giovedì 8 luglio 2021

La prigioniera

Scrivendo principalmente fantasy, nel corso degli anni castelli e torri si sono moltiplicati nei miei racconti. Qui ho deciso di riportarne solo alcuni, quelli ambientati effettivamente dentro il castello, o in cui l'edificio è una componente fondamentale. Compresi tra questi racconti c'è l'immancabile favola, e ciò che non ti aspetteresti mai: un brano di fantascienza. Eccoli qui:


Le tre sorelle (http://lapiumatramante.blogspot.com/2017/09/le-tre-sorelle.html)
Celiare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/02/celiare.html)
Mitridatizzare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/09/mitridatizzare.html)
Se avessi avuto un drago (http://lapiumatramante.blogspot.com/2018/11/se-avessi-avuto-un-drago.html)
Usurpare (http://lapiumatramante.blogspot.com/2019/08/usurpare.html)
11 - Tower - Torre (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/07/11-tower-torre.html)
23 - Shell - Conchiglia (http://lapiumatramante.blogspot.com/2020/08/23-shell-conchiglia.html)


Ero molto indecisa tra quale castello o torre usare come luogo in questa storia. La prima idea è stata quella di scrivere di un gruppo di persone che durante una tempesta si rifugiano in un oscuro maniero, ma non ho trovato né l'immagine, né il tappeto sonoro adatto. Ho finito col lasciarmi guidare da ciò che avevo a disposizione, mettendo insieme la foto con questo tappeto sonoro: Castle Tower Common Room ASMR Study Ambience (https://www.youtube.com/watch?v=dC_9If-boH0) di Miracle Forest. Ed ecco il risultato.



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Andrea Piacquadio from Pexels


Un intero pomeriggio passato a studiare sul divanetto del salotto migliore di tutto il castello poteva non essere considerata una tortura per coloro che non vivevano a palazzo, ma per me era un'agonia insopportabile. Ero rimasta buona buona al mio posto, a leggere e scrivere sotto la sorveglianza attenta del mio mentore, che passeggiava avanti e indietro dalla porta al caminetto crepitante, per ore e ore finché tra uno sbadiglio e l'altro non mi ero addormentata, e l'inchiostro colato dalla punta della penna si era allargato in una brutta macchia che aveva coperto le mie ultime parole.
Il mentore, il signor Bambagia, mi aveva svegliato con un sonoro battito di mani, e io mi ero destata di soprassalto, rovinando ulteriormente la pagina trascritta.
– È così che vuole comportarsi la Speranza di Penterra? Come una bambina incapace di dominare il proprio corpo? – mi rimproverò il signor Bambagia. A dire il vero, "signor Bambagia" non era il suo nome, era solo il modo in cui lo chiamavo io. Era tanto aspro e spietato nel criticare me, con quel suo sorrisetto sarcastico, quanto era morbido e accondiscendente con se stesso. Trovavo insopportabile la sua ipocrisia, così afferrai Cipolla, la gatta che prestava servizio in cucina come cacciatrice di topi e che ogni tanto s'infilava ai piani superiori per godere delle raffinatezze che poteva trovare qui da noi, e me ne andai senza dire una parola. Dietro di me, avvertii la voce beffarda del mentore: – Buuu-huuu, la bambina adesso fa i capricci! Scappa, scappa, va' a rifugiarti sotto le sottane di tua madre!
Feci una smorfia, stringendo un po' di più al petto la gatta. Nessun altro nel castello osava rivolgersi a me con una tale mancanza di rispetto. Mi chiesi se mio padre lo sapesse, ma non andai da lui a lamentarmi, né lasciai che le parole taglienti del signor Bambagia mi richiamassero indietro. Proseguii, invece, verso il posto che preferivo di più in tutto il castello, il davanzale di una finestra del corridoio nell'ala sud.
Speranza di Penterra. Così mi chiamavano. La figlia primogenita dell'Imperatore, destinata a prendere il posto dell'anziana Arcimaga come guida della Torre di Magia. Mio fratello minore, l'unico maschio tra tante sorelle, sarebbe stato l'erede dell'impero di nostro padre, ma io non invidiavo la sua posizione almeno quanto non apprezzavo la mia. Il mio destino era segnato, già deciso da altri, che non avevano mai chiesto il mio parere. Fin da quando, piccolissima, ero stata messa alla prova e trovata idonea alla manipolazione delle forze magiche, non avevo avuto alcuna speranza di poter seguire un altro cammino nella vita.
Mi sedetti sul freddo davanzale di marmo, mi tolsi le scarpe e appoggiai la gatta in grembo. Cipolla miagolò, pretendendo coccole, e si accomodò come più le aggradava. Ecco una vita che valeva la pena vivere, pensai. Libera, senza nessuno che ti dica cosa fare e dove andare. Seguii con un dito le linee di piombo che separavano i tasselli colorati della finestra. Quanto avrei voluto poter attraversare quella sottile lastra, viaggiare per il mondo, vagare senza meta e conoscere i colori, i profumi, le creature che popolavano le altre terre!
Ma tutto ciò non era concesso alla Speranza di Penterra, lo sapevo bene. Cipolla miagolò la sua protesta quando l'accarezzai un po' troppo energicamente, in preda a cupi pensieri.
Il giorno in cui potrò lasciare il castello, lo farò solo per spostarmi da qui alla Torre. Da una prigione a un'altra prigione. Una prigione di cui con il tempo sarò la signora, d'accordo, però per il mio animo che anela a essere libero dalle costrizioni e dai doveri di quel ruolo, sarebbe comunque rimasta una prigione.

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