lunedì 30 luglio 2018

La ragazza che suona il piano

(racconto ispirato alla Sfida numero 2. Ho scelto di provare il livello difficile, per guadagnarmi la Piuma di Merlo d'oro)
 
 
Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.

 
L'avevo vista da molto prima che venisse a picchiettare con l'indice sulla mia spalla. Non ero andato da lei perché ero curioso: ce l'avrebbe fatta ad avvicinarsi prima che suonasse la campanella?
E inoltre, le ragazze che guardavo io erano di un tipo diverso.
– Emh... ciao! – mi ha detto appena mi sono voltato.
– Ciao.
– Ti ricordi di me?
– Certo. Sei quella che mi è venuta addosso in corridoio. Niente di rotto, spero?
Lei è diventata rossa e ha scosso la testa. Ha rigirato il cellulare tra le mani. Non staccava gli occhi dal display. Pensavo che non avrebbe più detto una parola dopo che le avevo ricordato dell'incidente, perciò ne ho approfittato per presentarmi. – Lo so che non c'è stato il tempo in quel momento, ma... rimediamo ora? Io mi chiamo Leonardo, e tu?
– Do! – ha risposto lei. O almeno, per qualche secondo ho pensato che quella fosse la sua risposta, per quanto stramba, finché non mi ha spiegato: – C'è una nota musicale nel tuo nome. Do.
– Ah, sì, giusto! Non ci avevo mai fatto caso. – Ho visto allora che aveva una chiave di violino legata al collo, così le ho indicato la collana e le ho chiesto: – Ti piace la musica?
Ha annuito e ha stretto il pendente con una mano. – Suono il pianoforte.
– Che coincidenza! Io la chitarra elettrica. Suono con degli amici. Niente di serio, siamo un gruppo di casinisti rock ma... ci divertiamo.
Mi è venuto da ridere. Lei non ha riso con me. Ho visto che guardava il telefono e poi si guardava attorno. Sul display c'era l'ora.
– Ehi, se devi andare, vai pure. Io ho i miei amici che mi aspettano. – Le ho indicato i tre idioti che si erano allontanati quando lei era venuta a salutarmi. Stavano sulla soglia dell'aula, a ridere e a sgomitarsi come dei deficienti.
Lei mi ha fissato con una smorfia triste. Se all'inizio pensavo che mi avesse avvicinato perché le piacevo, a quel punto non avevo la minima idea di che cosa volesse da me.
– Senti... – ha cominciato lei. La campanella ha suonato. Lei ha alzato la voce per farsi sentire, ma per capirla mi sono dovuto avvicinare lo stesso. – Ci... ci scambiamo il numero di telefono... vuoi?
– Ah, sì, certo!
Le ho dettato il mio numero. Lei lo ha salvato, poi mi ha fatto uno squillo per passarmi il suo. Solo a quel punto mi sono reso conto che ancora non sapevo il suo nome. – Scusa, com'è che ti chiami? A meno che non vuoi che ti salvo come "la ragazza che suona il piano"...
– Alessia! – ha risposto subito lei. – Alessia Bentivoglio. Allora, emh... ci sentiamo! – ha detto, agitando il telefono mentre mi sorrideva.
L'ho guardata voltarsi e correre via, finché non è sparita dietro l'angolo del corridoio. Era carina. Non bella come le ragazze a cui andavo dietro io, e stramba, ma... carina.
Alessia Bentivoglio.
Lì per lì non avevo capito se mi aveva detto il suo cognome o fatto una dichiarazione.
Adesso che la conosco meglio mi rendo conto che forse era un po' tutt'e due.

sabato 28 luglio 2018

Forra

Questa è un'altra di quelle parole specifiche per una determinata ambientazione ma adatta per racconti di qualunque genere, dallo storico, al fantasy, al post-apocalittico...

Forra [fór-ra] s.f. geogr. Gola stretta tra pareti rocciose ripide.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Viktor Vincej from Pexels


Per questo brano ho ripreso i personaggi di Uadi. È passato qualche anno, sono cresciuti (ma non così tanto), e le pareti di roccia continuano a essere la loro fonte di guai.


– Maa! – invocò la voce lamentosa di Hilo. È mio fratello, o almeno credo: in questo mondo, sono le certezze che ti fregano. Perciò avevo deciso che era meglio dubitare, soprattutto di ciò che sembrava troppo bello per essere vero. Come del fatto che un adulto prima o poi sarebbe rimasto con noi, che non ci avrebbe abbandonato e non sarebbe morto come la mamma e gli altri. – Maa! – ripeté Hilo. Sbuffai.
Pigiata tra le pareti della forra, urlai: – Sto bene! – Avevo solo qualche graffio. Io e Hilo avevamo visto di peggio.
Faticai nel recuperare il pupazzo che era scivolato con me. Lo aveva fatto Josef, uno di quelli che erano rimasti per un po'. Hilo diceva che era un coniglio, ma io non ero certa che gli assomigliasse molto.
Mi alzai. I graffi sulle ginocchia bruciarono. In alto, scorsi il visino di Hilo.
– Sta' lontano dal bordo! – gridai. Non volevo che finisse anche lui in quella trappola.
Le pareti della forra non erano alte. Abbastanza vicine da poterle scalare, puntellandosi all'una e all'altra. Ma giunti alla sommità la distanza aumentava, e avevo già constatato come la roccia friabile si sbriciolasse tra le dita.
Ero caduta bene la prima volta. Se ci fosse stata una seconda, sapevo di non poter essere così fortunata.
Guardai a destra. Da quella parte la forra sembrava proseguire all'infinito, con le pareti di roccia che si facevano sempre più strette.
Guardai a sinistra. Una curva nascondeva il percorso, che però sembrava in salita.
– Maarit? – chiamò Hilo. La paura gli incrinava la voce.
– Sì, sono ancora qui! – risposi, e cominciai a strisciare verso la curva. Non sapevo quanto a lungo avrei dovuto camminare per trovare il modo di risalire, e non potevo lasciare Hilo da solo. Mi venne un'idea. – Hilo, segui la mia voce! Non troppo vicino al bordo, ma seguimi, fa il bravo bambino... E parlami, fammi sentire che ci sei, capito, Hilo?
Era molto rumoroso, ma era l'unico modo che avevamo per tenerci in contatto. L'ultima cosa che volevo era che qualcun altro ci sentisse.

giovedì 26 luglio 2018

Le tre cose che ho imparato sulla revisione

Ho iniziato il mio approccio alla scrittura narrativa prima dei corsi promossi dalle biblioteche, prima dei manuali per tutti i gusti e tutti i generi, prima dell'epoca dei social network con i gruppi di scrittori che domandano e si aiutano a vicenda, prima degli articoli e dei video facilmente rintracciabili su internet. Ho iniziato da sola, e ho imparato, per necessità, strada facendo. E ho scoperto solo in seguito che le soluzioni a cui sono arrivata da autodidatta sono adottate e consigliate anche da scrittori di professione. Quindi non sono poi tanto assurde, no?

Oggi mi va di parlare della revisione di un testo. Queste sono le tre cose più importanti che ho imparato riguardo alla correzione e riscrittura di una storia.

1. Fai correggere il tuo testo a qualcun altro


Soprattutto se è la tua prima volta e sei completamente a digiuno per quanto riguarda questa parte fondamentale della scrittura, è preferibile dare il tuo testo in mano a qualcun altro che ne possa vedere i punti deboli, e il modo di sistemarli, meglio di quanto riesca a fare tu. Se non conosci di persona qualcuno che sia esperto e di cui ti fidi, esistono varie alternative. Oggi è molto facile mettersi in contatto con un professionista del settore e in alcuni casi sarà possibile anche chiedere qualche pagina di prova gratuitamente prima di affidarti, se intendi farlo, completamente a lui o a lei. Oppure puoi entrare in uno di quei gruppi di cui scrivevo sopra, condividere un pezzo problematico e chiedere un parere su cosa c'è da aggiustare.

Io, all'epoca, non avevo che una zia con la qualifica di avida lettrice e membro della famiglia più istruito. Quel tipo di parente che "era brava, avrebbe potuto fare l'insegnante". Le passai le mie prime opere, e attesi con impazienza che me le restituisse costellate da segni rossi. Quello è stato il mio punto di partenza, il mio libro di testo da studiare. Guardavo quali aggettivi e avverbi toglieva, come rigirava una frase spostando un inciso per renderla più scorrevole, come spezzava i periodi troppo lunghi, come ridisegnava la punteggiatura. Non è detto che accettassi tutto acriticamente (sulla censura ero molto perplessa, ad esempio, e dopo aver letto On Writing di Stephen King ho la forza e le motivazioni per ribattere che allora non avevo), ma se ne parlava: perché hai segnato questo, come mai qui hai cambiato... ed è con un simile atteggiamento che ho cercato di affrontare ogni commento e proposta di modifica ai testi che ho portato in seguito ai corsi e ai laboratori di scrittura. Per capire se quel tipo di correzione poteva entrare a far parte del mio repertorio.

Oggi, quando trovo una frase che non mi convince, se non riesco a capire subito quale parte mi dà questa sensazione posso provare ad aggiustarla in tutti i modi che ho appreso, ed è come se mia zia, le mie colleghe di scrittura, gli insegnanti e gli sconosciuti dei gruppi nei social network fossero lì ad aiutarmi nel processo di revisione. Ho imparato tanto, e non sono sola.

2. Leggi ad alta voce 


Non mi stancherò mai di ripetere quanto la lettura ad alta voce possa migliorare la tua capacità di rifinire un testo. Leggere ad alta voce ti aiuta a:
  • scovare i refusi sui quali in una lettura silenziosa la tua mente sorvola: lettere doppie, mancanti, invertite, parole scritte due volte di seguito e tutti gli altri banali errori di distrazione;
  • individuare le ripetizioni e scoprire quando sono utili per rimarcare un concetto, quando non si notano e quando invece sono fastidiose;
  • sentire il ritmo di una frase, se è così lunga e senza pause da lasciarti senza fiato, o se è troppo simile alle altre che l'hanno preceduta, tanto da creare una sequenza sempre uguale, monotona;
  • allo stesso modo è interessante ascoltare la melodia di una frase, come si combinano le parole, se è facile leggerle una di seguito all'altra o se creano una sequenza cacofonica che ti allappa la lingua e ti impedisce di proseguire;
  • capire la voce dei personaggi in un dialogo, se le loro battute sono facilmente identificabili anche senza arrivare alla frase fuori dalle virgolette o dai trattini che rivela chi parla, e se esprimono le emozioni che dovrebbero in quel particolare frangente;
  • comprendere se ti stai dilungando in una parte del testo che potresti invece tagliare o riscrivere in modo diverso: se ti annoia leggerla ad alta voce, se non ti entusiasma, se un po' te ne vergogni, forse c'è qualcosa che non va, da sistemare, o almeno su cui rifletterci sopra.
Tutto il testo può beneficiare da una lettura ad alta voce. Leggendo ad alta voce puoi rendere più concitate le scene d'azione e più poetiche e musicali le descrizioni, ma è il dialogo soprattutto che ottiene quella marcia in più che altrimenti non avrebbe. Una delle difficoltà che ho sentito esprimere più spesso è quella di creare dialoghi interessanti, in cui i personaggi parlino in modo diverso, ciascuno alla sua maniera. Leggere un dialogo ad alta voce come fosse una sequenza di battute teatrali, provando a "fare la voce" che immagini per i tuoi personaggi, ti aiuterà enormemente a capire se quella sequenza di parole è adatta per quella voce. Perché dopo un po' ti verrà spontaneo, e scoprirai di poter prendere una battuta a caso e dirla nella voce giusta, e che laddove la voce "non viene", c'è qualcosa da riscrivere. Giusto un esempio, per farti capire: una volta iniziai a leggere una battuta in una voce femminile, salvo poi ritrovarmi di fronte a un "disse tizio". Se la battuta di un uomo può essere scambiata per quella di una donna, c'è evidentemente qualcosa che non va in come è formulata.

3. Leggi (i libri degli altri) con occhi da scrittore


Ora ti devo confessare di averti imbrogliato, perché questo punto, in realtà, vale doppio: leggi i libri belli con occhi da scrittore, e leggi i libri brutti con occhi da scrittore. E in entrambi i casi, prendi appunti.

Alla parte positiva di questo consiglio ci sono arrivata prima. Mi è capitato quando ho scovato un libro che aveva esattamente ciò che volevo inserire nel romanzo su cui stavo lavorando, ovvero una rappresentazione intensa di sensazioni a livello fisico, anche di un tipo che non rientra nella normale gamma dell'esperienza umana. L'ho preso, l'ho riletto, l'ho smontato. Come l'autore (o il traduttore in quel caso) usava gli aggettivi, quali verbi sceglieva, su che cosa focalizzava l'attenzione del lettore. Prima ancora di sapere cosa fosse lo "show, don't tell", lo stavo analizzando per cercare di capire come replicarlo.

Questo è stato il mio caso. Il tuo potrebbe essere il dialogo, o la descrizione, o la struttura della trama. Trova un libro che contenga ciò che ti serve inserire nel tuo stile, o l'elemento in cui senti di avere delle lacune. Impara come lo affronta un autore affermato e cerca di capire, non come imitarlo (può andare bene all'inizio, ma poi devi andare oltre la mera imitazione), bensì come rifarlo con parole tue.

La parte al negativo di questo consiglio è molto più recente, e probabilmente mi deriva anche dall'esperienza di correzione di gruppo portata avanti durante i corsi e i laboratori di scrittura, e soprattutto durante la stesura a dieci mani di Trame x 5. Funziona sul principio che è molto più facile notare i problemi in uno scritto altrui piuttosto che nel proprio. E non è nemmeno necessario riunirsi con altri scrittori e affrontare la loro resistenza ai tuoi suggerimenti.

Io lo chiamo: editing segreto. Trova un e-book in offerta gratuita su Amazon, o un romanzo a puntate su Wattpad, o un blog che contenga racconti. Anche questo che stai leggendo ora. Chiediti: che cosa cambieresti di ciò che stai leggendo? Che cosa secondo te è un errore, o è scritto male, o nasconde un difetto di trama, e come si può intervenire? Non limitarti a pensarlo. Scrivilo da qualche parte, in un file di testo, in una pagina di quaderno. Sii il più severo possibile. Nessuno leggerà quei tuoi appunti, non è necessario che l'autore lo sappia. Quindi non essere tenero, non lasciar passare qualcosa che secondo te è da cambiare. Più sarai severo nell'editing segreto, più questo ti sarà utile.

Quando poi ti troverai, nel correggere un tuo testo, di fronte a un pezzo che non ti convince del tutto, e ti verrà in mente questo brutto, bruttissimo pensiero dettato dalla pigrizia o da un senso di affetto per la tua creatura "dai, insomma, però posso anche lasciarlo così, non è tanto male....", chiediti: se questo fosse il libro di qualcun altro, davvero lo lascerei passare? Quindi prendi la tua veste grigia, il tuo bastone magico, piantati in mezzo a quel ponte e urla "Tu non puoi passare!". Non sarà facile. Ma ne uscirai vivo, te lo prometto.


Queste sono le tre cose che ho imparato sulla revisione. Ora tocca a te. scrivimi pure che ne pensi, e soprattutto: quali sono, invece, le tue tre cose che hai imparato sulla revisione?
Buona scrittura, buona vita, e a presto!

lunedì 23 luglio 2018

Sfida numero 2 - Piuma di Merlo

Continua la serie di sfide a difficoltà variabile, facile, intermedio e difficile. Il meccanismo è semplice: ti proporrò tre livelli cumulativi, con istruzioni man mano più complesse e specifiche. A te scegliere se completare il livello più semplice, aggiungere le indicazioni di quello intermedio o seguire tutte le istruzioni per arrivare al livello difficile.

Se hai perso la prima sfida e vuoi recuperarla, la trovi qui:
Sfida numero 1 - Piuma di Passero.

Se sei pronto, si comincia con la sfida di oggi!

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
 
Sfida numero 2

Completandola, vincerai una virtuale Piuma di Merlo, di bronzo, d'argento o d'oro a seconda del livello scelto.

Livello facile: scrivi almeno 250 parole
Scrivi al tuo ritmo, non c'è alcun cronometro da rispettare stavolta, però... cerca di scriverle nel corso della stessa sessione, senza fermarti o tornare indietro a correggere, per quanto possibile.

Livello intermedio: inserisci nel tuo brano un personaggio maschile e uno femminile, e almeno un paio di righe di dialogo.
Possono esserci anche altri personaggi, o un dialogo più lungo, purché ci siano come minimo due personaggi di genere diverso e un accenno di dialogo.

Livello difficile: uno dei tuoi personaggi non sa come esprimersi. Come potrebbe spiegare che...
Qual è la sua difficoltà? Forse sta parlando in una lingua straniera, e non ha le conoscenze adatte per tradurre il suo pensiero? Oppure è molto emotivo e "gli mancano le parole"? O ancora sta cercando di fare una critica o un rimprovero con tatto? E come aggirerà il problema? Usando gesti, disegni, rinunciando a dire quello che ha in mente?
Queste sono solo alcune delle possibilità che mi sono venute in mente, lascio alla tua fantasia trovare il "blocco" e la sua risoluzione.


Aspetto i tuoi commenti, suggerimenti o il brano che questo nuovo tipo di esercizio ti ha ispirato a scrivere. Come al solito avrai la possibilità, se lo desideri, di mettere sotto i riflettori le tue parole nel post di giovedì della settimana prossima. Riuscirci è semplice: ti basta sorprendermi!

sabato 21 luglio 2018

Evanescente

Splendida parola quella di stasera, musicale, e non solo perché mi ricorda il nome di una band che mi piace!

Evanescente [e-va-ne-scèn-te] agg. 1. Che si dilegua a poco a poco. Tenue, impercettibile; in senso figurato, inconsistente. 2. ling. Di vocale o di consonante dal suono indistinto.


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Le idee per evanescente erano due: una persona, immaginaria o reale ma per qualche motivo non del tutto visibile, e un intero mondo parallelo, intravisto appena in una condizione particolare, forse tra la nebbia o per un istante all'alba. Quando mi è venuta in mente la prima frase, ho subito capito quale delle due idee avrei scritto.


Avete mai inseguito un fantasma?
Io si. Ed è un'esperienza che non vi consiglio.
Tutto è iniziato quando sono morto...
No, aspettate. Troppo indietro. Ricominciamo.
Tutto è iniziato quando Chiara è morta. Non chiedete come, non è importante. È una storia lunga, che ho raccontato troppe volte.
Questa è la parte che non ho raccontato. Quella di cui mi vergogno, perché non ci faccio una bella figura.
Non che il mio coinvolgimento nella sua morte sia nato da una gran bella pensata. Lasciare in giro la Falce, a portata di mano di uno di questi fragili, curiosi bambini umani! Ma andiamo!
A mia discolpa, ero un novellino. Con pochi mesi di esperienza nel settore. Qualche centinaio d'anni più tardi, posso affermare di aver imparato.
Ma tornando al fantasma. Se non lo avete indovinato, vi dico che era quello di Chiara. E io, un Mietitore affranto che ancora cercava un contatto con ciò che aveva amato.
Lei sembrava proprio Chiara. Parlava come Chiara. Rideva come Chiara. Ballava da sola, e canticchiava come Chiara. Non fosse stata evanescente come una bolla di sapone, avrei potuto scambiarla per Chiara.
Ah, c'era un'altra differenza. Tutto questo, il fantasma lo faceva da solo. Senza rispondere. Senza guardarmi.
Era come un video registrato. Un video bellissimo, realistico e tridimensionale.
Ma pur sempre un video.
La prima volta la vidi nella sua camera. Per un solo istante. Il suo corpo era ancora caldo.
Tornai.
Ogni.
Singola.
Notte.
Finché non riapparve.
Cercai di abbracciarla.
Com'era prevedibile, finii sul pavimento. Con lei che mi ballava sopra.
La terza volta correva per casa.
La inseguii. La sua figura evanescente attraversò una parete.
E io dietro. Andai a sbattere. Prima di ricordarmi che potevo farlo anch'io.
Roba da Mietitore.
Soffocai il desiderio di toccarla che mi rendeva tangibile. Mi lanciai oltre il muro. Non avevo calcolato che la parete era quella esterna, e che il suo appartamento non era al piano terra.
Precipitare non è quasi mai una bella esperienza.
Fortuna che ero già morto.

giovedì 19 luglio 2018

In fuga dall'incubo

(racconto ispirato alla Sfida numero 1. Ho scelto ancora il livello difficile. Stavolta ho superato solo di poco i dieci minuti, ho scritto una scena al cardiopalma ma... per la fretta, ho dimenticato di inserire una delle parole del sabato nel racconto!)


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.



– Corri! – era stato il grido, e loro avevano iniziato a correre.
I passi di Vera erano rapidi, ma la distorsione dimensionale lo era di più, e macinava metro dopo metro riducendo le distanze. Vera non la vedeva, ma la sentiva avvicinarsi sempre di più con l'aumentare della pressione alla base del collo che fin dall'inizio l'aveva avvertita del pericolo. La sentiva ancora, tra i battiti del suo cuore che le rimbombava nelle orecchie e il ritmo dei loro passi. Al suo fianco, quelli di Eleny si fecero irregolari un attimo prima che l'infermiera inciampasse e cadesse a terra. Vera si fermò e si voltò indietro, ma il dottor Eastfield l'afferrò per un braccio e la trascinò in avanti, costringendola a rincorrere Adam, che non aveva rallentato un solo istante.
– Non puoi aiutarla, andiamo! – urlò lo scienziato.
Vera strinse gli occhi e i denti quando si levò l'urlo agghiacciante dell'infermiera stritolata dalla distorsione dimensionale. Continuò ad ascoltare finché la voce non si ridusse a un rantolo e sparì.
– Potevo farcela – mormorò a Eastfield. – Potevo salvarla.
Il dottor Eastfield scosse la testa. – Sei troppo importante, non possiamo perderti.
Adam sparì in un corridoio laterale. Vera e il dottor Eastfield lo seguirono, solo per ritrovarsi bloccati da una porta chiusa qualche centinaio di metri più avanti.
– Siamo in trappola! – esalò il dottor Eastfield.
– No, ho già usato questo trucco – rivelò Adam. – Non so perché, ma una porta blindata come questa può bloccare una cosa come quella che ci insegue adesso.
– Non ci sta inseguendo... – provò a correggerlo il dottor Eastfield, ma Adam gli indicò spazientito il rilevatore accanto alla porta.
– Dottore! – urlò, mentre il corridoio che avevano imboccato cominciava a deformarsi in un cunicolo stretto e contorto, da incubo.
Robert Eastfield passò il tesserino sul rilevatore.
La porta rimase chiusa.
Adam emise un urlo rabbioso e sparò contro la serratura.
La porta rimase chiusa.
– Sbrigatevi, si avvicina! – gridò Vera, che guardava impotente l'onda dimensionale corrodere le strutture candide e ordinate del corridoio per consegnarle a un caos letale.
Adam prendeva a calci la porta e lo scienziato provò e riprovò a passare il tesserino sul rilevatore.
Ma era tutto inutile.
La porta non si apriva.
– Moriremo qui – constatò Vera, stremata. La pressione alla base del collo si era fatta insopportabile, come se qualcuno avesse spinto una sfera di piombo dentro al suo corpo.
La porta si aprì.
Dallo spiraglio una creaturina blu, alta quanto un bambino di dieci anni e dalla stessa forma, li osservava con occhi grandi e scuri in un volto privo di labbra.
Adam puntò la pistola.
– No! Non sparare, ci sta salvando! – intervenne Robert Eastfield. – Venite, presto!
I tre umani oltrepassarono la soglia. Richiusero assieme la porta e pregarono che Adam avesse ragione.

lunedì 16 luglio 2018

Non guardare

(racconto ispirato alla Sfida numero 1. Ho scelto di provare il livello difficile, per guadagnarmi la Piuma di Passero d'oro. In neretto i termini tratti dalle parole del sabato)
 
 
Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.



Eilonwy era pericolosa. Quando ero con lei, non sapevo mai da quante ore mancassi da casa, né quante sorsate d'aria avessi già aspirato dal mio inalatore.
A peggiorare le cose, io non ero lungimirante. Arrivavo sempre al limite, quando sentivo mancarmi le forze e la mia carne farsi pesante, prima di simulare un accesso di tosse come mi aveva insegnato mio fratello, prendere l'inalatore e spruzzarmi in gola il mana concentrato. Sapevo che non avrei dovuto, ma non volevo che lei mi vedesse debole e malato.
Eppure c'era qualcosa di peggio che lei non doveva vedere.
Quel pomeriggio, come al solito, avevo atteso troppo prima di decidermi a usare l'inalatore. Ma quando lo feci, non avvertii alcuno sbuffo d'aria, né il familiare odore d'ozono del mana concentrato. Imprecai e mi appoggiai con l'avambraccio al tronco di un albero.
– Jake, che cosa succede? C'è qualcosa che non va? – mi chiese lei.
– No – mentii. – Va' a casa. Ci vediamo domani.
Spinsi col palmo contro il tronco e arrancai lontano da lei. La testa mi girava e un doloroso languore mi affaticava le membra a ogni passo. Lento. Deliberato. Strascicato.
C'era una soluzione che mi avrebbe dato più tempo, ma non l'avrei usata di fronte ai suoi occhi. Aspettavo di udire i suoi passi che si allontanavano, calpestando i rametti celati nel sottobosco, e invece la sentii avvicinarsi al mio fianco, sollevarmi un braccio e metterselo sulle spalle.
– Che fai? – borbottai, tirandomi indietro, ma lei non mollò la presa.
– Come, che faccio? Vengo con te. Così faremo prima. Avanti, in marcia e niente discussioni.
Non avevo comunque il tempo per tentare di dissuaderla.
– Ok – accettai. – Ma devi fare come ti dico. Niente discussioni.
Eilonwy annuì.
Era una pessima idea. Estremamente rischiosa. Soprattutto perché conoscevo la sua curiosità.
Ma non arrivare in tempo lo era altrettanto. Mio fratello mi aveva rivelato la prognosi, se avessi smesso di respirare il mana che mi manteneva in vita: ottundimento dei sensi, paralisi, morte. Già mi sembrava di vederci sfocato, e di avere un tappo a chiudermi le orecchie.
– Guarda avanti – le dissi, mentre infilavamo un passo dopo l'altro, io appoggiato a lei. – Non ti voltare. Non guardare in giro, non guardare me. Guarda solo avanti.
– Va bene –  mormorò Eilonwy. Uscimmo dalla cortina d'alberi e il sole mi accecò, ma non osai rallentare per abituarmi alla luce. Casa mia non era lontana, conoscevo la strada, ma non mi era mai sembrata così distante. Non sentivo altro che il rumore dei nostri passi sul sentiero e il respiro di Eilonwy al mio fianco, molto più lieve del mio rantolo. Lei non parlava, e andava bene così.
Mancavano pochi metri alla porta quando avvertii qualcos'altro: la mia carne che si ritirava, la pelle che s'induriva e aderiva alle ossa, nera e lucida come una statua di ossidiana.
– Guarda avanti – le dissi ancora, per evitare che si voltasse verso di me alle prime parole dopo tanti minuti passati in silenzio. – Qualunque cosa accada, voglio che tu ti ricordi di una cosa. Sono sempre io. Sono sempre Jake. Non sono diverso, sono sempre il ragazzo che incontri nel bosco, puoi ricordarti di questo, vero?
Lasciai che fosse lei ad aprire la porta mentre mi rispondeva con un "sì" un po' incerto. Impossibile che non sentisse il mio gomito aguzzo premerle contro le scapole, la differenza nella mia voce che raschiava in gola. Non osai immaginare quali domande le passassero per la testa in quel momento, ma non si era voltata, e questo mi bastava.
Entrammo in sala da pranzo. Da qualche parte, in un'altra stanza, veniva una salmodia di voci, e una apparteneva a mio fratello. Chiamai il suo nome e quello di Kàli. Ero a casa, tra coloro che sapevano chi ero e di cosa avevo bisogno.
Mi illusi di essere in salvo.
– Chiudi gli occhi e va' via – ingiunsi a Eilonwy, sentendo che scivolavo a terra, le gambe ormai incapaci di sorreggermi. – Lasciami qui.
– No, io non ti lascio, non finché non c'è nessuno che possa...
– Va' via! – urlai.
Un urlo inarticolato si sovrappose al mio. Alzai lo sguardo da terra, da dove ero rimasto prostrato. Eilonwy mi fissava a occhi aperti, folli di terrore. Portò le mani a tapparsi la bocca, tremando.
Allungai un braccio che sembrava quello di una mummia annerita. Eilonwy indietreggiò, mugolando.
– Ricorda... quello che ho detto – la supplicai, ma lei si voltò e scappò via.
– Questa non ci voleva... Kàli! – chiamò la voce di mio fratello, mentre mi spingeva la maschera di un respiratore sulla bocca e sul naso. Vidi la sciamana superarci, lanciata all'inseguimento. – Respira – mi disse mio fratello, e mi abbandonai alla sensazione benefica del mana che mi riempiva i polmoni in un refolo corroborante. – Va tutto bene, sei al sicuro adesso. Ma dobbiamo fare qualcosa per la ragazza, lo capisci? Non possiamo lasciare che parli a qualcuno di ciò che ha visto.
Annuii. Lo capivo. Ma in quel momento, con il suo ribrezzo e la sua paura stampate nella mente, avrei tanto desiderato di non averla mai conosciuta.

sabato 14 luglio 2018

Dedalo

Ecco un'altra parola che deriva dal nome di una persona, o un personaggio mitologico, in questo caso. Dedalo, il costruttore del celebre labirinto del Minotauro... proprio quello di Teseo e del filo di Arianna, per intenderci.

Dedalo [dè-da-lo] s.m. Labirinto, intrico.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Questo termine non mi ha fatto venire in mente un labirinto all'aperto, magari uno fatto di siepi... no, il mio primo pensiero è stato il sotterraneo dell'università, con i laboratori di psicologia. Mi perdevo sempre là sotto, nonostante i colori! E non era nemmeno tanto grande. Ovviamente, le difficoltà dei protagonisti del brano dovevano consistere in qualcosa di più del girare a vuoto per cinque minuti prima di trovare casualmente l'uscita.


Già prima dell'incidente, il complesso dei laboratori era un dedalo di corridoi. Lunghi passaggi e scale e diramazioni e file di porte tutte uguali, non fosse stato per i colori che identificavano le aree e le mappe fissate al muro. Ma anche così, le zone riservate, quelle in cui si svolgevano gli esperimenti più segreti non erano segnalate, non avevano colori né mappe alle pareti.
Il gruppetto di sopravvissuti si trovava in una di tali aree, e come se non bastasse, la distorsione dimensionale rendeva il compito di orientarsi ancora più difficile.
– D-dovremmo andare da quella parte. – Eleny indicò un corridoio in cui giacevano dei corpi semicarbonizzati. – Se c'è qualcuno ancora vivo, dovremmo aiutarlo.
– Infermiere! – brontolò Adam. – Sarebbero capaci di mandarti nella tana di un mostro. No, io dico al diavolo i salvataggi, andiamo dritti, di qua corridoio è sicuro.
Vera guardò avanti. A parte qualche macchia d'umidità e la luce del neon che sfarfallava, la via consigliata dal soldato sembrava libera. Ma lei aveva una brutta sensazione.
Il dottor Eastfield spinse indietro gli occhiali. – Signori, siamo nella parte interrata del complesso. Per uscirne, è necessario salire. Verso l'alto c'è la nostra unica possibilità di salvezza.
Prima che il dottor Eastfield si avviasse, Adam lo afferrò per il colletto e gli puntò la pistola alla testa. – Io vengo dal piano di sopra, brutto idiota. Non hai la minima idea di che genere d'inferno si è scatenato lassù.
– Calmiamoci tutti – intervenne Vera. Accarezzò la spalla di Eleny, scoppiata in lacrime. – Se vogliamo uscirne dobbiamo agire uniti. Ora, non so per quanto si estenda il campo di distorsione al piano di sopra, ma direi di allontanarci ancora un po' prima di tentare la risalita.
– E tu chi saresti per darmi ordini? – sibilò Adam.
– Ci possiamo fidare di lei – assicurò il dottor Eastfield, ma Vera non li ascoltava più. Di fronte ai suoi occhi il corridoio sicuro si sdoppiò, rendendo ancora più complesso quel dedalo mutevole.

giovedì 12 luglio 2018

L'evento scatenante

***Avviso: da questa settimana, così come ho cambiato la tipologia degli esercizi del lunedì, sarà diversa anche la riflessione del giovedì. Non più legata all'esercizio, visto che questo non segue un tema definito, riguarderà... qualunque cosa mi passi per la mente nel corso della settimana, ovviamente sempre collegata alla scrittura in generale, alla narrazione di storie anche su altri media, ai personaggi e alle ambientazioni, che siano creati da me o da altri. Fine dell'avviso.***


Ne stavo parlando in questi giorni con una "collega" di scrittura, e mi sembra più che giusto, come primo post di riflessione slegato dall'esercizio del lunedì, cominciare da ciò che dà avvio alla storia: l'evento (o incidente) scatenante. Non si tratta dell'incipit di cui ho già scritto qui, sebbene talvolta i due possano coincidere. L'evento scatenante è quell'avvenimento che spezza la quotidianità dei personaggi e ha come conseguenza altri eventi, e la reazione dei personaggi a questi, che messi insieme formano la storia. L'evento scatenante può essere, in un giallo, il ritrovamento di un cadavere; oppure, in un fantasy, la scoperta di avere dei poteri o di essere nominato in una profezia; o ancora, prendendo a esempio rispettivamente il dramma e la commedia, una malattia o un equivoco.

Sebbene E. M. Forster abbia ricondotto tutte le storie in due tipologie di trame, ovvero "qualcuno parte per un viaggio" e "uno straniero arriva in città", in realtà esistono tantissimi casi diversi di incidente scatenante per mettere in moto gli eventi. Eppure, ragionando con l'amica di cui scrivevo all'inizio, mi sono resa conto che in molti dei racconti che scrivo l'evento scatenante è lo stesso. Probabilmente ciò ha a che vedere con i temi di cui prediligo scrivere (parecchi degli scrittori che ho letto, oltre al genere, hanno anche dei temi preferiti, che ritornano più e più volte nelle loro opere). Sta di fatto che, come le avevo detto, questo mi rende molto facile cominciare una storia; molto meno capire in che modo prosegue. Perché, pur partendo apparentemente dallo stesso avvenimento, con personaggi, ambientazione, e situazione precedente all'evento scatenante diversa, la reazione e le conseguenze possono variare enormemente. Ogni storia è un'avventura a sé, che non può e non deve ricalcare le altre. Soprattutto se scritta dalla stessa mano.

Ma qual è l'evento scatenante che ricorre così di frequente nelle mie storie? Basta dare un'occhiata ai brani che ho condiviso in questo blog per rendersene conto (se stai leggendo questo post sulla pagina facebook, puoi andare nel blog per i link ai brani citati):

  • X incontra qualcuno di completamente diverso che mette X in difficoltà (17)
Asana Mei,  Crisalide, Duel, Il diario di Edgar Allen, Kamlo, La biblioteca infernale, La canzone di Karin, La Tana del Diavolo, Le figlie della strega, Lo specchio della vita, Luci nell'acqua, Neve, Night Shamyan, Penterra, Pleiadi, Sara dei Sortilegi, Talon.

  • X parte per un viaggio/arriva in un luogo sconosciuto (6)
Dal diario di una Luna dei Boschi, Gli esploratori dei mondi scomparsi, La città dei felici, La sfida di Timing, Le vele della Fortuna, Oltreconfine.

  • X subisce una metamorfosi (5)
Amnesia, Invisibile, La ragazza dei tre giorni, Seleeriewn, Una pioggia di foglie rosse.

  • X scopre di avere dei poteri (2)
Lyla del Vento, Selvanima.

  • X ha una missione da compiere (1)
Doubleface.

  • X affronta i problemi quotidiani in un mondo in cui si sente, o è a tutti gli effetti, un diverso (3)
(più un tema che un vero e proprio evento scatenante, ma probabilmente perché le storie di questa categoria sono quelle che non hanno ancora davvero ingranato)

Anna e il drago (i brani nel blog non lo mostrano, ma poi nel racconto diventa un X subisce una metamorfosi, o X ha una missione da compiere), Fratelli degli alberi, Oceano Blu.


Se sei stato attento... i primi due eventi scatenanti, quelli che uso più di frequente nelle mie storie, coincidono con le due trame di E. M. Forster. Quindi, almeno per quanto mi riguarda, non ha tutti i torti. Però ho scritto anche storie che non possono essere incasellate in queste due categorie. Nessuno parte. Nessuno arriva. Si potrebbero quasi definire, riunendole nella stessa macro categoria: qualcosa cambia. Ma a questo punto ho davvero descritto l'evento scatenante, nonché la trama, di ogni storia esistente. Comprese le due di E. M. Forster.


E tu, cosa ne pensi? Avevi mai sentito parlare dell'evento scatenante? Ce n'è uno che ricorre più spesso in ciò che scrivi, o nelle storie che ti piacciono di più?

lunedì 9 luglio 2018

Sfida numero 1 - Piuma di Passero

Ho pensato di cambiare un po' il solito esercizio del lunedì, sia perché in questa sezione del blog dedicata alle sfide non c'è un tema preciso, sia per venire incontro a chi magari non si sente pronto per affrontare un esercizio articolato come gli ultimi che ho proposto. Quindi, da oggi, comincia una serie di sfide a difficoltà variabile, facile, intermedio e difficile.

Il meccanismo è semplice: ti proporrò tre livelli cumulativi, con istruzioni man mano più complesse e specifiche. A te scegliere se completare il livello più semplice, aggiungere le indicazioni di quello intermedio o seguire tutte le istruzioni per arrivare al livello difficile.

Se sei pronto, si comincia con la prima sfida!

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
 
Sfida numero 1

Completandola, vincerai una virtuale Piuma di Passero, di bronzo, d'argento o d'oro a seconda del livello scelto.

Livello facile: scrivi per dieci minuti.
Prendi un timer, un cronometro, una sveglia, impostala a dieci minuti da ora e parti. Cerca di scrivere senza interruzioni, senza giudicare ogni parola e ogni frase. Semplicemente, scrivi.

Livello intermedio: inserisci nel brano una delle parole presentate nel blog ogni sabato.
Per tutte le parole e le definizioni, puoi seguire i link che trovi alla fine di questa pagina: http://lapiumatramante.blogspot.com/p/blog-page.html

Livello difficile: il tuo protagonista è a corto di tempo. Dieci minuti o anche meno per riuscire a...
Che cosa? Disinnescare una bomba, salvare una principessa, risolvere un enigma prima che pareti di una tomba azteca gli si stringano addosso riducendolo a una frittata? Alla tua fantasia la scelta sul problema che tiene sulle spine il tuo personaggio.


Aspetto i tuoi commenti, suggerimenti o il brano che questo nuovo tipo di esercizio ti ha ispirato a scrivere. Quello che non cambia è la possibilità, se lo desideri, di mettere sotto i riflettori le tue parole nel post di giovedì della settimana prossima. Riuscirci è semplice: ti basta sorprendermi!

sabato 7 luglio 2018

Corroborante

Può esserlo il caffè di mattina, uno spuntino quando si ha fame, una chiacchierata con un amico, un po' di sano esercizio, una doccia alla giusta temperatura, una lunga dormita. Può esserlo questo e tanto altro.

Corroborante [cor-ro-bo-ràn-te] agg., s. 1. agg. Che corrobora e quindi rinvigorisce e tonifica il corpo e, in senso figurato, la mente. 2. s.m. Cibo, bevanda, specialmente liquore, che rinfranca, che dà tono. Cordiale.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Tirachard Kumtanom from Pexels


Ero lì a sfogliare le parole per questa sezione del blog, e per quanto interessanti nessuna mi convinceva appieno, quando mi sono imbattuta in questa qui. E ho capito subito che era quella giusta. Comprendere per quale storia e quali personaggi usarla è stato un altro paio di maniche...


Eravamo bloccati sotto la montagna. Quella che doveva essere la salvezza era diventata una prigione. Senza cibo né acqua, sapevamo di essere condannati. I più forti di noi, quelli che ancora ce la facevano, partivano a intervalli regolari per esplorare i cunicoli in ricerca di un'uscita, ma tornavano sempre con cattive notizie. Ogni galleria terminava in un vicolo cieco, in una voragine o in un passaggio tanto stretto che sarebbe stato impossibile infilarcisi dentro.
Mi ero ormai rassegnato a spegnermi lentamente, e come me molti altri. Sdraiato sulla roccia fredda, fissavo l'oscurità aggrappata alla volta della grotta, lì dove la luce non giungeva. Ironia della sorte, le lampade erano durate più dei nostri viveri.
Ascoltavo il respiro degli altri, cercando di non chiedermi quale sarebbe stato il primo a tacere, quando udii i passi rapidi, di corsa, rimbombare tra le pareti di pietra.
Non potevano essere i nostri.
Eppure... un gruppo di soccorso dall'esterno? Era una fantasia in cui non osavo più indulgere.
Le voci che dicevano di iniziare dai più deboli mi erano note. Qualcuno mi passò un braccio sotto le spalle e mi sollevò a sedere con una forza che nessuno di noi aveva più. Sentii in bocca un sorso di liquido fresco. Sembrava acqua, e già così era corroborante per la mia gola assetata. Ma quando la inghiottii, scivolò giù liscia come seta, dolce come miele, a riempirmi fino alla punta delle dita. La forza tornò nel mio corpo e non avevo più fame né sete, ma non come se mi fossi appena saziato: fu, piuttosto, come se il tempo regredisse a quando ancora non conoscevo la prostrazione che mi aveva costretto a giacere immobile in attesa della morte. Sotto l'effetto di quel corroborante la mia testa si schiarì, i miei pensieri trovarono un ordine che non avevano mai avuto, e capii ciò che andava oltre la comprensione razionale: avevamo trovato l'Acqua della Vita, la fonte dell'eterna giovinezza, una leggenda.
Ancora non sapevamo a quale prezzo ne stavamo bevendo.

giovedì 5 luglio 2018

NaNoWriMo

NaNoWriMo, ovvero National Novel Writing Month (mese nazionale della scrittura di un romanzo) è la sfida che aspetta ogni scrittore che vi si voglia cimentare nel mese di novembre. Non è mia intenzione raccontarti la storia di com'è nata questa iniziativa, facendo una ricerca non ti sarà difficile trovare informazioni a riguardo. Quella che intendo raccontarti questa sera (o mattina, o pomeriggio, a seconda del momento della giornata in cui ti trovi a leggere queste righe) è la mia esperienza con il NaNoWriMo. E quella che potrebbe diventare, un giorno, la tua esperienza.

Il banner del NaNoWriMo 2017

Il NaNoWriMo, che si tiene come ho scritto ogni novembre, consiste nello scrivere (almeno) 50.000 parole in 30 giorni, all'incirca 1.666 parole al giorno. Non sembra tanto, vero? Proviamo a fare due conti. Calcolando che in una cartella, l'unità di misura di un testo che equivale a 1800 caratteri, si possono trovare più o meno 300 parole, questo significa che in un giorno sarai chiamato a scrivere cinque cartelle e mezzo, per un totale di 9.900 caratteri. Quasi 10.000 caratteri al giorno. E se invece come me la prima stesura la fai rigorosamente con carta e penna (o matita, o stilografica, o piuma d'oca e calamaio su carta pergamena), dovrai imparare a prendere le tue misure, contare a mano le parole delle prime pagine finché non avrai capito quante te ne stanno su ogni pagina. Per me, approssimando per difetto per essere sicura di non scriverne di meno del dovuto, sono circa 500 parole ogni pagina, entrambe le facciate. Quindi, tre pagine e una facciata al giorno dovrebbe essere la mia media per vincere il NaNoWriMo.


Questa la parte pratica della faccenda. Ma che cos'è per me il NaNoWriMo?

Il NaNoWriMo è una sfida contro il tempo e contro te stesso, contro le cattive abitudini, i dubbi, i pensieri negativi, la pigrizia e la tendenza a procrastinare. È una pazzia, è notti insonni, è rinuncia alla vita sociale e agli svaghi in cui ti piace indulgere, è depressione e ansia e frenesia... il NaNoWriMo non è per i deboli di cuore, per quelli a cui piace prendersela comoda, per chi si scoraggia alla prima difficoltà. Il NaNoWriMo non è per tutti. Intendo dire, che forse non è il metodo giusto per motivare te, e va benissimo così. L'importante è trovare una sfida che ti sia di stimolo, di qualunque tipo sia.



Il banner del Camp NaNoWriMo 2017

Se hai deciso che ti senti pronto a tentare l'avventura, quest'anno, il prossimo o il successivo... prima ti consiglio di fare un tentativo con uno dei due gemelli minori del NaNoWriMo, ovvero il Camp NaNoWriMo, che si tiene ogni anno in aprile e in luglio. Il Camp secondo me ha due vantaggi rispetto al NaNoWriMo, che lo rendono ottimo per essere usato come banco di prova e riscaldamento. Il primo è che puoi scegliere tu l'obiettivo da completare, quante parole o righe o pagine o minuti o ore di scrittura totali da suddividere tra i giorni del mese. Il secondo è che durante il Camp puoi far parte di una "Cabin", una chat con altri scrittori impegnati ciascuno nel proprio progetto, ai quali chiedere consiglio, offrire e ricevere incoraggiamenti, condividere la propria esperienza e i propri dubbi. Il mio primo Camp è stato a luglio dell'anno scorso, e sapere di non essere sola è stato di enorme aiuto!


Ecco come appaiono le statistiche alla fine di un Camp-allenamento da 30.000 parole... se sei stato costante!

Se oggi sono qui, un anno dopo, significa che l'esperienza è stata positiva. Perciò, se quello che hai sempre voluto fare è scrivere la tua storia, io ti invito a provarci, ora, subito. Non è troppo tardi per iniziare.

In fondo, il detto "l'importante non è vincere ma partecipare" non è mai stato più vero che in questo caso. Non si tratta di raggiungere quelle 50.000 parole in un mese (ehi, fa piacere riuscirci, ma... non è tutto). Si tratta di costruire l'abitudine a scrivere giorno dopo giorno. Qualunque sia il numero che appare sul tuo contatore a fine mese, 100.000, 50.000, 25.000, 10.000... saprai che quelle sono parole che non avevi all'inizio del mese. E ora sono lì, sulla carta o sul file del tuo programma di scrittura. Pronte per essere seguite da altrettante nel mese successivo, e in quello dopo ancora, finché non avrai posto la parola FINE al tuo romanzo.


Il banner della vittoria del Camp di aprile 2018

Dopodiché, sarai pronto a lasciarlo riposare finché non sarà il momento di riprenderlo in mano per iniziare il processo di riscrittura e revisione... ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.


Sito del NaNoWriMo: https://nanowrimo.org/

Sito del Camp NaNoWriMo: https://campnanowrimo.org/

lunedì 2 luglio 2018

Le sfide che aiutano a scrivere

Sono sicura che la prima parola che ti viene in mente quando pensi alla scrittura non è "sfida". Puoi pensare alla fantasia, alla creatività, all'immaginazione, all'ispirazione, alle regole della grammatica o ai generi letterari, o anche agli strumenti usati: carta e penna, macchina da scrivere o tastiera di computer. Ma, dirai, cosa c'entra la sfida con la scrittura?

Facile, rispondo io. Prova scrivere un racconto. Comincia. Ti sfido.

Ti accorgerai che, soprattutto se non lo hai mai fatto prima, l'atto di scrivere è più difficile di quello che sembra. Da dove iniziare, che cosa inventare, quale sequenza usare per descrivere l'immagine che hai in mente... non è affatto facile. Scrivere, già di per sé, è una sfida.

Ma le sfide a cui mi riferisco io sono quelle che vanno oltre lo scrivere liberamente qualunque cosa ti passi per il cervello. Sono sfide che riguardano la quantità e il tempo: scrivere 350 parole in dieci minuti, come sto facendo io per questo post, o ideare un racconto avendo un limite massimo di parole, solitamente molto basso, ad esempio 100. Sfide sulla forma come un tautogramma, che è un testo composto interamente da parole con la stessa iniziale, o un lipogramma in cui si esclude una lettera, solitamente una vocale. O ancora sfide relative al contenuto quando nel testo si deve inserire una o più parole fissate in partenza, o riguardare un personaggio o una situazione prestabilita.

Se affrontate con lo spirito giusto, con la voglia di mettersi in gioco e il divertimento che ne può derivare, e non con la visione pessimista del "è troppo difficile, non ce la farò mai" potrai scoprire che questi e altri generi di sfide possono aiutarti a scrivere, invece di ostacolare il cammino della penna sulla carta o delle dita sulla tastiera. Perché sono uno sprone a buttarti nell'impresa senza giudicare ogni parola che metti sulla pagina, soprattutto nel caso di quelle a tempo, oppure ti danno un punto di partenza che altrimenti non avresti quando ti "costringono" a inserire nel tuo testo un argomento o una svolta nella trama a cui non avresti pensato da solo. Sono dei paletti di sostegno che stimolano le idee a crescere, e allo stesso tempo limitano le infinite possibilità di scelta in modo che tu possa focalizzarti su un numero limitato, invece di perderti tra l'infinito delle possibili varianti di ogni frase.

Scrivere già di per sé è una sfida, ma sono le sfide che aiutano a scrivere. O almeno, questa è stata la mia esperienza fin dal primo laboratorio di scrittura che ho seguito, e da allora non ho più smesso di propormi sfide, autoimposte o trovate qui e là tra la rete. Questo blog ne contiene già alcune, e altre te le mostrerò nel corso dei prossimi mesi: il NaNoWriMo, i prompt letterari, i giochi linguistici... e altro non svelo. Se avrai l'ardire di seguirmi, vedrai dove ti porterò.

Ah, se te lo stai domandando: no, non ho vinto la mia sfida. 350 parole in 10 minuti, non ce l'ho fatta nello scrivere questo post, nonostante i due tentativi. Ma sai una cosa? In questo modo, buttandomi e affrontando la sfida, sono riuscita a scriverlo molto più rapidamente di quanto faccio di solito.

E tu che ne pensi? Hai mai provato a scrivere seguendo le regole di una sfida? Come ti è sembrato? Non ci hai provato e sei curioso, ti va di fare un tentativo ma non sai da dove cominciare? Oppure pensi che non faccia per te? Fammi sapere nei commenti se hai avuto oppure no esperienze di questo tipo.

Ora vado a fare il mio terzo tentativo per la mia sfida, ma con la penna stavolta. Sono più veloce con la penna, e sono sicura che stavolta è quella buona... augurami buona fortuna!