sabato 30 novembre 2019

Criptico


Criptico [crì-pti-co] agg. (pl.m. -ci, f. -che) Misterioso, oscuro.

Etimologia: deriva dal tardo latino cryptĭcu(m) e dal greco kryptikós, derivato di krýptein, "nascondere".

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Il messaggio che Alex mi aveva mandato era alquanto criptico. Era composto da una serie di numeri, seguiti da un "vieni" e da una seconda sequenza di cifre. All'inizio pensai che fossero coordinate, ma in qualunque modo le leggessi, non sembravano condurre a nessun luogo sulla terraferma. Poi pensai a un messaggio cifrato in cui i numeri sostituivano le restanti lettere della frase, ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo a decifrare il suo codice. Avevo provato a chiedergli spiegazioni, a scrivergli che mi arrendevo, ma Alex non aveva mai risposto ai miei messaggi.
Fu Anna, alla quale mi ero rivolta più per disperazione che per la convinzione che potesse riuscire dove io avevo fallito, a trovare la soluzione all'enigma.
Ci lavoravamo da un'ora e avevamo escluso di tutto quando Anna ebbe l'illuminazione. Ricordo che stavamo facendo una ricerca su indovinelli e giochi matematici; alzai gli occhi e  la vidi fissare il foglio su cui avevo scritto i numeri.
– Aspetta aspetta aspetta... ci sono! – esultò Anna. – Non ci posso credere, era così semplice! Dammi una penna!
Le passai una matita e mi spostai al suo fianco. Anna tracciò delle stanghette tra i numeri, dividendoli in gruppi di due o quattro.
– Sono... date? – le chiesi. A quel punto le vedevo anch'io: date e ore.
– Esatto. Non l'abbiamo capito perché sono alla maniera inglese, vedi? Prima il mese e poi il giorno. E l'ora e i minuti in fondo invece dell'anno ci hanno messo in confusione.
Fissai le date. La seconda era alla fine della settimana, e supposi che indicasse quando Alex voleva incontrarmi. La prima era la più criptica, perché era di qualche anno fa.
Vidi Anna sfogliare uno dei suoi diari, per poi fermarsi su una pagina ed esclamare: – Lo sapevo! La stessa data della vostra sfida in quel vicolo, in centro. Non ho scritto l'ora ma suppongo sia quella giusta.
– Oh... – mormorai. Così avevo il luogo e il tempo; mi mancava solo il perché Alex aveva chiesto di vedermi.
Ma quello, immaginavo che l'avrei scoperto presto.

giovedì 28 novembre 2019

Le stranezze del turno di guardia


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by PhotoMIX Ltd. from Pexels


Il turno di guardia durante l'ultima notte del Festival della Dissonanza era sempre il più duro, e il meno ambito. Primo perché, al contrario di quanto credevano i cittadini, non era vero che noi guardie potevamo permetterci il lusso di unirci ai festeggiamenti. Le nostre razioni di alcolici e vivande ricercate erano limitate, frutto di rare donazioni dei pochi che si ricordavano della nostra esistenza (e non per maledirci) e al quinto giorno erano già finite. Secondo, perché durante il Festival se ne vedevano di cose strane, e non sempre era facile capire quando occorreva intervenire e quando no.
Poteva capitare di mettersi in mezzo a sedare una rissa, per poi scoprire che i litiganti stavano solo recitando in onore del tema della festa, mentre dieci metri più in là un gruppo di ubriaconi se le davano davvero di santa ragione. Oppure, accorrere in favore di una donzella che urlava "aiuto, aiuto!" e che, invece di averne bisogno, si offriva lei con quel grido di dare una mano ad altri.
La cosa più bizzarra però mi è capitata quella volta in cui mi vidi passare accanto il noto ricercato Aglaudi Mirewn. Durante il Festival della Dissonanza le catture e le condanne, tranne quelle in flagranza di reato, sono temporaneamente sospese, perciò mio malgrado mi toccò ignorarlo e proseguire la ronda. Un paio di passi dopo mi passò di nuovo accanto Aglaudi Mirewn, proveniente dalla stessa direzione, che sghignazzava come in matto. Mi voltai ed eccoli lì, tra la folla, due di lui a braccetto che sparirono ben presto in mezzo alla gente. Non ho mai saputo come abbia fatto a sdoppiarsi, o se per caso non mi fossi immaginato tutto. Non l'ho mai nemmeno raccontato agli altri del mio turno. Come minimo, mi avrebbero accusato di aver nascosto una parte delle nostre misere razioni per poterla bere tutta da solo!

lunedì 25 novembre 2019

Disillusa


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Ogni volta la stessa storia. Puntualmente, anzi, ogni anno con sempre maggiore anticipo, dappertutto spuntano lucine colorate e dolci eccessivamente zuccherati e tutto è scintillante e variopinto e gioioso.
Insopportabile. Da quando la bisnonna mi aveva passato la "cosa" che è l'eredità e la maledizione di famiglia, il mondo è diventato un posto grigio, insulso, ripetitivo. Mi sono abituata presto all'indifferenza per la mia nuova vita, alla noia costante che allunga ogni minuto delle mie giornate sempre uguali, a cui raramente riesco a porre rimedio con un diversivo. Come quando ho convinto uno sprovveduto di essere la dea della disperazione esiliata tra i mortali, ruolo non difficile da sostenere dato come mi sento, e il tizio è andato avanti per un mese a servirmi e a chiamarmi "vostra tormentosità", sebbene mi fossi stancata del gioco già al terzo giorno.
Ma questo periodo dell'anno, con la sua pretesa di portare speranza e una ventata di novità sotto la patina di frenesia commerciale, è la più ignobile delle bugie.
Tutti si illudono, ma con l'arrivo di un altro Natale e dell'anno nuovo, nulla cambierà.
Nulla cambia mai.
Perché nessuna delle formichine operose che girano per i negozi riesce a capirlo?

sabato 23 novembre 2019

Aureo


Aureo [àu-re-o] agg., s. 1 agg. D'oro. 2. agg. Del colore dell'oro; estens. splendente, luminoso. 3. agg. fig. Eccellente, ottimo, caratterizzato dal maggior splendore. 4. s.m. Moneta d'oro romana coniata a partire dal 49 a.C.

Etimologia: il termine proviene dal latino aurĕu(m), derivato di āurum, "oro".

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Novandro Manik from Pexels


Mi apparve così, all'improvviso, alla luce dell'ultimo sole tra i rami. La veste leggerissima e trasparente non poteva celare i bagliori aurei che riverberavano dal tramonto sulla sua pelle, né i riflessi delle gemme preziose che erano parte di lei e le coprivano le spalle, il seno e le parti intime. Un incontro inaspettato e fortuito. Un genio, la più schiva ed elusiva delle creature.
Probabilmente il genio lesse la sorpresa sul mio volto, poiché mi disse, con una voce che pareva essa stessa oro e magia, tanto era inumana: – Che cosa sono tu lo sai, bambina.
Non era una domanda, ma io annuii in risposta.
– La più preziosa tra le creature che camminano sulla terra da avere al proprio fianco, mia signora – proseguì il genio, mentre con passi lenti dei piedi nudi mi si avvicinava e mi girava attorno.
Mi voltai per seguirla con gli occhi. Un po' avevo paura. I geni erano potenti e imprevedibili, ma sapevo qualcosa che mi rassicurava. – So che non potete usare la magia, se non su richiesta di qualcun altro.
– È esatto – disse il genio, fermandosi di fronte a me. – La nostra magia non funziona per noi. Così ci ha create la dea, o ci ha maledetto per un torto che nemmeno noi ricordiamo.
Scorsi la lampada appesa a uno dei bracciali scintillanti al suo polso e seppi che lei non aveva padroni. Forse l'incontro non era così casuale come pensavo, mi dissi, forse mi stava cercando. Forse, quella era la mia occasione aurea, una di quelle che capitano una sola volta nella vita. Mi allungai per afferrare la lampada, ma il genio si fece indietro, fuori dalla mia portata.
– Non così presto – disse, e la sua voce si fece fredda e malevola. – Non concediamo alla leggera il dono della nostra magia, a chi non riteniamo degno.
Tremai. Avevo compreso solo allora che il genio mi stava valutando, e io avevo appena fallito la prova. Non poteva usare la magia, ma era comunque pericolosa. E i geni non erano famosi per essere clementi con chi non soddisfaceva le loro aspettative.

giovedì 21 novembre 2019

Confessioni pericolose


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


"Non ti preoccupare, andrà tutto bene" era sicuramente la frase più pericolosa che potessimo pronunciare, date le circostanze. Risucchiati in un libro, catturati dai nativi, legati, bendati, e abbandonati nella Foresta Infinita brulicante di creaturine affamate: era ovvio che se anche uno solo di noi avesse osato dire una falsità del genere, o prodursi in una frase d'addio sdolcinata, non ne saremmo mai usciti vivi.
Prima che lui commettesse uno di quegli errori fatali, presi io l'iniziativa per fargli una confessione.
– E comunque, Robert, sappi che non ti ho mai amato. Anzi, ti ho sempre trovato insopportabile. Dio solo sa come ho fatto a resistere fino ad adesso.
– Che cosa? Ti sembra il momento per dirmi una cosa del genere?
– Certo – ribattei. – Questo è proprio il momento di ricordarti che non abbassi mai la tavoletta del water, che lasci i tuoi calzini sporchi dappertutto, e... di come spremi il tubetto del dentifricio, vogliamo parlarne?
Ecco fatto. Stavamo litigando. E, come insegnano i film, la gente non muore mai mentre litiga, soprattutto se lo fa per qualcosa di banale. Eravamo salvi, o almeno speravo.
Dovevo solo cercare di mantenere la nostra scena a un livello accettabile di comicità, ed evitare a tutti i costi di inserire elementi toccanti come un passato tragico, un rimorso per qualcosa in sospeso o, Dio non voglia, dire a Robert che gli volevo bene. Quelle tre parole erano la principale causa di morte in una storia, ed essendo noi finiti in una storia, era di fondamentale importanza evitarle.

lunedì 18 novembre 2019

La principessa dei misteri


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by JJ Jordan from Pexels


Iniziai a chiamarla "la principessa dei misteri" al nostro quinto o sesto incontro casuale in pochi giorni. Il soprannome le si addiceva: pur essendo vestita come le altre ragazze, Kàli spiccava tra la folla per la sua aria arrogante e fiera. Mi dava l'impressione di una straniera che tentasse disperatamente di inserirsi e di passare per una locale, pur senza riuscirci, perché parlava la mia lingua senza un chiaro accento regionale, ma qualche volta pareva che non capisse quello che le dicevo. O forse faceva solo finta di non capire, per eludere le mie domande quando non mi accontentavo delle sue risposte evasive. Di lei, alla fine non sapevo quasi niente. A parte il nome, ammesso che davvero si chiamasse così.
Scoprii la verità su Kàli il giorno in cui morii. Solo allora si tolse la maschera.
Kàli era una sciamana. Era una creatura acquatica, con branchie sul collo e squame sulle braccia e sulle gambe. Ed era una viaggiatrice del tempo proveniente dal futuro.

sabato 16 novembre 2019

Convivio


Convivio [con-vì-vio] s.m. (pl. -vi) lett. Banchetto, convito; in senso figurato, riunione, insieme di persone.

Etimologia: il termine proviene dal latino convivium, derivato di convivĕre, "vivere insieme".

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Un giorno la tigre decise di organizzare un banchetto per tutti gli animali della foresta. Capì fin da subito che la parte più delicata dell'organizzazione del convivio sarebbe stata quella di soddisfare la gola di tutti gli invitati. Infatti, se per il panda era sufficiente un'insalata di germogli di bambù e la scimmia notoriamente gradiva le banane, che cosa avrebbe mai potuto offrire al tapiro, o alla mangusta, o all'istrice?
La tigre decise di chiedere aiuto al saggio elefante, che con la sua memoria prodigiosa rammentava i gusti di ciascuno dei suoi vicini, e grazie al suo aiuto il convivio fu un successo, e ognuno degli invitati poté ritenersi soddisfatto sia del cibo, che della compagnia, che della conversazione gradevole. Ma fu a quel punto, quando tutti erano ormai sazi e sonnolenti, che l'antilope notò che il piatto della tigre era sempre stato vuoto, e gliene chiese il motivo.
– Oh, – ribatté la tigre, snudando le zanne in un ghigno inquietante. – È perché ho tutto ciò che desidero proprio davanti ai miei occhi.

giovedì 14 novembre 2019

La ragazza blu e la pioggia


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Sourav Mishra from Pexels


Pioggia. La sento circondarmi, pesante sulle foglie e lieve sulla terra molle, già ebbra di fluidi cristallini. Stille di vita che mi solleticano la pelle e le vesti.
Preziosa. Ogni goccia lo è, a suo modo. E ognuna di loro contribuisce a formare un mondo nuovo, diverso. Sono minuscole perle nell’intreccio di una ragnatela. Sono musica che sgorga, come da un flauto, dalla grondaia. Tendo la mano e raccolgo la loro magia. Mi rinfresca. Mi disseta.
Una lacrima azzurra si forma nel mio palmo. Chiudo le dita e lascio che il corpo la beva. Una goccia di pioggia in un Oceano Blu.

lunedì 11 novembre 2019

Origami

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero. 

Ho piegato la mia vita come fosse un origami, con deliberata lentezza e precisione, per dare forma al futuro che desideravo. In ogni singolo passaggio, anche quando sembravano portarmi lontano da essa, avevo ben presente l'immagine verso cui tendeva la mia creazione.
Ma alla prima piega leggermente errata, invece di tornare indietro e riprovare, per rabbia ho accartocciato tutto. Il mio passato, il mio presente e il mio futuro confusi in una massa informe li ho gettati nel cestino, e ora non so più come rimediare al mio errore.

sabato 9 novembre 2019

Entropia


Entropia [en-tro-pì-a] s.f. fis. Variabile termodinamica di stato, interpretabile come misura del disordine di un sistema.

Etimologia: deriva dal tedesco Entropie, a sua volta composto dal greco en, "dentro", e tropḗ, "rivolgimento, mutazione".

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Vivere in una casa con quattro ragazzi, di cui due adolescenti e in continuo conflitto tra loro, aveva aumentato esponenzialmente il livello di entropia che ero costretta a sopportare giorno dopo giorno. Non importava quanto lottassi per ripristinare lo stato iniziale della mia dimora: la situazione continuava a peggiorare. Ogni volta che facevo un incantesimo per riordinare una stanza, da qualche altra parte una camera precipitava nel caos più assoluto. Non c'era scampo. Ormai cominciavo a capire che con l'entropia avrei dovuto convivere.

giovedì 7 novembre 2019

L'orsacchiotto

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero. 

Ora basta! Non si può andare avanti così.
La piccola non riesce a dormire se non abbraccia il suo orsacchiotto; peccato però che il suo orsacchiotto sia alto due metri e abbia l'aspetto di un grizzly adulto. La situazione si fa particolarmente insostenibile nelle notti di temporale quando nostra figlia, spaventata, si infila nel lettone in mezzo a noi, portandosi dietro anche il suo caro animaletto. Passi che in quattro si fa fatica a starci nel letto. Posso sopportare pure che quando l'orso si gira e si rigira nel sonno, qui trema e cigola tutto. Ma svegliarsi con i segni delle unghie sulla schiena no, eh!


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero. 
Photo by Brett Sayles from Pexels

lunedì 4 novembre 2019

Inktober completato... e adesso?

Benvenuto novembre, mese del NaNoWriMo! Ovvero, per chi non lo conoscesse, questo è il mese dell'anno più felice e più stressante per gli scrittori, quello in cui la sfida è: scrivere un romanzo in un mese, o perlomeno arrivare a scriverne 50.000 parole. E ora che il mese di ottobre è alle nostre spalle, e Inktober è stato archiviato, la domanda è: che cosa ne sarà di questo blog?

 Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Amber Lamoreaux from Pexels

Chiarisco subito una cosa: non intendo partecipare al NaNoWriMo per quest'anno. Non dopo l'estenuante maratona che è stato Inktober, soprattutto perché in questo mese ho altri progetti (con un romanzo finito, il passo successivo è cercare un editore, no?).
In ogni caso, non avrei mai potuto presentare su queste pagine il prodotto grezzo che viene fuori da una furiosa e rapidissima scrittura come quella richiesta per il NaNoWriMo senza sprofondare dalla vergogna.

E allora, che cosa prevede il futuro della Piuma Tramante? Innanzitutto, un rallentamento del ritmo, per lasciarmi il tempo necessario per quell'altro progetto. Tornare ai tre post settimanali mi sembra una buona cosa, e se è ancora troppo aggiusterò il tiro in seguito. Quanto al contenuto, la formula del mini racconto sperimentata durante Inktober non mi dispiace, accompagnata però da una foto e non da un mio disegno. Per il momento ho esaurito la vena artistica, inoltre un disegno per ogni mini racconto mi porterebbe via troppo tempo.
Come ispirazione per i mini racconti, non avendo più una lista di parole da seguire penso che la cercherò tra varie fonti, scegliendo quella che mi suggerisce una storia tra esercizi e altre liste mensili, o magari rivelandoti con il mio racconto una delle strambe ricorrenze presenti in questo sito (www.daysoftheyear.com).
Ad esempio, lo sapevi che oggi è la giornata del buonsenso, e che novembre è sia il mese del melograno, che quello degli amanti del burro di arachidi (oltre a essere il mese dedicato ai lamantini, che sono un soggetto già più difficile da visualizzare di primo acchito)?
Riesci a immaginare che razza di storia potrebbe venir fuori da questi tre o quattro elementi?