sabato 27 febbraio 2021

Estraniare/Estraniarsi

Estraniare [e-stra-nià-re] v.tr. (estrànio ecc.) [sogg-v-arg-prep.arg] Allontanare qualcuno da un ambiente, da un affetto, da un'abitudine di vita.

Estraniarsi [e-stra-niàr-si] v.rifl. [sogg-v-prep.arg] Smettere di fare attenzione a ciò che ci circonda.

Etimologia: verbo derivato dall'aggettivo estranio, dal latino extraneus, derivazione di extra, "fuori".


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Zefiro mi aveva avvertito: essere la Sacerdotessa del Vento, abitare da sola in un tempio che si trovava così lontano, così al di sopra delle altre dimore della città poteva portare a estraniarsi dai problemi della vita comune. Da quando lui se n'era andato, le visite dei pellegrini erano il mio unico legame con il resto del mondo. E quasi mi dispiaceva quando i fedeli venivano a distrarmi dai miei pensieri e dalle storie che il vento mi raccontava.
– Non sono una cattiva sacerdotessa... vero Syuss? – chiesi al falco che era rimasto con me fin da quando lo avevo trovato che era un pulcino smarrito.
Non ero una cattiva sacerdotessa, se preferivo restare da sola piuttosto che accogliere i visitatori. Così mi dicevo, perché avevo cura di non darlo mai a vedere, e rivolgevo un sorriso e tutta la mia attenzione a chiunque passasse dal tempio, che fosse per un'offerta, per una preghiera, o per espormi i suoi problemi.
Non era stato così, all'inizio. Non era stato facile adattarsi all'isolamento, per me che ero abituata a convivere con tante sorelle e fratelli. Ero l'ultima nata di una famiglia numerosa, coccolata dalle sorelle maggiori, e avevo un gran numero di compagni di giochi, considerando che i miei cugini vivevano nella casa accanto. Poi uno di loro si era accorto che il mio amico immaginario era l'invisibile vento dell'est, e che ero in grado di predire quando il vento calava, spirava più forte o mutava direzione; invidioso del mio dono, lo aveva detto ai miei genitori, che mi avevano portato da colui che a quel tempo era Sacerdote del Vento, e che poi divenne il mio maestro, il sommo Zefiro, affinché mi mettesse alla prova. Mi ero sentita estraniare dalla mia stessa famiglia quando avevo capito che non sarei mai più tornata a casa con mio padre e mia madre, mi ero sentita rifiutata quando mi avevano lasciato alle cure di un estraneo, anche se quell'estraneo era l'unico al mondo che davvero poteva capirmi.

giovedì 25 febbraio 2021

Senza ritorno

Ho già scritto diversi racconti ambientati nella casa dei protagonisti. Tra i tanti, se ti va di leggerli, ti segnalo:

Una coltre bianca come la neve (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/02/una-coltre-bianca-come-la-neve.html)
Horror vacui (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/05/horror-vacui.html)
Frugale (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/09/frugale.html)
La posizione del cadavere (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/11/la-posizione-del-cadavere.html)
Ecofobia (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/12/ecofobia.html)
Personaggio: Lisa Segni (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/03/personaggio-lisa-segni.html)
Zacchera (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/04/zacchera.html)
Personaggio: la signora Emilia (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/08/personaggio-la-signora-emilia.html)
Io e il folletto (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/12/io-e-il-folletto.html)
Apotropaico (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/05/apotropaico.html)
Tutto ciò che Silvia sapeva (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/05/tutto-cio-che-silvia-sapeva.html)


E ora passiamo al racconto di oggi. Per scriverlo ho utilizzato, come tappeto sonoro, Writer's Room (https://www.youtube.com/watch?v=3xQccqn8VtI&t=2119s) di Chetta Monster.



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Quando esci di casa, anche per un'escursione prolungata in luoghi impervi e lontani, non pensi mai che potresti non tornare. Non ti viene in mente che forse quella è l'ultima volta che varchi la soglia di casa, e che non rivedrai mai più le foto nelle cornici d'argento, la libreria con le sue file di copertine nuove, l'antico tavolo di legno massello macchiato di vino per un appuntamento che non è finito come speravi, e che non ha mai avuto un seguito. Persino il vecchio gatto dei vicini, che sgusciava sempre dentro casa dalla porta aperta sul giardino per strofinarsi contro le gambe e intralciarmi il passo, era una presenza fastidiosa ma che davo per scontata nella mia vita. Di cacciarlo con qualche minaccia non c'era verso, il vecchio bastardo era pure sordo, e c'era da chiedersi se quando faceva le fusa mentre io rischiavo di inciampare sul suo corpo grassoccio il volume del suo ronfare fosse così alto perché altrimenti non sarebbe riuscito a sentirsi. Strane le cose che rammento ora che sono lontano da quella vita.
Ad ogni modo, la pendola nel corridoio scandiva il tempo mentre riempivo lo zaino per l'escursione, e se non mi ci fossi fermato davanti nell'ultima ora che ho passato tra le mura di una casa, nemmeno mi ricorderei di come suonava il suo ticchettio regolare. I profumi, quelli non li rammento. A parte la fragranza dell'erba tagliata, quella sì: sapeva d'avventure, e di nuovi inizi, ed è così ironico che sia l'unico odore che mi sia rimasto dentro. Non so se sarei partito sapendo ciò che mi attendeva su quella montagna fatale, non ho idea di ciò che avrei fatto di diverso se avessi avuto un sentore del futuro. Forse avrei dormito un'ora in più tra le lenzuola del mio letto. Forse avrei assaggiato per l'ultima volta un piatto di spaghetti alla carbonara, i miei preferiti. Non posso più mangiare carne morta, da quando sono cambiato. Ho visto ciò che fa a quelli come noi.
Forse, forse... questo gioco dell'immaginare ciò che non è stato, e che non sarà mai, non ha alcun senso. Scribacchiai una nota, questo lo ricordo, per informare dove stavo andando i pochi parenti che avevano la chiave, in caso fossero passati da casa mia; poi attaccai la segreteria telefonica e spensi la televisione. Ciò che è certo è che stavo ignorando le immagini del telegiornale, le prime notizie sugli escursionisti dispersi proprio là dove io stavo andando. Principianti, mi dicevo, gente senza alcuna esperienza che andava allo sbaraglio e non pensava alle conseguenze. A me cose del genere non possono capitare.
È questo che ci diciamo sempre, per negare l'ovvia verità: può capitare agli altri, non a me. Mai a me.
È così che ho varcato la soglia a cuor leggero, zaino in spalla, e dopo aver cacciato di casa il gatto del vicino ho chiuso a chiave la porta per l'ultima volta, prima di trarre di tasca le chiavi dell'auto.
Certo, al cambiamento che mi attendeva su quella montagna io sono sopravvissuto, a differenza degli altri. Avrei potuto tornare, se avessi voluto. Ma ho rinunciato a quella casa quando ho rinunciato al mio nome, e tutto ciò che contiene appartiene a una vita in cui io non abito più. Non mi riconoscerei nell'uomo intrappolato in quelle cornici d'argento, ora che il mio corpo può mutare a un guizzo della mia mente. Il ticchettio di quella pendola non scandisce più il mio tempo. E i tasti della vecchia macchina da scrivere abbandonata sulla scrivania dello studio già molto tempo prima della mia partenza, un mero soprammobile, il residuo di un'epoca che non ho mai vissuto, non fisseranno mai sulla carta la mia storia, la vita di una creatura così cangiante che solo una voce che subito trasfigura nel silenzio può lasciarne un'effimera traccia.

lunedì 22 febbraio 2021

Casa dolce casa

Lo so, avevo detto che avrei cominciato il viaggio tra remoti luoghi immaginari a partire da oggi. Ma ogni viaggio ha un punto di partenza che è comunque un luogo, e ho ritenuto che non fosse giusto tralasciarlo. E così, il primo luogo da cui comincia questa esplorazione è quello che conosciamo meglio di tutti: la nostra casa... o la casa dei nostri personaggi.



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In molte storie, e specialmente nelle favole, la casa è il luogo da cui il protagonista si allontana per svolgere una missione, cercare fortuna o semplicemente per vivere un'avventura. Basta pensare a Lo Hobbit e a Il signore degli anelli: entrambe le storie cominciano con uno Hobbit nella propria casa. Certo, in seguito i personaggi lasciano l'abitazione e la terra natale e vivono le loro avventure lontano dal piccolo mondo che conoscono, ma è da lì che tutto inizia. E se gli Hobbit se ne sarebbero rimasti volentieri nella loro comoda dimora, se non fosse venuto qualcuno a tirarli fuori di lì, c'è anche chi, come Raperonzolo, abita in una torre che è allo stesso tempo casa e prigione, e partire è l'unico modo per essere libera.
Ma oltre a fare da punto di partenza, e in alcuni casi di arrivo, esistono anche storie che si svolgono interamente o prevalentemente all'interno di una casa. Come esempi, i primi che mi vengono in mente sono Piccole donne e La finestra sul cortile, ma questi sono solo due tra i tanti.
Un filone tra i più sfruttati è quello che riguarda le case infestate, di cui tra tutti mi piace ricordare The Others, e un altro racconta di quando il luogo che percepiamo come il più sicuro, la nostra casa, è invaso da malintenzionati o assassini, come nel film Panic Room. In questi casi generalmente la storia appartiene ai generi horror e thriller, molto adrenalinici, con l'intento di provocare inquietudine e rovesciare quella situazione di apparente sicurezza che di solito colleghiamo alle mura domestiche; ma quando il filone volge in commedia, come nel caso di Kevin dimenticato a casa dalla famiglia in Mamma ho perso l'aereo, allora sono i malviventi quelli che hanno ha peggio in modi comici e inaspettati.
Infine, mi piace ricordare le occasioni in cui l'abitazione del protagonista, specialmente se è un'antica dimora di famiglia, nasconde segreti e misteri a non finire, come nel caso della serie (di libri e telefilm) Locke & Key, e quando, come in Monster House, la casa diventa un vero e proprio personaggio.
Ho dimenticato di sicuro altre storie in cui l'ambientazione domestica assume un significato diverso da quelli che ho citato, ma per ora mi fermo qua e ti invito, se lo desideri, a completare questo elenco, e ti do appuntamento a giovedì con il mio racconto ambientato in una casa.

sabato 20 febbraio 2021

Protervo

Protervo [pro-tèr-vo] agg. Arrogante e sfrontato, insolente.

Etimologia
: deriva dal latino protervus, da protero, "calpesto", composto da pro, "avanti", e tero, "trito, batto".


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Sono orgoglioso di com'è diventata. In circostanze normali non glielo avrei mai detto. Ma queste non sono circostanze normali, e la ragazzina proterva che avevo accolto come apprendista in un altro mondo è adesso una giovane donna combattiva e altera, che mi respinge e fugge via. Solo che ha sbagliato tutto: non è da me che dovrebbe scappare.
Ma è un errore comprensibile. Se io stento a riconoscerla, a ricollegare il volto di questa sconosciuta al viso della Bollatrice che ho addestrato, figuriamoci lei che cosa può pensare di me.
La rincorro in salotto, salto il divano e l'atterro afferrandola per la maglia. Mugola e inizia a darmi calci, sdraiata sul pavimento, ma io non mollo. La mia voce è diversa in questo corpo, ma tento di arrochirla mentre l'apostrofo come un tempo: – Senti, testablu, starei cercando di salvarti la vita, qui, perciò smettila di darmi calci, che oggi non è giornata.
Ha funzionato: lei si blocca, sgrana gli occhi. – Hashum? – chiede, e subito scuote la testa. Si alza a sedere e mi soppesa con scetticismo. – Non è possibile, Hashum è morto.
– Credevi che non avessi un piano? – L'afferro per un braccio, costringendola a stare giù, e accenno alle finestre.
In realtà non ce l'avevo finché qualcuno non aveva ammazzato il mio vicino di casa. Il pover'uomo aveva pagato caro l'aver scelto una password troppo facile per il suo wi-fi. Quando avevo capito che l'assassino credeva di aver colpito un duevite, avevo convinto il capo del mio dipartimento a indurmi in coma nell'altra vita per poter indagare in questa, e salvare quanti più Bollatori possibile. A partire da lei.
– Ho promesso ad Amya – le ricordo.
Ci blocchiamo entrambi nel sentire la porta d'ingresso che cigola. Ma certo, penso, non vuole farlo da lontano, freddo, distaccato come un cecchino. Dovevo immaginarlo dalle notizie trapelate sui precedenti omicidi. Questo assassino protervo cerca un confronto, vuole guardarci negli occhi sapendo di avere il vantaggio della sorpresa.
Ma non stavolta.

giovedì 18 febbraio 2021

Che il viaggio cominci!

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Prima di iniziare la lunga avventura di Inktober, nell'ottobre del 2019 (va bene, non tanto lunga, ma per qualcuno che non aveva mai disegnato con continuità al di fuori dell'ambito scolastico, è stata una bella impresa!), dicevo, prima di quello, avevo cominciato e poi lasciato in sospeso un discorso su quelli che considero i tre pilastri di ogni storia, ovvero: personaggi, situazione, conflitto (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/02/personaggi-situazione-conflitto.html). E, dei tre, avevo fatto in tempo a sviscerare solo i personaggi, di cui avevo analizzato alcune categorie predominanti, come il mentore, l'aiutante, l'antieroe, il prescelto. Restano situazione e conflitto.
Per quanto riguarda la situazione, io l'avevo definita come "il qui e ora" della storia: dunque non soltanto il luogo in cui i personaggi si trovano, con tutto ciò che riguarda l'ambientazione (territorio fisico, ma anche clima, biologia, architettura, storia, regole, leggi naturali e soprannaturali), ma anche il punto in cui si trova psicologicamente il personaggio, ovvero cosa sta facendo, cosa desidera, che relazioni ha con gli altri. Ecco, la situazione forse è dei tre la categoria più ampia, e contiene davvero un sacco di informazioni. Perciò, non intendo analizzarla come già fatto con i personaggi, perché ci vorrebbe un capitolo lungo due anni o forse più. Mi limiterò a riprenderla nel senso più immediato di luogo fisico, e se mentre scrivo il mio brano scappa dentro qualche informazione riguardante altro... tanto meglio. Non so ancora da cosa voglio cominciare, sarà una sorpresa anche per me. Deciderò al momento la scaletta e la sequenza delle mie tappe, ciò che è sicuro è che, come ho già fatto per l'esercizio Tappeto sonoro (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/06/tappeto-sonoro.html) userò di volta in volta il mix di suoni ambientali più adatti per ispirarmi.
E ora, sei pronto? Meno tre... due... uno... che il viaggio della fantasia abbia inizio!

lunedì 15 febbraio 2021

Viaggiare... restando fermi




Ho letto una notizia, non mi ricordo più dove. Pare che in quest'ultimo anno, in cui per le cause di forza maggiore note a tutti siamo rimasti bloccati tra le mura dimestiche, o nel migliore dei casi entro un ristretto territorio locale, nonostante l'assenza di fiere, presentazioni, incontri con l'autore e quant'altro, le vendite dei libri in Italia sono aumentate. Evidentemente quando si restringono gli orizzonti fisici c'è un gran bisogno di evadere, di viaggiare anche soltanto con la mente. "Dove volerai solamente con la fantasia?" chiedeva una canzone di Ruggeri; è chiaro che gli italiani hanno scelto di volare, oltre che tra le immagini di film e serie televisive (anche quelle aumentate per carenza di uscite al cinema), tra le pagine di un libro.
Dunque, archiviata l'esperienza con il disegno (non è detto che non ci ritornerò, ma... le mie mani hanno bisogno di una pausa!), ho pensato di riprendere a scrivere brani di più ampio respiro, e mentre mi chiedevo attorno a quale argomento potessi scrivere, mi è venuto in mente che anche a me manca viaggiare. Respirare aria nuova, magari una fresca brezza di montagna, o il soffio rovente che sa di salsedine sulla riva del mare. E mi manca vedere nuovi orizzonti, frastagliati dalla roccia o interrotti da palazzi sconosciuti, luoghi visti solo in una foto, carichi di vite e portatori di una storia che difficilmente riuscirò appieno a immaginare. E mi manca la fatica nelle gambe dopo una lunga camminata, la strada che piega in salita e sparisce dietro una curva, ed è mistero finché non la si raggiunge. Mi manca tutto questo, ma sono anche consapevole che, finché non tornerò a percorrere strade fisiche lontano da quella dove abito, io ho mondi interi da esplorare. Perciò, ecco trovato il tema attorno al quale scrivere questo nuovo capitolo della Piuma Tramante: i luoghi, il viaggio, gli esploratori.
Spero che ti divertirai ad attraversare i miei mondi immaginari quanto io mi divertirò a scriverli. A presto, in questo viaggio tra le parole, senza muoversi.

sabato 13 febbraio 2021

Peregrino

Peregrino [pe-re-grì-no] agg. 1. Nuovo, originale, ricercato; anche, bizzarro, strano, stravagante. 2. Forestiero, straniero; anche, errante, ramingo.

Etimologia
: deriva dal latino peregrinus, "straniero", comporto da per, "oltre, al di là", e ager, "campo", e per estensione "campagna, territorio, paese".

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Cambiare città non era mai facile.
Partire da un luogo in cui la gente era abituata alle nostre stranezze e quasi non ci faceva più caso, per giungere laddove le nostre peregrine abitudini, il nostro vestiario antiquato, e la nostra riservatezza attiravano curiosità e sospetto. Passavano mesi, anni, talvolta, prima che fossimo accettati come una parte del paesaggio urbano, membri della variegata fauna che si aggirava nella cittadina in cui avevamo scelto di inserirci. E, nel frattempo, si approssimava l'ora di passare ad altro, e ricominciare da capo.
Cambiare città non era mai facile, ma era sempre necessario.
La nostra vita peregrina era indispensabile per la nostra esistenza. L'epoca buia della caccia alle streghe e della superstizione era ormai tramontata, eppure, quando le sparizioni, i delitti, lo spargimento di sangue cominciavano a diventare troppo evidenti, la brava gente del posto era piuttosto rapida ad additare noi stranieri, noi diversi, noi che ci muovevamo sotto la pioggia o nel crepuscolo, al riparo di tabarri con cappuccio o di eleganti parasoli. Non posso dire che fossero nel torto, nel nostro caso; tuttavia avevamo imparato ad andarcene prima si rendesse necessaria una spiegazione, o un linciaggio. E anche quando eravamo prudenti e nessuno era in grado di collegare omicidi irrisolti a noi, andare via diventava comunque necessario.
Il tempo era troppo clemente con noi per non suscitare invidia, domande, o una buona dose di sospetto in coloro che ancora credevano all'esistenza dei mostri.

giovedì 11 febbraio 2021

Inktober 2020 - Fine!

#inktober #inktober2020


Eccomi giunta a scrivere (letteralmente) la parola fine al termine di questa avventura durata quasi un anno. Non posso dire di non essermi divertita, di non aver imparato qualcosa e, soprattutto, non posso più dire di non saper disegnare!
Inktober 52 prosegue anche quest'anno, ma io non ho intenzione di partecipare. Non subito, almeno. Continuerò a esercitarmi, prevalentemente con schizzi di figure umane che tuttora mi riescono così così, ma non posterò i miei scarabocchi sul blog. Li potrai trovare su Instagram (sempre sotto il nome lapiumatramante) o nella pagina Facebook associata al blog. Ora, però, ho intenzione di tornare su queste pagine alla scrittura pura, magari portando un po' di quel dono di sintesi che ho esercitato con i mini racconti.
L'ultima cosa, prima di lasciarti (per oggi) e concludere questo capitolo: ho voluto mettere a confronto il primissimo disegno creato per un Inktober, e l'ultimo, di pochi giorni fa. So che il soggetto è diverso, e il contesto in cui l'ho disegnato pure (una illustrazione più racconto al giorno è una fatica non indifferente, rispetto a un paio di illustrazioni rapide due volte la settimana), però... si nota il miglioramento?

lunedì 8 febbraio 2021

Inktober 2020 31 - Strisciare

#inktober #inktober2020


31 - Crawl - Strisciare



Sebbene di solito mi faccia pensare al brulicare degli insetti, stavolta quando ho letto questa parola è stato semplice associarla a una scena che ho scritto per il Personaggio: Il Corvaccio (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/04/personaggio-il-corvaccio.html), sebbene più che il Corvaccio, la protagonista in questo caso è la sua allieva-complice Vixen:

Lo sguardo mi cadde sulla finestrella della cantina, alle spalle del Corvaccio. Al livello della strada, aperta, e troppo piccola perché lui ci passasse: naturale che non l'avesse nemmeno considerata. Ma era perfetta per una ragazzina smagrita.
Avevo ragione: io non avevo giurato, non avevo nessuna parola da non mantenere. Galam mi stava offrendo una via d'uscita.
Lanciai il sacco al Corvaccio, che mollò la presa sul mio braccio per afferrare al volo la refurtiva. E intanto, io già lo avevo aggirato, e stavo strisciando in quel pertugio.

E con questo si conclude (in notevole ritardo!) la serie di disegni ispirata alle parole proposte per Inktober 2020. Spero ti sia piaciuta questa variante rispetto ai racconti e agli esercizi di scrittura per cui il blog è nato. Che cosa farò adesso? Lo rivelerò nei prossimi giorni, perciò... un po' di attesa e saprai tutto!

sabato 6 febbraio 2021

Peripezia

Peripezia [pe-ri-pe-zì-a] s.f. 1. (spec. pl.) Vicenda rischiosa, complicata o disavventura imprevista. 2. Ribaltamento improvviso della situazione, evento caratteristico dell'azione della tragedia greca.

Etimologia: deriva dal latino peripetia, a sua volta proveniente dal greco peripéteia, "fatto, evento imprevisto", composto da perì, "intorno, dentro", e un derivato del verbo pìptein, "cadere".


Immagine liberamente disponibile su 
Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Javon Swaby da Pexels


Quando mi fui ripreso un uomo con un gonnellone, un baschetto calcato in testa e strane e lunghe unghie nere, assieme a una donna che teneva le mani nascoste in un manicotto, mi vennero a prendere. Ero diffidente, ma la guaritrice in catene mi rassicurò, rannicchiata nella penombra in fondo alla stanza: – Sono amici. Va' con loro, noi... ci rivedremo presto.
Ricambiai il suo sorriso enigmatico senza troppa convinzione, e uscii nell'accecante luce del sole. Dopo aver passato tanto tempo nella stanza della guaritrice in catene, era come se non appartenessi più al mondo della luce.
– Attento ai gradini – disse la donna dalle mani nascoste, con un cenno della testa. La sua voce aveva un che di liquido. Era come un'onda calda. Non avrei saputo in che altro modo definirla.
Attesi che i miei occhi si riabituassero alla luce prima di scendere: dopo le peripezie degli ultimi giorni, ci mancava solo che finissi steso in terra, con la faccia nel fango, per un paio di gradini.
– Hai combinato un gran casino in città, eh? – commentò l'uomo. La sua voce era graffiante, ironica. Mi diede una manata sulle spalle e sentii le sue unghie affilate pungermi la schiena. – Fortuna che eravamo qui noi, o una pallottola in fronte non te la toglieva nessuno. Ma Antares sa sempre dove andare.
– Non me lo ricordo – mentii. In realtà rammentavo tutto, anche se avrei preferito non farlo, solo, non capivo il perché. Non capivo il perché di tutta quella rabbia, di quella violenza.
Ero sempre stato una persona tranquilla.
Scesi i gradini, mi guardai indietro e scoprii che quella in cui viveva la guaritrice in catene non era una stanza, bensì un caravan su ruote. L'uomo si sporse a richiudere la porta, poi assieme alla donna mi accompagnò tra tende variopinte e camper sgangherati, in mezzo a quello che sembrava un alveare brulicante di gente bislacca. Quando li oltrepassavo mi guardavano strano, come se sapessero qualcosa che io ignoravo, e allora capii che le mie peripezie erano solo all'inizio.

giovedì 4 febbraio 2021

Inktober 2020 29 & 30 - Scarpe e Minaccioso

#inktober #inktober2020



29 - Shoes - Scarpe
30 - Ominous - Minaccioso



Un po' banale come parola, "scarpe". Non sapevo quali disegnare, finché non ho ritrovato in un racconto le scarpe spaiate di Cenerognola (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/09/cenerognola.html) e ho capito che erano quelle giuste:

Quando la portarono da lui, il principe rimase basito. Non era solo per gli abiti laceri, le macchie d'unto e di cenere. E nemmeno perché procedeva zoppicando, un piede nella scarpetta di cristallo e l'altro in uno zoccolo troppo largo.
– Vostra maestà, la scarpetta calza alla perfezione – gli disse il ciambellano. – Costei è Cenerognola, la fanciulla che ci avete mandato a cercare.
Ci voleva un gran coraggio a chiamarla "fanciulla".

Questa è una di quelle parole difficili da tradurre appieno in ogni sua sfumatura. Ci starebbe anche "infausto" ma io ho preferito il senso di "minaccioso" che ho ritrovato nel racconto ispirato alla parola Feluca (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/05/feluca.html):

Sedevo a prua della feluca che mi avrebbe portato all'Isola e scrutavo la superficie liquida, increspata da minuscole onde, che si stendeva piatta fino all'altra sponda del lago, interrotta solo da un ammasso di rocce e alberi dall'aria minacciosa. Sulla piccola imbarcazione sospinta dal vento caldo ero l'unico ansioso di giungere alla meta.

lunedì 1 febbraio 2021

Inktober 2020 27 & 28 - Musica e Galleggiare

#inktober #inktober2020


27 - Music - Musica
28 - Float - Galleggiare


La musica solitamente necessita di uno strumento e di qualcuno che lo suoni. E il primo musicista che mi è venuto in mente è stato il pianista sordo del racconto Innamorarsi di un genio (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/12/innamorarsi-di-un-genio.html):

Tentennai. Lui riprese a suonare con le dita agili che sembravano sfiorare a malapena i tasti del pianoforte. Eppure la musica era chiara, sicura, e appassionata. Anche se lui non riusciva a sentirla, e tutto ciò a cui poteva affidarsi per comporre la melodia era la sua memoria.

Ho scritto varie volte di oggetti che fluttuano o si librano in cielo, come bolle di sapone o vascelli sollevati dalla magia, assai meno di navi che galleggiano sull'acqua. Perciò, per la parola "galleggiare" ho scelto la mongolfiera del racconto Al di là del cielo (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/01/al-di-la-del-cielo.html):

Avevo cercato le ali di un falco, e mi ero ritrovata incatenata al trespolo come un pappagallo addomesticato. Ma non mi accorsi di quant'era vera quella metafora finché il cesto non si fermò e restammo lì, appesi in aria, senza più muoverci.
– Più in alto, più in alto! Voglio salire più in alto! – urlai. Nutrivo ancora la speranza che, se fossimo saliti sopra le nuvole, se fossimo andati al di là del cielo, avrei ritrovato la sensazione di galleggiare felice, senza peso, che animava i miei sogni.