sabato 6 gennaio 2018

Uadi

Questo sabato ho avuto qualche difficoltà a scegliere la parola da presentare. Non che ci sia troppa varietà quando si arriva all'ultima vocale del nostro alfabeto, ma tanto per cambiare cercavo un verbo e neanche stavolta sono riuscita a trovarlo!

Uadi [uà-di] s.m. inv. geogr. Letto asciutto di antichi corsi d'acqua, tipico delle zone desertiche africane, inondato da acque piovane solo in determinati periodi dell'anno.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Con una parola come questa l'ambientazione è già decisa. Restava solo da capire chi sono i personaggi e che cosa stanno facendo. Ho cambiato idea più volte mentre scrivevo, poi mi è venuto in mente un nome, ed eccolo qua!


Risalivamo da due giorni l'uadi racchiuso tra alte pareti di roccia. Abituata agli spazi aperti e agli orizzonti, quella stretta gola non mi piaceva per niente. Avevo un peso nello stomaco e mi mancava il fiato, e l'odore rovente della sabbia mi bruciava in gola, lì più che altrove. Gli altri si rallegravano del riparo che offriva dal sole. Io avrei preferito non essere lì.
Maarit mi stava appiccicata addosso. Forse avvertiva il mio senso d'oppressione, o forse era intimorita dagli estranei che si erano uniti alla carovana.
La maggior parte camminava in un silenzio stremato, ma alcuni si lamentavano che il vecchio fiume fosse asciutto, o supplicavano Dio per un po' di pioggia. Un gruppo alle mie spalle iniziò una cantilena chiassosa per invocare l'acqua dal cielo. L'uomo che mi precedeva, uno dei nuovi di cui non conoscevo il nome, tornò indietro e ordinò loro di smettere. Quando mi oltrepassò, lo ringraziai.
L'uomo sbirciò il fagotto che mi stava aggrappato al collo.
– Non l'ho fatto per lei o per il bambino – borbottò. – Quelli non sanno cosa significhi l'acqua in un posto del genere. Preghi di non vederla finché non ne saremo fuori.
Le sue parole fecero sprofondare il peso nelle mie viscere. Realizzai allora che il mio timore era stato quello di perderci in un labirinto di pietra, o di finire in un'imboscata. Ma c'era di peggio.
Non ci fu il tempo di avere paura.
L'uadi fu percorso da un tuono che zittì la gente della carovana. Hilo si svegliò tra le mie braccia e si mise a frignare.
Maarit mi tirò per la manica.
– Ilo piange – disse la bambina.
– Sì, lo so tesoro – replicai, ma la mia voce fu sovrastata da un coro di acclamazioni. Un rivoletto scorreva verso di me bagnando la terra secca, seguito da un altro a destra e da un terzo a sinistra. La gente si chinò per colmare le borracce e le mani.
– Correte! – urlò invece l'uomo di prima
Rimasi impietrita a guardare il muro d'acqua che riempiva l'uadi mentre attorno a me le esclamazioni di gioia mutavano in urla e confusione.

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