giovedì 30 novembre 2023

Audioracconto - La Rescissione


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Taras Makarenko da Pexels


In un futuro distopico, l'immaginazione è un male da curare.

La Rescissione
(racconto breve di genere fantascienza distopica)


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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2021/08/la-rescissione.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: Elysian di Artificial.Music (https://soundcloud.com/artificial-music)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=uBczKQOUJWA);

Immagini di: Taras Makarenko (https://www.pexels.com/photo/cars-ahead-on-road-593172/), Vlada Karpovich (https://www.pexels.com/photo/woman-working-from-home-4050288/), Ayşenaz Bilgin (https://www.pexels.com/photo/close-up-shot-of-sleeping-cats-15160170/), Pixabay (https://www.pexels.com/photo/breakfast-close-up-coffee-coffee-cup-460257/), Anna Shvets (https://www.pexels.com/photo/surgical-equipment-and-surgeon-performing-surgery-6291088/),AlphaTradeZone (https://www.pexels.com/photo/man-in-white-long-sleeves-shirt-sitting-in-front-of-a-computer-5831263/), Suzy Hazelwood (https://www.pexels.com/photo/assorted-title-books-1887609/), Photography Maghradze PH (https://www.pexels.com/photo/retro-tv-on-river-shore-near-forest-3764958/), Valeria Boltneva (https://www.pexels.com/photo/smiling-woman-holding-knife-14117/), Markus Spiske (https://www.pexels.com/photo/climate-sign-outside-blur-2990644/), Marko Garic (https://www.pexels.com/photo/a-crazy-man-sitting-inside-the-cell-9176716/), Lukas (https://www.pexels.com/photo/close-up-photography-of-black-bee-on-white-flower-408875/), Yaroslav Shuraev (https://www.pexels.com/photo/reflection-of-an-elegant-elderly-woman-wearing-a-floral-dress-8087749/) da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Effetti sonori: over the bridge Highway drive interior di gecop (https://freesound.org/people/gecop/sounds/521767/), writing - pen 01.wav di Anthousai (https://freesound.org/people/Anthousai/sounds/337086/), da freesound, sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/).

lunedì 27 novembre 2023

Progresso


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di sergio souza da Pexels


Lo chiamavano Progresso. Ma per la Foresta, il suo nome era Morte.
I vecchi ricordavano ancora di quando tutto il mondo era Foresta, e raccontavano di quel tempo quasi mitico con nostalgia rimpianto.
– All'epoca i canti dei Piumiferi risuonavano incessantemente – dicevano, scandendo bene quella parola. – E il loro numero tra i rami degli alberi era incalcolabile. Il suolo era più fresco, una volta, e l'aria profumava di musco e mirra. Persino il sole, nel concederci la sua luce, era molto più gentile.
Ogni giovane abitante della foresta aveva almeno un nonno che si metteva di punto in bianco a rimembrare di un'epoca felice ormai trascorsa. E allora parlavano a ruota libera, ammorbando con vuote chiacchiere il nipote di turno rimasto disgraziatamente incastrato nella logorrea del vecchiardo. Non si rendevano conto che quelle parole non sembravano reali ai giovani Pellelegno: per loro, i Piumiferi erano sempre stati rari e silenziosi, l'erba che si piegava sotto i loro passi era sempre stata tiepida, l'aria aveva sempre avuto un retrogusto stantio e metallico misto al disgustoso sentore di cenere, e quanto al sole gentile, non capivano proprio che cosa intendessero dire gli anziani progenitori con quella espressione.
Il sole era sole, e nemmeno il Progresso poteva cambiarlo.
Quando le foglie della Foresta stormivano più forte nel vento e il raro canto di un Piumifero si levava tra le fronde, e gli Scuoiattoli fuggivano verso il cuore del bosco, i giovani Pellelegno raggiungevano i margini della Foresta, ridotta ormai a poche migliaia di alberi, e impotenti restavano a guardare. E piangevano lacrime di resina.
– Un altro albero brucia – dicevano gli anziani, che non avevano bisogno di vederlo per sapere ciò che stava accadendo. Lo sentivano nel vento, nel frinire delle Cicaline che trasmettevano il messaggio di albero in albero. – Maledetto Progresso, maledetti Pellemetallo!
Erano quelle creature dure e lucide, scintillanti alla luce di un sole impietoso nel deserto che avevano creato, il nemico dei Pellelegno e di tutta la foresta. Erano venuti da lontano, si mormorava, da un mondo che somigliava loro quanto un tempo Viridis, il Mondo Foresta, era stato simile ai Pellelegno. E subito, non appena erano giunti, avevano iniziato a far somigliare anche Viridis a loro.
Così avevano estirpato gli alberi e innalzato le loro città di torri scintillanti che brulicavano di Pellemetallo come una tana di Formilline, e i Pellelegno, che da sempre erano ospitali con gli stranieri che raggiungevano il loro mondo, li avevano lasciati fare, pensando che una volta avuto un posto dove stare, i Pellemetallo si sarebbero fermati... e invece no, avevano continuato a costruire imperterriti città dopo città, e le città si erano ingrandite e fuse fino a coprire quasi per intero il suolo del pianeta, e ancora non accennavano a fermarsi.
I Pellelegno erano stati relegati in un angolo, ridotti di numero fino a diventare una minoranza nella loro stessa casa. Di tutte le tribù che un tempo popolavano l'immensità della Foresta, non ne era rimasta che una. Stavano sparendo, proprio come i Piumiferi.
Le Volpicule che avevano teso loro tanti agguati quando il Mondo Foresta era ancora tale avrebbero riso della debolezza dei Pellelegno, ma ormai di Volpicule non ne era rimasta nemmeno una. Si erano spente ridendo, cosa che i giovani Pellelegno non erano disposti a fare.
Inutile che gli anziani avessero tentato di placare l'animo bellicoso dei giovani, in nome della tradizione antica dell'ospitalità e del quieto vivere. Per questi ultimi non esisteva che una sola soluzione: guerra. Ecco che cosa il Progresso aveva portato su Viridis. Superfluo dire che combattere i Pellemetallo armati degli ultimi ritrovati tecnologici con archi, frecce e lance di legno si rivelò più arduo del previsto, e che nel frattempo forse per ritorsione o forse perché intendevano concludere quella faccenda al più presto o forse ancora per il naturale accelerare del Progresso, i Pellemetallo stavano divorando la Foresta a un ritmo sempre più rapido.
Ormai era diventato impossibile non udire, fin nel cuore dell'Ultima Foresta, il cigolio metallico degli invasori, non avvertire il lezzo di fumo e devastazione, non fremere di timore al silenzio di quelle voci un tempo note. Perduti erano i Piumiferi, perdute le Volpicole e le Formilline, perdute le allegre Cicaline. Perduti anche gli anziani, che non sopportavano più di vivere in un mondo che non era più quello che avevano conosciuto, un mondo in lotta per sopravvivere.
I giovani Pellelegno si erano fatti astuti: sapevano come muoversi di soppiatto, come non essere visti, e avevano imparato quale impasto di fango e resina tirare contro i Pellemetallo, e in quale punto del loro corpo, per accecarli e infastidirli, e come aprire il loro corpo lucido per scoprire l'intrico di liane al loro interno, e quali di queste strappare per farli crollare immobili a terra, forse morti, se di morte per loro si poteva parlare. Di fronte alla nuova astuzia che avevano scoperto nei Pellelegno, i Pellemetallo si erano fatti più cauti, e quando venne il tempo di attaccare l'Ultimo Albero, tutto ciò che restava dell'immensa Foresta che un tempo copriva tutta Viridis, il portatore dei semi che avrebbero potuto restituire la vita alla loro terra e per questo così strenuamente difeso dagli ultimi Pellelegno, il Progresso portato sul pianeta dal Collettivo delle Macchine si ritrovò costretto a pagare dei mercenari per fare il lavoro al suo posto.
Complici anche i trattati interplanetari e quei ficcanaso della Società per lo Studio e la Preservazione delle Meraviglie Naturali, alleati inconsapevoli dei Pellelegno, il Collettivo delle Macchine era dovuto ricorrere a un metodo indiretto per eliminare definitivamente il problema che aveva rallentato il Progresso. E fu così che scelse come suoi campioni la più improbabile delle compagnie.
I loro nomi erano Cinde, Handel e Mod. Tre tizi parecchio vulnerabili alle lance di legno, e che ci tenevano un sacco alle loro vite, più di quanto tenessero a diventare ricchi o a divertirsi nel far esplodere un albero.
Quel che avvenne poi, per il popolo dei Pellelegno, divenne leggenda.

sabato 25 novembre 2023

Pandemonio

Pandemonio [pan-de-mò-nio] s.m. (pl. -ni) Grande disordine, confusione unita a fracasso; finimondo, putiferio.

Etimologia: da latino moderno Pandaemonium, composto dal greco pan-, "tutto", e da daimónion, "demonio". Neologismo coniato dallo scrittore John Milton che nel poema "Paradiso perduto" aveva chiamato così la città dei demoni.



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Pixabay da Pexels


Vera ricordava due momenti, due distinti momenti in cui la sua vita era stata sconvolta, in cui il caos le era turbinato attorno come un vento di bufera, lasciandola inerme sopravvissuta in un pandemonio senza senso, in un mondo vuoto e incomprensibile. Uno era stato quando i Warrs, quelle belve violente venute da un altro mondo, avevano attaccato l'autobus in cui viaggiava con famiglia e amici, e avevano sterminato senza pietà quasi tutti i passeggeri. Vera non avrebbe mai dimenticato l'ultimo sguardo della madre, la lotta disperata del padre, e la paura, l'immensa paura mista a rabbia quando si era resa conto che i Warrs stavano venendo per lei.
Vera era sopravvissuta al massacro, e la probabilità irrealistica che si era realizzata non aveva fatto altro che aumentare l'insensatezza del mondo.
Il secondo momento, però, era stato anche peggio. Era stato quando le avevano comunicato che le sue migliori amiche, Marta e Luisa, le uniche sopravvissute come lei all'attacco dell'autobus, erano morte. Erano morte, e in quel modo così assurdo, durante un addestramento di routine, uno di quelli a cui si era sottoposta anche lei con l'obiettivo di poter un giorno combattere i Warrs.
Che senso aveva sopravvivere a una notte d'inferno per morire così.
Vera se lo era chiesto da quando le avevano dato la notizia. Li chiamavano "incidenti". Marta aveva sbagliato un salto semplicissimo. Non glielo avevano detto, non direttamente, ma il sospetto che si fosse gettata di proposito nel vuoto doveva essere passato nella mente di tutti.
Quanto a Luisa... Lo avevano classificato come un disturbo post traumatico da stress non diagnosticato, ma Vera stentava a credere che l'intelligente Luisa fosse stata così poco lucida da scambiare l'istruttore e gli altri che la accompagnavano al poligono di tiro per dei Warrs.
Quando la distorsione dimensionale deformò i corridoi e le stanze in un pandemonio senza senso, Vera pensò che fosse quasi pacifico, silenzioso, in confronto a quei due momenti.

giovedì 23 novembre 2023

Audioracconto - Grosso guaio al Mercato dell'Impossibile


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Meruyert Gonullu da Pexels


Al Mercato dell'Impossibile si poteva trovare di tutto. Strane creature, incantesimi, pozioni e perfino guai, a volerli cercare.

Grosso guaio al Mercato dell'Impossibile
(racconto breve di genere fantasy)


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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2021/10/grosso-guaio-al-mercato-dellimpossibile.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musiche: Mystery Bazaar di Kevin MacLeod (http://incompetech.com)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=BRLA-SCzBtE);
East of Tunesia di Kevin MacLeod (http://incompetech.com)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=X_1cbExZB1w);
It's Coming di Josh Kirsch & Media Right Productions (http://incompetech.com)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=ZzkOzqf0Mqk)

Immagini di: Meruyert Gonullu (https://www.pexels.com/photo/quiet-woman-in-sunglasses-and-black-outfit-sitting-on-bench-6908084/), Lian Rodriguez (https://www.pexels.com/photo/souvenir-store-in-the-market-7394074/), Criativa Pix Fotografia (https://www.pexels.com/photo/a-woman-making-potions-5303597/), Axel Sandoval (https://www.pexels.com/photo/statue-of-a-dragon-on-the-castle-tower-14746161/), NIC LAW (https://www.pexels.com/photo/photo-of-crowd-of-people-in-the-market-757432/),Reynaldo Yodia (https://www.pexels.com/photo/a-woman-wearing-a-scarf-and-covering-her-face-15771507/), ravi noel (https://www.pexels.com/photo/woman-in-red-dress-standing-in-front-of-a-store-14902787/), Withsonya_ (https://www.pexels.com/photo/powder-and-wicker-store-3307879/), Mwabonje Ringa (https://www.pexels.com/photo/man-wearing-white-dress-shirt-holding-cup-2222753/), Andrea Piacquadio (https://www.pexels.com/photo/man-in-pink-dress-shirt-3777565/), Mitchell Luo (https://www.pexels.com/photo/people-walking-down-the-stairs-3685201/), Gioele Fazzeri (https://www.pexels.com/photo/angry-warriors-holding-weapons-while-looking-at-the-camera-5030527/) da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Effetti sonori: General murmur, echoey space di peridactyloptrix (https://freesound.org/people/peridactyloptrix/sounds/196099//), bubbling di pillwave (https://freesound.org/people/pillwave/sounds/423959/), Beast Roar lvl4.flac di cylon8472 (https://freesound.org/people/cylon8472/sounds/332582/),
Chest Opening.wav di spookymodem
(https://freesound.org/people/spookymodem/sounds/202092/), Wind chimes.wav di CGEffex (https://freesound.org/people/CGEffex/sounds/96643/), Scream.wav
di Merrick079 (https://freesound.org/people/Merrick079/sounds/567892/),
Snake hissing.mp3 di schreibsel (https://freesound.org/people/schreibsel/sounds/540162/), da freesound, sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/);
Footsteps_Hallway (https://pixabay.com/it/sound-effects/footsteps-hallway-6417/) e 033205_human male scream small crowd panic fear.mp3 (https://pixabay.com/it/sound-effects/033205-human-male-scream-small-crowd-panic-fearmp3-76274/) da Pixabay distribuiti ad uso gratuito (https://pixabay.com/it/service/license-summary/).

lunedì 20 novembre 2023

Vortici


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Foto di Beto Santanna da Pexels


Era una giornata di festa. Questo era tutto ciò che sapevo di quel giorno, poiché lo scampanio che rimbombava sotto l'alto soffitto della chiesa era un allegro rincorrersi di note festose, e le panche attorno a me si stavano rapidamente riempiendo di gente mormorante e ben vestita. La donna che conoscevo come La Sentinella mi portò un bicchiere d'acqua, e quando me lo porse, ricordai che ero stato io a chiederglielo. Ma invece di berlo, lo posai sullo schienale della panca che avevo davanti, e restammo entrambi a fissarlo.
I mormorii pian piano si placarono mentre la funzione iniziava con un coro di voci fanciullesche, o almeno si placarono quelli che non ero il solo a sentire. Ignorai tutte le voci, quelle degli spiriti così come il coro di ragazzini e il sacerdote che attaccava una cantilena solenne, per concentrarsi sul bicchiere d'acqua, un semplice cilindro riempito fino a due dita dal bordo, una colonna liquida in miniatura. Qualcuno tra quelli che erano seduti più vicino a noi si girò a guardarci, ma non osò chiedere, e non lo fecero nemmeno le due beghine che ci squadrarono con disapprovazione, poiché noi non seguivamo i gesti ripetuti da tutti, non mormoravamo le parole prescritte. Stavamo solo a guardare, ma non il sacerdote e nemmeno la croce dietro all'altare, quello sarebbe stato accettabile, no, noi fissavamo un bicchiere.
Non lo sapevano, ma quel bicchiere era più importante di qualunque altra cosa stesse succedendo al mondo in quel preciso istante.
Senza preavviso l'acqua s'increspò, prese a girare in un mulinello superficiale, poi scese verso il fondo del bicchiere in un vortice a forma di cono sempre più allungato, circondato da un turbinio di bolle.
– È oggi il giorno – mormorai, e lei annuì.
Dopodiché fu il caos.
Una dozzina di vortici si aprirono sulle pareti e tra le colonne e nello spazio vuoto al centro della navata. spirali di luce e oscurità ed elettricità fuse assieme, al cui centro s'intravedevano varchi su un altro mondo, un universo incomprensibile e mostruoso. Le urla si levarono da più parti, e tra le voci distinsi gli strilli acuti delle due beghine, che nonostante la devozione ostentata furono le prime ad alzarsi e a scappare. La prima passò, ma la seconda si ritrovò la strada bloccata da un vortice in espansione, da cui emersero fauci simili a fango ornate da denti metallici, che scesero rapide sulla povera donna e la azzannarono tranciandola alla vita.
La Sentinella al mio fianco non perse tempo, scattò in avanti e con i suoi incantesimi di nebbia e di fuoco avvolse un braccio lungo e gonfio di muscoli che spuntava da un vortice, lo bruciò fino a ridurlo in cenere, e invertì la rotazione del vortice costringendolo a chiudersi.
Io che non avevo il potere della sentinella, restai indietro e cercai di guidare gli indifesi in una strada sicura verso l'uscita, ma era tutto inutile: il panico si era già diffuso, e nel fuggi fuggi generale vidi un uomo mandato da uno spintone incontro alle braccia tentacolari di un ciclope, una ragazza separata dai genitori dalla folla urlare, presa a morsi dai serpenti di una gorgone, mentre la lingua appiccicosa scaturita da chissà quale mostruosità tastava il pavimento nei pressi della porta della chiesa, costringendo uomini e donne a pigiarsi gli uni agli altri nel tentativo di sfuggirle, senza curarsi dei bambini smarriti in mezzo a loro che urlavano e piangevano, né di un anziano caduto e calpestato.
Cercai di andare in quella direzione ma passare nella marea umana era impossibile, e le voci degli spiriti sibilavano con insistenza nel mio orecchio, procurandomi un gran mal di testa: cerca il Suadente... lui è qui, cercalo, trovalo, cerca il Suadente!
Era da tempo che non incontravamo qualcuno come noi. Nemmeno sapevo che aspetto avesse.
La Sentinella chiudeva un portale dietro l'altro, e la folla si diradava man mano che i più coraggiosi o disperati riuscivano a passare oltre la lingua a guardia della porta, o che i più stupidi finivano agguantati dalle braccia, dai tentacoli, dalle fauci e dalle code dei mostri rimasti.
Eravamo rimasti quasi da soli quando lei ebbe concluso la sua opera e come al solito si apprestava a cancellare ogni traccia della battaglia grazie al suo potere. Quasi, perché c'era un bambino di cinque o sei anni inginocchiato accanto al corpo della madre trafitto da un artiglio nero.
Il bambino alzò su di noi gli occhi gonfi di pianto. – Ho detto a papà di mandare via i mostri, e lui è entrato in uno di quei buchi – bisbigliò in tono lamentoso. – Ho detto alla mamma di salvarmi, e lei si è messa davanti a me, e loro l'hanno...
Il Suadente! urlarono le voci degli spiriti nella mia testa, sovrastando il mormorio del bambino, e a quel punto mi svegliai.

Era uno di quei sogni, lo seppi subito. Uno di quelli che si sarebbero avverati. Ne avevo avuti parecchi negli ultimi mesi.
L'unica differenza era che di solito il mostro era uno soltanto, e non avevo mai visto da dove arrivavano.
Nel buio tastai le coperte alla ricerca di un altro corpo addormentato accanto a me, e quando lo trovai, lo scossi. Non mi avrebbe mai perdonato se non l'avessi avvertita subito. – Svegliati. Svegliati, dai, che ho fatto un sogno.
La Sentinella si girò verso di me e mugugnò, poi disse: – Racconta.
Ero riuscito a convincerla che per usare il mio potere non avevo bisogno di trasferirmi in un aeroporto, perciò, per praticità, era venuta lei a stare da me. Inoltre aveva scelto di sua spontanea volontà di dormire nello stesso letto, e io ne ero stato ovviamente contento, ma dopo un po' avevo capito che per lei non aveva lo stesso significato che aveva per me.
Per lei si trattava di non perdere nemmeno un istante dalla fine del sogno.
Le parlai dei vortici nel mio sogno, e delle decine di mostri che avevo intravisto al di là dei portali, pronti per un'invasione, della fuga precipitosa della folla e del bambino che gli spiriti avevano chiamato Il Suadente.
– Da come ne parli, e dal nome che hanno scelto per lui, si direbbe avere una forte capacità di persuasione – disse la donna mentre si sedeva alla scrivania e accendeva il pc. – Non molto utile contro i mostri, ma potrebbe aiutarci a gestire situazioni come quella del tuo sogno.
– Be', che intendi fare, rapirlo?
La affiancai, una mano sullo schienale della sedia e l'altra sulla scrivania, e la osservai cercare foto di interni di chiesa.
La donna fece spallucce: – I suoi sono morti...
– Non ancora, e non se riesco a evitarlo – replicai. Poi puntai il dito su una delle foto. – Eccola è quella.
La Sentinella lesse il nome della chiesa e ne controllò l'ubicazione. Non era distante.
– Bene, abbiamo il dove, ci manca solo il quando – si girò verso di me e aggiunse: – Il tuo potere è davvero migliore di quello del Sapiente. Più preciso. Lui non sapeva far altro che parlare per indovinelli, non mi sorprende che volesse il tuo dono, Sognatore.
– Neanche a me – le dissi, nel coprirmi un orecchio con una mano a difendermi da un sussurro incomprensibile, un mugolio bestiale.
Lei si accorse della mia smorfia. – Li senti ancora? – mi chiese, e io mi limitai ad annuire.
Avevo ereditato il potere del Sapiente quando lo avevo ucciso prima che lui ammazzasse me per ottenere il mio, ma non mi ero mai dato la pena di affinarlo come invece aveva fatto lui, e raramente mi mettevo a interrogare le voci in cerca di consiglio. Ma quella mattina, mentre La Sentinella se ne andava a occupare il bagno, mi rivolsi a quelle presenze invisibili: – Aiutatemi a salvarli. I suoi genitori. Non deve pensare di averli uccisi con il suo potere.
Sarebbe stato un pessimo inizio, anche peggiore del mio.

Da quel giorno io e la Sentinella frequentammo abitualmente la chiesa del mio sogno: tutte le domeniche e tutte le feste comandate eravamo là, io, lei, e un bicchiere d'acqua. Ma niente succedeva mai, e io non scorgevo mai il bambino, né tra i coristi né accanto a una delle coppie sedute sulle panche.
Cominciavo a pensare di essermi sbagliato stavolta, quando avvenne. L'acqua nel bicchiere cominciò a turbinare in un vortice, e da quel momento in avanti le cose si svolsero proprio come nel mio sogno. Con due differenze: una, che La Sentinella aveva sbloccato una porticina laterale che dava verso l'esterno dalla parte in cui noi ci trovavamo. Due, che non appena scorsi il primo accenno di vortice nel bicchiere, balzai in piedi sulla panca e urlai a squarciagola: – C'è una fuga di gas, uscite tutti da questa parte, con calma e in ordine, ma sbrigatevi, c'è una fuga di gas!
Come c'era da aspettarsi, a tutta prima nessuno si alzò dal suo posto, e mi guadagnai un bel po' di proteste e occhiate di riprovazione. Ma bastarono le prime scintille che correvano sulle pareti in spirali vorticanti, che i primi fedeli si alzarono e si diedero alla fuga dalla comoda porticina lontana da qualunque portale in formazione. I suddetti portali brulicanti di mostri convinsero tutti gli altri, e così la chiesa si svuotò molto più velocemente che nel mio sogno, e con un numero di caduti davvero esiguo. La beghina numero due, ad esempio, se la cavò. Come la ragazza che non rimase indietro a farsi mordere dai serpenti di una gorgone, perché non si separò mai dai suoi genitori e se ne andò con loro. L'uomo che nel mio sogno era stato spinto verso i tentacoli del ciclope bianchiccio, la mia nemesi, il primo mostro che mi era capitato di vedere, affrontare, e aver bisogno di essere salvato dalla Sentinella neanche fossi stato la più inutile delle damigelle in pericolo... a quell'uomo non andò tanto meglio nella realtà. Perché dapprima al mio avvertimento si rifiutò di credermi e insistette affinché la smettessi con quella pagliacciata, e quando i portali si aprirono rivolse il suo fervore verso i mostri, intimando a loro di smetterla. Inutile dire che si ritrovò di fronte allo stesso ciclope, a fissare l'unico occhio rosso in un volto privo di qualunque altra caratteristica facciale, prima che potessi avvisarlo di non fare una scemenza del genere o raggiungerlo e tirarlo via di peso da lì. E così finì con l'essere accecato e trascinato dentro al portale dal ciclope.
Perfino il sacerdote, che nel mio sogno si era dato a una precipitosa fuga, si trattenne a protestare con veemenza perché con il mio scherzo, così lo definiva, avevo disturbato la sua messa. Una zampa colossale simile a quella di una mostruosa tartaruga fuoriuscì da un portale sopra di lui e lo schiacciò.
Non avevo visto il bambino del mio sogno prima che iniziasse la funzione, tanto che prima che succedesse il finimondo avevo pensato che anche quel giorno sarebbe trascorso tranquillamente, senza nulla fuori dall'ordinario. Mentre La Sentinella si affannava a bruciare mostri e chiudere portali, e io mi aggiravo alla ricerca del Suadente spronato dalle voci degli spiriti, mi venne in mente che forse erano entrati in ritardo, e forse gli spiriti mi avevano dato retta e avevano in qualche modo messo in salvo lui e la sua famiglia.
Mancavano quattro portali quando i due più vicini si allargarono troppo e si fusero. Non era successo nel mio sogno. Forse La Sentinella aveva operato al sua magia più velocemente, spronata dall'urgenza di mettere in salvo quante più persone possibile, mentre senza altri in pericolo che noi se l'era presa comoda. Come avvertendo il peso di quel maxi portale la chiesa scricchiolò, cigolò al pari di una vecchia nave sballottata dalla tempesta, e le colonne presero a curvarsi. La Sentinella si sbrigò a invertire e richiudere i due portali più piccoli, prima di fronteggiare quest'ultimo.
Oltre il portale si intravedeva in lontananza una creatura massiccia, enorme, più grande di qualunque ci fosse capitato di affrontare. Pareva un incrocio tra un drago senza ali e un mammut, con lunghe zanne ricurve che spuntavano dal muso da rettile, quattro zampe grosse come colonne, un ventre gonfio, una folta pelliccia e una coda serpentiforme, troppo sottile per quel corpo poderoso.
Persino La Sentinella, sempre calma e sicura si sé, si lasciò sfuggire un'imprecazione: – Cristo, un Gargantua!
– Ne hai già affrontato uno? – le chiesi, sopra il cigolio che diventava sempre più forte, assordante, scandito dal rumore dei passi rimbombanti del mostro che facevano tremare il pavimento.
– No, mai. Mai visto uno, ne ho solo sentito parlare dal Sapiente! – Urlò lei. Poi mosse le mani a tracciare cerchi in senso inverso alla direzione in cui vorticava il portale, pronunciando i suoi incantesimi, e la solita nebbia si dipanò dalle sue braccia, si agganciò all'oscurità lucente che incorniciava il varco, e il sudore le gocciolò dalla fronte mentre si sforzava disperatamente di imporre la sua volontà sul vortice.
Il Gargantua nel frattempo era sempre più vicino, sempre più grande, e a intervalli regolari ci giungeva come raffica di vento la forza d'urto dei suoi passi lenti.
La Sentinella strinse i denti e sibilò i suoi incantesimi a fatica. Avrei tanto voluto aiutarla, ma il mio potere era diverso dal suo. Io potevo guidarla, ma nel fare ero inutile, proprio come la prima volta.
Sentii che stava per cedere. Gli spiriti me lo stavano dicendo. Poi mi dissero anche un'altra cosa.
– Il bambino è, qui, dobbiamo salvarlo! – le urlai, e lei annuì, e urlò a sua volta parole incomprensibili, e spinse l'aria con le braccia come a girare una grossa ruota incastrata, che alla fine si mosse, e l'intero vortice prese a girare all'inverso, sempre più veloce, sempre più piccolo, finché con uno schiocco si richiuse tranciando la punta di una zanna del Gargantua, e l'ultima onda d'urto ci investì mandandoci gambe all'aria, e l'intera realtà attorno a noi sembrò rivoltarsi come un guanto.
Quando riuscii a rialzarmi, dolorante e con un taglietto sul labbro, forse per un morso involontario, la chiesa mi apparve completamente cambiata. Non era più l'edificio splendente di candele accese a ogni angolo, di vetrate colorate e di dipinti sacri in ogni nicchia e parete. Sembrava vecchia, polverosa, buia e cadente. Come una chiesetta antica ormai abbandonata. La luce non veniva dalle candele o dalle vetrate, ma da uno squarcio sul tetto.
– Non so se riuscirò a sistemare tutto questo – si lamentò la Sentinella.
Ma a me non importava, io avevo altro in mente. Spronato dalle voci incalzanti degli spiriti mi alzai, lo cercai, lo chiamai anche se sapevo che Suadente non era il suo vero nome, come Sognatore non era il mio, e Sentinella non era quello della donna con cui convivevo. Ma non avevo altro nome per il bambino.
Lo trovai rannicchiato in un angolo a piangere, accanto al corpo della madre. Non era cambiato nulla per lui. Solo, quando alzò gli occhi, stavolta non mi parlò. Capii che non osava farlo, per paura che il suo potere, la sua voce, uccidesse qualcun altro. In silenzio mi si avvicinò e mi abbracciò le gambe.
– Sei ancora del parere che non dovremmo prenderlo con noi? – mi chiese La Sentinella nell'affiancarsi a me.
Non ci fu alcun bisogno di rispondere.

sabato 18 novembre 2023

Albagia

Albagia [al-ba-gì-a] s.f. Alterigia, boria, spocchia.

Etimologia: etimo incerto, forse dal tedesco albern, "fatuo", oppure dal ligure arbasgia, "brezza dell'alba", o ancora da albagio, un panno bianco che forse anticamente era la veste preferita dalle persone boriose.



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Nadezhda Diskant da Pexels


Lo pensavano in tanti. Forse, tutti. Che io ero quella fortunata, la sua preferita, la cocca della bisnonna.
Io ero quella a cui aveva destinato la maggior parte della sua fortuna, fatta salva la quota di legittima divisa tra i suoi figli ancora in vita e gli eredi degli altri. Io ero quella che tutti invidiavano.
Al mio posto non lo avrebbero mai pensato, perché il prezzo di quell'eredità era troppo alto, e per qualunque cosa avessi usato il denaro che mi aveva trasmesso assieme alla sua maledizione, non avrei provato alcun godimento.
Il mondo era diventato un posto incredibilmente noioso.
– Smettila di darti tante arie, sei stata solo fortunata. Tu quei soldi non te li meriti – mi disse, qualche giorno dopo l'apertura del testamento, un cugino più spavaldo degli altri.
Fortunata, mi aveva definito quell'ignorante invidioso. Lui che non sapeva nemmeno la metà delle cose di cui ero venuta a conoscenza io alla morte della bisnonna. L'unica cosa su cui non si era sbagliato era la mia albagia, ma per quella avevo un motivo più che valido.
Io vedevo finalmente quanto era vano l'affaccendarsi da formichine operose che animava tutti gli altri, e non erano i soldi il motivo della mia superiorità a questa vita inutile. Il motivo era nel ricordo indistinto di un'altra vita, quella della mia bisnonna, e di quella di tutti gli altri che l'avevano preceduta come portatori della "cosa" che la mia augusta parente mi aveva trasmesso. Quelle memorie erano déjà-vu, déjà-vu ovunque mi girassi, un nauseante senso di già visto che non mi abbandonava mai.
Per questo sapevo che affannarsi tanto la maggior parte delle volte non portava i risultati sperati, e che le preoccupazioni che assillavano gli altri si rivelavano spesso prive di fondamento.
Per questo sapevo che da parte della mia bisnonna era stato un gesto di albagia consegnare tutto alla prossima versione di lei che avrebbe calcato questa terra.

giovedì 16 novembre 2023

Audioracconto - Torvo


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Pixabay da Pexels


31 ottobre. Halloween. Un'esperienza che non potrai dimenticare.

Torvo
(racconto breve di genere horror)

Torvo: Che esprime astio, rancore; bieco.


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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/10/torvo.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musiche: A Dream Within a Dream di Twin Musicom (https://www.youtube.com/watch?v=lvE3bvgR-uI) sotto licenza sotto licenza Creative Commons: By Attribution 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/).
Prelude No. 15 di Chris Zabriskie dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=RjW-C6m8PwU).

Immagini di: Pixabay (https://www.pexels.com/it-it/foto/jack-o-lantern-236277/), Antonio Friedemann (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-seduto-modello-sedia-12285002/), cottonbro studio (https://www.pexels.com/it-it/foto/luce-vacanza-notte-scuro-5435194/), Александар Цветановић (https://www.pexels.com/it-it/foto/lampada-jack-o-lantern-a-tema-halloween-vicino-al-calendario-del-31-ottobre-1480861/), Karolina Grabowska (https://www.pexels.com/it-it/foto/luce-vacanza-persone-finestra-5422695/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-mano-autunno-cadere-5422733/), hygor sakai (https://www.pexels.com/it-it/foto/scheletro-versando-la-bevanda-sulla-bocca-dell-uomo-2311712/), Erika Reyes (https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-ritratto-celebrazione-halloween-14425059/) da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Effetti sonori: Female Halloween Horror Voice: Spiteful Laughter (Vol 003) di AlesiaDavina (https://pixabay.com/it/sound-effects/female-halloween-horror-voice-spiteful-laughter-vol-003-142504/) da Pixabay distribuiti ad uso gratuito (https://pixabay.com/it/service/license-summary/).

lunedì 13 novembre 2023

Ricordi di battaglia


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Foto di Dmitrii Fursov da Pexels


La gente pensa sempre che i cimiteri siano pieni di fantasmi. Pensano, andando lì, di parlare con lo spirito dei loro cari, di poter cercare un contatto, di ricevere un segno. E così parlano con una pietra, cercano risposte in una foto, e non sanno che la casa in cui quelle persone hanno vissuto conserva molto più del loro spirito che non la loro tomba.
Ero stata in molti cimiteri, e non avevo mai avvertito una sola presenza.
Né i bisbigli diurni dei parenti in visita, né i freddi silenzi della notte avevano mai risvegliato alcunché in me, quando per mia scelta o su incarico di qualcuno mi ero aggirata tra le file ordinate di lapidi e le cripte di un camposanto. Non avevo provato nemmeno un brivido in quelle passeggiate, come capita talvolta alle persone più suggestionabili nel leggere i nomi di chi non è più, poiché io sapevo cosa aspettarmi, e non avevo paura di un passo che in fondo era normale.
Altrove, avevo visto e sentito cose che non appartenevano a questo mondo, di cui non parlavo mai volentieri poiché il dirle ad alta voce mi aveva fatto guadagnare l'appellativo di pazza e di truffatrice. Altrove, ma mai nel luogo deputato all'ultimo riposo. Ironico a dirsi, non c'era vita nei cimiteri.
Perciò quando il mio cliente mi invitò a passare una notte nel cimitero di Roccapersa, pensai che avrei passato l'ennesima nottata tranquilla.
Quanto mi sbagliavo.
Era una di quelle sere di primo autunno, con una lieve brezza fresca che sapeva di pioggia, quando mi incamminai su per la bassa collina che dominava la campagna. Leandro, che mi aveva più volte fatto da assistente in una delle mie escursioni, mi seguiva dappresso, perciò non temevo nulla, neppure la noia che altrimenti avrebbe tediato le lunghe ore notturne. Le foglie erano ancora verdi, e dopo un tramonto di fuoco, il cielo terso sarebbe presto sprofondato nell'oscurità.
C'era ancora luce, tuttavia, quando varcammo i cancelli del cimitero, e mi fu facile indovinare perché il mio cliente aveva tanto insistito affinché visitassi quel posto, e allo stesso tempo si era categoricamente rifiutato di accompagnarmi. Le lapidi e le croci di quel cimitero erano quasi tutte molto antiche, inclinate in direzioni diverse per il cedimento del terreno, e in gran parte le incisioni erano state erose dal tempo e dalla furia degli elementi. Camminando tra loro, non era facile rintracciare file ordinate e vialetti, tanto sembravano disposte in modo casuale sul terreno, come se chi si era occupato delle sepolture avesse scavato un po' dove capitava, a seconda dell'estro del momento invece di seguire un piano preciso.
Tra gli alberi cresciuti fra le tombe, alcuni dei quali ormai divenuti scheletri neri, secchi e spogli, si aggirava uno stormo di corvi che gracchiava incessante. Fossi stata superstiziosa, o folle come mi accusavano di essere, avrei detto che se c'era un luogo al mondo in cui avrebbero potuto aggirarsi dei fantasmi, era quello e nessun altro. Ma io e Leandro non davamo retta a simili dicerie e suggestioni, e dunque ridemmo all'idea.
Le prime ore dopo il tramonto passarono tranquille, e la luna piena si levò sempre più alta in cielo, rendendo superflue le torce che avevamo negli zaini. Nel chiarore diffuso dell'astro notturno al suo massimo splendore, le pietre tombali tra le quali ci aggiravamo stringendoci nelle giacche si vedevano benissimo, e con la giusta inclinazione era possibile persino leggere le incisioni di quelle meno danneggiate. Non c'era nulla che ci avvertisse che quella sarebbe stata una notte diversa dalle altre che avevamo trascorso chiacchierando o semplicemente accompagnandoci nel rispettivo silenzio, e come sempre mi persi nel pensiero di quanto stavo bene con lui, il solo che mi avesse sempre creduto senza alcuna riserva. Non era facile trovare una persona del genere, per quelli come me che sentivano cose difficili da comprendere.
Fu quando la luna era prossima allo zenit che iniziai ad avvertire i primi segnali. Piccole cose, in realtà, all'inizio. In assenza di vento, un respiro che permeava l'aria e mi accarezzava le guance. Inquietudine che mi spingeva a camminare più svelta. Il gracchiare dei corvi che si ripeteva più forte, riempiendo la collina di echi sinistri. La maggior parte delle persone che ha una lieve forma di sensibilità al mondo degli spiriti può percepire questi stessi segnali, ma di solito li scambia per la propria immaginazione.
Mi era chiaro ormai che anche il mio cliente li aveva avvertiti, e non era caduto nella trappola della logica.
– Qui c'è qualcosa – dissi a Leandro quando i segnali si fecero più forti. Odore di sangue e di polvere da sparo. Un urlo indistinto che era più nella mia testa che nelle orecchie. Lampi di percezioni troppo rapide da afferrare nell'istante di oscurità in cui battevo le palpebre. – C'è davvero qualcosa.
Fu un attimo, e mi trovai da un'altra parte. O meglio, ero sempre lì, sulla collina, ma in un altro tempo. Il cimitero era svanito, ed era un limpido mattino di tarda primavera, con i prati in fiore, il sole che mi scaldava la pelle e una frotta di passeri, fringuelli e pettirossi che cinguettavano tra gli alberi. C'era, sì, l'immancabile corvo che gracchiava di quando in quando, ma il suo verso sgraziato non mi indispettiva. Era bello stare lì. Era piacevole.
Uno sparo risuonò improvviso e mise a tacere gli uccelli, che si levarono in volo. Un cacciatore, pensai, ma poi altri spari esplosero attorno a me, a destra e a sinistra, e vidi uomini in uniformi diverse che si affrontavano sulle pendici e la sommità della collina. Altri uomini si aggiravano a cavallo gridando ordini e caricando i fanti intenti a ricaricare i moschetti, che colti di sorpresa si davano a un'inutile fuga prima di essere raggiunti e colpiti alle spalle, o calpestati dagli zoccoli dei cavalli. Ovunque, attorno a me, gli uomini combattevano e morivano.
Era il ricordo di un tempo passato, mi diceva la mia mente razionale, il ripetersi di ciò che era già accaduto. Avevo già vissuto esperienze così e sapevo che per quanto spaventose, non potevano farmi del male. Eppure, questa era diversa.
Non avevo mai vissuto nulla di così reale. Di solito, le immagini che si presentavano ai miei occhi erano come nebbia sovrapposta alla realtà, forme inconsistenti attraverso le quali potevo vedere. Questa nuova realtà di fronte ai miei occhi invece era... pesante, calda di sole e densa di grida, odorosa d'erba bagnata di rugiada e del fumo di un carro dato alle fiamme. Un uomo in fuga, urlante e con il volto per metà insanguinato mi corse incontro, e nell'oltrepassarmi mi colpì con il braccio la spalla, e non mi passò attraverso, anzi, mi fece barcollare all'indietro per la violenza di quello spintone. Allora la mia mente razionale perse la battaglia e vinse la paura, e anch'io fuggii di fronte al cavaliere che lo inseguiva e trovai un rifugio provvisorio dietro un carro ribaltato. Il rumore di spari e le grida di dolore si fecero assordanti, e io non riuscii a far altro che starmene inginocchiata lì, con le braccia sopra la testa in un'inutile difesa da tutto quell'orrore.
Qualcuno mi scosse, e quando alzai gli occhi vidi che era Leandro, e per un istante mi chiesi che cosa ci facesse lì lui che non poteva vedere, lui che mi credeva senza aver mai avuto una sola prova. Ma poi ebbi freddo, e capii che non era lui a essere venuto da me, ero io che ero tornata.
Il cimitero si stagliava attorno a me nel chiarore lunare con le sue lapidi e le sue croci tutte storte come un enorme istrice addormentato. Passeggiammo ancora un po' tra le tombe, e gli raccontai la mia esperienza, e Leandro mi aveva appena chiesto se volevo andar via quando ne ebbi un secondo assaggio.
Stavolta era pomeriggio inoltrato, lo capii dal sole basso in cielo a ovest, e le foglie sui rami cominciavano già a mostrare la prima ruggine dell'autunno. Ero in mezzo a un gruppo di uomini abbigliati in modo strano, con quelle che mi parvero stole dai colori vivaci drappeggiate su una spalla e strette attorno al torso da pettorali di cuoio. Lo stesso materiale proteggeva la parte frontale delle gambe, stretta da cinghie sul retro sopra un paio di brache. Alcuni di loro portavano spade e scudi tondi di legno, altri erano armati di lance.
Con mia sorpresa, uno degli uomini del gruppo si girò verso di me, e parve proprio vedermi, perché mi tese una lancia e mi disse qualcosa in una lingua che non capivo, ma di cui compresi il senso.
"Arrivano".
Contro la mia volontà, sentii che allungavo una mano e afferravo la lancia, e spingendo lo sguardo in lontananza, oltre quel gruppo di uomini che ormai consideravo "il mio gruppo", ne vidi un altro molto più numeroso, agguerrito e feroce, che risaliva di corsa la collina lanciando urla belluine di sfida.
Dietro gli scudi dei miei compagni, abbassai la punta della lancia e mi preparai allo scontro.
Braccia forti mi cinsero le spalle, il calore di un altro corpo riscaldava il mio nella notte, e quando mi sfuggì un singhiozzo dalle labbra, udii la voce spezzata di Leadro che diceva, mentre si scioglieva dall'abbraccio: – Non riuscivo a svegliarti... scusa, ma stavolta non riuscivo a svegliarti!
Gli afferrai una mano e risoluta, dissi: – Ho visto abbastanza. Andiamo via, prima che ricapiti di nuovo.
Leandro concordò che era la decisione più sensata che potessi prendere, e ci incamminammo verso i cancelli lontani, dall'altro lato dell'antico cimitero. Ebbi altri due episodi prima di varcare il cancello, e un terzo appena fuori, che mi catapultarono in battaglie avvenute chissà quando nel corso del tempo, ma in tutti e tre gli episodi furono così leggeri che Leandro non ebbe difficoltà a riportarmi indietro, e dunque le visioni non durarono che pochi istanti.
Il giorno seguente riferii quello che avevo visto al mio cliente, e lui mi parlò delle ricerche che aveva svolto sulla storia di Roccapersa, e che mi aveva tenuto nascosto per non influenzarmi.
La collina era stata nel corso del tempo teatro di numerose battaglie in un territorio perennemente conteso, di quelle a cui io avevo assistito e di molte altre a cui ero sfuggita abbandonando il cimitero nella notte. Quello di Roccapersa era davvero diverso dagli altri, perché la collina era stata sul serio un cimitero, un luogo dove le persone avevano combattuto, avevano sofferto, ed erano morte, e non soltanto un posto dove si seppellivano i loro corpi ormai privi dello spirito.

sabato 11 novembre 2023

Fio

Fio [fì-o] s.m. (solo sing.) 1. lett. Castigo, pena. 2. ant. Tributo.

Etimologia: dal provenzale antico feu, "armenti, bestiame", che è stato il primo patrimonio dei popoli, e quindi la prima forma di tributo o pagamento. secondo altri invece deriva da ll'antico francese fieu, "feudo".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di ALTEREDSNAPS da Pexels


Quando lo raggiunsero nella sala del consiglio, la regina e la schiava fianco a fianco, Solemestis seppe immediatamente che era giunto il giorno che tanto aveva temuto. Perché quel giorno, la regina sembrava la schiava, e la schiava regina.
Non che fosse cambiato nulla nei loro abiti o nei loro ornamenti. Skalyssa indossava ancora la veste di velluto rosso bordata di ermellino, la stola, la collana e gli anelli d'oro, mentre la bambina della profezia divenuta ormai donna girava tuttora vestita di stracci, a piedi nudi, e con il bracciale dei siahta bene in mostra sul suo braccio. Ma la prima teneva gli occhi a terra e stava in silenzio, un passo indietro, mentre la seconda mi fissava dritto in faccia con espressione risoluta.
– Solemestis! – disse Anyla, e anche la sua voce imperiosa suonava diversa dal flebile lamento che l'aveva sempre caratterizzata. – So chi sei, lo Specchio me lo ha rivelato. Ho visto il tuo cuore, conosco le tue intenzioni. E ti dico, mai più. Mai più ingannerai, ruberai, ucciderai. È tempo di pagare il fio per tutto il male che hai causato.
– Come osi, piccolo demonio! – sbottò Solemestis, preso dall'ira. Sapeva che avrebbe dovuto bruciarla quando ne aveva avuto l'occasione, quand'era solo una bimbetta inerme. Ma aveva avuto paura, e ormai era troppo tardi. – Io ti ho salvato la vita! Dovresti essermi grata invece di sputare sentenze a destra e a manca.
Era la sua ultima possibilità, Solemestis lo sapeva. Impercettibilmente, gli altri consiglieri si stavano allontanando da lui, e perfino Cerre, il pavido Cerre che lo aveva sempre servito, sembrava ora volgergli le spalle. Tutto il denaro che aveva fraudolentemente sottratto al fio pagato dai sudditi non gli sarebbe servito a comprare il loro aiuto.
E lo sguardo di Anyla lo trafiggeva, impietoso come quello di una dea della vendetta.
L'ora era davvero giunta. Era tempo di espiare i suoi peccati.

giovedì 9 novembre 2023

Audioracconto - Il lago delle sventure


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Foto di Pavel Danilyuk da Pexels


Una serie di sventure sta decimando i proprietari di una casa sul lago. Ma saranno davvero tutte soltanto delle sventure?

Il lago delle sventure
(racconto breve di genere giallo/fantastico)

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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2021/09/il-lago-delle-sventure.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: Passing Time di Kevin MacLeod (http://incompetech.com)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=QQ4dbsGYT7A).

Immagini di: Pavel Danilyuk (https://www.pexels.com/it-it/foto/bianco-e-nero-persone-funerale-scala-di-grigi-7317713/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/bianco-e-nero-fiori-uomini-donne-7317918/), Connor Danylenko (https://www.pexels.com/it-it/foto/casa-accanto-all-acqua-corporea-3036354/), Dids (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-acqua-sogno-bagnato-5623437/), Mike van Schoonderwalt (https://www.pexels.com/it-it/foto/businessman-moda-uomo-persona-5511615/), Element5 Digital (https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-in-possesso-di-asciugacapelli-grigio-973406/), Gustavo Fring (https://www.pexels.com/it-it/foto/cibo-verdure-donna-ritratto-5622174/), Nguyễn Thị Minh Nghi (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-mano-fuoco-barbecue-11968836/), Ron Lach (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-foresta-seduto-albero-10374344/), Polina Tankilevitch (https://www.pexels.com/it-it/foto/salute-medico-medicina-trattamento-3873146/), Andrea Piacquadio (https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-di-uomo-che-indossa-occhiali-neri-3760046/), Dominika Kwiatkowska (https://www.pexels.com/it-it/foto/macchina-rotta-3368844/), frank minjarez (https://www.pexels.com/it-it/foto/giovane-donna-con-rossetto-rosso-14634791/), Dih Andréa (https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-mano-acqua-tuffarsi-4618239/), cottonbro studio (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-donna-emozione-insieme-10485430/), eberhard grossgasteiger (https://www.pexels.com/it-it/foto/casa-bianca-e-rossa-circondata-da-alberi-di-notte-1612351/), Hebert Santos (https://www.pexels.com/it-it/foto/acqua-ragazza-lago-bagnato-15598160/), 7inchs (https://www.pexels.com/it-it/foto/luce-mare-bianco-e-nero-natura-7849294/), da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

Effetti sonori:
Orthodox choir singing in church.wav di satoritec (https://freesound.org/people/satoritec/sounds/659759/),
CrowdWhisper.aiff di sketchygio (https://freesound.org/people/sketchygio/sounds/144904/),
Electrical Shock (Zap).wav di BigKahuna360 (https://freesound.org/people/BigKahuna360/sounds/160421/),
Fire Burning Loop di midimagician (https://freesound.org/people/midimagician/sounds/249418/),
Car Crash di squareal (https://freesound.org/people/squareal/sounds/237375/), Mouse Squeaks.wav di shyguy014 (https://freesound.org/people/shyguy014/sounds/463789/), bubbling di pillwave (https://freesound.org/people/pillwave/sounds/423959/), screech_owl.wav di ivolipa (https://freesound.org/people/ivolipa/sounds/353173/), Crows.wav di ken788 (https://freesound.org/people/ken788/sounds/386768/), Gentle waves on a lake di TheFlyFishingFilmmaker (https://freesound.org/people/TheFlyFishingFilmmaker/sounds/614299/) da freesound, sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/);
Owls.wav di Benboncan (https://freesound.org/people/Benboncan/sounds/63220/) da freesound, sotto licenza Creative Commons: By Attribution 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/).

lunedì 6 novembre 2023

Una nuova forma d'arte


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di . . da Pexels


Di arti al mondo ne esistevano parecchie. Secondo Aembryl, in effetti, erano tante quanti i tipi di avventurieri che si avvicendavano alla Taverna degli Eroi. Le più rinomate, la pittura e la scultura, erano come i barbari dal fisico possente e la voce stentorea, che sgomitavano e cianciavano al di sopra del vociare che si levava dalle altre compagnie. Impossibile non notarli.
La musica, che si udiva talvolta nelle serate più calme alla taverna, era fin troppo facile da associare a un bardo capace di descrivere ogni minuzia del viaggio e di una battaglia fin quasi a farti credere di esserci stato, ma per Aembryl la musica, soprattutto se agli strumenti si accompagnava il canto, era come quei maghi che avevano studiato tanto per riuscire a plasmare la realtà con il suono della loro voce.
La danza era un elegante guerriero, padrone di ogni suo movimento e silenzioso, un letale assassino della cui presenza ci si accorgeva sempre troppo tardi. Uno di quelli che non parlava, ma agiva. Uno di quelli che Aembryl ascoltava con attenzione, le rare volte in cui si decideva ad aprir bocca, perché le sue parole valevano oro.
Le arti letterarie erano gli esploratori, senza i quali le compagnie di eroi si perdevano o rischiavano di finire in un'imboscata. Anche quando entravano nel territorio familiare della taverna, si vedeva che gli esploratori sapevano più dei loro compagni chi interpellare, come chiedere, e qual era il posto migliore dove sedersi.
Le arti cosiddette minori, i mestieri artigianali del vasaio, dell'orafo e del tessitore, erano i pazienti arcieri che gli eroi più combattivi, quelli in prima linea, sottovalutavano sempre. Con cautela, con il tempo, e con un colpo ben assestato, loro riuscivano laddove gli altri avevano fallito, ma restavano umili e non si vantavano dei propri successi.
L'unica eccezione era l'arte dei vetrai, che con i loro colori sgargianti somigliavano più alla categoria di eroi che Aembryl aveva chiamato "gli elegantoni": non importava che cosa facessero, l'importante per loro era farlo con stile, con le armi più decorate, le armature più scintillanti, le vesti più pacchiane. Anche nel raccontare le loro avventure, gli elegantoni infiorettavano i propri discorsi di locuzioni auliche ed espressioni poetiche.
Poi c'era l'arte spesso trascurata di ascoltare, la preferita da Aembryl, che alla mente le richiamava sempre l'indispensabile guaritore. In un mondo dove a molti piaceva combattere e parlare, incontrare un buon ascoltatore o un buon guaritore era un'occasione rara, eppure senza di loro il resto del gruppo non poteva fare molta strada. Li si riconosceva perché entrambi erano sempre pronti a prestare orecchio o una mano a chi ne aveva bisogno.
Per quanto i tipi di arte, come di avventurieri, fossero molti, Aembryl aveva sempre creduto di conoscerli tutti, almeno a grandi linee. Almeno finché alla Taverna degli Eroi non prese lavoro un tipo di artista, e di avventuriera, che Aembryl non aveva mai visto.
Sembrava un'opera d'arte lei stessa, con tutti quei colori che le danzavano sul volto e sulle mani. La nuova arrivata solitamente se ne stava in cucina, a praticare la sua arte, a differenza delle cameriere e della locandiera che non disdegnavano chiacchierare con gli eroi, anzi, lo facevano volentieri. Nearmel, invece, forse per una forma di ritrosia o forse per disinteresse, preferiva lavorare dietro le quinte, ma quando usciva dalla cucina che ad Aembryl ricordava tanto il laboratorio di un alchimista, il suo arrivo era un vero e proprio spettacolo. Allora le chiacchiere tacevano, la musica si fermava, le posate smettevano di fare il loro lavoro, e perfino l'occasionale rissa veniva sedata dalla sua presenza.
Perché quando arrivava Nearmel, tutti sapevano che era giunta l'ora di presentare una delle sue creazioni artistiche. Creazioni che finivano nella gola di chi se le accaparrava per primo, o al prezzo più alto, come si conveniva a un dipinto pregiato.
Le opere di Nearmel erano tutte, senza eccezione, commestibili.
Aembryl non sapeva come facesse, ma i manicaretti preparati da lei, a differenza di quelli dello storico vecchio cuoco della Taverna degli eroi, erano belli a vedersi oltre che saporiti, e non era raro che i cibi più comuni presentassero colori insoliti o un disegno tracciato sulla superficie. Crema di latte verde, confettura di ciliegie blu, stufato candido come la neve, frittata di uova rosse, una fantasia di gattini sulle cosce di pollo e il volto del fondatore della città impresso su una pagnotta appena sfornata.
Questa era l'arte di Nearmel, e da quando c'era lei, la taverna già tanto affollata di eroi e di ragazzini che li ammiravano e che non vedevano l'ora di imbarcarsi per un'avventura tutta loro si riempiva al limite del possibile. Aembryl in quel periodo faticava a raggiungere il bancone, dove si piazzava per ammirare la locandiera e le cameriere esibirsi nell'arte dell'ascolto.
Era pure, con tutta quella gente, molto più difficile sentire le parole delle voci più deboli e più timide tra la folla che rideva sguaiatamente e quasi gridava e faceva tintinnare posate e bicchieri, e ogni tanto qualcuno di questi ultimi finiva in frantumi sotto a un tavolo. Perciò, a tutta prima, di fronte a quella nuova forma d'arte Aembryl ebbe la stessa reazione che i vecchietti avevano di fronte alle novità: non ne capì il senso, e la prese in odio. Era colpa di Nearmel e della sua stravaganza se lei non poteva più fare con lo stesso agio quel che aveva fatto fino a quel momento. Quella di Nearmel non era vera arte, e con il tempo tutti lo avrebbero capito e così la novità sarebbe stata messa da parte. Questo pensava Aembryl, finché non le capitò di ascoltare Nearmel, e scoprire qualcosa che in pochi sapevano.
– Sono stata colpita da una maledizione durante una delle mie avventure, proprio così, può capitare, sai? – le disse Nearmel mentre sul volto le danzava un caleidoscopio di colori. – Credevi che ci fossi nata, così? No davvero, non si nasce con l'arcobaleno addosso, non so perché qualcuno potrebbe pensare altrimenti. Una maledizione, forse meno pesante del tocco che trasforma tutto in oro, posso ritenermi fortunata per questo, ma tutto ciò che di commestibile mi capita per le mani ne esce alterato nel colore e spesso anche nel gusto. La mia stessa pelle ne è affetta, come vedi, e in altre circostanze ti inviterei a leccarmi per scoprire di cosa so, ma non mi pare questo il caso.
– Sarai diventata la preferita dei draghi – commentò Aembryl, per indurla ad aggiungere dettagli alla sua storia.
– Non ne hai idea! – confermò Nearmel. – Ogni volta che mi avvicino a uno, mi scambia per una caramella! Ma è stata proprio durante una di queste spiacevoli disavventure, che ho avuto il lampo di genio. Perché non sfruttare la maledizione e preparare pasti insoliti per altri? E così, eccomi qui.
Aembryl fu grata di averla potuta ascoltare così come faceva con gli altri avventurieri.
Non avrebbe mai scoperto, altrimenti, una nuova forma d'arte, quella che si svolgeva in cucina e che tanto in comune aveva con gli eroi che si occupavano di dar supporto agli altri, di miscelare pozioni non visti nel loro angolino e di rivelarle poi in tutto il loro splendore di effetti speciali, esplosioni pirotecniche e tonici rinvigorenti.

sabato 4 novembre 2023

Rabberciare

Rabberciare [rab-ber-cià-re] v.tr. (ind.pres. rabbèrcio ecc., fut. rabbercerò ecc.) [sogg-v-arg] 1. Accomodare qualcosa alla meglio. 2. fig. Mettere insieme un testo o correggerlo alla meglio.

Etimologia: etimo incerto. Secondo alcuni è un'alterazione del toscano rabbreciare, "riparare una crepa nel muro", derivato da breccia. Altri indicano una derivazione dal siciliano abbirsari, proveniente ravversare (dal latino re-adversare), col significato di "ravviare, riordinare, acconciare". Altra possibile derivazione è dall'emiliano lamberciar, "coprire con embrici", dal latino imbreces, "embrici", ovvero un tipo di tegola.


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Pixabay da Pexels


Un'avaria allo scafo e al sistema di smaltimento rifiuti li aveva costretti ad atterrare sul primo pianeta sulla loro strada, perché nessuno voleva continuare a viaggiare su un'astronave che si riempiva di liquami maleodoranti.
– Non è lo stesso squarcio – osservò Handel – che abbiamo subito mentre ce la svignavamo da quei fetenti del Collettivo delle Macchine?
– Sembrerebbe – rispose Cinde.
– Impossibile – replicò l'Arturiano alle sue spalle, impegnato a digitare su un foglio olografico. – L'androide lo aveva riparato.
– L'androide che abbiamo poi scoperto essere una spia del Collettivo delle Macchine? – Cinde si voltò in tempo per scorgere l'Arturiano che smetteva di scrivere e alzava la testa, e immaginò sul suo volto imperturbabile un'espressione sorpresa. Quell'attimo di smarrimento era il massimo che l'alieno si sarebbe concesso quanto ad emotività.
Non le capitava spesso di coglierlo in fallo.
– Per me l'ha rabberciata quel tanto che bastava per non farci insospettire, altro che riparare. – Con un gran sorriso e una pacca sul fucile a impulsi, Handel concluse: – Non che gli sia servito. Io ve l'ho detto che non mi fidavo.
– Non ti sei mai fidato nemmeno di Mod, se è per questo. – Cinde si pentì subito di averlo detto.
Perché Handel, a quell'imbeccata, si girò verso l'Arturiano e soggiunse: – Già. Qualcosa da dichiarare, testa di rettile? Che stai scrivendo di tanto importante?
Handel tentò di sottrargli il foglio olografico, senza tener conto dei riflessi sovrumani dell'altro. Dopo qualche tentativo a vuoto, gli puntò contro il fucile a impulsi.
– Potrei strapparti quel gingillo prima che tu te ne accorga, ma ciò non deporrebbe a mio favore – spiegò Mod. – Se ci tieni a saperlo, sto rabberciando, come diresti tu, il testo di un nuovo manuale di fisica della materia fasica. Ti permetterei di leggerlo, se tu fossi in grado di capirlo.
Cinde sospirò, preparandosi a subire per svariati frais il battibecco dei due prima che tutti si concentrassero sulle riparazioni.

giovedì 2 novembre 2023

Audioracconto - Ferma immobile


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Elīna Arāja da Pexels


Quando esplori il livello delle fogne, devi sempre mettere in conto di fare incontri spiacevoli. Dal vivo, però, è tutta un'altra storia.

Ferma immobile
(racconto breve di genere horror)

Trovi gli altri racconti sul canale YouTube: https://www.youtube.com/@lavocedellapiuma

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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2021/12/ferma-immobile.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: Scraping The Sewer di Doug Maxwell & Media Right Productions
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=lDWoqRfun2A).

Immagini di: Elīna Arāja (https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-monocromatica-della-persona-in-piedi-sul-corridoio-3343253/), DSD (https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-del-primo-piano-di-tan-rat-1010267/), Lennart Wittstock (https://www.pexels.com/it-it/foto/inquadratura-dal-basso-dell-uomo-in-piedi-di-notte-316681/), Vojtech Okenka (https://www.pexels.com/it-it/foto/sagoma-di-uomo-in-piedi-sul-corridoio-399772/), SHVETS production (https://www.pexels.com/it-it/foto/luce-donna-creativo-notte-7193894/), da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).
makunin da Pixabay (https://pixabay.com/it/photos/fogna-grattugia-architettura-bunker-118519/), distribuita ad uso gratuito (https://pixabay.com/it/service/license-summary/).

Effetti sonori: Water in Sewer 2 (https://pixabay.com/it/sound-effects/water-in-sewer-2-34837/), Chains (https://pixabay.com/it/sound-effects/chains-6909/), High Quality Monster Screech (https://pixabay.com/it/sound-effects/high-quality-monster-screech-65012/), Girl_Scream (https://pixabay.com/it/sound-effects/girl-scream-6465/) da Pixabay distribuiti ad uso gratuito (https://pixabay.com/it/service/license-summary/);
Mouse Squeaks.wav di shyguy014 (https://freesound.org/people/shyguy014/sounds/463789/) da freesound, sotto licenza Creative Commons 0 (https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/).