lordato dalla sabbia e dal sudore, ad attendere quello che ormai si domandava se fosse davvero un uomo.
Non pensava più che fosse un soldato del nord, no, qualcosa nel suo atteggiamento glielo aveva fatto escludere. E quando fu abbastanza vicino, Dinalys vide che non aveva occhi d'argento, ma dorati, scintillanti occhi color del sole colmi di un inspiegabile affetto. Adorazione, quasi.
– Chi sei? – gli chiese, quando l'uomo dagli occhi dorati si fermò nell'aria rovente del deserto, a pochi passi da lei.
Lo straniero non rispose, non a parole, ma Dinalys ottenne molto più di quello che aveva chiesto. La conoscenza esplose nella sua mente in vivide immagini e sensazioni potenti, e Dinalys vide una bestia enorme, un mostro alato dalle squame scintillanti d'oro, una creatura di leggenda capace di plasmare la sabbia del deserto in palazzi e giardini e fonti d'acqua fresca, e lo avrebbe fatto per lei, se solo lo avesse voluto. Dinalys allora capì che lo straniero le aveva detto il suo nome, che nella sua lingua senza parole equivaleva a mostrarle tutto ciò che lui era, e fece di più quando le mostrò chi lei era per lui, chi poteva essere se lo desiderava, e quanto l'aveva attesa.
Dinalys gli sorrise, per nulla intimorita. – Sì, lo voglio – mormorò, e si mosse per andargli incontro, lasciando l'ombra della tenda. Ma suo zio, che si era ripreso abbastanza, allungò una mano a trattenerla, stringendole un braccio. – Din, sciocca ragazza, resta qui! Non lo vedi... non vedi cos'è?
– Lo vedo, zio, e proprio per questo devo andare – ribatté Dinalys.
Che ironia, proprio lei che non aveva mai creduto alla leggenda era l'unica autentica Sposa del Deserto, la donna che avrebbe salvato il mondo.

sabato 6 aprile 2024

Epicedio

Epicedio [e-pi-cè-dio] s.m. (pl. -di) Nell'antica Grecia, canto di accompagnamento del defunto; estens. componimento funebre.

Etimologia: da latino epicedion, a sua volta derivato dal greco epikedeion, composto da epi, "per", e da kedos, "cura, dolore, lutto".


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di RDNE Stock project da Pexels


4° giorno di Ombroso, Ultimo Campo, Ovestalba

So che Taliesin conosce molte persone, e molte persone conoscono lui. Questo vuol dire essere famoso, mi ha detto una volta un oste. Taliesin però sembra infastidito quando i messi arrivano da città lontane per convincerlo a seguirli da altri uomini famosi.
Di solito la sua risposta è che quando era il momento, se il suo viaggio lo avesse portato da quelle parti, sarebbe volentieri passato a trovarli, ma non prima. Non vuole essere imprigionato in un palazzo per cantare al servizio di un padrone, questo dice, ed è buffo perché la stessa cosa l'avevo quasi fatta io nel cercare di trattenerlo nel mio bosco.
Perciò mi ha sorpreso quando, un paio di giorni fa, Taliesin non ha mandato via il messo, anzi, ha detto che dovevo prepararmi a partire subito.
Non avevo mai viaggiato in carrozza. Secondo Taliesin, i nostri piedi sono più che sufficienti a portarci ovunque vogliamo nel giusto tempo, ma non questa volta.
Stavamo andando da un suo caro amico, ed era bene che giungessimo in fretta. Si erano fatti una reciproca promessa, che quando fosse giunto il momento, uno dei due avrebbe composto un canto speciale per l'altro. Il momento era arrivato.
Taliesin ha cominciato a lavorarci durante il viaggio, ma era difficile, e gli mancavano le parole. Ha pianto un po', penso, perché la poesia speciale non gli riusciva tanto bene, così io l'ho aiutato a trovare le rime e a sistemarla. Taliesin mi ha detto che stavo diventando brava e che forse, un giorno, il suo epicedio lo avrei composto io.
Quando siamo arrivati a Ovestalba ci hanno lasciato ad aspettare il suo amico in un palazzo. Io ho chiesto dove fosse, ma tutti dicevano che se n'era andato, e quando ho chiesto quando sarebbe tornato mi hanno guardato strano e non hanno risposto.
Taliesin ha cantato l'epicedio per il suo amico, ma il suo amico non era lì ad ascoltarlo. Alla fine siamo venuti in questo Ultimo Campo, e ora credo di cominciare a capire dove è andato il suo amico.

giovedì 4 aprile 2024

Audioracconto - La donna dei fiori


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Foto di T Munive da Pexels


La storia della donna dei fiori amata dagli spiriti, e dell'uomo invidioso che voleva per sé i suoi segreti e il suo potere.

La donna dei fiori
(racconto breve di genere fantastico/horror)


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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2021/11/la-donna-dei-fiori.html

*******

Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: The Sky of our Ancestors di Kevin MacLeod (http://incompetech.com)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=TuCtwo2ifH0);
The Hunt (remastered) di Miguel Johnson (https://soundcloud.com/migueljohnsonmjmusic)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=cOpvkOeC5RI).

Immagini di: T Munive (https://www.pexels.com/it-it/foto/fotografia-di-messa-a-fuoco-selettiva-di-donna-sdraiata-sui-fiori-3404200/), Vlad Bagacian (https://www.pexels.com/it-it/foto/falo-acceso-all-aperto-durante-la-notte-1368382/), Drew Rae (https://www.pexels.com/it-it/foto/paesaggio-natura-cielo-tramonto-580685/), Fabian Köhler (https://www.pexels.com/it-it/foto/scimmia-sbadigliando-peloso-fotografia-di-animali-12200718/), Heber Vazquez (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-messicano-in-piedi-ritratto-13146522/), Jan Kroon (https://www.pexels.com/it-it/foto/fotografia-in-scala-di-grigi-di-drift-wood-1161768/), Richy Dannielz (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-donna-acqua-ruscello-9078384/), Tomáš Malík (https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-sedute-davanti-al-falo-nel-deserto-durante-la-notte-1703314/), Antony Trivet (https://www.pexels.com/it-it/foto/legno-paesaggio-natura-tramonto-6057751/), Rowlandzy (https://www.pexels.com/it-it/foto/famiglia-vero-africana-15542283/), monicore (https://www.pexels.com/it-it/foto/rosa-rossa-appassita-durante-il-giorno-136347/), Daniel Jøshua (https://www.pexels.com/it-it/foto/natura-cielo-tramonto-scuro-4122258/), da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Effetti sonori da FreeSounds (https://freesound.org/) sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/).

lunedì 1 aprile 2024

Il portale della rovina


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Foto di ROMAN ODINTSOV da Pexels


Oltre alla direzione proibita, a nord di Timing, vi era un altro luogo nel deserto in cui quasi nessuno si recava, partendo dalla città-oasi o da qualsiasi altra. Era la zona delle Prime Rovine, a sud-ovest di Timing, il luogo in cui gli archeologi avevano per la prima volta rinvenuto artefatti dagli strani poteri magici, il motivo per cui era stata istituita l'annuale Sfida di Timing, e anche il motivo per cui scavare nella sabbia era diventata l'occupazione principale e più redditizia per tre quarti degli abitanti di Timing.
Ma prima di questa epoca, quando ancora quello di saccheggiare vecchi ruderi e strappare al deserto frammenti di coccio non era considerato un mestiere rispettabile, era stata una di quei primi esploratori curiosi ad accorgersi che una parte di quei tesori antichi, che altri avrebbero considerato spazzatura, non era esattamente quel che appariva. Forse aveva in sé un minimo di sensibilità alle correnti della magia che non faceva di lei una maga vera e propria, ma le dava modo di accorgersi quando c'era di mezzo la magia, perché quella prima archeologa amatoriale aveva messo da parte alcuni oggetti apparentemente innocui che come lei sosteneva "le davano i brividi". La sensazione a suo dire era ancora più forte nei pressi di una porta di pietra, l'unica rimasta in piedi in tutta la distesa di rovine, l'unica con gli stipiti che si ergevano diritti e l'architrave ancora al suo posto, sebbene i battenti di legno fossero ormai divorati dal tempo.
Nessuno dei suoi compagni in quella spedizione riuscì a decifrare l'antica scrittura incisa sulle pietre che formavano la porta, o a capire che cosa avessero di tanto speciale gli oggetti che lei aveva accantonato. Si decisero così a inviare messaggeri a sud e a ovest, a est e a nord, che all'epoca ancora non era una direzione proibita, per chiamare a raccolta tutti i maghi che conoscevano o di cui avevano sentito parlare, con la promessa che sarebbero potuti entrare in possesso di qualunque oggetto magico rinvenuto nelle rovine del quale avessero saputo spiegare lo scopo e il funzionamento. Quella fu la prima Sfida di Timing, anche se all'epoca ancora non si chiamava così.
Allettati dalla prospettiva di ricevere oggetti magici gratis, neanche fosse stato il loro compleanno, ovviamente una buona parte dei maghi invitati accorse alla chiamata. In molti si portarono a casa, quell'anno, una vecchia pignatta che si scaldava senza fuoco, o una sfera da predizione non aggiornata che mostrava solo eventi ormai avvenuti.
Uno dei più fortunati, o sfortunati a seconda dei punti di vista, fu il mago Mervugius, che riuscì almeno in parte a decifrare le iscrizioni sulla porta che pareva emanare più energia magica di qualunque altra cosa rinvenuta nelle rovine.
– È un portale – sostenne Mervugius, che all'epoca era un giovane mago, poco più che apprendista.
– Un portale per dove? – gli chiesero, ma Mervugius purtroppo non era riuscito a decifrare quella parte delle iscrizioni.
Il giovane mago fece allora quel che imparano assai presto a fare tutti i maghi: inventò di sana pianta, tenendosi sul vago e condendo il tutto di enigma e mistero, con un pizzico di sciagura tanto per gradire.
– Le iscrizioni su questo punto sono oscure – disse Mervogius. – Un avvertimento è tracciato sull'architrave per l'incauto che oserà attivare il portale, ma ahimè, la frase è stata lasciata incompleta.
Sperava in questo modo di guadagnarsi l'accesso esclusivo al portale senza doverne dimostrare il funzionamento, dato che ancora non aveva idea di come accenderlo, ma Mervogius ebbe molto di più di quel che si augurava.
– Be', a me sembra piuttosto chiaro – replicò l'archeologa sensibile alla magia, che non osava avvicinarsi a meno di tre passi dal portale. – Com'è possibile che una civiltà tanto avanzata nelle arti magiche sia scomparsa così, lasciandosi dietro nient'altro che rovine? È ovvio che devono aver attivato il portale.
A quella dichiarazione ci fu un gran parlottare e borbottare tra gli archeologi che erano con lei. L'espressione "portale della rovina" fu ripetuto più volte da più voci, e in men che non si dica fu decretato che il portale doveva essere nascosto e protetto affinché nessuno mai lo aprisse di nuovo, e che il suo custode da quel momento in avanti sarebbe stato colui a cui spettava in premio, ovvero il mago Mervogius. Immaginate la sorpresa del poveretto quando seppe che la sua ricompensa sarebbe stata quella di trasferirsi nelle rovine a fare l'eremita accanto a un oggetto magico che nemmeno poteva usare. Ad ogni modo, ormai il danno era fatto, e Mervogius non poteva più tirarsi indietro. Il mago si rassegnò a passare la sua esistenza incastrato in quell'ingrato compito, ma per fortuna era un mago, e quindi rese il suo soggiorno più agevole facendo magicamente crescere un giardino e un orto ed evocando un laghetto con le carpe in pieno deserto. Oltre, naturalmente, a provvedere alla difesa e all'isolamento necessario per svolgere il suo incarico, che prevedeva anche lo studio delle antiche iscrizioni sulle pietre del portale per completarne la decifrazione.
Fu così che da quel momento in avanti le rovine del portale della rovina furono protette da un'eterna tempesta di sabbia per scoraggiare i visitatori, e che solo ogni due o tre anni una carovana di coraggiosi esploratori attraversa la tempesta di sabbia per sincerarsi che il portale sia ancora chiuso, che il mago Mervogius ormai piuttosto in là con gli anni sia ancora vivo, e per portargli qualche bene di prima necessità richiesto dal mago stesso due o tre anni prima.
La volta di cui vi sto parlando, assieme alla carovana viaggiavano un elementale del ghiaccio, un elementale del fuoco, una giovanissima maga estremamente insistente e un ragazzo della stessa età che avrebbe preferito essere in qualunque altro posto piuttosto che nel bel mezzo di una tempesta di sabbia, frustato dai granelli che entravano dappertutto, perfino nelle mutande, assordato da un vento incarognito e aggrappato con tutte le sue forze a un cammello puzzolente, ubriaco e strabico, a giudicare da come procedeva nella tempesta.
– Una traversata facile facile – disse Jashira, la giovane maga, che per tutto il tempo aveva protetto sé stessa e i suoi due elementali in una bolla di bonaccia e bel tempo, dimenticando di fare altrettanto per i carovanieri e per il suo amico... compagno di viaggio... schiavetto portabagagli di fiducia Holy.
Che, una volta oltrepassato il muro di sabbia vorticante alto fino al cielo e molto più spesso di quanto umanamente sopportabile, si era messo in un angolo ad accumulare mucchietti di sabbia sputandola dalla bocca, svuotando scarpe e scrollando i vestiti.
– Finalmente potrò incontrare il famoso Mervogius e imparare tutti i suoi segreti! – esultò Jashira, fiancheggiata dai due elementali che le facevano da guardie del corpo.
– Sempre che lui voglia insegnarti i suoi segreti, Jashy – obiettò Holy, dandosi dei colpetti sulla testa piegata di lato per svuotare anche le orecchie.
– Sciocchezze – ribatté la maga. – Quando mi conoscerà, capirà che è quel che gli conviene fare.
Holy non aveva alcun dubbio in proposito.
Solo che, invece del mago Mervogius, venne loro incontro dalla stradina tra i resti di due muri diroccati un grasso e pigro gattone grigio. Poi, un micetto rosso a strisce. Quindi una gatta bianca con una macchia sul muso.
Seguendo a ritroso la scia di gatti, i carovanieri, i sue elementali, la maga Jashira e il recalcitrante Holy che richiamava inutilmente gli altri alla prudenza giunsero nei pressi del portale della rovina.
Che non era più un paio di stipiti e un'architrave privo di battenti, ma brillava di bagliori viola e argento nello spazio che era stato finora un rettangolo di vuoto tra le sue pietre. Accasciato a terra nei pressi del portale attivo trovarono il vecchio mago Mervogius circondato dai gatti, e altri gatti ancora uscivano dal magico bagliore liquido fra le pietre dalle incisioni brillanti di luce.
Tra le dita rigide della destra il mago stringeva un biglietto. Aveva completato la traduzione, dedussero i presenti, e ormai prossimo alla morte aveva voluto vedere alla protezione di quale magia aveva dedicato la sua intera esistenza.
La riga di testo tradotta dall'architrave, sul foglietto, recitava: "la rovina colga chiunque tardi nel nutrire i gatti."
I carovanieri si misero a discutere su come avrebbero fatto a dar da mangiare a tutti quanti, per evitare che la maledizione del portale li colpisse.
Holy si strinse nelle spalle. – Io invece ho una sola domanda – disse a Jashira, e indicò i felini sparsi dappertutto, poi il portale. – Come facciamo adesso a convincerli a tornare indietro?

sabato 30 marzo 2024

Suggestione

Suggestione [sug-ge-stió-ne] s.f. 1. Condizionamento psichico esercitato da altre persone o da fatti e situazioni o anche ingannevole impressione soggettiva che agisce con tale forza su un individuo da dominare la sua volontà, privarlo del giudizio critico o addirittura del senso della realtà. 2. fig. Incanto, fascino, seduzione.

Etimologia: dal latino suggestionem, "suggerimento", da suggestus, participio passato di suggerere, "suggerire".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Pavel Danilyuk da Pexels


Non era la prima volta che Vesta vedeva qualcosa nelle fiamme del Grande Fuoco. Ogni elemento aveva il suo modo di comunicare con il proprio Custode, questo Prometeus le aveva insegnato, e Vesta da quando ne aveva preso il posto aveva fatto del suo meglio per interpretare le vaghe immagini tracciate dal guizzare delle fiamme. Ma qualcosa come ciò che scorse in quel pomeriggio d'autunno, Vesta non lo aveva visto mai.
Non era concentrata nell'interrogare il Grande Fuoco in quel momento, non si stava scaldando al suo calore che talvolta l'avvinceva con una suggestione ipnotica, inducendola a tuffarvi le dita senza danno come nessun altro al mondo avrebbe potuto fare. Stava soltanto adempiendo ai suoi compiti usuali, riempire lanterne d'olio per mantenere il tempio illuminato, recitare preghiere, consegnare al fuoco le offerte votive, cose del genere, quando le parve di scorgere tra le altre una fiamma diversa, una fiamma che non dava luce, né calore, bensì li toglieva. Fu solo un istante, poiché quando Vesta si girò a scrutare il Grande Fuoco con tutta la propria attenzione, non vide nulla fuori dall'ordinario. Ma quel presagio nefasto appena intravisto fu sufficiente a riempirla di terrore. Vesta conosceva le storie che gli elementi tramandavano, le aveva udite nel crepitio del fuoco e viste nelle fiamme.
L'oscurità che aveva distrutto un mondo, il mondo primigenio di Neerea, e contro la quale il Grande Fuoco e il suo Custode erano l'ultimo baluardo. Era una battaglia per la quale Vesta non si sentiva pronta, e si augurò di non essere chiamata a prendervi parte.
– Non nel corso della mia vita, ti prego – sussurrò al Grande Fuoco. – Fa' che tocchi al prossimo Custode.
Più tardi si disse che era stata la suggestione indotta in lei dalle critiche di chi la giudicava troppo giovane per quel ruolo a farle immaginare di aver visto il cattivo presagio. Non era vero, non aveva visto ciò che aveva visto, si disse Vesta.
E continuò a ripeterselo, finché non lo scorse di nuovo.

giovedì 28 marzo 2024

Audioracconto - Storia di una nave fantasma e di un Leviatano addormentato


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Foto di Ike louie Natividad da Pexels


Mai ignorare il consiglio di un fantasma!

Storia di una nave fantasma e di un Leviatano addormentato
(racconto breve di genere fantasy/horror)


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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2022/03/storia-di-una-nave-fantasma-e-di-un.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: Boat Floating di Puddle of Infinity
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=Y0Wa3uDPOQE);
Spirit of the Dead di Aakash Gandhi
dal canale Aakash Gandhi (tema) (https://www.youtube.com/watch?v=lW11Nuou_8Q);
Emerald Therapy di Audionautix (http://audionautix.com)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=MSvz7WJ_HWM).;
Clouds di Huma-Huma
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=VUPrAQVAvcE).

Immagini di: Ike louie Natividad (https://www.pexels.com/it-it/foto/natura-donna-arte-romantico-6336884/), Sam Forson (https://www.pexels.com/it-it/foto/specchio-d-acqua-sotto-la-nebbia-154246/), Vito Giaccari (https://www.pexels.com/it-it/foto/mare-uomo-persona-acqua-6798585/), Alexander Krivitskiy (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-ombre-sfocato-orrore-5540973/), da Pexels distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).
Foto di Matthew Z. (https://pixabay.com/it/photos/pirati-veliero-fregata-nave-nebbia-587988/), Fat Siberian Kurts (https://pixabay.com/it/photos/uomo-demone-fantasma-mostro-paura-5585713/), Angela Yuriko Smith (https://pixabay.com/it/photos/fantasma-vecchio-uomini-uomo-2787609/) e (https://pixabay.com/it/photos/nave-cuthulu-tentacolo-relitto-2784184/), JAE (https://pixabay.com/it/photos/prospettiva-sailor-marinaio-1896815/), Yuri (https://pixabay.com/it/photos/sailor-nave-naufragio-mare-4431281/), Victoria (https://pixabay.com/it/photos/mozzo-ragazzo-nave-marinaio-2974416/) da Pixabay, distribuito ad uso gratuito (https://pixabay.com/it/service/license-summary/).

Effetti sonori: Flute - mystical vibe (https://freesound.org/people/poots/sounds/627786/) di poots, da freesoundslibrary.com, sotto licenza Creative Commons: By Attribution 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/);
Flute - B5 (https://freesound.org/people/MTG/sounds/354435/) di MTG, da freesoundslibrary.com, sotto licenza Creative Commons: By Attribution 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/);
Beast Roar lvl4.flac di cylon8472 (https://freesound.org/people/cylon8472/sounds/332582/),
da Pixabay distribuiti ad uso gratuito (https://pixabay.com/it/service/license-summary/);
Altri effetti sonori da FreeSounds (https://freesound.org/) sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/).

lunedì 25 marzo 2024

Vita su Marte


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Foto di Following NYC da Pexels


Il vento spirava dai canyon della Valle Marineris in raffiche costanti che sollevavano una bruma di polvere rossa tra le ruote e gonfiavano la vela della carronave in testa alla carovana. Avevamo ormai superato la regione di Tharsis e stavamo attraversano a velocità costante l'Amazonis Planitia, in quella che sarebbe dovuta essere la parte più semplice della nostra spedizione, quando avvenne il primo intoppo.
Senza preavviso, l'asse anteriore della carronave si ruppe e la prua si piantò a terra di colpo sollevando nuvole ancora più alte di polvere rossastra.
Noi ragazzi che sedevamo in testa a controllare la vela tirammo tutti su i fazzoletti legati al collo per proteggerci il naso e la bocca dalla nube di sabbia densa come il fumo.
Graeg, che manovrava il timone, imprecò e venne subito a chiederci cos'era successo. Anzi, no: cosa avevamo fatto. Sembrava essere lo sport preferito degli adulti, quello di darci la colpa di qualunque cosa fosse successa mentre eravamo nei paraggi, anche di quelle per cui chiaramente non potevamo essere responsabili. Figuriamoci come avremmo potuto rompere l'asse che stava sotto il nostro mezzo di trasporto e che poteva sopportare forze nell'ordine di tonnellate, con le nostre sole mani e stando sopra la carronave.
Brontolando, una volta esaurito il compito di riempirci di biasimo e di sacrosanta vergogna, di cui non avevamo provato nemmeno un'oncia, Graeg scese dalla carronave a cercare che cosa davvero aveva provocato quel guasto. Sparì nella nuvola di polvere e lo sentimmo armeggiare sotto il pesante mezzo corazzato senza un minimo di precauzioni per evitare di finire schiacciato, e quando ricomparve ci disse che aveva trovato il responsabile: una punta rocciosa dura e aguzza che sporgeva dal terreno.
– Colpa vostra! – disse Graeg, che non aveva ancora rinunciato a praticare quello sport. – Avreste dovuto avvistarla e avvertirmi!
Nel frattempo, il resto della carovana su cavalli di ferro ci aveva raggiunti e si era radunata per supervisionare l'operato di Graeg.
– Serve la colla tripla forza – disse uno dei cavalieri.
– Una saldatura, altro che colla! – protestò un altro.
– Voi siete tutti matti – disse un terzo. – Con un danno così non si può fare niente, o ci troveremo di nuovo chiappe a terra tra una decina di chilometri o anche meno. Tocca per forza farsi mandare un asse di ricambio dalle officine di Arsia Mons.
– Sì, e chi ci pensa a cambiare l'asse, tu? – ribatté il primo che aveva parlato.
– Che ti credi, io ho fatto il meccanico sull'altipiano di Syrtis Major per venti anni, venti dico – ribatté l'interpellato. – Aggiustavo volonavi come ridere, una carronave è un gioco da ragazzi. Datemi solo la leva giusta, e vedrete...
Noi ragazzi sospirammo e ci fissammo negli occhi. Non potevamo fare niente, per il momento, se non aspettare che gli adulti si mettessero d'accordo su come risolvere il problema. La nostra opinione non sarebbe nemmeno stata presa in considerazione.
Sapevamo tutti fin troppo bene quanto fosse importante recuperare al più presto un carico di ghiaccio dalle Cerberus Fossae per rifornire le città abitate al di là della Valle Marineris, e quel contrattempo proprio non ci voleva. Mesy, abbattuta, giocherellava con il suo planetario olografico. Dopo un colpetto che mandò il suo Marte in miniatura al di là del sole, domandò distrattamente: – Voi ci pensate mai come sarebbe stato nascere su un altro pianeta?
– Sarebbe bello non dover andare continuamente a prendere il ghiaccio – disse Sowu.
– Ah, se fossimo nati su una delle lune ghiacciate di Giove! – gli fece eco in tono sognante Rovani.
– Per conto mio, preferirei essere un venusiano – affermò Tikal. – Saper respirare nubi di gas e non farsi niente dev'essere davvero forte!
– Sì, e poi non potresti andare da nessun'altra parte – gli ricordai io. – Perché soffocheresti senza i tuoi amati gas acidi.
– Se fossimo nati su Mercurio – considerò Raremi. – Non patiremmo mai il caldo o il freddo, perché saremmo abituati. Io qui certe volte ho freddo la notte, e siamo solo a settanta gradi sotto zero. E tu, Mesy? Se non fossi nata su Marte, da quale mondo ti piacerebbe venire?
La ragazzina, la più giovane del nostro gruppo, mugolò pensosa, giocò brevemente con i mondi olografici del suo planetario, e infine disse: – Io penso che sarebbe bello nuotare in un gigante gassoso. Nettuno, ad esempio, oppure Saturno. Chi è nato su quei pianeti è fortunato. Non deve andarsene in giro in cerca di ghiaccio, e può fare tutto quello che vuole.
Quando Mesy smise di parlare, rimase solo il respiro cupo del vento che faceva turbinare la polvere rossa attorno alla chiglia della carronave, e le invettive degli adulti che ancora non avevano deciso come procedere. Si erano tutti espressi, tranne me.
Tikal e Sowu chiesero a più riprese la mia opinione. – Il terzo pianeta dal sole – mormorai io, fissandolo. Non aveva nome, quel mondo, perché nessuno sulla sua superficie glielo aveva dato. – Ci pensate mai a come sarebbe stato se anche quello avesse ospitato la vita? Che suono avrebbe avuto il suo vento, e come si sarebbe evoluta la sua forma di vita intelligente? C'è così tanto ghiaccio, che immagino che sarebbe stato bello viverci.
Raremi si grattò una guancia. – In realtà, gli scienziati dicono che c'era vita all'inizio, delle forme di vita unicellulari. Poi qualcosa è andato storto, e non se ne è fatto niente. Peccato. Sarebbero stati i nostri vicini.
Sospirammo, nel ricordare quello che avevamo appreso a lezione.
– Ehi, voialtri scansafatiche! – ci chiamò Graeg. - Smontate da lì sopra e venite a darci una mano, per quanto potete essere utili.
Evidentemente, gli adulti avevano finito di discutere e si erano messi d'accordo su cosa fare. Lasciammo da parte tutti i nostri "e se" e ci sbrigammo a scendere sul suolo marziano, subito avvolti dalla sabbia rossa sollevata dal vento. Era inutile fantasticare su cosa poteva essere, se le cose fossero state diverse. Eravamo nati su Marte, e il trasporto del ghiaccio era la nostra vita e la nostra fonte di sostentamento.

sabato 23 marzo 2024

Alterco

Alterco [al-tèr-co] s.m. (pl. -chi) Violento scontro verbale; litigio, diverbio.

Etimologia: da latino altercare, da alter, "l'uno dei due".


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Timur Weber da Pexels


Avevo assistito a parecchi alterchi nel corso della mia esistenza, alcuni li avevo visti di persona, di altri era giunto fino a me l'amaro ricordo attraverso il grido di aiuto delle donne che avevo assistito liberandole per sempre da un compagno violento, ma nessuno trovai più divertente dell'ultimo scontro tra Dolores e il suo ex.
Non sto dicendo che vedere due persone che litigano in modo così violento sia uno spasso. Non lo è per me, che posso sentire tutto il dolore di una donna ferita, umiliata, maltrattata. Ma anche per quelli che non sentono le grida interiori, avvertire la rabbia in una voce che si leva più alta o assistere a una scenata, a lacrime, a schiaffi e spintoni provoca nella maggior parte dei casi imbarazzo, compassione o indignazione, e in una ristretta minoranza è causa di un'identica furia contro l'aggressore che spinge il testimone a intervenire.
Non ci furono testimoni del genere, quella notte al pub. Ma Dolores non ne aveva bisogno. Lei era molto più forte di quanto il suo nome facesse supporre. Ma era stanca, tanto stanca dei soprusi e dell'insistenza di qualcuno che nemmeno avrebbe dovuto avvicinarsi a lei. La giustizia umana aveva fallito. Come tante, Dolores aveva udito le storie sulla vendicatrice Mary Autumn che aveva salvato molte donne da destini peggiori del suo, da uomini peggiori del suo. Ma non poteva immaginare di averla accanto ogni notte, dietro il bancone del pub. Mary Autumn era una figura leggendaria, un mito, e come tale, inesistente. Così fu divertente che al termine dell'alterco, quando lei riuscì a sottrarsi alla sua presa e ad allontanarsi dall'uomo, le ultime parole che gli rivolse furono: – Spero tanto che Mary Autumn ti prenda!
E poi a me, nel passarmi accanto, forse per spaventarlo e allontanarlo, disse: – Fallo sparire, Mary.
La presi in parola. Con la scusa di accompagnarlo a casa per sbollire la rabbia e chissà, fare da paciere tra loro, lo attirai nel bosco più vicino e lo lasciai infine a nutrire gli alberi.

giovedì 21 marzo 2024

Garrulo - Audioracconto


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Pixabay da Pexels


Pover'uomo, lui voleva starsene da solo e in silenzio, e invece...

Garrulo
(racconto breve di genere umoristico)

Garrulo: Che garrisce; di persona, loquace, ciarliero, e per estensione festoso, rumoroso.


Trovi gli altri racconti sul canale YouTube: https://www.youtube.com/@lavocedellapiuma

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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/04/batiscafo.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: Fluffing a Duck di Kevin MacLeod (http://incompetech.com) dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=JmrllhArNLA);
If I Had a Chicken di Kevin MacLeod (http://incompetech.com) dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=HSAXcgQ8rdk).

Immagini di: Pixabay (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-persona-festa-modello-37862/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/sfondo-della-galassia-grigia-e-nera-2150/), Andrea Piacquadio (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-persona-mano-ritratto-3907657/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-in-camicia-girocollo-blu-3768723/),Ben Mack (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-anonimo-che-cammina-sulla-spiaggia-sabbiosa-in-tempo-nebbioso-5326900/), CECILE HOURNAU (https://www.pexels.com/it-it/foto/cielo-volando-volante-animale-15168301/), Liza Summer (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-in-camicia-a-righe-bianche-e-blu-e-jeans-in-denim-blu-in-piedi-accanto-a-donna-dentro-dentro-dentro-dentro-6382676/), Hugazo Boss (https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-donne-giovane-palcoscenico-17292197/), Wendy Wei (https://www.pexels.com/it-it/foto/gruppo-di-persone-sul-campo-1540396/), Mateusz Sałaciak (https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-in-piedi-sulla-formazione-rocciosa-4275891/), KATRIN BOLOVTSOVA (https://www.pexels.com/it-it/foto/in-legno-campo-giudice-legale-6077326/), da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Effetti sonori da FreeSounds (https://freesound.org/) sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/).

lunedì 18 marzo 2024

Esperimenti falliti


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Mehmet Turgut Kirkgoz da Pexels


La prima volta che sentii parlare di quel pianeta promettente ma marginale negli interessi del kathrà che aveva il nome di Earth o Terra, secondo il linguaggio dei nativi, fu nel periodo del mio affrancamento. Gli scienziati del mio mondo avevano ormai ricavato tutti i dati che potevano da me, la batteria di test era terminata e il prossimo soggetto quasi pronto per prendere il mio posto, perciò tutto quello che mi restava da fare era decidere che cosa avrei fatto della mia vita da quel momento in avanti.
Una mezza idea già ce l'avevo. Avevo raccolto nel corso degli anni una discreta collezione di esperimenti falliti da studiare a mia volta, ma perlopiù si trattava di specie vegetali, funghi e qualche microorganismo unicellulare. Le uniche creature animali che avevo nella mia collezione non erano ormai più viventi quando le avevo acquisite, ma i loro resti mi avevano comunque offerto prospettive di studio interessanti.
Avevo già individuato tra quelli appartenenti al kathrà un pianeta che era in un certo senso esso stesso un esperimento fallito, ed ero in trattativa con il suo governo per ottenere i permessi di trasferirmi nella zona selvaggia. Dico che era un esperimento fallito, perché al contrario di qualsiasi altro mondo che si era unito al kathrà, Kamlo resisteva in una condizione unica: per metà faceva parte a pieno titolo del sodalizio, con tutti i vantaggi e i doveri del caso, e per la restante metà, la zona selvaggia, era considerato un pianeta neutrale il cui equilibrio non doveva essere turbato da interferenze esterne.
Isolarmi in un angolo disabitato della zona neutrale, evitando i contatti con i nativi, era il mio piano.
Lì avrei potuto continuare a studiare i miei esperimenti falliti senza timore di essere disturbato.
Sul mio mondo ero, in un certo senso, una celebrità. Restare lì dove ero stato creato e costruirmi un'esistenza indipendente dal mio passato come soggetto da esperimenti sarebbe stato impossibile.
Poi, prima della mia partenza, uno degli scienziati che mi avevano allevato tornò a trovarmi.
– Occhi grandi – mi disse, un nomignolo che lui e altri mi avevano dato da bambino, quando gli occhi che i quattro donatori adulti avevano fornito per crearmi erano davvero troppo grandi per il mio volto di infante. Non era più così, ma suppongo avesse pensato, in quel momento, che appellarmi con il codice identificativo del mio esperimento ormai terminato non fosse più un'opzione praticabile.
– Ti interessi ancora di esperimenti falliti? – mi chiese, e quando gli dissi di sì, mi pregò di seguirlo e prendere con lui una navetta diretta verso una nave in orbita. Era una nave di scienziati-mercanti di Xiegzavjib, gente con cui la mia si intendeva alla perfezione, non fosse stato che gli alieni che erano venuti in visita non si interessavano di niente che non avesse un risvolto pratico.
Non apprezzavano, in pratica, la conoscenza per amore della conoscenza.
Dovemmo procedere curvi lungo i corridoi della nave, fatti su misura per la gente a cui apparteneva, fino alla, per loro, grande sala del laboratorio centrale.
Dimensioni a parte, era un ambiente che ben conoscevo. File di teche trasparenti che custodivano campioni di materiale, strumenti e talvolta gli stessi soggetti; bombole di gas e tubi, scanner e console, pavimenti asettici e luci intense. Avevo vissuto tutta la mia vita in un luogo del genere.
Quando mi videro, gli scienziati alieni prima ancora del nome mi chiesero la mia età.
Avevano sperato che il collezionista di cui avevano tanto sentito parlare fosse più vecchio, mi dissero.
Sul loro mondo, vecchio era sinonimo di ricco.
Non sapevano che sul mio, qualcuno nato come soggetto di un esperimento cominciava la sua vita già con parecchi crediti a suo nome, e ne otteneva ancora per tutti gli anni del suo "servizio".
Una volta saputo che avevo fondi più che sufficienti per pagare, gli alieni mi portarono a conoscere il loro, di soggetto. Era una creatura bipede, con lunghe zampe per correre e una dentatura da predatore, ma stranamente pacificato.
Era un prototipo, mi dissero. Un esempio di quello che potevano fare.
Avevano studiato quel pianeta marginale chiamato Terra, come tanti altri popoli che attendevano con trepidazione l'ingresso di quel mondo nel kathrà, e quindi il momento in cui avrebbero potuto finalmente intrattenere rapporti commerciali con il nuovo mondo.
I loro studi preliminari avevano rivelato che gli abitanti di quel pianeta avevano problemi di conservazione del patrimonio faunistico, e si dava il caso che loro avevano da tempo ideato una soluzione a quel problema.
Per presentarla al meglio avevano quindi deciso di donare agli abitanti di Terra i risultati ottenuti con la loro invenzione, ovvero un esemplare appartenente a una specie animale scomparsa originaria del loro pianeta che gli scienziati-mercanti di Xiegzavjib erano stati in grado di ricreare, opportunamente privato degli istinti predatori, perché un dono che divora l'ambasciatore a cui è stato regalato non fa mai una bella impressione.
Purtroppo per loro, reintrodurre su un pianeta alieno una specie estinta da milioni di dei loro cicli di rivoluzione era vietato dalla convenzione dei protettorati, e così gli scienziati-mercanti si erano ritrovati con un costoro prototipo di cui non potevano nemmeno disfarsi, perché togliere la vita a quella creatura non sarebbe stato etico.
– Abbiamo incenerito le uova degli altri prototipi non ancora schiuse, ma di questo non sappiamo proprio che farcene – mi disse il capo scienziato-mercante. – Non ci interessa studiare una specie che non possiamo usare.
Allungai una mano e accarezzai il muso squamato della creatura, incurante delle fila di denti aguzzi. I suoi occhi intelligenti mi valutarono, prima di cedere con uno sbuffo al mio tocco.
Il piccolo alieno elencò tutte le modifiche fatte al progetto "originale", il dna appartenuto alla specie estinta, che avevano fatto per rendere il prototipo più "appetibile" per i futuri clienti dalla terra.
La maggior parte si concentravano sulla capacità cerebrale e la soppressione degli istinti, ma li avevano anche resi inoffensivi riducendo la dimensione di denti ed artigli, e avevano reso esteticamente appagante la livrea dell'animale che in origine non coincideva con i disegni tramandati dagli abitanti di Terra.
Per me, non avrebbe potuto essere più bello. Qualunque fosse stato il motivo per cui lo avevano creato, quella creatura era un esperimento abbandonato, proprio come me, e pagai con gioia la cifra richiesta per il primo esemplare animale vivente della mia collezione.
Me ne sarei preso cura come già facevo con le specie vegetali.
Prima di andarmene, c'era un'ultima cosa che il capo scienziato-mercante non mi aveva detto.
Sapevo come nutrirlo, come curarlo in caso di malattia, di cosa aveva bisogno. Ma non conoscevo il suo nome.
– Come individuo, non gli abbiamo dato un nome – mi rivelò il piccolo alieno, cosa per me inconcepibile, perché anche un soggetto creato in laboratorio per un esperimento aveva automaticamente un nome, consistente appunto nel codice dell'esperimento di cui faceva parte. – Se intendi la specie, i nativi del pianeta da cui proviene la chiamano... dinosauro.
Molte rivoluzioni della mia nuova casa più tardi, quando il nativo con cui ero entrato in contatto nella zona selvaggia mi chiese di dare rifugio a una abitante di Terra, pensai di recarmi a incontrarla portando con me, come forma di cortesia, una creatura che le fosse familiare.
Non avevo assolutamente considerato che alla vista di Dinosauro lei si sarebbe spaventata.

sabato 16 marzo 2024

Subitaneo

Subitaneo [su-bi-tà-ne-o] agg. Che avviene o si manifesta all'improvviso, in modo rapido; repentino.

Etimologia: dal latino subitaneus, da subitus, "repentino, improvviso".


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Nikolett Emmert da Pexels


L'attacco fu subitaneo, e inarrestabile.
Non avevo mai visto la magia, perciò non la temevo. Ai miei occhi era qualcosa di astratto, di impossibile, come una storia che si racconta ai bambini. Non era affilata come una spada, né rapida come una freccia, né pesante come un mazza ferrata. Conoscevo le armi. Conoscevo il loro potere offensivo, nelle mani giuste, e sebbene nel castello non vi fosse un solo cavaliere che pensavo mi fosse superiore o che potesse almeno tenermi testa, salvo mio fratello che nei giorni buoni riusciva a eguagliarmi, non li ritenevo tuttavia del tutto inutili o privi di abilità nel loro campo.
Eppure è questo che furono di fronte a Zohar delle Torri di Smeraldo e al suo seguito di stregoni: inutili.
Le guardie e i cavalieri del castello caddero come morti prima ancora di potersi avvicinare agli invasori, le frecce degli arcieri cozzarono contro muri invisibili. Piano dopo piano, gli stregoni conquistarono il castello senza incontrare resistenza. Chi poteva, tra coloro che non avevano addestramento alle armi, fuggì. Io e la regina li vedemmo dalla finestra della sua stanza.
Lei continuava a tormentarsi perché avrebbe dovuto proteggere la sua gente, e invece, in quel frangente, era impotente.
Non aveva fatto nulla di sbagliato, le dissi, aveva semplicemente rifiutato un pretendente com'era nel suo diritto fare. Zohar non aveva motivo di ritenersi offeso, e nulla se non la sua brama poteva giustificare quell'attacco.
Ci rifugiammo sulla sommità della torre quando sentimmo che i nostri nemici stavano per raggiungere le stanze reali. Mio fratello, venuto a proteggere la regina su ordine del suo comandante, si unì a noi e insieme formammo l'ultima linea di difesa. Dal racconto di ciò a cui aveva assistito, capii quanto fosse reale e terribile la magia, e iniziai a temerla. Avevo ancora fiducia, però, nella spada e nelle mie capacità. Nelle nostre capacità.
Finché la subitanea parola dello stregone Zohar non cambiò tutto quanto.

giovedì 14 marzo 2024

Audioracconto - I fantasmi del Castello di Privskayac


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Charles Parker da Pexels


Secondo la signora Nora Pickett, la custode, "non ci sono fantasmi nel Castello di Privskayac".
E allora qual è l'origine degli strani fenomeni paranormali che attirano i turisti e i cercatori di fantasmi amatoriali?

I fantasmi del Castello di Privskayac
(racconto breve adatto ai bambini e perché no, anche agli adulti!)


Trovi gli altri racconti sul canale YouTube: https://www.youtube.com/@lavocedellapiuma

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A te non costa niente
ma per me fa un'ENORME differenza.

Grazie.

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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2022/01/illusione-di-vita.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musiche: TipToes di Myuu (https://soundcloud.com/myuu)
dal canale di Myuu (https://www.youtube.com/watch?v=lJKeIzPzrWE);
Skeleton Dance di Myuu (https://soundcloud.com/myuu)
dal canale di Myuu (https://www.youtube.com/watch?v=asrxMvrp0qU).

Immagini di: Charles Parker (https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-in-felpa-con-cappuccio-nera-in-piedi-5859666/), Suzy Hazelwood (https://www.pexels.com/it-it/foto/bianco-e-nero-moda-donna-arte-8664865/), Alesia Kozik (https://www.pexels.com/it-it/foto/alberi-verdi-vicino-al-castello-bianco-6022640/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/castello-grigio-in-cima-alla-montagna-6022633/), Miriam Alonso (https://www.pexels.com/it-it/foto/luce-donna-letto-camera-7622506/), Ryan Miguel Capili (https://www.pexels.com/it-it/foto/fantasma-spettrale-3993247/), cottonbro studio (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-persona-seduto-tavolo-7858292/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/moda-uomo-abito-coppia-6474946/), Stephen Leonardi (https://www.pexels.com/it-it/foto/grande-costume-halloween-maschera-18779589/), da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).