lunedì 30 dicembre 2019

Non disturbare


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– Allora, hai deciso?
Sbuffo e mi volto allo sgradevole suono della voce di mio fratello, entrato senza nemmeno bussare. Evidentemente non aveva visto la porta chiusa, e nemmeno il cartello con la scritta a grandi lettere "NON DISTURBARE". Inoltre, era ovvio che non avevo ancora deciso dato che gli avevo detto, anzi no, gli avevo giurato che quando avessi deciso, lui sarebbe stato il primo a saperlo.
– No – ribatto in tono lamentoso, mi giro e riprendo il lavoro che avevo lasciato sulla scrivania. La faccenda è chiusa, almeno per il momento, la risposta che cercava l'ha avuta, e io speravo di riuscire a finire il progetto di scienze prima delle quattro, così potevo andarmene da quella casa e stare per un po' in giro con Miky e le altre.
Ancora una volta, avevo sopravvalutato la capacità dei maschi di cogliere i segnali.
– E quand'è che ti decidi?
All'ennesima domanda, sbatto il tubetto di colla sul tavolo, alzo gli occhi al soffitto ed esalo un lungo mugugno esasperato.
– Deciderò quando sarà il momento, Chris! Adesso smettila di disturbarmi e fila in camera tua! Va' a fare i compiti!
Mi giro per assicurarmi che se ne vada davvero. Non ho neanche bisogno di fare la faccia dura: sono legittimamente arrabbiata.
– Tu non sei la mia mamma! Non puoi dirmi quello che devo fare! – Chris si mette a strillare. Tira su col naso e prosegue, piagnucoloso: – Sei cattiva! Lo dico a papà, sì, lo dico a papà appena torna!
Chris se ne va sbattendo la porta. Pace, finalmente.
Mi rigiro di nuovo e riprendo a costruire quello stupido progetto di scienze, ma sono nervosa. Chris vorrebbe che cercassi sua madre e che dicessi a papà che preferivamo stare con lei. Gli avevo risposto che dovevo decidere come fare per rintracciarla e per convincere papà che fosse una buona idea, ma più ci pensavo e più ero convinta io che non lo fosse.
D'altra parte, se la madre di Chris ci aveva lasciati senza nemmeno salutarci, non avrebbe fatto i salti di gioia al pensiero di riprenderci.

sabato 28 dicembre 2019

Arcano


Arcano [ar-cà-no] agg., s. 1 agg. Celato, nascosto; occulto perché misterioso e sacrale. 2. s.m. Mistero, enigma.

Etimologia: il termine proviene dal latino arcanus, "nascosto", derivato da arca, ovvero "forziere, scrigno".

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Io e Immanuel sedevamo ai lati opposti del tavolo, a fissare in silenzio, con occhi allo stesso tempo euforici e preoccupati, i foglietti su cui avevamo tracciato i simboli. Avevamo provato, e funzionavano tutti quanti, dal primo all'ultimo. L'arcano delle Torri si era rivelato per ciò che era: un inganno. La magia non era mai stata negli antichi talismani chiamati Symbolon, ma come aveva sempre sostenuto la mia famiglia, era nella mente di chi la praticava, e nella sua fiducia che funzionasse.
Ma cosa fare di questa informazione era tutt'altra storia.
– Dovremmo dirlo a qualcuno – esordii, incerto.
Immanuel si alzò con un sospiro. – E sfidare il potere dei maghi? È pericoloso, lo sai. Tu, più di chiunque altro.
Quello era un colpo basso. Per secoli le famiglie di stregoni erano state perseguitate dai maghi delle Torri, con l'intento di estinguere ogni forma di magia che non fosse la loro. Io ero uno degli ultimi stregoni, ma le conoscenze arcane di cui sarei dovuto essere depositario erano morte con mio padre.
– Possiamo farne qualcosa di piccolo, di innocuo, e facilmente trasportabile. Un mazzo di carte, ad esempio. All'occorrenza, può persino essere bruciato senza lasciare traccia.
Già me la immaginavo, la nostra piccola società segreta di maghi clandestini, all'opera per diffondere una sotterranea forma di magia illegale. Non avevo alcuna idea, allora, della rivoluzione a cui stavamo per dare inizio.

giovedì 26 dicembre 2019

Quel grazie su un biglietto


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L'istante in cui il biglietto mi è caduto tra le mani nell'aprire l'armadietto avrei dovuto sentirmi sollevata. In fondo, quel "grazie" sopra a due vocali puntate significava la fine dei miei guai e di ogni ulteriore rischio. Voleva dire che lui se n'era andato dal locale caldaie e che non c'era più niente che voleva che facessi. Niente più commissioni, niente garze cambiate clandestinamente, nessun altro medicinale sottratto alle nostre scorte. Avevo già fatto fin troppo per lui, e un ringraziamento era il minimo. Eppure, non mi sentivo sollevata.
Non era neanche indignazione quello che provavo. Sarebbe stato un sentimento lecito: dopo tutto ciò che avevo fatto, un semplice "grazie" su un foglietto di carta era, appunto, il minimo. Non aveva nemmeno avuto la decenza di dirmelo di persona. E in più, per infilare il biglietto là dentro di sicuro aveva dovuto carpire informazioni su di me, scoprire quale fra i molti armadietti mi apparteneva, e scassinare la serratura. Avevo più di un motivo per giustificare la mia collera. Ma non era quella violazione a irritarmi.
Ero arrabbiata perché durante la sua permanenza nei sotterranei dell'ospedale io mi ero sentita viva come mai mi era capitato prima di allora, e quel biglietto giungeva come un'inattesa brutta notizia a porre fine a tutto, e lo aveva deciso lui, senza consultarmi, senza nemmeno chiedermi se a me stava bene. Accartocciai il biglietto nella mano stretta a pugno e ignorai l'occhiata in tralice di Colette, due armadietti più in là. Avevo un vantaggio: sapevo dove abitava.
E avevo tutta l'intenzione di non permettere che finisse così.

lunedì 23 dicembre 2019

Radici


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Quando ho compreso che quello che mi dicevi era vero, che io ero davvero una driade, ho avuto un'immensa paura. Ero spaventata dal pensiero che un giorno mi sarei fermata su una zolla di terra e avrei messo radici, capisci, come un albero. D'altra parte quella sensazione, quella che proviamo quando siamo nella terra e nelle piante, e scorriamo come la linfa nei tronchi, è talmente intensa che a volte dubito di riuscire a tornare nel mio corpo.
Poi, quando la paura è passata, sono state altre radici a occupare i miei pensieri. Conoscevo già il mio nome quando mi hai rivelato chi ero davvero, e con il dottor Carrari, l'altro dottor Carrari, avevo fatto qualche svogliata ricerca sulla mia famiglia di origine. Ho vissuto in una casa famiglia da quando avevo dodici anni, lo sapevi? Ancora oggi, non mi ricordo quasi niente di quel periodo.
Ma non mi dispiace non ricordare. Ciò che mi dispiace è che ho una domanda a cui nessuno ormai potrà dare risposta. I miei genitori sapevano del patto delle driadi quando hanno scelto per me questo nome, Lily, il nome di un fiore? Oppure me lo hanno dato solo perché gli piaceva, senza sapere in che modo avrebbe influenzato la mia vita?
Lo so, lo so. Conoscere quella risposta non cambia di una virgola il mio presente. E adesso che so di te, che non sono l'unica, adesso che ho abbracciato la parte arborea della mia anima invece di rinnegarla, non vorrei che avessero scelto nessun altro nome per me.
Insomma, quanti altri a questo mondo, a parte te e me, possono dire di avere radici così profonde da essere saldamente piantate in un mito?

sabato 21 dicembre 2019

Novella


Novella [no-vèl-la] s.f. Narrazione di solito breve, perlopiù in prosa, di fatti reali o immaginari, avventurosi o fantastici. Racconto. 2. Notizia, annuncio di avvenimenti nuovi, recenti e spesso insoliti, novità. 3. ant. Discorso, ragionamento.

Etimologia: deriva dal latino novella, diminutivo di novus, "nuovo".

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L'intero mondo era diventato una novella, per noi.
Era tutto un racconto di cui riuscivamo a leggere la trama, seguendo i fili invisibili che conducevano da un avvenimento all'altro. Potevamo intervenire, ovunque lo ritenessimo necessario, per modificare il corso della Storia nel suo svolgersi di fronte ai nostri occhi.
Le nostre lunghe vite ci avrebbero consentito di rammentare eventi che per gli uomini non erano altro che leggende di molte generazioni prima, e con la nostra nuova comprensione di ogni causa ed effetto, sarebbe stato semplice plasmare il futuro.
Per un po', ci credemmo degli dei.
Novelle della nostra caduta giunsero da ogni angolo del mondo. Scoprimmo così, con i nostri fallimenti, che la maggiore comprensione era accompagnata da una maledizione: più pesantemente la nostra mano interveniva nella trama della Storia, più diminuiva la nostra capacità di prevedere le conseguenze. E le conseguenze, spesso, finivano con l'essere disastrose.
Presto capimmo che ci erano date due sole scelte: un'esistenza come mostri dalle orecchie a punta in mezzo ai caduchi esseri umani, incapaci di aiutarli, eternamente accecati dalla nostra superbia, o una vita al di fuori della vita, chiusi in un isolamento perpetuo, fino a quando anche l'ultimo uomo non ci avesse dimenticati.
Fu così che scegliemmo di diventare una leggenda.

giovedì 19 dicembre 2019

Storia di un indesiderato


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Questa è la terza volta, e non ho alcuna speranza che sarà diversa dalle altre.
Come sempre accade, ecco che mi rimettono in sesto, mi vestono a festa, mi appendono un farfallino al collo, ma ormai non mi faccio illusioni: è passato il tempo in cui credevo di essere stato scelto, io solo fra tanti altri, destinato a essere accolto da una famiglia amorevole, a prendere il posto che mi spettava in una casa che avrei potuto considerare mia. E invece, da allora, sono passato di mano in mano, trattato come uno scarto, poco più degno dell'immondizia in cui finivano ogni volta i miei bei vestiti nuovi e il mio fiocco luccicante.
Eccoli, quelli nuovi, quelli che non mi terranno.
Dura la vita di un regalo riciclato.

lunedì 16 dicembre 2019

Nessun trucco


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Rugiada arriva al tavolo dove Chris sta facendo i compiti, ci appoggia sopra un piattino con della frutta ricoperta di cioccolato e si siede.
Lui la ignora mentre lei lo fissa sbocconcellando una fragola, poi un pezzetto di banana. O almeno, Chris ci prova, a ignorarla: infatti, di tanto in tanto, sbircia con desiderio il piattino e il suo contenuto.
Era solo questione di tempo, prima che incrociasse lo sguardo curioso di mia figlia. A quel punto, colto in flagrante, Chris sbuffa. – Tu non hai i compiti da fare? Da qualche altra parte, intendo.
Rugiada dondola le gambe e scuote la testa. – No. Ho già finito tutti i miei esercizi. Ti aiuto con i tuoi?
Chris ridacchia. – Guarda che questi sono troppo difficili per te.
La bambina fa una smorfia, manda giù il boccone, e indica l'ultima riga sul quaderno di Chris. – Lì è sbagliato.
Chris la squadra con scetticismo. Ma cosa può saperne una bambina delle elementari, che per giunta nemmeno ci va a scuola. Non ha idea di quello che insegno alle mie figlie.
Quando riprende, per scrupolo Chris ricontrolla i calcoli dell'ultima riga, cancella e corregge. L'aiuto, però, non lo rende più amichevole. – Vattene via saputella, va' a giocare da qualche altra parte. Sei tu che mi distrai.
Rugiada non si scoraggia. Resta al suo posto, e dopo una fettina di mela, aggiunge sottovoce: – Non dovrei... mamma non vuole. Ma se mi prometti di non dirlo a nessuno, ti mostro una cosa.
Chris sbatte la penna sul tavolo, visibilmente irritato. – Che cosa?
– Non posso dirlo, è un segreto. – Rugiada stringe le labbra. – Allora, me lo prometti?
– Se te lo prometto, dopo mi lasci in pace?
Manca poco che Chris rivolga lo sguardo alla soglia da dove li sto osservando. Ma non lo avrebbe mai fatto, e questo lo so per certo. Non essere vista è tra le cose più facili al mondo da ottenere.
Rugiada annuisce. – Se dopo vuoi che vado via, io vado. Ma non penso che dopo lo vuoi.
Rugiada fa un sorrisino compiaciuto mentre Chris le fa la promessa richiesta. La bambina allunga una mano, a dita distese, sopra una fragola con la punta di cioccolato e bisbiglia con la fronte aggrottata.
Anche da quella distanza, sento i capelli rizzarsi sulla nuca. Avrei potuto fermarla mille volte, da quando aveva cominciato a parlarne; ma il mistero è molto più pericoloso della verità, e sapevo che prima o poi i miei nipoti lo avrebbero scoperto comunque.
Quando la fragola cade all'incontrario incontro alla mano aperta che la sovrasta e che l'afferra, Chris ha un moto di sorpresa, subito soffocato da uno sbuffo. – Tutto qua? L'ho già visto alla televisione, e fatto molto meglio. Mio papà mi ha spiegato il trucco. Ci sono dei fili che...
– Non c'è nessun trucco! – protesta mia figlia. Molla la fragola e incrocia le braccia. – Ecco, lo sapevo. La mamma non vuole che lo facciamo quando c'è qualcun altro, dice che non credono che sia vero, o se ci credono, poi hanno paura di noi.
Chris mugugna e scuote la testa di fronte al piagnucolio della bambina. Infine cede. – E va bene! Quella è una vera magia, e tu sei una vera maga. Contenta?
Rugiada zittisce, scioglie le braccia e fissa il cugino. – Tu ci credi? – mormora, quasi temesse la risposta.
Chris annuisce.
– E non hai paura?
– Perché dovrei? – replica Chris. È ancora convinto che si tratti di un trucco.
Ma intanto ha fatto felice la bambina, che prende a parlare più veloce e a voce più alta. – Luna è più brava di me a spostare gli oggetti, dovresti vederla, lei li sa mandare dall'altra parte della stanza, io non ci riesco ma so fare bene un'altra cosa, vuoi che te la mostro?
Chris rivolge un'occhiata al quaderno dei compiti. Sospira, e le dice di sì. A quel punto, qualunque cosa è meglio della matematica.
Rugiada sorride, s'inclina verso di lui, gli appoggia la mano sulla guancia e bisbiglia. È un attimo, prima che Chris si tiri indietro con gli occhi spalancati e un'esclamazione di sorpresa.
Ci mette un po' a riprendersi. Alla fine, fissa la bambina in attesa.
– Ma come... – biascica. Scuote la testa. – C'è una cosa che mi sono ricordato... non ci pensavo da un sacco di tempo. Sei stata tu... sei stata davvero tu a farmela ricordare?
Rugiada annuisce. E Chris inizia a guardarla con occhi diversi.
Ora le crede.

sabato 14 dicembre 2019

Ballotta


Ballotta [bal-lòt-ta] s.f. Castagna bollita con la buccia.

Etimologia: deriva dall'arabo ballūṭ, che indicava un tipo di quercia che produce ghiande commestibili. I persiani chiamavano il castagno sciak-ballūṭ, "quercia del re".

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Nell'angusto cucinino il calderone borbottava e ribolliva, riempiendo di vapore il soffitto. Nessa mi aveva lasciato una foglia d'alloro da stropicciare tra le dita per ingannare il tempo nell'attesa. In realtà non avrei dovuto essere lì, ma io avevo insistito per raggiungerla.
Volevo vedere come si cucinava quella che allora, quando ero ancora umana, consideravo una leccornia prelibata.
Mosse dalle bolle, le ballotte battevano contro il fondo della pentola al ritmo della mia impazienza.
– Quanto manca? – chiesi a Nessa, che sedeva accanto al fuoco con molta più compostezza di me.
– Non molto – rispose lei. – Ti racconto una storia, nel frattempo?
Scossi la testa, ma Nessa continuò a parlare, e in breve tempo mi trovai avvinta in una delle sue favole.
Prima che me ne rendessi conto, le ballotte erano pronte. Ma ancora dovevo aspettare che le mani di Nessa, abituate al calore, le sbucciassero per me. Mia madre si sarebbe arrabbiata con lei se avesse lasciato che mi scottassi le dita.
Se solo avessi saputo che quella era la mia ultima occasione di sentirne il calore, di bruciarmi per qualcosa di solido e concreto, ne avrei prese a piene mani prima di passare tra la lingua e i denti la loro farinosa dolcezza.

giovedì 12 dicembre 2019

Io e il folletto


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Da quando ero tornata nella vecchia casa dei miei genitori, la convivenza con il mio scomodo, piccolo coinquilino a sorpresa non era iniziata nel modo migliore.
Malcolm Millipedegutter aveva fatto presto a scoprire dove tenevo i biscotti con gocce di cioccolato, i suoi preferiti, che avevo cominciato a prendere per premiarlo quando si comportava bene. Svanita assieme alla confezione di biscotti ogni speranza di riuscire ad addestrarlo come un cagnolino, avevo smesso di portarne a casa ed ero passata alle minacce. Sapevo, dalle sue conversazioni con mio fratello quando eravamo bambini, che i gatti erano la sua nemesi, quindi accennai più volte all'intenzione di prenderne uno, e mi misi perfino a guardare video di gattini miagolanti quando mi sembrava di sentire Malcolm grattare da dentro le pareti.
Il giorno dopo piovve in soffitta. Le tegole sembravano spostate dal vento, ma io sapevo chi era il colpevole.
Andò avanti così, tra dispettucci e ritorsioni da agosto fino a dicembre. Sotto Natale, decisi di fare io il primo passo, e lasciai sul tavolo della cucina la sua leccornia preferita mentre costruivo una casetta di pan di zenzero. Com'era prevedibile, Malcolm arrivò poco dopo, e mentre spezzettava il biscotto con le sue dita di ramoscello, puntò gli occhietti neri sulla mia casetta.
– Cos'è quello? – gracchiò la creaturina dalla pelle rugosa.
– Una casa per te – risposi. – Non preferiresti vivere in una casa tutta tua, fatta su misura, piuttosto che dentro i muri di qualcun altro?
Malcolm sbuffò e soffiò, sputacchiando briciole, poi urlò una serie di no infinita mentre buttava giù la parete d'ingresso e una parte delle caramelle gommose che decoravano il tetto, per sparire infine nelle intercapedini.
– Questa è casa mia! – ribadì l'eco della sua vocina gracchiante dal soffitto. – E né tu né nessun altro mi butterete fuori da casa mia! Non la voglio la tua brutta copia!
Il mattino seguente però, scoprii che la parete era stata raddrizzata, e dentro la casetta rinvenni i rimasugli di un biscotto e di un paio di caramelle gommose.
Forse la mia offerta di pace non era stata così sgradita come sembrava.

lunedì 9 dicembre 2019

Zampe


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Capisci che la tua vita è diventata piuttosto strana quando ti fai male e non sai se chiamare un dottore o un veterinario.
Quella notte avevo sognato di correre nudo nel bosco dietro casa, e al mio risveglio avevo scoperto che forse non era stato del tutto un sogno. È stato così che mi sono ritrovato con un paio di orecchie triangolari tra i capelli, una coda pelosa e ingombrante, unghie delle mani un po' troppo lunghe e appuntite e un paio di zampe canine, una delle quali, giustamente, mi faceva un male cane.
E non ricordavo di essere stato morso da un lupo mannaro, né maledetto da una zingara.
Mentre me ne stavo lì a contemplare un po' incredulo la situazione e a chiedermi a chi dovessi rivolgermi per lenire il dolore, vidi farsi avanti un paio di zoccoli caprini. Alzai gli occhi e scoprii che appartenevano non al diavolo, bensì a una bella ragazza che mi tendeva la mano.
– Riesci a camminare? – mi chiese. Al mio cenno affermativo, aggiunse: – Da noi c'è una guaritrice. Vieni con me, lei ti può aiutare.
Lì per lì ne fui felice. Pensavo che la guaritrice avrebbe risolto questa assurda situazione, e invece no: la sua competenza non andava oltre la mia zampa ferita. Avrei dovuto immaginarlo, vedendo la ragazza con gli zoccoli.
È stato così che ho cominciato il mio viaggio con il circo dei mostri.

sabato 7 dicembre 2019

Nebula


Nebula [nè-bu-la] s.f. 1 astron. Nebulosa. 2. ant., lett. Nebbia. 3. ant., lett. Nuvola.

Etimologia: deriva dal latino nebŭla, "nebbia".


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Una nebula di zucchero filato soffice e rosa si gonfiava e si raccoglieva attorno a un grissino di legno.
Mia madre si fermò di fronte al carretto del venditore di dolciumi e io con lei. Non potevo fare altrimenti: era da quando avevamo oltrepassato l'arco di ferro del luna park che non staccava la sua mano dalla mia. Aveva paura che sparissi di nuovo, ma io non avevo alcuna intenzione né motivo di farlo.
– Vuoi lo zucchero filato, tesoro? – mi chiese mia madre.
Annuii.
Volevo essere ancora un po' bambina per lei, anche se presso la mia gente io ero considerata adulta a tutti gli effetti. La mia gente. Era buffo definirli così.
Alieni.
Avevo vissuto tra di loro e studiato e volato in formazione a bordo della mia Zaesheen, e ancora mi sentivo addosso l'umidità opaca delle nubi. Se guardavo in alto, nella notte stellata, riuscivo a ricordare un cielo diverso, altre costellazioni e altre nebule con cui orientarmi mentre eseguivo le complicate manovre del volo acrobatico che costituiva la prova finale per il nostro gruppo.
Dopo aver vissuto tutto quello, era così strano ritrovarsi sulla Terra ad accettare con un sorriso un grosso batuffolo di zucchero aggrappato a un bastoncino.

giovedì 5 dicembre 2019

Terra


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Non era la terra. Non era il suolo, né le languide colline boscose, né il mare placido che traboccava all'orizzonte. Non alla nostalgia per i paesaggi che ci lasciavamo alle spalle volgevano i nostri pensieri, e nemmeno alla promessa di un mondo perfetto e libero che attendeva non noi, né i nostri figli, ma le future generazioni a un migliaio di anni di distanza, troppo lontane da immaginare.
Era alle persone abbandonate che pensavamo. A coloro che per scelta o per sfortuna erano rimasti indietro, sulla Terra. Ad amici, parenti e sconosciuti che non avremmo più rivisto. E non potevamo non chiederci quanto sangue e quanti cadaveri avrebbe accolto quello stesso suolo prima che l'invasione aliena facesse il suo corso come una malattia purulenta, o passasse altrove come uno sciame di fameliche locuste o, nella più idilliaca delle ipotesi, fosse sconfitta dai temerari che avevano preferito la lotta alla fuga.

lunedì 2 dicembre 2019

Frittelle e fantasmi


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Io e la mamma andavamo a trovare Madame Lu due volte al mese. Lei mi faceva paura. Sembrava una strega, con tutte quelle rughe e i lunghi capelli bianchi e i braccialetti che tintinnavano a ogni passo, e la sua casa puzzava sempre di aglio e di tè rancido. Mi offriva delle frittelle di mele, morbide e zuccherose. Erano buone, ma io non le toccavo, o ne assaggiavo giusto un angolino: avevo paura che, come le streghe delle favole, Madame Lu mi avrebbe buttato dentro al forno se fossi diventato abbastanza grasso.
La cosa che mi spaventava di più però era la stanza sul retro, quella dove Madame Lu portava la mamma mentre io me ne stavo in cucina con il mio piatto di frittelle deliziose e tentatrici. Non ho mai saputo che cosa facevano Madame Lu e la mamma nella stanza sul retro, però se stavo zitto e ascoltavo con attenzione potevo sentire un forte rumore di catene e un'altra voce, e a volte mi immaginavo che nell'altra stanza ci fossero i fantasmi. E qualche volta, quand'ero da solo, mi pareva di vedere una bambina della mia età, con lunghi capelli neri davanti al volto pallido, apparire e poi sparire in un angolo della cucina.
Non lo so se anche lei vedeva quel fantasma, ma mamma tornava sempre piangendo dalla stanza sul retro. A quel punto, io ero solo felice che fosse arrivato il momento di andare via dalla casa di Madame Lu.

sabato 30 novembre 2019

Criptico


Criptico [crì-pti-co] agg. (pl.m. -ci, f. -che) Misterioso, oscuro.

Etimologia: deriva dal tardo latino cryptĭcu(m) e dal greco kryptikós, derivato di krýptein, "nascondere".

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Il messaggio che Alex mi aveva mandato era alquanto criptico. Era composto da una serie di numeri, seguiti da un "vieni" e da una seconda sequenza di cifre. All'inizio pensai che fossero coordinate, ma in qualunque modo le leggessi, non sembravano condurre a nessun luogo sulla terraferma. Poi pensai a un messaggio cifrato in cui i numeri sostituivano le restanti lettere della frase, ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo a decifrare il suo codice. Avevo provato a chiedergli spiegazioni, a scrivergli che mi arrendevo, ma Alex non aveva mai risposto ai miei messaggi.
Fu Anna, alla quale mi ero rivolta più per disperazione che per la convinzione che potesse riuscire dove io avevo fallito, a trovare la soluzione all'enigma.
Ci lavoravamo da un'ora e avevamo escluso di tutto quando Anna ebbe l'illuminazione. Ricordo che stavamo facendo una ricerca su indovinelli e giochi matematici; alzai gli occhi e  la vidi fissare il foglio su cui avevo scritto i numeri.
– Aspetta aspetta aspetta... ci sono! – esultò Anna. – Non ci posso credere, era così semplice! Dammi una penna!
Le passai una matita e mi spostai al suo fianco. Anna tracciò delle stanghette tra i numeri, dividendoli in gruppi di due o quattro.
– Sono... date? – le chiesi. A quel punto le vedevo anch'io: date e ore.
– Esatto. Non l'abbiamo capito perché sono alla maniera inglese, vedi? Prima il mese e poi il giorno. E l'ora e i minuti in fondo invece dell'anno ci hanno messo in confusione.
Fissai le date. La seconda era alla fine della settimana, e supposi che indicasse quando Alex voleva incontrarmi. La prima era la più criptica, perché era di qualche anno fa.
Vidi Anna sfogliare uno dei suoi diari, per poi fermarsi su una pagina ed esclamare: – Lo sapevo! La stessa data della vostra sfida in quel vicolo, in centro. Non ho scritto l'ora ma suppongo sia quella giusta.
– Oh... – mormorai. Così avevo il luogo e il tempo; mi mancava solo il perché Alex aveva chiesto di vedermi.
Ma quello, immaginavo che l'avrei scoperto presto.

giovedì 28 novembre 2019

Le stranezze del turno di guardia


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Il turno di guardia durante l'ultima notte del Festival della Dissonanza era sempre il più duro, e il meno ambito. Primo perché, al contrario di quanto credevano i cittadini, non era vero che noi guardie potevamo permetterci il lusso di unirci ai festeggiamenti. Le nostre razioni di alcolici e vivande ricercate erano limitate, frutto di rare donazioni dei pochi che si ricordavano della nostra esistenza (e non per maledirci) e al quinto giorno erano già finite. Secondo, perché durante il Festival se ne vedevano di cose strane, e non sempre era facile capire quando occorreva intervenire e quando no.
Poteva capitare di mettersi in mezzo a sedare una rissa, per poi scoprire che i litiganti stavano solo recitando in onore del tema della festa, mentre dieci metri più in là un gruppo di ubriaconi se le davano davvero di santa ragione. Oppure, accorrere in favore di una donzella che urlava "aiuto, aiuto!" e che, invece di averne bisogno, si offriva lei con quel grido di dare una mano ad altri.
La cosa più bizzarra però mi è capitata quella volta in cui mi vidi passare accanto il noto ricercato Aglaudi Mirewn. Durante il Festival della Dissonanza le catture e le condanne, tranne quelle in flagranza di reato, sono temporaneamente sospese, perciò mio malgrado mi toccò ignorarlo e proseguire la ronda. Un paio di passi dopo mi passò di nuovo accanto Aglaudi Mirewn, proveniente dalla stessa direzione, che sghignazzava come in matto. Mi voltai ed eccoli lì, tra la folla, due di lui a braccetto che sparirono ben presto in mezzo alla gente. Non ho mai saputo come abbia fatto a sdoppiarsi, o se per caso non mi fossi immaginato tutto. Non l'ho mai nemmeno raccontato agli altri del mio turno. Come minimo, mi avrebbero accusato di aver nascosto una parte delle nostre misere razioni per poterla bere tutta da solo!

lunedì 25 novembre 2019

Disillusa


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Ogni volta la stessa storia. Puntualmente, anzi, ogni anno con sempre maggiore anticipo, dappertutto spuntano lucine colorate e dolci eccessivamente zuccherati e tutto è scintillante e variopinto e gioioso.
Insopportabile. Da quando la bisnonna mi aveva passato la "cosa" che è l'eredità e la maledizione di famiglia, il mondo è diventato un posto grigio, insulso, ripetitivo. Mi sono abituata presto all'indifferenza per la mia nuova vita, alla noia costante che allunga ogni minuto delle mie giornate sempre uguali, a cui raramente riesco a porre rimedio con un diversivo. Come quando ho convinto uno sprovveduto di essere la dea della disperazione esiliata tra i mortali, ruolo non difficile da sostenere dato come mi sento, e il tizio è andato avanti per un mese a servirmi e a chiamarmi "vostra tormentosità", sebbene mi fossi stancata del gioco già al terzo giorno.
Ma questo periodo dell'anno, con la sua pretesa di portare speranza e una ventata di novità sotto la patina di frenesia commerciale, è la più ignobile delle bugie.
Tutti si illudono, ma con l'arrivo di un altro Natale e dell'anno nuovo, nulla cambierà.
Nulla cambia mai.
Perché nessuna delle formichine operose che girano per i negozi riesce a capirlo?

sabato 23 novembre 2019

Aureo


Aureo [àu-re-o] agg., s. 1 agg. D'oro. 2. agg. Del colore dell'oro; estens. splendente, luminoso. 3. agg. fig. Eccellente, ottimo, caratterizzato dal maggior splendore. 4. s.m. Moneta d'oro romana coniata a partire dal 49 a.C.

Etimologia: il termine proviene dal latino aurĕu(m), derivato di āurum, "oro".

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Mi apparve così, all'improvviso, alla luce dell'ultimo sole tra i rami. La veste leggerissima e trasparente non poteva celare i bagliori aurei che riverberavano dal tramonto sulla sua pelle, né i riflessi delle gemme preziose che erano parte di lei e le coprivano le spalle, il seno e le parti intime. Un incontro inaspettato e fortuito. Un genio, la più schiva ed elusiva delle creature.
Probabilmente il genio lesse la sorpresa sul mio volto, poiché mi disse, con una voce che pareva essa stessa oro e magia, tanto era inumana: – Che cosa sono tu lo sai, bambina.
Non era una domanda, ma io annuii in risposta.
– La più preziosa tra le creature che camminano sulla terra da avere al proprio fianco, mia signora – proseguì il genio, mentre con passi lenti dei piedi nudi mi si avvicinava e mi girava attorno.
Mi voltai per seguirla con gli occhi. Un po' avevo paura. I geni erano potenti e imprevedibili, ma sapevo qualcosa che mi rassicurava. – So che non potete usare la magia, se non su richiesta di qualcun altro.
– È esatto – disse il genio, fermandosi di fronte a me. – La nostra magia non funziona per noi. Così ci ha create la dea, o ci ha maledetto per un torto che nemmeno noi ricordiamo.
Scorsi la lampada appesa a uno dei bracciali scintillanti al suo polso e seppi che lei non aveva padroni. Forse l'incontro non era così casuale come pensavo, mi dissi, forse mi stava cercando. Forse, quella era la mia occasione aurea, una di quelle che capitano una sola volta nella vita. Mi allungai per afferrare la lampada, ma il genio si fece indietro, fuori dalla mia portata.
– Non così presto – disse, e la sua voce si fece fredda e malevola. – Non concediamo alla leggera il dono della nostra magia, a chi non riteniamo degno.
Tremai. Avevo compreso solo allora che il genio mi stava valutando, e io avevo appena fallito la prova. Non poteva usare la magia, ma era comunque pericolosa. E i geni non erano famosi per essere clementi con chi non soddisfaceva le loro aspettative.

giovedì 21 novembre 2019

Confessioni pericolose


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"Non ti preoccupare, andrà tutto bene" era sicuramente la frase più pericolosa che potessimo pronunciare, date le circostanze. Risucchiati in un libro, catturati dai nativi, legati, bendati, e abbandonati nella Foresta Infinita brulicante di creaturine affamate: era ovvio che se anche uno solo di noi avesse osato dire una falsità del genere, o prodursi in una frase d'addio sdolcinata, non ne saremmo mai usciti vivi.
Prima che lui commettesse uno di quegli errori fatali, presi io l'iniziativa per fargli una confessione.
– E comunque, Robert, sappi che non ti ho mai amato. Anzi, ti ho sempre trovato insopportabile. Dio solo sa come ho fatto a resistere fino ad adesso.
– Che cosa? Ti sembra il momento per dirmi una cosa del genere?
– Certo – ribattei. – Questo è proprio il momento di ricordarti che non abbassi mai la tavoletta del water, che lasci i tuoi calzini sporchi dappertutto, e... di come spremi il tubetto del dentifricio, vogliamo parlarne?
Ecco fatto. Stavamo litigando. E, come insegnano i film, la gente non muore mai mentre litiga, soprattutto se lo fa per qualcosa di banale. Eravamo salvi, o almeno speravo.
Dovevo solo cercare di mantenere la nostra scena a un livello accettabile di comicità, ed evitare a tutti i costi di inserire elementi toccanti come un passato tragico, un rimorso per qualcosa in sospeso o, Dio non voglia, dire a Robert che gli volevo bene. Quelle tre parole erano la principale causa di morte in una storia, ed essendo noi finiti in una storia, era di fondamentale importanza evitarle.

lunedì 18 novembre 2019

La principessa dei misteri


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Iniziai a chiamarla "la principessa dei misteri" al nostro quinto o sesto incontro casuale in pochi giorni. Il soprannome le si addiceva: pur essendo vestita come le altre ragazze, Kàli spiccava tra la folla per la sua aria arrogante e fiera. Mi dava l'impressione di una straniera che tentasse disperatamente di inserirsi e di passare per una locale, pur senza riuscirci, perché parlava la mia lingua senza un chiaro accento regionale, ma qualche volta pareva che non capisse quello che le dicevo. O forse faceva solo finta di non capire, per eludere le mie domande quando non mi accontentavo delle sue risposte evasive. Di lei, alla fine non sapevo quasi niente. A parte il nome, ammesso che davvero si chiamasse così.
Scoprii la verità su Kàli il giorno in cui morii. Solo allora si tolse la maschera.
Kàli era una sciamana. Era una creatura acquatica, con branchie sul collo e squame sulle braccia e sulle gambe. Ed era una viaggiatrice del tempo proveniente dal futuro.

sabato 16 novembre 2019

Convivio


Convivio [con-vì-vio] s.m. (pl. -vi) lett. Banchetto, convito; in senso figurato, riunione, insieme di persone.

Etimologia: il termine proviene dal latino convivium, derivato di convivĕre, "vivere insieme".

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Un giorno la tigre decise di organizzare un banchetto per tutti gli animali della foresta. Capì fin da subito che la parte più delicata dell'organizzazione del convivio sarebbe stata quella di soddisfare la gola di tutti gli invitati. Infatti, se per il panda era sufficiente un'insalata di germogli di bambù e la scimmia notoriamente gradiva le banane, che cosa avrebbe mai potuto offrire al tapiro, o alla mangusta, o all'istrice?
La tigre decise di chiedere aiuto al saggio elefante, che con la sua memoria prodigiosa rammentava i gusti di ciascuno dei suoi vicini, e grazie al suo aiuto il convivio fu un successo, e ognuno degli invitati poté ritenersi soddisfatto sia del cibo, che della compagnia, che della conversazione gradevole. Ma fu a quel punto, quando tutti erano ormai sazi e sonnolenti, che l'antilope notò che il piatto della tigre era sempre stato vuoto, e gliene chiese il motivo.
– Oh, – ribatté la tigre, snudando le zanne in un ghigno inquietante. – È perché ho tutto ciò che desidero proprio davanti ai miei occhi.

giovedì 14 novembre 2019

La ragazza blu e la pioggia


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Pioggia. La sento circondarmi, pesante sulle foglie e lieve sulla terra molle, già ebbra di fluidi cristallini. Stille di vita che mi solleticano la pelle e le vesti.
Preziosa. Ogni goccia lo è, a suo modo. E ognuna di loro contribuisce a formare un mondo nuovo, diverso. Sono minuscole perle nell’intreccio di una ragnatela. Sono musica che sgorga, come da un flauto, dalla grondaia. Tendo la mano e raccolgo la loro magia. Mi rinfresca. Mi disseta.
Una lacrima azzurra si forma nel mio palmo. Chiudo le dita e lascio che il corpo la beva. Una goccia di pioggia in un Oceano Blu.

lunedì 11 novembre 2019

Origami

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Ho piegato la mia vita come fosse un origami, con deliberata lentezza e precisione, per dare forma al futuro che desideravo. In ogni singolo passaggio, anche quando sembravano portarmi lontano da essa, avevo ben presente l'immagine verso cui tendeva la mia creazione.
Ma alla prima piega leggermente errata, invece di tornare indietro e riprovare, per rabbia ho accartocciato tutto. Il mio passato, il mio presente e il mio futuro confusi in una massa informe li ho gettati nel cestino, e ora non so più come rimediare al mio errore.

sabato 9 novembre 2019

Entropia


Entropia [en-tro-pì-a] s.f. fis. Variabile termodinamica di stato, interpretabile come misura del disordine di un sistema.

Etimologia: deriva dal tedesco Entropie, a sua volta composto dal greco en, "dentro", e tropḗ, "rivolgimento, mutazione".

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Vivere in una casa con quattro ragazzi, di cui due adolescenti e in continuo conflitto tra loro, aveva aumentato esponenzialmente il livello di entropia che ero costretta a sopportare giorno dopo giorno. Non importava quanto lottassi per ripristinare lo stato iniziale della mia dimora: la situazione continuava a peggiorare. Ogni volta che facevo un incantesimo per riordinare una stanza, da qualche altra parte una camera precipitava nel caos più assoluto. Non c'era scampo. Ormai cominciavo a capire che con l'entropia avrei dovuto convivere.

giovedì 7 novembre 2019

L'orsacchiotto

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Ora basta! Non si può andare avanti così.
La piccola non riesce a dormire se non abbraccia il suo orsacchiotto; peccato però che il suo orsacchiotto sia alto due metri e abbia l'aspetto di un grizzly adulto. La situazione si fa particolarmente insostenibile nelle notti di temporale quando nostra figlia, spaventata, si infila nel lettone in mezzo a noi, portandosi dietro anche il suo caro animaletto. Passi che in quattro si fa fatica a starci nel letto. Posso sopportare pure che quando l'orso si gira e si rigira nel sonno, qui trema e cigola tutto. Ma svegliarsi con i segni delle unghie sulla schiena no, eh!


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lunedì 4 novembre 2019

Inktober completato... e adesso?

Benvenuto novembre, mese del NaNoWriMo! Ovvero, per chi non lo conoscesse, questo è il mese dell'anno più felice e più stressante per gli scrittori, quello in cui la sfida è: scrivere un romanzo in un mese, o perlomeno arrivare a scriverne 50.000 parole. E ora che il mese di ottobre è alle nostre spalle, e Inktober è stato archiviato, la domanda è: che cosa ne sarà di questo blog?

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Chiarisco subito una cosa: non intendo partecipare al NaNoWriMo per quest'anno. Non dopo l'estenuante maratona che è stato Inktober, soprattutto perché in questo mese ho altri progetti (con un romanzo finito, il passo successivo è cercare un editore, no?).
In ogni caso, non avrei mai potuto presentare su queste pagine il prodotto grezzo che viene fuori da una furiosa e rapidissima scrittura come quella richiesta per il NaNoWriMo senza sprofondare dalla vergogna.

E allora, che cosa prevede il futuro della Piuma Tramante? Innanzitutto, un rallentamento del ritmo, per lasciarmi il tempo necessario per quell'altro progetto. Tornare ai tre post settimanali mi sembra una buona cosa, e se è ancora troppo aggiusterò il tiro in seguito. Quanto al contenuto, la formula del mini racconto sperimentata durante Inktober non mi dispiace, accompagnata però da una foto e non da un mio disegno. Per il momento ho esaurito la vena artistica, inoltre un disegno per ogni mini racconto mi porterebbe via troppo tempo.
Come ispirazione per i mini racconti, non avendo più una lista di parole da seguire penso che la cercherò tra varie fonti, scegliendo quella che mi suggerisce una storia tra esercizi e altre liste mensili, o magari rivelandoti con il mio racconto una delle strambe ricorrenze presenti in questo sito (www.daysoftheyear.com).
Ad esempio, lo sapevi che oggi è la giornata del buonsenso, e che novembre è sia il mese del melograno, che quello degli amanti del burro di arachidi (oltre a essere il mese dedicato ai lamantini, che sono un soggetto già più difficile da visualizzare di primo acchito)?
Riesci a immaginare che razza di storia potrebbe venir fuori da questi tre o quattro elementi?

giovedì 31 ottobre 2019

31 - Ripe - Maturo

#inktober #inktober2019


Come nasce un omino


Non ci porta la cicogna né spuntiamo sotto a un cavolo. Non rompiamo il guscio di un uovo e non compariamo per magia. Al contrario di voi, la nostra gente matura al sole sul ramo di un albero e viene raccolta solo quando è pronta. Sì, a volte un omino acerbo si stacca e inizia a far danni come un folletto malevolo, ma viene presto fermato. Tutto sommato è un buon sistema, se non soffri di vertigini.

mercoledì 30 ottobre 2019

30 - Catch - Catturare

#inktober #inktober2019


Preso!


"Oh, che bello, ho preso una farfalla!" si disse l'uomo col retino, ammirando le ali variopinte della creatura nella rete.
"Oh, che bello, ho preso un uomo!" si disse la farfalla nel retino, e subito partì sfrecciando verso il cielo, portandosi dietro il retino e l'uomo fino al suo nido lontano, lassù in alto, tra le nuvole.

martedì 29 ottobre 2019

29 - Injured - Ferito

#inktober #inktober2019


La crocerossina


Non è una novità, mi dico.
Ho portato più di una volta a casa un uccellino con un'ala spezzata, o un randagio smagrito dalla fame, perché soffrivo troppo all'idea di lasciarli al loro destino. Questa è solo un'altra creatura ferita da curare.
Oh, ma chi sto prendendo in giro? Non sto più nella pelle al pensiero che presto si possa svegliare e si metta a dire: "telefono... casa"!

lunedì 28 ottobre 2019

28 - Ride - Cavalcare

#inktober #inktober2019


Corse nel bosco


– Più veloce, più veloce! – urlai tra le risate. Mi sembrava di essere tornata bambina, lì, in groppa a un troll dalla pelle di pietra.  Jake era più forte di un essere umano in quella forma, e non aveva nemmeno il fiatone quando infine si sdraiò accanto a me nella radura.
Mentre tornava normale, Jake mi disse: – Questo è niente. Scommetto che non hai mai cavalcato un centauro!

domenica 27 ottobre 2019

27 - Coat - Cappotto

#inktober #inktober2019


Ultimi ritocchi


Tutti gli anni la stessa storia. Le rondini emigrano, le foglie cadono e noi, come al solito, non siamo ancora pronti per andare in letargo. La mia signora si accorge solo all'ultimo minuto che le pareti della tana non sono di un colore abbastanza rilassante, sebbene l'anno scorso fossero perfette così.
E indovinate a chi tocca ridipingere? Ah, pensare che mi ero già messo il cappotto per andare a fare provviste!

sabato 26 ottobre 2019

26 - Dark - Buio

#inktober #inktober2019


Il mostro sopra al letto


Aveva paura del buio.
Di notte non voleva uscire se non era accesa almeno una luce, ma quando si avventurava fuori, il piccolo umano che viveva sopra al suo letto iniziava a ululare, richiamandone altri due più grossi, e lui era costretto a rifugiarsi nell'unico luogo sicuro della stanza. Temeva il giorno in cui il mostro sopra al suo letto avrebbe smesso di lasciargli la luce accesa.

venerdì 25 ottobre 2019

25 - Tasty - Gustoso

#inktober #inktober2019


Il banchetto del Ghiottone


Memorie succose come acini d'uva, ricordi ben cotti e speziati quanto basta, insaporiti da gustosi intingoli di emozioni, stagionati per un quarto di secolo o freschissimi, appena sfornati.
Il ragazzo era quasi maturo.
A giorni avrei banchettato con la sua mente, lasciando di lui un guscio vuoto da riempire di nuovo. È stato allora, prima di poterlo assaggiare, che l'umana ha rubato il mio pranzo.

giovedì 24 ottobre 2019

24 - Dizzy - Stordito

#inktober #inktober2019


Inebriarsi


La testa leggera, un brivido elettrico sulla pelle, il battito del cuore da qualche parte tra le orecchie e la gola, il mondo attorno che sbanda e ondeggia, uno scoppio di riso che separa le labbra, calore fino alla punta delle dita.
È bello sentirsi così, ubriachi di vita.

mercoledì 23 ottobre 2019

23 - Ancient - Antico

#inktober #inktober2019


In nome del progresso


Era l'ultimo della sua specie. Una volta, in un tempo ormai andato, era stato il più vecchio di loro, antico quanto il mondo, o così si diceva. Secondo la leggenda i suoi rami sorreggevano il cielo, che in sua assenza ci sarebbe crollato addosso.
Domani lo abbatteremo e metteremo al suo posto un pilastro di cemento.

martedì 22 ottobre 2019

22 - Ghost - Fantasma

#inktober #inktober2019


Compagnia


Ho il mio fantasma personale. Ce l'ho da quando avevo sedici anni. Gli altri bambini volevano un cucciolo. Ma non io.
Io volevo solo un fantasma da compagnia, e alla fine l'ho spuntata, anche se i miei non erano del tutto favorevoli all'idea.
D'altra parte, essere una strega ha i suoi vantaggi.

lunedì 21 ottobre 2019

21 - Treasure - Tesoro

#inktober #inktober2019


Inestimabile


Lo aveva trovato, finalmente.
Un tesoro che valeva più dell'oro, che nessun principe poteva reclamare per sé, eppure a disposizione di chiunque scegliesse di intraprendere la ricerca. Un tesoro di carta e d'inchiostro, di voci e di parole, di memorie e d'immaginazione.
Una storia ancora da leggere.

domenica 20 ottobre 2019

20 - Tread - Calpestare

#inktober #inktober2019


Divieti particolari


Ehi, tu! Sì, dico proprio a te, con quel testone tra le nuvole. Porcino d'un fungo, fermati, guarda dove metti i piedi, ma non li hai visti i cartelli?
Ah, chiedi scusa adesso, eh? Be', ora lo sai. Qui è vietato calpestare gli gnomi. Un po' di rispetto, per diamine!

sabato 19 ottobre 2019

19 - Sling - Fionda

#inktober #inktober2019


Lost in space


Persi tra le stelle, sospesi nel vuoto cosmico, lontani da ogni cielo conosciuto, navighiamo da generazioni senza mappe, senza rotte, senza destinazione. Forse, come Davide di fronte all'immensità di Golia, abbiamo solo bisogno di una piccola spinta, di una fionda gravitazionale per cambiare il corso del nostro destino.

venerdì 18 ottobre 2019

18 - Misfit - Disadattato

#inktober #inktober2019


Single per forza


Non era fatto per stare da solo. Il mondo non era fatto per stare da soli. E, da quanto rammentava, un tempo non lo era stato. C'era la sua metà, qualcuno di simile a lui, qualcuno che dava un senso alla sua esistenza. Uscivano sempre insieme, si lavavano insieme, dormivano vicini. Da quando la sua metà era sparita - sotto a un  letto, o in fondo al cesto della biancheria sporca - lui aveva del tutto smesso di uscire.

giovedì 17 ottobre 2019

17 - Ornament - Ornamento

#inktober #inktober2019


La scoperta


Nel suo mondo non esisteva.
L'aveva portata un giorno la marea, e i pochi che l'avevano vista la giudicarono un vezzo inutile, un ornamento, qualcosa di cui si poteva benissimo fare a meno. Oltretutto era un'invenzione artificiale, dicevano, fasulla, e quel ch'è peggio, effimera. No, meglio non illudersi, molto meglio vivere senza.
Ma lui, dopo averla provata, non riuscì più a fare a meno della gioia.

mercoledì 16 ottobre 2019

16 - Wild - Selvaggio

#inktober #inktober2019


Indomita


– Ehi, la tua ragazza mi ha morso! – sbottò un marinaio, mentre saliva sul ponte del battello tenendosi una mano.
Sogghignai. – Se lo ha fatto, è perché di sicuro te lo sei meritato.
Ed era fortunato che la mutaforma lo avesse morso con una dentatura umana anziché con le sue vere zanne. Era diventata abbastanza scaltra da non farsi scoprire proprio quand'era a un passo dal tornare a casa, alle terre selvagge a cui apparteneva.
Ancora non sapevo che quelle terre avrebbero reclamato anche me.