sabato 31 luglio 2021

Mestatore

Mestatore [me-sta-tó-re] s.m. (f. -trice) Chi maneggia, intrallazza, specialmente nella sfera politica a scopi illeciti; maneggione, intrallazzatore; anche, chi fomenta proteste, rivolte.

Etimologia: dal verbo mestare, "agitare mescolando", derivato dal latino mixtus, participio passato di miscere, "mischiare".



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La mattina dopo le nostre scorribande notturne era il momento che più temevo e amavo. Da una parte avevo il terrore che nostro padre potesse indovinare il vero motivo della nostra stanchezza, invece di attribuirla alle frequentazioni femminili per cui eravamo famosi in città. Certo, se ne lamentava lo stesso, ma se avesse saputo che cosa facevamo in realtà sarebbe stato molto peggio. Il rovescio della medaglia era che sapevo che ciò che facevo era giusto, e il dover portare avanti quel progetto di nascosto, come un eroe della notte, senza essere mai individuato mi dava un brivido d'adrenalina, una scossa che mi restava dentro anche dopo una notte insonne.
Quando lo sventurato cameriere sorteggiato per riferire la notizia si avvicinò al capofamiglia a capotavola, Josiac lo fissò con un sorriso compiaciuto. Se la scena non si fosse ripetuta abbastanza spesso negli ultimi mesi, la sua espressione avrebbe potuto tradirci; ma ormai era facile indovinare quale notizia il pover'uomo era venuto a bisbigliare al padrone di casa, prima ancora di vederne il volto deformato da una smorfia rabbiosa. Con una furia che avrebbe sciolto le pietre, nostro padre abbaiò ordini al latore della maldigesta notizia, affinché organizzasse squadre di domestici da mandare per le vie della città a staccare manifesti e raccogliere volantini.
– Quel vile mestatore! – sbraitò infine. – Quel lurido mentecatto, come si permette? Gettare fango su di noi, sobillare il popolo, e per che cosa poi? Che cosa vuole ottenere?
Democrazia, pensai. Libertà. Un governo giusto, eletto dai cittadini. Niente più privilegi per nascita.
– Padre. Avete mai pensato che potrebbe essere... – s'intromise Josiac in tono annoiato, e per un attimo pensai che intendesse tradirmi. – ...una donna? Una bella e formosa mestatrice? Io mi farei rimestare tutto, da una così.
Mentre la rabbia di nostro padre aumentava, io mi diedi una manata in fronte. Mi aveva fatto sudare freddo, ma alla fine era solo il solito, vecchio Josiac.

giovedì 29 luglio 2021

Missione 2019: il mondo al tramonto

Ho scritto più volte storie ambientate in treno o in auto, forse perché assieme agli autobus sono i mezzi di trasporto di cui ho più esperienza e dunque ricordi. Altri li ho conosciuti tardi e non li frequento molto, e qualcuno non l'ho mai sperimentato, perciò dovrei fare uno sforzo d'immaginazione per descriverlo, e rischio pure di non farlo bene. ad ogni modo, qui ci sono, in ordine cronologico, le storie di treni, di stazioni e di automobili che ho raccolto nel blog:


Glissare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/05/glissare.html)
La damigella in pericolo (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/02/la-damigella-in-pericolo.html)
Chi diavolo sei? (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/08/chi-diavolo-sei.html)
Perfect day (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/12/perfect-day.html)
Personaggio: La polvere gialla (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/04/personaggio-la-polvere-gialla.html)
Bolide (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/05/bolide.html)
Beccata a leggere (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/05/beccata-leggere.html)
18 - Train - Treno/allenare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/08/18-train-trenoallenare.html)


Mi piace sperimentare, dunque mi sono buttata nello scrivere di un viaggio in aereo, l'ultimo mezzo di trasporto in cui mi sarei mai sognata di ambientare una storia. Per aiutarmi ho usato il tappeto sonoro e le immagini del video Airplane Cabin Ambience White Noise Sound for Relaxing #198 (https://www.youtube.com/watch?v=kbsmLxSEJv4) di Winter Whale.



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Guardai il mondo scorrere piano dietro il finestrino, mentre l'aereo si girava e si posizionava all'inizio della pista. Era assurdo. Era da anni che viaggiavo attorno al mondo con loro, a scongiurare disastri di cui nessuno avrebbe mai saputo niente, eppure era la mia prima volta su un aereo.
– Nervoso? – mi chiese Vindica, con quel suo sorriso accattivante e sicuro di sé. Non riuscivo a capire di che colore fossero i suoi occhi dietro le lenti, ma immaginai che fosse passata al rame degli Earanphies, per poter leggere le mie emozioni. Anche se non ci voleva lo Shanekth degli empatici per capirlo.
– Non vedo perché abbiamo dovuto prendere un aereo – ribattei, in tono seccato. Era un modo di spostarsi lento, e affollato. E io, da quand'ero con loro, avevo iniziato a sviluppare un'avversione per le masse umane racchiuse in spazi ristretti.
– Perché serviamo qui – bisbigliò lei, appena udibile tra la voce metallica che ripeteva le istruzioni in inglese, dopo averle sciorinate in cinese o mandarino o quello che era.
Sentii la sua mano stringere la mia mentre guardavo fuori dal finestrino. Un altro aereo atterrò sulla pista vicina, e io desiderai essere lì.
Avevo affrontato tante cose da quand'ero con loro, invasori alieni, ovviamente, ma anche minacce terrestri come incidenti che coinvolgevano pericolose sostanze chimiche, la scoperta di nuove armi che potevano danneggiare i miei amici, e una volta avevamo messo in sicurezza un laboratorio di fisica delle particelle piuttosto famoso durante un esperimento un po' azzardato, ma nulla era paragonabile a quell'attesa spasmodica che mi torturava. La voce infine concluse, augurandomi di rilassarmi durante il viaggio, come se fosse possibile, e l'aereo si mise in moto lentamente, troppo lentamente.
Sospirai.
– Non possiamo fare adesso... qualunque cosa dobbiamo fare e andarcene via? – le chiesi. Sembrava si divertisse a stuzzicare le mie paure; più di una volta, da quando mi aveva rivelato la verità sul suo mondo sotterraneo, mi ero chiesto se mi stesse mettendo alla prova.
Non dobbiamo attirare attenzioni, mi disse, insinuandosi nella mia mente nonostante le barriere che mi aveva insegnato ad alzare. Ricordatelo sempre: noi non esistiamo.
L'aereo prese velocità e il cuore mi balzò in gola. Strinsi i braccioli e mi agitai sul sedile, e all'improvviso il mondo s'inclinò all'indietro, mentre una pressione che pareva gravare sul mio petto e sullo stomaco m'incollava la schiena all'imbottitura dello schienale. In breve tempo il mondo fu sotto di noi, con palazzi minuscoli e un verde punteggiato di macchioline indistinte, ed era quasi... bello. La linea delle nubi fu al nostro fianco, e poi si richiuse sotto di noi, lasciando solo un mare uniforme di sbuffi soffici e candidi. Non avrei mai immaginato di poterle vedere da questo lato; quando potei slacciarmi le cinture di sicurezza, lo feci e mi sporsi verso il finestrino. Appoggiai entrambe le mani sul vetro e fissai fuori, curioso come un ragazzino.
La sua risata sommessa giunse alla mia mente. Ora finalmente sai cosa vuol dire essere uno di noi.
Mi girai di scatto. Quando? pensai, e non riuscii a capire di che colore fossero i suoi occhi dietro le lenti, se del viola che era la sua sfumatura naturale o di un qualsiasi altro Shanekth i cui poteri le servivano per la missione.
Lei distolse gli occhi. Quando verrà il momento.
Vindica mi aveva promesso che avrebbe diviso il suo fuoco con me, che mi avrebbe reso davvero uno di loro, perché seppur umano io ero il suo compagno. Ma continuava a rimandare, e mi chiesi che cosa sapesse che non mi voleva dire.
Concentrati.
Nell'udire qualche colpo di tosse due file più avanti, nei posti centrali, li accennai a Vindica. Lei scosse la testa e si girò leggermente indietro. Una coppia. Non manifesta ancora i sintomi. Lei andrà in bagno tra un'ora e quarantasette minuti. Mi alzerò al momento opportuno per scontrarmi con lei e somministrarle la cura. Tu dovrai occuparti di lui. Lo troverai addormentato. Sarà facile.
Feci un lieve cenno d'assenso, mentre tornavo a guardare il mondo oltre il finestrino. Piano piano l'orizzonte si tinse d'arancio. Non avevo mai visto un tramonto così stretto. Anche quello era una metafora di come loro vedevano la realtà che li circondava: una sottile stringa di luce tra due mari d'oscurità. Sempre in bilico tra l'essere scoperti, non solo dagli esseri umani, ma anche dagli alieni ufficialmente residenti sulla Terra, e il rischio di lasciarsi sfuggire qualcosa di pericoloso, un evento che non sarebbe mai dovuto accadere, una minaccia per la loro specie, qualunque cosa rischiasse di compromettere la segretezza che era alla base non solo della loro vita, ma anche di quelle degli ospiti extraterrestri delle due ambasciate. Come quel virus.
Non era tanto il virus in sé, mi avevano spiegato, loro ne erano immuni. Era il modo in cui avrebbe cambiato il mondo. Io non vedevo il futuro, ma mi avevano raccontato che, se non agivano subito, il mondo che conoscevamo era al tramonto. Maggiori controlli avrebbero reso più difficile saltare da una parte all'altra del globo senza dare nell'occhio, un'aumentata diffidenza verso gli estranei complicava i pedinamenti e la richiesta di informazioni, ma il problema più grosso sarebbero stati i rilevatori di temperatura a ogni angolo e ogni ingresso, che avrebbero scambiato il fuoco interiore dei miei amici per febbre. Non ci sarebbe voluto molto, mi dicevano, affinché gli esseri umani si rendessero conto che quella non era febbre, che non erano soli, e usassero quegli stessi rilevatori per stanare "i caldi" diversi da loro.
Il vetro era completamente scurito dalla notte e rifletteva il mio volto, l'espressione annoiata dal ronzio che mi tappava le orecchie, quando Vindica mi diete una leggera gomitata e si alzò, spaventando la turista cinese che le finì addosso. Mi sporsi a guardare indietro, nello spazio tra i sedili: era vero, lui era addormentato accanto a un posto vuoto.
Tempo di entrare in azione.

lunedì 26 luglio 2021

Stazioni, strade e mezzi di trasporto

Non riesco a credere di averlo fatto. Per diverse settimane ti ho portato in viaggio tra le storie ambientate in vari luoghi, e ho trascurato proprio quelle che riguardano il viaggio in quanto tale? Devo rimediare subito! Ed è per questo che nell'ultima tappa di questo giro turistico tra libri e film, ho deciso di portarti sui mezzi di trasporto, che siano treni, metropolitane, aerei, mezzi su ruota, e le rispettive stazioni di arrivo e partenza.



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Le storie che riguardano i viaggi hanno una tradizione antica, se già con L'Odissea di Omero si narra di un lungo peregrinare di isola in isola. Più di recente, un viaggio ancor più lungo almeno in termini di spazio se non di tempo è quello raccontato da Jules Verne nel romanzo Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni, che tra navi e piroscafi, treni, elefanti, slitte, mette in campo una varietà di mezzi di trasporto (superata solo dalle versioni cinematografiche liberamente ispirate, che aggiungono mongolfiere, risciò, i primi modelli di automobili e aerei improvvisati). I viaggi sono così importanti e degni di essere immortalati che uno dei primi film dei fratelli Lumière, diventato tra i più celebri, è quello intitolato L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat. E da allora, il treno è stato più volte sfruttato come ambientazione nelle storie.
Sarà che l'ambiente ristretto, quasi claustrofobico, la compagnia di molti estranei e l'impossibilità di lasciare il mezzo di trasporto se non quando arriva alla stazione presenta un'occasione unica per i narratori di storie. I gialli in particolare sono favoriti: storie come Assassinio sull'Orient Express di Agatha Christie trovano nello spazio racchiuso da pochi vagoni l'ambiente ideale per svilupparsi. Studiare gli altri viaggiatori, interrogarli con cautela, cercare di svelare i loro segreti per trovare i collegamenti tra loro o quell'unico colpevole è il compito del protagonista/detective, e uno dei film che porta questi elementi ai massimi livelli secondo me è L'uomo sul treno - The Commuter. Ma anche Source Code, la versione fantascientifica della storia di un colpevole da individuare su un treno, ne è un esempio interessante. Non mancano poi le storie risolte, più che con un approccio investigativo al problema, con un bel po' d'azione, e il treno come ambientazione rende il tutto più complicato: spazi ristretti che influiscono sui combattimenti, passeggeri innocenti che non hanno modo di fuggire dal centro dell'azione e rischiano di essere contati tra i danni collaterali, e nessuna possibilità di ricevere aiuto dall'esterno per l'eroe solitario. Ingredienti come questi costituiscono vari film di attacchi ai treni, che siano per rapine o per attentati terroristici, come avviene in Trappola sulle Montagne Rocciose. E non si tratta solo dell'immaginazione di scrittori e sceneggiatori, se anche un film basato su fatti reali come Ore 15:17 - Attacco al treno presenta gli stessi elementi. Che possono anche essere portati all'estremo quando, come in Snowpiercer, non c'è un luogo dove andare, se non più avanti lungo il treno.
Le storie ambientate su un treno però non si limitano ai gialli e alle sequenze d'azione. A volte è il mondo visto attraverso i finestrini a dare avvio alla storia, come accade nel romanzo La ragazza del treno di Paula Hawkins. E altre volte il treno rimanda alla fantasia, alla curiosità e al desiderio di avventura dei bambini, tutti temi presenti nel film d'animazione Polar Express.
Le storie che si svolgono sugli aerei sono un'aggiunta più recente, eppure l'isolamento, gli sconosciuti riuniti in uno spazio ristretto, l'impossibilità di lasciare quel luogo e quella situazione sono presenti anche in questo mezzo di trasporto, e forse ancora più amplificati. In fondo, da un treno in corsa si può rischiare il salto o tirare un freno d'emergenza, mentre su un aereo in volo questo è impossibile. E allora la scomparsa di una bambina che tutti gli altri passeggeri negano sia mai esistita è un enigma apparentemente irrisolvibile nel film Flightplan - Mistero in volo, mentre sembra non esserci scampo dai serpenti liberati su un aereo come arma per un omicidio in Snakes on a Plane. Quando poi l'aereo è completamente in mano ai criminali, come nel film Con Air, ecco che scatta la trama dell'eroe solitario contro tutti, come già visto per quanto riguarda i treni. Anche in questo caso non mancano le storie diverse dai gialli e dall'azione, come la parodia del genere dei disastri in alta quota con tanto di atterraggio di emergenza nel film L'aereo più pazzo del mondo, oppure da una prospettiva diversa, quella dell'aeroporto, dal punto di vista del passeggero straniero bloccato al suo interno nel film The Terminal.
Se prendiamo invece in considerazione il viaggio su strada, ovviamente il classico a cui è impossibile non pensare è Sulla Strada, di Jack Kerouac. A seconda che si tratti di due o più ruote, la storia può passare dall'affrontare il viaggio come sfida, avventura e presa di coscienza, come avviene in I diari della motocicletta, Svalvolati on the road che affronta il mondo e la cultura dei motociclisti partendo da una premessa comica; mentre se si tratta di auto, la situazione può essere drammatica e spaventosa come l'essere braccati dal camionista del film Duel, o può riguardare la varietà di passeggeri che si ritrovano per qualche minuto, o decina di minuti a seconda del traffico, a dialogare con i bizzarri Taxisti di notte dell'omonimo film, in una serie di episodi tra il divertimento e il dramma. Anche nel trasporto pubblico su strada, generalmente considerato poco emozionante e banale come ambientazione, non mancano le storie ad alta tensione, adrenaliniche e ricche d'azione, come quella dell'autobus che non può fermarsi o rallentare del film Speed.
Io però, che posso fermarmi, direi che questo è un buon punto per farlo. Se vuoi continuare il viaggio salendo in uno dei mezzi citati, o cercando tra gli altri che non ho nominato, fai pure; per quanto riguarda l'ultimo viaggio di questa serie su uno dei mezzi di trasporto partiti dalla mia fantasia, ti ricordo che sarà in partenza questo giovedì. Per oggi è tutto, alla prossima e ricordati di timbrare il biglietto!

sabato 24 luglio 2021

Aitante

Aitante [ai-tàn-te] agg. Prestante, gagliardo.

Etimologia: participio presente di aitare, "aiutare", derivato dal provenzale aidar e dal latino adiutare, dunque "colui che presta aiuto".



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La prima volta che ho incontrato Handel mi trovavo al mercato di rottami ai margini degli anelli di Zindeb. Io avevo una lista infinita di pezzi di ricambio e l'unico compensatore di fase in quel labirinto di ferraglia si trovava troppo in alto. È stato allora che si è presentato lui, proprio mentre stavo valutando l'ipotesi di scalare quella massa instabile: un aitante maschio della miglior categoria, e intendo che pareva essere stato generato e cresciuto al fine di sviluppare altezza e massa muscolare. Sembrava uno dei soldati creati per le guerre di Aldebaran, solo che loro non si sarebbero fermati a domandare: – Signorina, ha bisogno di una mano?
Avevo approfittato di lui, non solo per arrivare dove io non riuscivo, ma anche come portantino degli scatoloni che avevo man mano riempito. Non essendo una sprovveduta, lo avevo condotto di fronte a un'altra delle astronavi parcheggiate ai limiti del mercato, e avevo atteso che si allontanasse prima di contattare il capitano della mia nave, perché mandasse qualcuno a prendere tutta quella roba. Non immaginavo che lui mi avesse piazzato addosso un tracciatore sottocutaneo, con il quale la squadra di mercenari di cui faceva parte ci aveva rintracciati fuori dalla zona neutrale, ci aveva abbordati e aveva attaccato e ucciso i membri dell'equipaggio uno a uno, e tutto perché il nostro capitano aveva fatto uno sgarbo a un riccone permaloso.
Io me l'ero cavata perché ero minuta e conoscevo la nave, e tra condotti d'aerazione e passaggi per automi avevo messo in atto una guerriglia degna dei soldati scoiattolo di Jodhuni. Alla fine eravamo rimasti io e Handel. Avremmo potuto ucciderci a vicenda, o uno dei due ammazzare l'altro, ma la sua nave era danneggiata e per pilotare la mia servivano almeno due persone. Così, l'aitante mercenario è diventato il primo membro del mio nuovo equipaggio.
O almeno, questa è una delle storie che io e Handel raccontiamo quando ce lo chiedono, perché andiamo, chi ha voglia di sentire la verità?

giovedì 22 luglio 2021

Lo strano caso di Kathy

Per me è facile immaginare un racconto ambientato in un ospedale, avendoli frequentati almeno da paziente, e dunque in prevalenza tra le tre si può trovare questa ambientazione nel mio blog. Più difficile è scrivere una storia all'interno di una stazione di polizia o, o ancora peggio di una caserma dei vigili del fuoco: almeno, nel primo caso, ho un brano che si avvicina molto, seppure in chiave fantastica, a una prigione con annessa postazione delle guardie, e pure gli uffici dei Bollatori che un personaggio ricorda nel primo brano su un ospedale possono essere classificati come tali, considerando i Bollatori come la "polizia" del mondo di Essensis. Se ti va di leggere i brani di cui ho parlato, eccoli qui:


Una manciata di ricordi (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/11/una-manciata-di-ricordi.html)
Il paziente (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/09/il-paziente.html)
Sbalestrato (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/08/sbalestrato.html)
Quel grazie su un biglietto (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/12/quel-grazie-su-un-biglietto.html)
Terrore dall'alto (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/01/terrore-dallalto.html)


Come al solito cerco di ampliare i miei orizzonti e scrivere ciò che ancora mi manca. Ma per quanto mi sforzassi, non ho trovato nessuno dei miei personaggi che avesse un motivo per recarsi in una caserma dei vigili del fuoco, mentre avevo già un personaggio che lavora nella polizia di Londra. Lo so che per scrivere seriamente quella storia ho bisogno di fare un po' di ricerca, almeno per quanto riguarda la parte ambientata sulla Terra, ma intanto provo a buttare giù un'idea, e non trovando un tappeto sonoro su un ufficio della polizia londinese, ho provato a ricorrere a questo come sottofondo: Video Game Ambience Asmr - (Heavy Rain) Busy Police Station Atmosphere | Relaxation/White Noise (https://www.youtube.com/watch?v=qVzY1wP_-MY) di Video Game Ambience Asmr.


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La ragazzina sedeva composta al di là della mia scrivania, stringendo tra le braccia uno zainetto blu, e sembrava molto più piccola, fragile e smarrita nel mezzo del familiare via vai dei miei colleghi di quanto non lo fosse stata là fuori, di fronte a quello strano fenomeno che per metà del pomeriggio aveva spezzato in due una strada di Londra, costringendoci a chiuderla al traffico e a interpellare ogni esperto in quel campo. Se chiudevo gli occhi riuscivo ancora a vederla, quella nebbia oscura che fagocitava un'auto con tutti i suoi occupanti. Li riaprii e fissai la ragazzina, cercando di non pensarci.
È acqua passata. Storia chiusa, problema risolto, Andrew. Ora devi solo occuparti di lei.
– Dunque, Katherine...
– Kathy – mi corresse lei con la sua voce acuta. – Mi chiamano tutti così.
– Va bene. Kathy. Ho bisogno del nome dei tuoi genitori, il tuo indirizzo di casa, il numero di telefono... – Cercai tra i fogli sparsi sulla mia scrivania, aggrottai la fronte, poi feci un cenno al cadetto assegnato alla nostra squadra, che arrivò solerte con il modulo che mi serviva.
– Posso occuparmene io – mi disse il cadetto, una giovane donna che si era già dimostrata molto brava con i bambini, in precedenza. Scossi la testa e la ringraziai, e lei se ne andò dopo aver rivolto alla ragazzina un rassicurante sorriso, uno di quelli che sembravano dire "andrà tutto bene!".
Presi una penna, e con il modulo di fronte a me ripetei la domanda: – Come stavo dicendo, dobbiamo contattare i tuoi genitori...
– Quelli non sono i miei genitori – mormorò lei, in un tono triste e serio che mi fece drizzare le orecchie. Chinò il capo, e la frangetta le calò sugli occhi.
Mi guardai attorno, mentre valutavo gli scenari che quella frase aveva aperto ai miei occhi. Un caso di rapimento non era di mia competenza, ma dopo quello che avevamo realizzato assieme, riportando indietro tutto ciò che era stato ingoiato dalla nebbia nera prima di dissipare quel fenomeno, sapevo di avere la sua fiducia, e che lei non si sarebbe confidata con qualcun altro. E in ogni caso il detective Roberts sembrava impegnato, perciò tentai di sondare il terreno con cautela.
– Ti hanno... portato via dalla tua famiglia?
La ragazzina scosse la testa e io tirai un sospiro di sollievo. Tutta colpa di quella strana giornata, ero stato troppo frettoloso nell'immaginare la situazione peggiore.
– No, ma mi hanno adottato. Insomma, dev'essere così, no? – La ragazzina alzò la testa e mi fissò negli occhi, e il suo sguardo tornò ad essere magnetico, antico, come quando mi aveva attirato lontano dai miei colleghi, e poi guidato con le sue istruzioni per risolvere il problema che avevamo di fronte, quando avevo insistito che non potevo permetterle di rischiare, che dovevo farlo io.
– Lo hai visto, no? – accennò allo zainetto in cui aveva nascosto la sfera viola che era stata lo strumento del nostro successo. Aprì un po' la cerniera, e i rumori che ci circondavano, i passi, le voci, gli squilli del telefono, i ticchettii delle dita sulle tastiere si attenuarono, isolandoci in una bolla di quasi silenzio. Mi sembrò che fossimo soli, io e lei, quando la ragazzina proseguì: – Non lo so da dove vengo, ma di certo non da qui. Forse da un altro pianeta, o da un'altra dimensione. Forse quella cosa in strada era una porta verso casa, e io ho sbagliato a chiuderla.
– Kathy, Kathy... non saltare a conclusioni affrettate – mi alzai e mi protesi oltre la scrivania, a richiudere la cerniera del suo zainetto. I rumori, di colpo, tornarono a esplodermi nelle orecchie. Mi sedetti e con un gesto fermai il cadetto che nel vedere quell'agitazione aveva mosso qualche passo verso di noi. "Va tutto bene", formulai con le labbra, in silenzio, e lei mi rivolse un cenno d'intesa.
– Kathy, anche se hai trovato un oggetto mistico dagli strani poteri, non significa che tu...
– È mio – ribatté la ragazzina con un cipiglio deciso. – Sono sicura. È venuto da me, intendo, da dentro...
Kathy zittì di colpo. Un altro cadetto, un ragazzotto barbuto molto meno rassicurante della mia giovane collega si era avvicinato alla mia scrivania. Lo riconobbi: era assegnato alle telecomunicazioni.
– Megan del centralino dice di avere in linea una madre preoccupata dalla scomparsa della figlia – interloquì il cadetto, quando alzai gli occhi su di lui. – Dalla descrizione ho pensato potesse essere la tua bambina smarrita. Sei tu Kathy, vero? – chiese il cadetto, girandosi verso la ragazzina.
– Non sono una bambina! – sbottò subito lei, ricordandomi come aveva protestato quando ero stato io a fare quell'affermazione.
Be', caso chiuso, Andrew.
L'anomalia sulle strade di Londra era scomparsa senza provocare vittime, i genitori della ragazzina erano stati ritrovati. Pensavo di poter voltare pagina e lasciarmi quella strana storia alle spalle, e invece mi sbagliavo.
Il caso che riguardava le origini di Kathy era tutt'altro che chiuso, e non avevo alcuna idea, quel giorno, che lei sarebbe tornata a rivolgersi a me affinché l'aiutassi a scoprire la verità.

lunedì 19 luglio 2021

Ospedali, stazioni di polizia e caserme di vigili del fuoco

Non potevo dimenticare, in questo mio viaggio virtuale nelle storie, tutti i luoghi in cui ci si reca in caso di emergenza, incidenti o fatalità e problematiche varie. In generale i tipi di storie e le tematiche che li coinvolgono si assomigliano, perciò ho pensato di riunirli sotto lo stesso metaforico tetto. E anche se nella realtà preferiremmo non doverci recare in ospedale, o aver bisogno dell'intervento della polizia o dei vigili del fuoco, le storie ambientate in uno di questi luoghi sono molto gradite agli estimatori del genere.



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È cominciato con telefilm come Colombo e Starsky & Hutch, e in seguito è andato in onda ER, e da allora i telefilm sui detective e sui medici si sono moltiplicati, tanto da indurre fan ed esperti a coniare diverse denominazioni per i vari generi: c'è il poliziesco, il giallo deduttivo, il thriller, che può essere anche declinato in "d'azione" o "tecnologico" o "legale", il noir, l'hard boiled, il giallo psicologico o storico... e dall'altra parte si possono distinguere almeno il medical thriller, il medical drama e la medical comedy. Molto più recenti invece sono le storie sui vigili del fuoco, ma non dubito che con il tempo vedremo in tutte le salse anche le vicende che riguardano loro.
Tanto per fare alcuni esempi dei vari generi, è un medical drama Grey's Anatomy, in cui le storie personali dei medici, specie quelle amorose, hanno tanta importanza e a volte anche di più dei pazienti che si susseguono nell'ospedale (intendo per lo spettatore). House invece si focalizza un po' più sulla diagnosi spesso impossibile per chiunque tranne che per il protagonista, che infatti è paragonato a un detective per come segue gli indizi e il ragionamento deduttivo. Scrubs invece è una serie prettamente comica, mentre l'adattamento per il grande schermo della storia vera di Patch Adams alterna momenti divertenti al altri più drammatici. In altri casi le storie ambientate in ospedale seguono il punto di vista dei pazienti, come accade nel film A un metro da te, con risvolti spesso drammatici, quando non si arriva ai toni da brivido dell'horror come in Trauma Center.
Anello di congiunzione tra le storie ambientate in ospedale e quelle che si svolgono in una stazione di polizia sono i medical thriller, con protagonisti i medici legali, come il romanzo L'allieva di Alessia Gazzola, o i tanti dedicati a Kay Scarpetta scritti da Patricia Cornwell, oppure i membri della polizia scientifica come si vede nella serie CSI. Collocati tra la stazione di polizia e il mondo esterno sono i film The Departed - Il bene e il male, tutto giocato sulla moralità grigia, su talpe e tradimenti; Da ladro a poliziotto, in cui proprio la stazione di polizia come edificio è fondamentale nella trama, dato che il ladro del titolo deve fingersi poliziotto per ritrovare il bottino nascosto quando il palazzo era ancora in fase di cantiere; e per citare anche un film di fantascienza, tra i tanti mi viene in mente un classico, Robocop, che come altri del genere immagina un futuro con una criminalità più violenta e i mezzi inventati per combatterla. Interamente ambientati nella stazione di polizia invece sono Una pura formalità sul versante più serio e drammatico, e La banda dei Babbi Natale che rappresenta un esempio comico, entrambi basati su un lungo interrogatorio con tanto di flashback dove necessario per giungere alla verità.
Sempre di flashback è composta la storia del vigile del fuoco intrappolato in un incendio nel film Squadra 49. Si alternano vicende personali e vita quotidiana di un gruppo di vigili del fuoco nel film Fire squad - Incubo di fuoco, mentre una versione nostrana e che non si prende troppo sul serio è quella presentata nel film comico I Pompieri.
Tante altre sarebbero le storie ambientate nei luoghi deputati alle emergenze, e ammetto di avere un po' trascurato i romanzi ma i telefilm in questo caso sono quelli che vengono più spesso in mente. Ma per ora mi fermo qua, e rinnovo l'appuntamento per giovedì prossimo... e chissà dove ti porterò! Ospedale, stazione di polizia o caserma di vigili del fuoco? Pazienta qualche giorno e lo scoprirai.

sabato 17 luglio 2021

Mistificare

Mistificare [mi-sti-fi-cà-re] v.tr. (mistìfico, mistìfichi ecc.) [sogg-v-arg] 1. Falsificare, alterare qualcosa. 2. Imbrogliare, raggirare qualcuno.

Etimologia: dal francese mystifier, "prendere in giro", composto dalla radice di mystère, "mistero", e dal suffisso -fier, che si può ricondurre al latino facere, "fare". Verbo coniato per indicare gli scherzi di cui era oggetto il commediografo Antoine-Henri Poinsinet, noto per la sua creduloneria.


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Mi aveva scelto per il mio aspetto, questo era più che evidente. Sapevo come apparivo agli occhi di un essere umano: un mostro spaventoso. Non lo ero in realtà, non più di chiunque altro, ma era quello il ruolo che lui mi aveva assegnato. E io lo odiavo, con tutto me stesso, ma non potevo fare altrimenti.
Odiavo essere costretto a mistificare la realtà in una parodia grottesca, e odiavo vedere la compassione della ragazza rivolta proprio all'aguzzino che ci aveva ingabbiati entrambi in una diabolica trama.
Non so quante volte avrei voluto calare la maschera, dirle la verità, impedirle di commettere l'enorme errore che stava per fare. Ma era impossibile.
Anche se avessi potuto spezzare il controllo che lui aveva su di me, anche se non fossi stato una marionetta nelle sue mani, lei non mi avrebbe mai creduto. Non dopo tutto il male che le avevo fatto con parole taglienti, non dopo che aveva visto il sangue sulle mie mani, non dopo che lo aveva sentito urlare di dolore, proprio lui che non era in grado di provare niente.
Mistificati da un teatrino abilmente costruito, i suoi sentimenti e la sua fiducia erano riposti nella persona sbagliata. Sapevo a quale conclusione avrebbe condotto tutto questo: alla fine, la ragazza avrebbe trovato il coraggio di ribellarsi a me, a colui che considerava il cattivo, e avrebbe rifiutato lo scambio che ero stato obbligato a proporle per consegnare il potere di cui disponeva nelle mani di una falsa vittima, credendo in questo modo di salvarla. Lo sapevo perché lui, ormai certo della vittoria, mi aveva confidato l'esito verso cui tendevano le sue macchinazioni. E così il male, fingendosi innocente, avrebbe trionfato.
L'unica cosa che non aveva considerato è che a volte, quando chi le muove si distrae, le marionette tagliano i fili e iniziano ad agire di testa propria.

giovedì 15 luglio 2021

L'ancella Besta Rei

Di templi ne ho molti, in varie ambientazioni, ciascuno dedicato a una o più divinità di pantheon inventati, o a un elemento, o ancora a una pratica divinatoria. Di tanti non ho nemmeno scritto sul blog, anche se in alcuni brani tra i personaggi ci sono i sacerdoti che li abitano. Meno frequenti sono le chiese, specie se appartenenti a una religione che esiste realmente, ma ogni tanto qualcuna fa capolino. Ancor meno scrivo di tombe, cripte o mausolei, anche se mi pare strano con tutti i vampiri che ho per personaggi. Comunque, almeno un caso, appartenente alla fantascienza, sono riuscita a trovarlo. Se ti va di leggere i brani sui luoghi della religione nel blog, eccoli qui:


Halleluia (http://lapiumatramante.blogspot.com/2016/12/halleluia.html)
Oniromanzia (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/01/oniromanzia.html)Crisma (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/04/crisma.html)
Eburneo (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/02/eburneo.html)
Difficile ritorno (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/09/difficile-ritorno.html)
Rubizzo (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/10/rubizzo.html)
Estraniare/Estraniarsi (http://lapiumatramante.blogspot.com/2021/02/estraniareestraniarsi.html)


Volevo appunto presentare il tempio di una sacerdotessa in esilio su cui ho già scritto due brani in questo blog, perciò ho pensato di dare un'occhiata al suo passato, prima che la sua città fosse distrutta e lei fosse in fuga in compagnia di un giovane arciere. E sono andata così indietro nel passato, da aver deciso di scrivere del suo inizio, quando ancora non era una sacerdotessa. Per farlo ho usato questo tappeto sonoro: Hellenic & Roman | Relaxing Ambience Music - The Temple of Apollo (https://www.youtube.com/watch?v=DyMNd-wA_Vk) di Roselight Moon.



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Posso descrivere con una sola parola il ricordo della mia prima visita al tempio di Endera: solenne. Naturalmente, all'epoca non lo avrei definito così. Avevo solo cinque anni, e non avevo parole per dire come mi sentissi in quel momento. Sapevo solo che tra le colonne alte e lisce, nel silenzio rotto da passi leggeri, da qualche bisbiglio e dall'occasionale tintinnio del sistro, c'era un'immensità che il mio giovane spirito non riusciva a comprendere. Il fumo dell'incenso, sospinto dal crepitio delle fiamme, mi riempiva le narici di un odore sconosciuto e misterioso, e che tuttavia rilassava le mie membra, e mi faceva sentire protetta, mi faceva sentire a casa. Camminavo a testa bassa, come se avessi già assorbito, senza comprendere come, la devozione di mia madre, delle ancelle e dei chierici, figure eteree, bellissime, nonostante le vesti semplici e i piedi scalzi. E la sacerdotessa, se mi avessero detto che era la Dea Endera in persona, non avrei stentato a crederlo tanto era soave la sua voce, austero il suo sguardo.
Anno dopo anno, mese dopo mese, io non aspettavo che quella visita, e alla processione rituale dei nove Dei protettori di Laeverth, io attendevo con più trepidazione, sopra tutti, la fila candida e composta proveniente dal tempio dedicato alla Dea Endera.
Solo con il tempo, con la maturità data dagli anni dell'adolescenza, compresi il valore di ciò su cui la Dea dei Messaggi e del Dovere presiedeva. E la mia risoluzione crebbe ancor di più. Molti dei miei coetanei non sapevano decidere dove prestare servizio durante il tradizionale Anno Donato che segnava il passaggio dalla fanciullezza all'età adulta. In quale tempio o in quale ramo delle forze armate avrebbero trascorso quei dodici mesi, per molti era una decisione da rimandare fino all'ultimo, un fastidio necessario, e non era raro che alla fine qualcun altro decidesse per loro, con il solo beneficio di poter scegliere se preferivano la via sacerdotale o quella militare.
Non era il mio caso. Io sapevo fin da giovanissima dove avrei voluto trascorrere quell'anno, ed ero certa che sarebbe stato solo il primo di molti a venire.
Quando finalmente indossai la veste candida e grezza da ancella, e fui accompagnata nelle celle spartane che costituivano gli alloggi del clero di Endera, c'erano altri due ragazzi con me, un maschio e una femmina. Loro non avevano scelto, loro erano stati assegnati. Il servizio a Endera non attirava molti giovani volontariamente, e chi poteva cercava di entrare nei templi più opulenti e gioiosi, quelli di Dei che governavano l'amore, la fortuna, la natura, la luce del sole. Quelli che restavano, gli indecisi, i ritardatari, finivano al tempio di Endera, o al servizio del dio dell'oltretomba.
I miei compagni si lamentavano in continuazione di dover camminare scalzi, o con solo una lieve fasciatura sui piedi a proteggerli; protestavano sottovoce per il letto scomodo e duro, per il freddo, per il cibo semplice, spesso uguale per più giorni di seguito, e per il lungo tempo passato in piedi in silenzio ad accompagnare i chierici, o inginocchiati durante le ore di preghiera. Sbigottirono nello scoprire che io, al contrario di loro, avevo scelto volontariamente ciò che loro vedevano come una tortura, e che non me ne sarei andata come intendevano fare loro, senza voltarsi indietro, al termine dell'anno prescritto.
Non potevano capire, ma io inspiravo il dolce aroma dell'incenso, e sapevo di essere a casa.

lunedì 12 luglio 2021

Chiese, templi e tombe

Avevo intenzione di unire questa sezione alla precedente sui castelli, dato che in qualche caso le storie hanno le stesse tematiche, ma alla fine ho deciso di scinderle perché in effetti le storie ambientate in edifici religiosi hanno delle peculiarità uniche e distinte da quelle dei luoghi del potere temporale in epoca medievale. E dunque, questa settimana visiteremo le chiese, i templi e le tombe nelle storie.



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Non si può immaginare una storia ambientata in una chiesa, un convento, un monastero, una cattedrale, o in qualunque altro luogo destinato a ospitare un ordine religioso escludendo appunto la componente legata alla religione nella storia. Anche quando tutta la vicenda non ruota attorno alla quotidianità della vita dei frati, come avviene nel film Marcellino pane e vino, la storia comunque non può esimersi dal presentare almeno in parte le abitudini dell'ordine religioso che abita quel luogo, con le limitazioni e le costrizioni imposte in particolare alle donne, rassegnate a sottostarvi o incapaci di sfuggire come nel romanzo Storia di una capinera di Giovanni Verga, oppure, in casi più rari, abbastanza scaltre da ricorrere al sotterfugio per aggirare le regole, come nel film La papessa. Non è un caso che entrambe le storie non abbiano un lieto fine, come non c'è per Esmeralda nel romanzo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo: in generale, come avviene anche nel film Uccelli di rovo, l'amor sacro e l'amor profano (o la lussuria, se non l'amore) sono sempre in antitesi, e quando si avvertono entrambi non va mai a finire bene. L'adattamento Disney del romanzo di Hugo, Il gobbo di Notre Dame, non conta perché in quel caso è stato cambiato apposta un personaggio (da arcidiacono a giudice) per evitare quello scontro, oltre a variare il carattere di alcuni personaggi che nel romanzo non facevano una bella figura. Nel cartone animato, infatti, il tema diventa "chi è il vero mostro?".
Restando nelle storie ambientate nelle chiese del passato, non manca il genere giallo, come il romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco, e quello horror, esemplificato tra i tanti dal film The Nun - La vocazione del male. Se invece la storia è ambientata ai giorni nostri, ecco che l'autore, come fa Dan Brown in Angeli e demoni, può tirare in ballo cospirazioni e rintracciare simbologie più o meno documentate e realistiche per complicare ulteriormente la storia.
Le vicende legate alla spiritualità dei luoghi religiosi e di chi li vive non sono esclusive del cristianesimo, infatti è possibile rintracciarle una storia ambientata nel luogo più spirituale al mondo, la nazione e il monastero dove risiede il Dalai Lama, come si vede nel film Sette anni in Tibet. Templi e monasteri orientali sono i luoghi in cui l'eroe della storia viene messo alla prova e ottiene un oggetto indispensabile per trionfare sui malvagi, come accade nel film Il bambino d'oro, o si addestra per acquisire capacità e poteri, come accade al Doctor Strange, a qualche versione di Batman e di Green Arrow. Ma non tutti i templi orientali sono dedicati a religioni e divinità benevole, e se il protagonista della storia è un famoso archeologo, c'è da scommetterci che oltre a trappole a non finire si troverà di fronte a un culto sanguinario nel film Indiana Jones e il Tempio Maledetto.
Per concludere, le ambientazioni di tipo religioso destinate alla fine della vita, come catacombe e cimiteri, fanno spesso da sfondo a storie horror, come avviene nel film Necropolis - La città dei morti e nel libro Pet Sematary di Stephen King. Fanno eccezioni le piramidi, che pur essendo di per sé tombe possono non essere trattate come tali nelle storie, e quindi fare da sfondo a film di fantascienza come Stargate, in cui la devozione religiosa è promossa da falsi dei, in realtà alieni, che le usano come punti di atterraggio per le loro astronavi; o in un film sempre di genere fantastico ambientati nel passato come Gods of Egypt, in cui gli dei sono reali ma templi e piramidi custodiscono i loro tesori e la fonte del loro potere.
Il mio viaggio tra le storie ambientate nei luoghi destinati alla preghiera e alla religione è finito, e penso già saprai che giovedì ne proporrò uno tratto dalla mia fantasia. Quindi, ti lascio, se vorrai, a completare l'elenco o a sfogliare o guardare alcune delle storie citate.

sabato 10 luglio 2021

Burbanzoso

Burbanzoso [bur-ban-zó-so] agg. Borioso, sprezzante, spocchioso.

Etimologia: da un antico bombanza, "giubilo, allegrezza", derivato dal provenzale bombansa e dal francese bombance, "frastuono". Probabilmente l'origine è dal latino bombus, "rumore, fracasso" e anche, in senso figurato, "millantazione".



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Avevo conosciuto Marco in prima elementare, e già allora era il tipo che spiccava in mezzo agli altri. Sembrava più grande, parlava a voce alta e sicura, anche agli adulti, e non abbassava mai lo sguardo. Era un tipetto burbanzoso, un capo, quello che aveva le idee e che diceva agli altri cosa fare.
Io lo ammiravo. Volevo essere come lui, ma ero tutto il contrario. Sembravo un moccioso dell'asilo, un tappetto paffuto e insignificante. Dovevo ancora svilupparmi, dicevano gli adulti. Io non vedevo l'ora di crescere. Il buco vuoto di un dente da latte caduto non aiutava a essere preso sul serio, a essere considerato da Marco, che ogni volta che aprivo bocca mi prendeva in giro. Così parlavo poco, a bassa voce, cercando di non farmi notare, anche se seguivo il mio idolo dappertutto. Mi prestavo a tutte le sfide che proponeva pur di farmi accettare. Arrampicarsi sul tetto del vecchio e sgangherato capanno? Certo. Fare l'imitazione della maestra in piedi sulla cattedra mentre lei stava per entrare in classe? Sicuro. Intascare un pacchetto di caramelle dal supermercato? Come no.
In seconda imitavo i suoi modi burbanzosi con i bambini più piccoli, anche se un po' mi sentivo a disagio a prenderli in giro come lui aveva fatto con me. Volevo disperatamente essere accettato nella sua cerchia e con il tempo, ci riuscii.
Però, anche quando fui dentro, non sembrava che fossi davvero uno di loro. Memore del tempo in cui poteva chiedermi di fare qualunque cosa e io ci sarei stato, Marco non aveva smesso di sfidarmi a compiere azioni pericolose, avventate o proibite, e se osavo obiettare sosteneva che avevo paura, che ero un fifone. E gli altri, dalla sua parte, ridevano.
Fu così anche il giorno che mi sfidò a entrare nella casa di Sara dei Sortilegi, l'inquietante ragazza che prevedeva il futuro, o così si diceva. Marco scommise che non sarei riuscito a restare in quel posto spaventoso neanche due minuti prima di scappare come il coniglio che ero.
Quella scommessa mi cambiò la vita.

giovedì 8 luglio 2021

La prigioniera

Scrivendo principalmente fantasy, nel corso degli anni castelli e torri si sono moltiplicati nei miei racconti. Qui ho deciso di riportarne solo alcuni, quelli ambientati effettivamente dentro il castello, o in cui l'edificio è una componente fondamentale. Compresi tra questi racconti c'è l'immancabile favola, e ciò che non ti aspetteresti mai: un brano di fantascienza. Eccoli qui:


Le tre sorelle (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/09/le-tre-sorelle.html)
Celiare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/02/celiare.html)
Mitridatizzare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/09/mitridatizzare.html)
Se avessi avuto un drago (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/11/se-avessi-avuto-un-drago.html)
Usurpare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/08/usurpare.html)
11 - Tower - Torre (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/07/11-tower-torre.html)
23 - Shell - Conchiglia (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/08/23-shell-conchiglia.html)


Ero molto indecisa tra quale castello o torre usare come luogo in questa storia. La prima idea è stata quella di scrivere di un gruppo di persone che durante una tempesta si rifugiano in un oscuro maniero, ma non ho trovato né l'immagine, né il tappeto sonoro adatto. Ho finito col lasciarmi guidare da ciò che avevo a disposizione, mettendo insieme la foto con questo tappeto sonoro: Castle Tower Common Room ASMR Study Ambience (https://www.youtube.com/watch?v=dC_9If-boH0) di Miracle Forest. Ed ecco il risultato.



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Un intero pomeriggio passato a studiare sul divanetto del salotto migliore di tutto il castello poteva non essere considerata una tortura per coloro che non vivevano a palazzo, ma per me era un'agonia insopportabile. Ero rimasta buona buona al mio posto, a leggere e scrivere sotto la sorveglianza attenta del mio mentore, che passeggiava avanti e indietro dalla porta al caminetto crepitante, per ore e ore finché tra uno sbadiglio e l'altro non mi ero addormentata, e l'inchiostro colato dalla punta della penna si era allargato in una brutta macchia che aveva coperto le mie ultime parole.
Il mentore, il signor Bambagia, mi aveva svegliato con un sonoro battito di mani, e io mi ero destata di soprassalto, rovinando ulteriormente la pagina trascritta.
– È così che vuole comportarsi la Speranza di Penterra? Come una bambina incapace di dominare il proprio corpo? – mi rimproverò il signor Bambagia. A dire il vero, "signor Bambagia" non era il suo nome, era solo il modo in cui lo chiamavo io. Era tanto aspro e spietato nel criticare me, con quel suo sorrisetto sarcastico, quanto era morbido e accondiscendente con se stesso. Trovavo insopportabile la sua ipocrisia, così afferrai Cipolla, la gatta che prestava servizio in cucina come cacciatrice di topi e che ogni tanto s'infilava ai piani superiori per godere delle raffinatezze che poteva trovare qui da noi, e me ne andai senza dire una parola. Dietro di me, avvertii la voce beffarda del mentore: – Buuu-huuu, la bambina adesso fa i capricci! Scappa, scappa, va' a rifugiarti sotto le sottane di tua madre!
Feci una smorfia, stringendo un po' di più al petto la gatta. Nessun altro nel castello osava rivolgersi a me con una tale mancanza di rispetto. Mi chiesi se mio padre lo sapesse, ma non andai da lui a lamentarmi, né lasciai che le parole taglienti del signor Bambagia mi richiamassero indietro. Proseguii, invece, verso il posto che preferivo di più in tutto il castello, il davanzale di una finestra del corridoio nell'ala sud.
Speranza di Penterra. Così mi chiamavano. La figlia primogenita dell'Imperatore, destinata a prendere il posto dell'anziana Arcimaga come guida della Torre di Magia. Mio fratello minore, l'unico maschio tra tante sorelle, sarebbe stato l'erede dell'impero di nostro padre, ma io non invidiavo la sua posizione almeno quanto non apprezzavo la mia. Il mio destino era segnato, già deciso da altri, che non avevano mai chiesto il mio parere. Fin da quando, piccolissima, ero stata messa alla prova e trovata idonea alla manipolazione delle forze magiche, non avevo avuto alcuna speranza di poter seguire un altro cammino nella vita.
Mi sedetti sul freddo davanzale di marmo, mi tolsi le scarpe e appoggiai la gatta in grembo. Cipolla miagolò, pretendendo coccole, e si accomodò come più le aggradava. Ecco una vita che valeva la pena vivere, pensai. Libera, senza nessuno che ti dica cosa fare e dove andare. Seguii con un dito le linee di piombo che separavano i tasselli colorati della finestra. Quanto avrei voluto poter attraversare quella sottile lastra, viaggiare per il mondo, vagare senza meta e conoscere i colori, i profumi, le creature che popolavano le altre terre!
Ma tutto ciò non era concesso alla Speranza di Penterra, lo sapevo bene. Cipolla miagolò la sua protesta quando l'accarezzai un po' troppo energicamente, in preda a cupi pensieri.
Il giorno in cui potrò lasciare il castello, lo farò solo per spostarmi da qui alla Torre. Da una prigione a un'altra prigione. Una prigione di cui con il tempo sarò la signora, d'accordo, però per il mio animo che anela a essere libero dalle costrizioni e dai doveri di quel ruolo, sarebbe comunque rimasta una prigione.

lunedì 5 luglio 2021

Ma che bel castello...

Una delle mete imperdibili in questo viaggio tra i luoghi delle storie, e che mi vergogno di aver tardato così tanto a presentare, è il classico castello delle fiabe e dei film e romanzi di ambientazione storica, ma non solo.



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Come ho scritto sopra, l'idea di un castello evoca immediatamente un'atmosfera fiabesca, e spesso le fiabe iniziano in un castello, come accade a Biancaneve, per poi proseguire altrove; oppure hanno come punto d'arrivo un castello, che pare sia compreso con il principe da sposare, come nella storia di Cenerentola; in altri casi, infine, il castello è l'ambientazione principale della fiaba, ed è così per La Bella e la Bestia. Tra i castelli si possono annoverare anche le torri, anche nel caso in cui siano isolate invece di essere collegate da mura a costruire una fortificazione, e dunque le storie che le contengono spaziano dal descriverle come prigioni (Rapunzel) all'identificarle come posti speciali e dimore di potenti maghi, o di sovrani del mondo intero (da Isengard, la fortezza di Saruman il Bianco, e la Torre Oscura di Sauron nella trilogia de Il Signore degli Anelli di J. R. R. Tolkien, alla Torre d'Avorio dell'Imperatrice Bambina nel romanzo La storia infinita di Michael Ende). Forse per quell'altezza che allo stesso tempo isola e avvicina al cielo, la torre nelle storie simboleggia spesso un potere irraggiungibile per il popolo che vive a contatto con la terra.
Ma torniamo ai castelli completi, quelli classici con più di una torre e mura di cinta e, spesso, un ponte levatoio su un fossato. Quando la storia è ambientata nel passato, in particolare attorno all'epoca medievale, è quasi impossibile non vedere almeno uno scorcio di un castello, ma in alcuni casi i castelli diventano l'ambientazione principale. Accade nel film Ladyhawke, girato in più di un castello e borgo italiano, ma anche in Braveheart - Cuore impavido, e nel film Ironclad, che racconta proprio di un assedio a un castello. Per quanto riguarda i libri, mi viene in mente la fortezza in cui è ambientato il romanzo Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, con il suo tempo immobile passato in attesa di una battaglia che non arriva.
Avvicinandoci all'epoca moderna, una storia ambientata almeno in parte in un castello può avere risvolti inquietanti a causa della natura del suo proprietario, come avviene in Dracula di Bram Stoker e nelle sue varie trasposizioni su pellicola. O per i fatti che avvengono tra le sue mura, come nel caso del film Il pozzo e il pendolo. Infine, non bisogna dimenticare le tante storie in cui i castelli sono infestati da fantasmi, sebbene non tutte siano spaventose: in alcune, il fantasmino può risultare amichevole come il simpatico Casper.
Per concludere mi va di ricordare tre castelli particolari: Hogwarts, pieno di passaggi segreti, fantasmi e stanze misteriose, riconvertito in scuola per maghi nell'universo di Harry Potter raccontato da J. K. Rowling; il castello di ghiaccio evocato da Elsa nel film Disney Frozen - Il regno di ghiaccio, altamente scenografico, che muta riflettendo le sue emozioni; e Il castello errante di Howl, forse il più strano tra tutti i castelli per quel suo gironzolare perenne su "zampette" che sembrano troppo sottili per poterlo reggere.
Tanti altri sono i castelli che fanno da sfondo alle storie, ma io per ora mi fermo qui. Giovedì ne presenterò uno che viene dalla mia fantasia, fino al allora ti lascio a leggere (o vedere) i castelli altrui.

sabato 3 luglio 2021

Livore

Livore [li-vó-re] s.m. Sentimento di invidia o di rancore.

Etimologia: dal latino livórem, derivato da livère, "essere di colore giallo-plumbeo".



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Ero cambiata da appena due anni quando incontrai Jennifer. All'epoca avevo l'abitudine di infiltrarmi nei locali notturni mescolata al personale, spesso grazie alla complicità delle donne che avevo aiutato.
Jennifer non era come loro.
Fin dalla prima volta che la vidi capii che era diversa. Non era vuota e spaventata come le vittime a cui avevo concesso la mia giustizia. Certo, c'era stata rabbia anche in loro, rabbia per non essere state ascoltate, per essere state messe alla gogna al posto dei colpevoli; ma Jennifer era colma di un livore feroce che le deformava il volto e ingobbiva la postura in una posa d'attacco. Pareva che volesse fare a pugni con il mondo.
La sua voce non era tra le suppliche addolorate che sentivo giungere in ogni istante, le preghiere alla Madre che raccoglievo ed esaudivo.
Lei venne da me non per chiedere, bensì per pretendere.
– Dicono che tu sia quella vendicatrice, Mary Autumn.
L'affermazione mi sorprese. Usavo un altro nome al lavoro, e avevo persino mutato il mio aspetto dopo aver imparato a farlo l'estate precedente.
Una delle ragazze aveva parlato.
– Mi confondi con una leggenda – ribattei, raccogliendo le mie cose. Aveva atteso l'orario di chiusura per avvicinarmi: non voleva testimoni di ciò che stava per dire.
– Oh no, non fare la finta tonta. Io so che tu sei lei. Sei quella che punisce gli uomini che si sono comportati male. Li fai sparire, o li ammazzi... che cosa ne fai, sinceramente non mi interessa. Puoi anche mangiarteli per quanto mi riguarda. – Jennifer capì che non le stavo dando retta, perciò mi afferrò per un gomito. – Tu devi farlo al mio ex!
Mi voltai e le rivolsi uno sguardo gelido. – Devo? – Liberai il braccio e mi allontanai. Lei mi seguì perorando la sua causa, alzò la voce e minacciò e insultò.
Avevo già visto quell'atteggiamento. Era lo stesso livore che prendeva gli uomini che conducevo nella foresta, quando capivano che a dispetto delle apparenze ero io quella più forte, e avrei fatto di loro ciò che volevo.

giovedì 1 luglio 2021

La prima uscita di Talon

Cercando i brani che riguardano i luoghi di commercio, mi sono resa conto che qui sul blog prevalevano le situazioni di mercato all'aperto con bancarelle, in pieno stile fantasy, o anche in racconti più realistici in caso di mercatini dell'usato. Poche le citazioni di botteghe, completamente assenti i supermercati e i centri commerciali. Ad ogni modo, se vuoi leggere i brani ambientati al mercato (più uno su una bottega del fabbro) che ho scritto per il blog sono questi:


Sentirsi (http://lapiumatramante.blogspot.com/2016/11/sentirsi.html)
Dopo la pioggia (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/12/dopo-la-pioggia.html)
Halle (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/01/halle.html)
Personaggio: Tia Midsummer (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/03/personaggio-tia-midsummer.html)
Homunculus (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/06/homunculus.html)
Personaggio: mutaforma senza nome (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/06/personaggio-mutaforma-senza-nome.html)
La soffitta (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/03/la-soffitta.html)


Come ho scritto mi manca un supermercato, quindi ho cercato apposta un paio di personaggi da mandare a fare la spesa dietro un carrello, e dato che mi piace mettere in difficoltà questi disgraziati (rende il tutto più interessante!), ho pensato che almeno uno dei due dovesse essere un tipetto particolare e un po' fuori posto in una situazione così quotidiana... Per scrivere il racconto ho usato come tappeto sonoro Grocery Store (Supermarket) Ambience Sounds (https://www.youtube.com/watch?v=tojdQqem-5I) di Ambient City.



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Avevo sbagliato a dire a Talon che gli umani del mio mondo non erano cattivi. Le volte precedenti, quand'ero sbarcata per fare rifornimento di viveri e acqua, oltre che per le necessarie riparazioni in seguito ai suoi disastrosi "miglioramenti" apportati senza il mio permesso a Sabrina, la mia barca, Talon se n'era rimasto rintanato in cabina, abbastanza spaventato da non osare nemmeno sbirciare fuori quando qualcuno saliva a bordo per valutare i danni che il gremlin della Terra del Vapore aveva causato. Ovviamente, non dicevo mai che a causarli era stato un gremlin della Terra del Vapore: anche se potevo dimostrare che dicevo il vero, sfidando i suoi artigli ricurvi per trascinare fuori Talon dal suo nascondiglio, non mi andava di esporlo alle sue paure e alla curiosità di un estraneo.
In fondo, almeno un po', più che un ospite indesiderato stavo cominciando a considerarlo un amico.
Perciò, per rassicurarlo, gli avevo detto che gli umani del mio mondo non erano cattivi come quelli del suo, e che non gli avrebbero fatto del male, se lui cercava di apparire amichevole e si impegnava a non smontare nulla. Avevo fatto male, molto male a dirglielo, e lo capii al successivo attracco.
– Voglio venire con te – mi disse Talon, quando scesi sottocoperta a chiedergli se voleva qualcosa di particolare da mangiare. Pur essendo una creatura non umana proveniente da un'altra dimensione, sembrava non avere esigenze diverse da quelle di un normale essere umano in fatto di dieta, perciò la spesa non mi risultava troppo difficile, e la mia di solito era solo una domanda di rito, giusto per cortesia. Quella volta, mi bloccai di fronte alla sua risposta.
– Hai detto che gli umani del tuo mondo non sono cattivi, giusto? Quindi sono come te.
Feci una smorfia. Dal non attaccare a vista un gremlin, cosa che comunque io avevo fatto quando Talon era letteralmente sbucato dal cielo all'improvviso sopra la mia barca, all'accettare senza battere ciglio una strana creatura semiumana, di differenza ne passava. Guardai le sue zampe squamose dalle tre lunghe dita, che ogni volta mi ricordavano quelle di un dinosauro da film, poi le sue grandi ali telate da pipistrello, e infine le sue unghie nere, lunghe e ricurve, alle dita di una mano che per il resto pareva normale.
– D'accordo – gli dissi, non troppo sicura che quell'esperienza non si sarebbe rivelata disastrosa quanto qualunque altra che lo coinvolgeva. – Ma devi vestirti come dico io, non toglierti niente di dosso, non cercare di costruire niente e... seguire qualche semplice regola.
Un'ora dopo, intabarrato in un lungo impermeabile, con stivali troppo grandi ai piedi e le mani ficcate nelle tasche, Talon mi stava appresso, la testa bassa e un cappello calcato fin sotto le orecchie. Si guardava attorno con occhiate smarrite, ancora troppo timoroso delle innocue famigliole di turisti che vagavano tra i corridoi del piccolo supermercato. Che quella paura non l'avesse abbandonato del tutto, nonostante l'atto di coraggio che lo aveva spinto tra la gente, era un buon segno. Almeno ero sicura che Talon non avrebbe trasgredito alle regole che gli avevo fatto quasi imparare a memoria.
Non prendere nulla dagli scaffali o dai carrelli degli altri. Se voleva qualcosa, doveva dirmelo.
Non mangiare nulla, non aprire nessuna confezione, nemmeno ciò che avevamo già sul carrello, finché non fossimo tornati alla barca.
Non parlare con le altre persone, e non allontanarsi troppo da me.
C'era da dire che, se lui fissava la gente che ci oltrepassava spingendo altrove il proprio carrello, la gente fissava lui. Fortunatamente, nonostante fosse estate, la giornata era sufficientemente uggiosa da giustificare il suo abbigliamento. Quello che non avevo considerato era il suo modo di parlare, con un accento in cui si mescolavano varie inflessioni regionali provenienti da zone d'Italia troppo distanti, così che la sua voce suonava come una parodia da parte di qualcuno che non avesse ancora deciso quale dialetto imitare. Io non ci facevo ormai più caso, ma mi resi conto di quanto fosse buffo quando una madre con il pupo nel seggiolino del carrello ci passò accanto, e rise quando lo udì dichiarare: – Non avevo mai visto un umano così piccolo!
Gli diedi una gomitata e roteai gli occhi. Fortuna che una singola frase bizzarra non era sufficiente per far sospettare a quella donna di essersi trovata a tanto così da un gremlin della Terra del Vapore. Proseguimmo tra il brusio dei clienti e il cigolio delle ruote del carrello, con Talon che ogni tanto accennava a un sacchetto di patatine, o a una latta formato famiglia di fagioli, o a una bottiglia di vinaigrette, evidentemente attirato più dalla forma, dai colori e dal materiale della confezione che dal contenuto. A qualcuna delle sue richieste cedevo, ma per le più strane gli spiegavo di che cosa si trattava e perché non ne avevamo bisogno. E ogni volta sospiravo, pensando che a quel ritmo la spesa sarebbe durata in eterno. Tra una sosta e l'altra, tra uno sguardo curioso dato e uno ricevuto, eravamo quasi alle casse quando sopra le nostre teste risuonò un bip elettronico seguito dalla voce dell'annunciatrice, e vidi Talon trasalire e stringersi di più a me. Ma giusto per un istante, perché subito dopo i suoi occhi si accesero di quella luce che mi faceva sempre presagire qualcosa di non troppo bello per la strumentazione della mia barca. E Talon prese a tartassarmi di domande.
– È un'invenzione, vero? Mi spieghi come funziona? La voce esce da là, ma da dove viene? Se mi lasci, solo per poco tempo, volare fino a lassù forse posso trovare un tubo o qualcosa del genere... Dai, Rachele, posso? Posso, dai?
Talon fissava un altoparlante sul soffitto, a testa alta, dimentico di ogni timore, tanto che le ali gli si agitavano sotto all'impermeabile. Per scongiurare il disastro, lo presi sottobraccio e gli sussurrai: – No, non puoi. Ma se fai il bravo, dopo passiamo da una parte e ti prendo un'invenzione che hai il permesso di smontare e rimontare come ti piace, tutte le volte che vuoi.
Ringraziai mentalmente di conoscere l'ubicazione di un robivecchi in quel porto, dove avrei potuto procurarmi per pochi spiccioli qualche vecchio orologio malandato o qualcos'altro contenente ingranaggi sufficienti a tenerlo occupato per qualche giorno. La proposta calmò Talon, che si concesse solo una piccola, innocua trasgressione quando, al momento di passare gli articoli in cassa, rivolse la parola alla cassiera per chiederle con insistenza che cosa stava facendo, e come funzionasse l'invenzione che stava usando; e se la poveretta seppe rispondere alle prime domande, scoprì poi di non riuscire a soddisfare la curiosità di quel cliente dalla parlata bizzarra quando le domandò di spiegargli più a fondo i meccanismi tramite i quali i prezzi venivano letti, stampati sullo scontrino e sommati.
L'espressione di Talon, quando uscimmo, era perplessa. – Come si può usare un'invenzione senza sapere com'è fatta e come funziona? E se si rompe, come farà ad aggiustarla?
Mi venne da ridere. Non avevo mai spiegato al gremlin della Terra del Vapore che quella era la norma nel nostro mondo, e che era per quel motivo che chiamavo sempre persone più esperte di me per aggiustare Sabrina quando lui la rompeva.