giovedì 29 aprile 2021

Drago in alto mare

Di tutte le situazioni descritte lunedì, ho notato che prediligo mettere su una barca i miei personaggi: sottomarini e città galleggianti o sommerse sono del tutto assenti da queste pagine. Qualche sirena o creatura acquatica ce l'ho, ma non compaiono tra i racconti pubblicati qui, a meno di non considerare anche i mini racconti con disegno di Inktober. Questi i racconti di mare del blog (lo so, uno fa riferimento a una barca su un lago, ma mi sembrava abbastanza simile per luogo e tematiche da inserirlo assieme agli altri):

Pelago (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/02/pelago.html)
Abbrivo (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/01/abbrivo.html)
Solitaria in due (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/06/solitaria-in-due.html)
Noria (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/02/noria.html)
Feluca (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/05/feluca.html)
Personaggio: Talon (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/08/personaggio-talon.html)
Come funziona un libro (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/03/come-funziona-un-libro.html)


Non ho ancora scritto di un viaggio a bordo del classico veliero, perciò ho pensato di rimediare ora usando come tappeto sonoro Historic Ship Deck ASMR Ambience (https://www.youtube.com/watch?v=NFOuygQ2I6I&t=2383s) di Miracle Forest.



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Non si può dire che imbarcarmi fosse stata una mia scelta. Io odio l'acqua. Non è proprio il mio elemento, ed è un tratto di famiglia, questo.
Eppure, sembrava che avrei dovuto farci l'abitudine.
Era cominciato tutto in una di quelle bische clandestine che sorgevano sul porto. Continuavo a vincere e qualcuno mi aveva accusato di barare, cosa che non era vera perché davvero non è colpa mia se quegli zotici annebbiati dall'alcol non hanno alcuna memoria della sequenza di carte già estratte, né occhi abbastanza buoni da notare i segni dell'usura sui dorsi. Non ce li avevo fatti io, erano già lì alla portata di chiunque si fosse dato la pena di osservare, perciò tecnicamente non si poteva parlare di vantaggio ingiusto, né di imbroglio. Ne era seguita una rissa, io mi ero fatto prendere un po' troppo la mano e mi ero scaldato a tal punto che si era... beh... visto. Il fuoco, intendo.
Nemmeno la mia ascendenza draconica è colpa mia, non ci posso far niente, ma di solito riesco a nasconderla abbastanza bene: a differenza di quelle di mia bisnonna Suré le mie squame, raggruppate a formare chiazze sparse sul corpo, hanno lo stesso colore della pelle. Impossibile trovarle, a meno di non sapere che cosa cercare. Quanto alle lingue di fiamma agli angoli della bocca che non ho saputo trattenere al culmine della scazzottata... quelle gridavano "drago" a voce che più alta non si poteva. O "demonio", come scoprii nelle imprecazioni che più di qualcuno mi rivolse in quel frangente.
E così un tizio più coraggioso o più stupido degli altri mi aveva dato una botta in testa, e al mio risveglio ero nella stiva di una nave, legato e imbavagliato. Non so che cosa gli sia venuto in mente, ma sorte peggiore non potevano trovarla per me.
Oltre una sottile parete d'assi scricchiolanti, sentivo tutta la forza liquida del moto ondoso premere, smaniosa di raggiungermi e affogarmi. Era un canto ipnotico, affascinante e pericoloso quanto quello delle sirene dell'altra terra di cui la bisnonna Suré mi raccontava quand'ero bambino. Sopra di me, le assi sembravano sempre sul punto di cedere sotto i passi dei marinai, e ogni tanto una pioggia di polvere finissima mi ricopriva al passaggio di qualcuno più corpulento della media. Avvertii il grattare di un topo o due tra le botti allineate contro la parete di fondo. Perlomeno non sarei morto di fame, ma avevo concorrenza in quella stiva: un gatto nero, dopo un miagolio amichevole, venne a strusciarsi contro il mio mento, e io avevo le mani troppo occupate da una corda robusta per cacciarlo via. Avrei potuto ridurle facilmente in cenere, vero. Ma non volevo bruciarmi il poco vantaggio che avevo sulla ciurma al piano di sopra. In caso nessuno di loro avesse assistito alla mia piccola dimostrazione alla bisca sarebbero rimasti di stucco, e questa volta non intendevo permettere a qualcuno di sorprendermi alle spalle con un bastone robusto.
Ma non era ancora il momento di scatenare un'altra rissa. Non finché quella trappola infernale si trovava in alto mare, in balia delle odiate onde e di venti capricciosi. Non avrei saputo come farla muovere da solo, e in che direzione andare, perciò quell'equipaggio mi serviva. Attesi paziente che si presentasse la mia occasione, con un gatto fin troppo affettuoso accanto e lo stomaco vuoto che si contorceva tra la fame e la paura di finire sott'acqua accanto ai pesci.

lunedì 26 aprile 2021

Sopra e sotto il mare

La settimana scorsa ci siamo rilassati sulla spiaggia, ma ora è tempo di ripartire. Tempo di prendere il largo ed esplorare la vastità dei sette mari, per scoprire quali storie sono state ambientate non solo sopra le onde dell'oceano, ma anche nelle profondità che si celano al di sotto.


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Foto di Emiliano Arano da Pexels


La superficie della terra è per il 70% ricoperta dall'acqua, quindi è più che naturale che molte storie si svolgano proprio sulle "zone liquide" del nostro pianeta. Il modo più semplice e comune di scrivere una storia del genere è di descrivere le peripezie di un gruppo di personaggi in viaggio su una nave. Questo è un filone talmente antico da essere già presente già nelle prime storie tramandate oralmente e poi raccolte in forma scritta, ed è facile intuire che mi riferisco a L'Odissea di Omero, ma anche a Gli Argonauti. E se il protagonista del primo, Ulisse, cerca di tornare a casa per la via più lunga, costantemente ostacolato da dei, mostri e belle fanciulle, i secondi capitanati da Giasone si imbarcano alla ricerca di qualcosa di prezioso, che può anche diventare qualcuno, come accade nel romanzo Il viaggio del veliero di C. S. Lewis della serie di libri ambientati a Narnia. Altre volte non c'è una meta o un obiettivo nel viaggiare per mare, bensì la semplice sete di avventura che è alla base di storie come quelle che coinvolgono Sinbad il marinaio, il risultato però non cambia: come Ulisse, i protagonisti si ritrovano a vagare tra strane isole e ad affrontare pericolosi mostri marini.
Quegli stessi mostri in alcuni casi divengono una metafora, un modo per esplorare l'animo umano e la lotta tra il bene e il male, come accade nel romanzo Moby Dick di Herman Melville e nel racconto della sua ideazione, nel film Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick; o della lotta impari tra uomo e natura o tra uomo e destino, che come racconta Hemingway in Il vecchio e il mare, è uno scontro da cui è impossibile uscire vincitori. Nei racconti di mare, talvolta la metafora è talmente potente da trasfigurare l'intera storia, e questo espediente è alla base del film Vita di Pi; altre storie invece rispecchiano più da vicino la realtà dei fatti, e i pericoli in alto mare sono tempeste, collisioni e affondamenti affrontati nei film La tempesta perfetta e Titanic, non a caso ispirati a eventi realmente avvenuti.
C'è da considerare inoltre che una nave è un luogo confinato, isolato dal mondo esterno anche per molto tempo, se il racconto avviene all'epoca delle navigazione a vela, con risorse limitate e un gruppo di persone costrette a collaborare e vivere in uno spazio ristretto. Per questo capita che in una storia di questo tipo le difficoltà non provengono dall'esterno, da eventi climatici naturali o da mostri soprannaturali, bensì dall'interno, dai membri dell'equipaggio. È questo ciò che accade in Gli ammutinati del Bounty, come anche in svariate occasioni nella serie sui Pirati dei Caraibi, sebbene in questo caso ammutinamenti, rapimenti o arruolamenti forzati siano mescolati a elementi più fantasiosi come mostri marini e maledizioni, oltre a tesori da trovare com'è ovvio in qualsiasi storia di pirati che si rispetti, da L'isola del tesoro di Stevenson in avanti. Un'ultima considerazione riguarda il fatto che navigare è un'arte che va imparata, come scopre la protagonista di Oceania, non si può pretendere di piazzarsi su una barca ed essere già esperti, o pensare che basta un po' di vento e la barca va da sola. Soprattutto se si naviga in solitaria, il protagonista delle storie di mare deve sapere ciò che fa, conoscenza più che mai utile quando, come in Waterworld, l'intero mondo è ricoperto dall'acqua. A meno che non si abbiano le branchie e le pinne, ma questo è un altro genere di storia.
Il genere di storia in cui si ritrova La sirenetta, con città e intere società sottomarine. In queste storie nel fondo dell'oceano c'è una sorta di parallelo con ciò che si trova sopra l'acqua, ma allo stesso tempo un rovesciamento, perché ciò che troviamo comune per i protagonisti in fondo al mare è ignoto, mentre quel mondo a noi sconosciuto (non è da dimenticare che le profondità oceaniche sono l'ultima frontiera, in gran parte ancora inesplorata) per loro è una casa. Questo contrasto tra mare e terra a volte si fa così aspro da sfociare nelle storie in una guerra, ed è ciò che accade nel film Acquaman. Mentre in altri casi persino i pesci ignorano buona parte di ciò che li circonda, e lo apprendono tra meraviglia e un pizzico di spavento assieme agli spettatori nel corso di un viaggio, come accade a un pesce pagliaccio nel cartone Alla ricerca di Nemo.
Per noi comuni esseri umani invece, l'esplorazione dell'universo sotto al mare non è possibile se non a bordo di un sommergibile, e quindi che si tratti di cercare una città scomparsa come nel cartone animato Atlantis - L'impero perduto, o che ci si ritrovi per caso a bordo in balia di un capitano assetato di vendetta, trama di 20.000 leghe sotto i mari di Jules Verne, è inevitabile che la meraviglia per qualunque creatura o mostro ci si trovi ad affrontare si mescoli a quella per la tecnologia che rende possibile questa esplorazione. In caso poi invece ormai l'invenzione del sottomarino sia un fatto dato per scontato, come negli anni in cui è ambientato Caccia a Ottobre rosso, la storia è libera di concentrarsi su altre tematiche, e qui ritorna il problema del confinamento in uno spazio ristretto, o di una situazione di guerra con tutta la tensione che comporta. E a proposito di tensione: gli ultimi due film che mi va di citare tra le storie ambientate sotto al mare sono The Abyss e Sfera (quest'ultimo lo considero il film dalle implicazioni più spaventose che abbia mai visto!), che giocano con la mente di protagonisti e spettatori per evocare dall'ignoto rappresentato dai fondali marini qualcosa di spaventoso e terribile... che, forse, è soltanto nella mente di chi affronta questa parte sconosciuta del nostro pianeta.
Per adesso è tutto, lo so che ce ne sarebbero tante altre di storie a tema marino che non ho citato, ma non voglio dilungarmi troppo. Lascio a te il compito di ricordarle, l'appuntamento come al solito è per giovedì prossimo!

sabato 24 aprile 2021

Landa

Landa [làn-da] s.f. 1. Pianura arida in cui predomina la vegetazione bassa, erbacea o arbustiva, inadatta alla coltivazione. 2. estens. Territorio incolto, in abbandono.

Etimologia: proviene dal provenzale landa, di origine celtica, correlato con il lemma anglo-germanico land, "terra, paese".



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La terra stava cambiando.
Lo avevamo notato ai lontani margini sudest di Elara: le Bianca Foresta, la meraviglia candida che era diventata la nostra casa quando eravamo tornati ad abitare sotto il cielo si stava diradando, gli alberi sempre più fragili, le foglie meno abbondanti e più secche. E non era, come temevano i più anziani tra noi, un altro effetto del Cataclisma. Stava accadendo qualcosa, qualcosa di diverso. Qualcosa di terribile.
Ancora non lo sapevamo, ma il nostro mondo stava andando in frantumi come un frammento di cristallo caduto su una roccia.
Locbarean fu la prima. Gli esuli che si trasferirono nelle foreste vicine raccontarono di alberi morti, il cui legno si riduceva in polvere al più leggero dei tocchi. Chi li accolse fu gentile con loro, ma non volle crederci anche se la Comprensione, quel misterioso sesto senso che avevamo sviluppato bevendo l'Acqua della Vita, diceva loro che i racconti corrispondevano al vero, e che quello era solo l'inizio. Toccò infatti a Calarmaris in seguito, e a Eyrallos Ir Adus, le prime Città nella Foresta ad aver dato rifugio a chi non aveva più una casa. Costoro videro tutto accadere di nuovo: la primavera che non recava né fiori né foglie, i rami che si spezzavano, e infine la polvere, candida quanto lo era stata la loro splendida foresta, il vanto della nostra terra. Ciò che si lasciarono alle spalle, cercando rifugio nell'entroterra, era solo una landa desolata con pochi alberi scheletrici, bassi e radi cespugli dalle foglie bianche che in qualche modo avevano resistito alla moria arborea, e le rovine di città un tempo popolose, perfettamente integrate con i tronchi secolari, e destinate a crollare in poco tempo avendo perduto il loro sostegno.
Per gli esseri umani può essere parso un processo lento, ma per noi non lo fu affatto. Nel corso di una sola generazione fummo costretti a cedere ogni pianura di Elara alla landa, che poi divenne deserto, e a rifugiarci nelle profondità dei monti da cui eravamo venuti.

giovedì 22 aprile 2021

L'ultima sera sulla spiaggia

Una volta scrivevo almeno un racconto all'anno ambientato completamente o in parte sulla spiaggia, di solito proprio quando anch'io mi trovavo in vacanza in prossimità del mare. Quindi non sorprende che negli ultimi due anni questa ambientazione sia sparita anche dal blog. Queste le storie scritte negli anni pre-Covid:

Reminiscenza estiva (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/06/reminiscenza-estiva.html)
Mossiere (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/06/mossiere.html)
Hawaii, 1555 (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/05/hawaii-1555.html)
Difficile ritorno
(https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/09/difficile-ritorno.html)
Rada (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/03/rada.html)
Equoreo (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/05/equoreo.html)


Avevo già in mente una scena con un falò sulla spiaggia, non ne ho mai scritta una, così ho cercato appositamente il tappeto sonoro più adatto e l'ho trovato in Campfire on the Beach with the Sound of Relaxing Ocean Waves and Crackling Burning Firewood (https://www.youtube.com/watch?v=lidaZTgPTaw) di Relaxing Soundzzz.



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Foto di ROMAN ODINTSOV da Pexels


Quell'estate Silvia non poteva affermare che la consueta vacanza al mare con la famiglia fosse stata banale. Così tanto era successo, e in così pochi giorni, che a volte le girava ancora la testa e si sentiva mancare la terra sotto i piedi quando ci pensava. Il che era praticamente sempre, perché aveva sempre addosso la catenina che lui le aveva regalato, con il pendente a forma di fiore. Impossibile non ricordare il loro ultimo incontro.
Qualche giorno dopo il temporale, il cielo si era rasserenato ed era tornato il caldo estivo, ma ormai le vacanze erano agli sgoccioli. L'ultima sera prima di partire Laura decise di "rapirla" per una serata tra amiche e i genitori di Silvia non fecero obiezioni. Dopotutto, Laura era la migliore della classe, una ragazza modello, che mai sarebbe potuto accadere?
– Manca tanto? – chiese Silvia, dopo una scarpinata sulla spiaggia e poi attraverso una pineta che le era parsa infinita. Se n'erano andate nel tardo pomeriggio, subito dopo un leggero spuntino che Silvia temeva avrebbe costituito tutta la sua cena, e ormai il sole al tramonto aveva tinto d'arancio le poche nubi rimaste, e la luce stava gradualmente scolorando nel crepuscolo.
– No, è qui poco più avanti... ah, guarda! Ecco, ci siamo!
Laura congiunse le mani con un leggero battito, poi subito le separò e indicò oltre gli ultimi alberi, voltandosi indietro con un sorriso. Silvia, che arrancava sul sentiero leggermente in salita per l'ultimo tratto, non poté fare a meno di sorridere del suo entusiasmo.
Poi, quando raggiunse Laura, Silvia la vide. La loro meta.
La sabbia digradava da lì fino alla spiaggia, coprendo l'altro versante della collinetta boscosa che avevano attraversato, e che proteggeva quel tratto di costa da sguardi curiosi. Silvia capì immediatamente perché Laura avesse scelto quel luogo: troppo piccola per attirare le mire di albergatori e campeggi per turisti, troppo lontana dal centro e dalla via dei negozi per essere una meta ambita, la spiaggetta pareva appartenere solo alle onde che vi s'infrangevano allegramente coi loro intensi umidi ruggiti, e a qualche schivo gabbiano. O almeno lo si sarebbe detto in un altro giorno, perché in quel momento un falò scoppiettante era acceso ai piedi della collinetta, al riparo dal vento, e due ragazzi parlottavano tra loro nella penombra crescente. Silvia non fece in tempo a chiedersi se qualcun altro avesse avuto proprio quella sera la stessa idea della sua amica, che Laura attirò la loro attenzione con un grido e una sventolata di mano a cui i due, una ragazza bruna e un giovanotto dai ricci biondi che pareva di qualche anno più vecchio, risposero al saluto e l'accolsero parlando in inglese.
– The others? – chiese Laura, una volta raggiunti i due con Silvia subito dietro, e dalla loro risposta Silvia capì che Laura si aspettava di trovare altre persone, ma che queste erano andate a prendere qualcun altro e sarebbero tornate a breve. A quel punto, Silvia avrebbe voluto chiederle quanti altri sconosciuti avesse invitato alla loro serata tra amiche, ma Laura già si stava prodigando a presentarle i due, Jade e Lambert.
– ...human, ...right? – fu tutto ciò che Silvia riuscì a capire della domanda di quest'ultimo, che tendeva a parlare troppo velocemente per la sua scarsa esperienza di conversazione in inglese sul campo. Sufficiente, comunque, a farle rispondere con un cenno affermativo, e a domandarlo a sua volta.
Sì, erano umani anche loro, fu la risposta, e Silvia non riuscì a fare a meno di chiedersi, soffocando una risata, se questo genere di conversazione non sarebbe diventata la norma, da quel momento in avanti.
– We're friend – aggiunse Jade, sbirciando Laura con un sorriso che fece ingelosire Silvia.
Non aveva mai pensato che Laura potesse avere altri amici in giro per il mondo, ma Laura, quasi come se avesse potuto capire che cosa le passava per la testa, intervenne a spiegare: – Amici dell'Ambasciata.
Ovvero, esseri umani che sapevano, chissà da quanto, quello che lei aveva scoperto da pochi giorni.
Il fruscio del vento tra i rami alle sue spalle, lo sciabordio delle onde e il crepitio del fuoco nell'aria pungente di sale riempirono il silenzio. Rabbrividendo, Silvia accostò le mani alle fiamme che salivano danzanti dal piccolo falò, liberando fumo e scintille.
Capiva perché Laura glieli aveva fatti incontrare. Non era la sola a serbare quel segreto, Silvia ne era consapevole fin da prima, ma vedere con i propri occhi che gli altri custodi esistevano ed erano persone reali era den diverso da una conoscenza astratta. Anche se faticava a seguire la conversazione che era ripresa tra i due ragazzi e Laura, Silvia gliene fu grata.
Alzò gli occhi al cielo. Ormai si era fatto buio e le stelle iniziavano a essere visibili nell'oscurità quando, dalla direzione opposta rispetto a quella da cui erano arrivate lei e Laura, esplose un coro di saluti in inglese e in almeno un'altra lingua, e un gruppetto di sette ragazzi e ragazze di varie età si unì a loro.
Ma certo, ricordò Silvia, quelli dovevano essere gli altri di cui Laura aveva chiesto subito notizie a Lambert e Jade.
Seguì un altro giro di presentazioni e di domande e questa volta, al suo goffo tentativo di informarsi domandando "Human?", non tutti le risposero con un sì.

lunedì 19 aprile 2021

La spiaggia e le isole

Se del deserto tengo la sabbia, ma l'affianco all'acqua del mare o dell'oceano, ecco che la storia cambia completamente. O forse no? Per provare a scoprirlo non resta che fare una passeggiata sulla spiaggia, meglio ancora se appartiene a un'isola.


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Foto di Asad Photo Maldives da Pexels


L'immagine di una spiaggia assolata evoca subito, contemporaneamente, quella delle vacanze estive, di un periodo spensierato, dell'infanzia e dei giochi sulla sabbia o in altri casi dell'adolescenza e dei primi amori. E allora non stupisce se tante storie ambientate su una spiaggia sono commedie romantiche con giovani protagonisti al centro della vicenda, come nel film Sapore di mare, o come viene raccontato nella canzone iniziale di Grease. Ovviamente non manca il romanticismo anche quando i personaggi che si incontrano sulla spiaggia sono adulti, e la trama è incentrata su temi drammatici: celebre è la scena del bacio sulla spiaggia in Da qui all'eternità. Ma la vacanza in zone balneari non evoca solo atmosfere romantiche: sono sempre vacanzieri affollati tra la sabbia e il mare quelli al centro della serie di film Lo squalo, ma lì i risvolti sono ben più tremendi del rischio di essere travolti da un'onda o abbandonati alla fine dell'estate.
Quando la spiaggia fa parte di un'isola sperduta, invece di essere meta di turismo di massa, la sua presenza in una storia evoca avventura e territori inesplorati: così nei vari romanzi di Jules Verne ambientati su un'isola, tra tutti L'isola misteriosa, come nel film Alla ricerca dell'isola di Nim, o in The Beach, in cui gli insediamenti dei "coloni", che siano arrivati per caso dopo un naufragio o per loro scelta hanno esiti diversi. Nelle isole, comunque, la spiaggia è sempre punto di approdo e di partenza, luogo assieme al promontorio sul mare da cui si scruta l'orizzonte in cerca di salvezza, nel caso fosse capitato di finire sull'isola in seguito a un naufragio. Sono celebri per questo il romanzo Robinson Crusoe di Daniel Defoe e il film Cast Away, sebbene non sempre i naufraghi hanno tutta questa voglia di tornare alla civiltà. Se capita che siano in coppia, soprattutto se giovani, potrebbero scegliere di vivere come novelli Adamo ed Eva nella natura più o meno paradisiaca, isolati dalla civiltà, come i protagonisti di Laguna blu. E qui ecco che ritorna il tema dell'amore, perché anche in caso i due siano molto diversi, addirittura mal si sopportino inizialmente e siano comunque già impegnati come accade ai protagonisti di Sei giorni, sette notti... galeotta può essere quella convivenza e collaborazione forzata, oltre ai romantici tramonti sulla spiaggia! Mentre se i dispersi su un'isola sono un intero gruppo, come nel telefilm Lost, ecco che già al loro arrivo sulla spiaggia cominciano a intrecciarsi una complicata rete di rapporti di collaborazione, catene di comando o inimicizie, tanto più complesse quanto più grande è il gruppo, e sconosciuti tra loro i suoi membri.
Come punto d'approdo su un diverso continente o nazione, la spiaggia è stata anche teatro di battaglie reali o immaginarie. Salvate il soldato Ryan è solo uno tra i tanti film che rappresentano lo sbarco in Normandia, mentre in Edge of Tomorrow - Senza domani viene ripetuta più e più volte una sua versione in chiave fantascientifica ma non meno cruenta. Come non citare poi Mediterraneo di Gabriele Salvadores, sempre ambientato in tempo di guerra ma in una situazione molto più tranquilla, tanto che la sequenza più nota è la partita di calcio sulla spiaggia, esempio del fatto che la spiaggia richiama alla mente, e quindi fa da sfondo nelle storie, agli sport tipicamente estivi. Il più celebre dei quali è il surf, parte importante della trama di Point Break - Punto di rottura.
Vale infine la pena di ricordare che la spiaggia, con la sua caratteristica di trovarsi al confine tra la terra e il mare, è il punto d'incontro tra due mondi, luogo dove le differenze vengono annullate, come viene mostrato nel cartone animato La Sirenetta. E quando è parte di un'isola abitata, non bisogna dimenticare che può essere teatro di tradizioni e costumi tipici, come quelli hawaiani mostrati in Lilo e Stitch... fosse anche solo a uso e consumo dei turisti, ma con questo sono tornata all'originale tema delle vacanze e ho chiuso il cerchio.
E tu, rammenti altre storie ambientate almeno in parte su una spiaggia? Storie di sirene e mostri marini, di naufraghi, pirati, o amori che durano il tempo di un'estate? Di certo ce ne sono molte altre, ma io qui mi fermo, e ti do l'appuntamento come al solito a giovedì per una passeggiata su una delle mie spiagge.

sabato 17 aprile 2021

Fulgido

Fulgido [fùl-gi-do] agg. 1. Che risplende di viva luce, sfavillante. 2. fig. Magnifico, splendido.

Etimologia
: dal latino fùlgidus, derivato da fulgére, "risplendere".


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Foto di Lum3n da Pexels


Lo Specchio della Vita era soltanto questo: uno specchio. Un'enorme e lucida superficie riflettente racchiusa in una cornice ovale stretta tra pavimento e soffitto, fulgida creazione di molte generazioni addietro, frutto di tecniche e abilità ormai perdute. Questo mi era stato insegnato, senza spiegarmi mai del tutto i suoi impossibili poteri, come mai alcune cose o persone non avessero riflesso, o perché chiunque lo toccasse anche solo con un dito perdesse immediatamente la vita. Era la parte più spaventosa e segreta della mia eredità come regina, e custodirlo era il più importante tra i miei doveri.
Lo Specchio non doveva cadere nelle mani dei nostri nemici, o rischiare di essere distrutto. La guerra era ormai alle nostre porte: fu la disperazione che mi spinse a fare quella follia. Nell'ora più buia, così avevo letto nelle cronache antiche, lo Specchio avrebbe dovuto consigliarmi, indicarmi la via da seguire. Ma non c'era altro che il mio riflesso al termine della rampa che saliva verso la sua superficie. Per quanto lo interrogassi, non ottenevo risposta.
Mi ricordai allora, mentre contemplavo il mio riflesso muto, di quando molti anni prima lo avevo mostrato alla siahta che da bambina consideravo un'amica. Anyla aveva visto qualcosa, sentito qualcosa. Non ne avevamo mai parlato, ma forse era quella la risposta che attendevo. Lei mi apparteneva, dunque lo Specchio parlava a me per suo tramite. O almeno, così credevo.
Per questo le comandai di venire con me nella sala dello Specchio, di dirmi ciò che sentiva. Ma Anyla salì la rampa e fece una cosa che non mi aspettavo: toccò lo Specchio. E a differenza di tutti i condannati che avevo visto giustiziati da quel contatto, lei non morì.
Lo Specchio della Vita al suo tocco divenne un lago fulgido di bagliori che la circonfusero di un'aura d'oro e d'argento. Fu come scorgere il sole che sorge per la prima volta, e quando mi disse la verità, io non potei far altro che inginocchiarmi e riconoscere la Vera Regina.

giovedì 15 aprile 2021

Una pessima idea

Ho diverse storie ambientate nel deserto, una in particolare che ho sfruttato in maniera ricorrente in questo blog, altre invece di cui ho scritto sporadicamente, e qualche pianeta completamente desertico:

Zenit (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/08/zenit.html)
Uadi (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/01/uadi.html)
Eburneo (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/02/eburneo.html)
Harmattan
(https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/08/harmattan.html)
Inane (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/08/inane.html)
Oro trasparente (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/03/oro-trasparente.html)
Leggiadro (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/03/leggiadro.html)
Grondare (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/08/grondare.html)
Ghirba (https://lapiumatramante.blogspot.com/2021/01/ghirba.html)


Ho scelto di continuare con quelli che sono evidentemente i miei personaggi e il mio deserto preferiti, dato che più di metà dei racconti qui sopra appartengono alla loro storia! Mancava giusto l'inizio del loro viaggio, così eccolo qui. Per scriverlo ho utilizzato, come tappeto sonoro, Fox God of the Desert ASMR Ambience (https://www.youtube.com/watch?v=lfS8cwVxSLc) di Miracle Forest.



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Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Taryn Elliott da Pexels


Io seguivo sempre Jashira.
Al villaggio lo sapevano tutti. Lei decideva di fare qualcosa e io l'aiutavo, o almeno le stavo dietro quando non potevo far niente di utile. Era come se fossi il terzo elementale ai suoi ordini, dopo quello del fuoco e quello del ghiaccio venivo io, il suo personale schiavetto tuttofare. Non mi dispiaceva aiutarla, perché nelle giornate buone Jashy sapeva essere divertente, e inotre era nata col dono della magia, una cosa rara soprattutto in un piccolo villaggio dell'entroterra. Certo, che i suoi genitori fossero stati entrambi dei maghi potenti venuti da chissà dove era una spiegazione sufficiente per la magia di Jashy, e per gli elementali e i grimori che aveva ricevuto in eredità, ma restava il fatto che comunque lei era l'unica maga del villaggio, e un mago è sempre meglio averlo come amico che come nemico.
Perciò, quando Jashira mi annunciò che avremmo attraversato a piedi il deserto per partecipare alla Sfida di Timing, io non misi affatto in dubbio il suo piano, né la sua sanità mentale, finché non ci lasciammo alle spalle l'ultima traccia di civiltà e non ci ritrovammo di fronte a un mare di sabbia. Le grandi onde, le dune, sembravano immobili, ma le minuscole tracce ondulate che attraversavano la rena si spostavano a vista d'occhio, sospinte da un vento costante. Un soffio rovente che m'indusse ad allargare il colletto, perché non riuscivo a respirare e cominciavo a inzupparmi di sudore.
– Sei davvero sicura che vuoi fare questa... emh... strada?
Una strada lì non c'era e lo sapevamo tutt'e due. Cortodeserto era la via ufficiale per raggiungere la città-oasi di Timing, e là sì che c'era una strada, ma era molto lontana da dove ci trovavamo noi.
– Holy, sta' tranquillo, non c'è nulla di cui preoccuparsi! – mi rispose lei con la consueta sicurezza che l'animava. – Ho una magibussola, arriveremo in un baleno. Fidati di me.
Guardai lei, poi il deserto che si stendeva a perdita d'occhio, oscurando l'orizzonte con un velo di sabbia sollevato dal vento. Quell'ululato mi risuonava nelle orecchie, ovattandole col suo costante respiro, e io avrei anche voluto fidarmi, ma questa volta l'impresa che Jashy si era impuntata a compiere era tanto più grande di noi. Eravamo solo dei ragazzini, lei non lo voleva ammettere ma io sì, e quella polvere dorata che già si depositava sui miei vestiti mi faceva tanta paura.
Ma Jashy paura non ne aveva, perciò quando si mosse, magibussola alla mano, io le andai dietro, e gli elementali pure, anche se quello del ghiaccio mugghiò in tono disperato trascinando i piedi nella sabbia. Poveretto, lo capivo: lì era decisamente fuori posto. Ma non poteva allontanarsi troppo da Jashy, era legato a lei da un incantesimo, perciò dove andava la maga, lui la seguiva.
Io avrei anche potuto non farlo, ma ormai ero lì. La seguii con gli stivali che affondavano a ogni faticoso dannato passo nella sabbia scricchiolante, lasciandomi dietro una scia di orme che il vento già cominciava a cancellare con sbuffi di sabbia per ricomporre le striature ondulate, come infastidito da noi stranieri che gli eravamo capitati in casa senza invito.
Jashira non mi aveva spiegato come funzionava la magibussola. Non lo faceva mai con le cose magiche, perché tanto io non potevo capire. Ma se ci avesse provato, allora mi sarei reso conto fin da subito di quanto in realtà fosse folle il suo piano. Perché la bussola puntava il suo ago in direzione degli oggetti magici, e se era vero che a Timing ne era stata accumulata una discreta quantità durante i mesi di scavi archeologici, era altrettanto vero che buona parte dei reperti giaceva ancora a varie profondità sotto le dune del deserto che circondava la nostra meta.

lunedì 12 aprile 2021

Perdersi nel deserto

Questa settimana mi va di cambiare totalmente clima, perciò il mio viaggio immaginario passerà direttamente dalla montagna a un altro luogo isolato, pericoloso, mistico, ma... rovente! Ci spostiamo dalla cima delle montagne alle dune del deserto.


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Foto di Francesco Ungaro da Pexels


Da un estremo all'altro: mentre la montagna è considerata la terra del freddo, della neve e dei ghiacciai, nelle storie il deserto è preso in considerazione quasi esclusivamente per la calura soffocante e per l'assenza d'acqua, senza considerare che di notte nel deserto la temperatura scende notevolmente. Uno dei pochi film che rammento in cui questa differenza tra il giorno e la notte del deserto si fa drammatica (va bene, era un'eclisse e non la notte, ma ne ha tutti gli effetti) è Pitch Black, che pur essendo ambientato su un altro pianeta e presentando per i protagonisti anche un... "piccolo" problema di creature aliene, almeno tiene conto che il deserto non è solo calore e luce per tutto il tempo. Un altro tema che emerge in quel filmriguardo al deserto è che di solito non ci si va volontariamente. Può capitare di finirci per caso, precipitando come nel film Il volo della fenice, o di venire esiliati nel deserto per quella che si intende essere una condanna a morte, vedi una celebre scena in Il buono, il brutto e il cattivo.
Quando invece i personaggi affrontano il deserto spontaneamente, può capitare che lo facciano alla ricerca di un tesoro, ed è ciò che accade in Sahara e nella saga di film su La mummia, che tralaltro è un esempio di come spesso il deserto si accosti a un'ambientazione egizia con il suo sapore di antichi misteri e maledizioni mortali; oppure che il deserto sia la via più breve, se non l'unica, per raggiungere una terra promessa, dal Mosè rappresentato in I dieci comandamenti in avanti, fino ad arrivare al futuristico Mad Max: Fury Road che è una delle tante versioni di una terra post-apocalittica i cui tratti salienti sono la regressione a una società non civilizzata dove vige la legge del più forte, e una quasi totale desertificazione del territorio. Forse tale rappresentazione è diventata un classico perché nel deserto ogni impresa già di per sé difficile, soprattutto dal punto di vista fisico, si fa ancora più faticosa. Nella realtà esiste più di una gara che si svolge del tutto o in parte in territorio desertico, tra quelle delle storie mi va di ricordare la corsa a cavallo del film Oceano di fuoco - Hidalgo.
Un altro motivo per viaggiare nel deserto è la sete d'avventura, l'esplorazione, il desiderio o il bisogno di prendere contatto con le popolazioni beduine che vivono nel deserto o nei dintorni di un territorio desertico, e la guerra, tutte ben esemplificate in Lawrence d'Arabia. Che essendo un film basato su un personaggio storico mostra il lato più realistico della vita e degli abitanti del deserto, al contrario di favole e cartoni animati come Aladdin, in cui si immagina una città opulenta e sovrappopolata nel bel mezzo del deserto, senza spiegare come sia possibile il sostentamento di tutte quelle persone. Già più plausibile è la comunità che vive sul pianeta desertico visitato in Stargate - La porta delle stelle, film che riprende l'accostamento deserto-antico Egitto e che presenta un'altra delle difficoltà che i protagonisti di una storia possono incontrare nel deserto: un'imponente tempesta di sabbia che oscura l'orizzonte e constringe a cercare un riparo. La tempesta di sabbia è un elemento così caratteristico del deserto che nel film Prince of Persia - Le sabbie del tempo, dove la sabbia ha un ruolo magico ben preciso, la fine del mondo è identificata appunto con una tempesta di sabbia di origine divina.
Tornando alla fantascienza, non mancano pianeti completamente o quasi desertici, con una fauna particolare (e spesso particolarmente pericolosa) e risorse importanti quanto uniche: oltre a Pitch Black e Stargate già citati, il caso più famoso è il pianeta Arrakis in Dune, ma anche Star Wars non scherza con il suo Tatooine più volte visitato nel corso della saga.
Terrestre o meno, il deserto rimane uno dei luoghi più mistici, dove nell'isolamento più totale si può ricevere l'illuminazione o impazzire, come rischia un assetato fuggiasco del film Capricorn One, o come dimostra la diversa sorte di Indiana Jones e della dottoressa Elsa Schneider in Indiana Jones e l'ultima crociata. E gli incontri che si fanno nel deserto, quando non sono le creature mostruose che divorano tutto ciò che si muove emergendo dalle sabbie in Tremors, sono sempre particolari e interessanti. Forse non tutti ricordano che è proprio lì che l'aviatore incontra Il piccolo principe nel racconto di Antoine de Saint-Exupéry, ascolta la sua storia, e lo saluta prima che riparta verso il suo pianeta, cosa che l'autore rende nel modo più mistico possibile, come un'esperienza di morte e rinascita.
E con quello che è uno tra i miei libri preferiti mi fermo, ti lascio a riflettere e ritrovarti dopo questa traversata del deserto cinematografico e letterario, e ti do appuntamento a giovedì prossimo.

sabato 10 aprile 2021

Cicisbeo

Cicisbeo [ci-ci-sbè-o] s.m. 1. Nel Settecento, amante ufficiale o corteggiatore di una dama; cavalier servente. 2. estens. Corteggiatore galante.

Etimologia: probabilmente di derivazione onomatopeica dal suono del cicaleccio e del chiacchiericcio che era principale occupazione del cicisbeo.


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Era stato strano scoprire che Night proveniva da una famiglia nobile. Facevo fatica a immaginarla in eleganti vestiti di seta, pizzi e crinolina, o qualunque cosa usassero le donne ricche della sua stirpe. Non riuscivo a vederla perdersi in chiacchiere circondata da cicisbei, lei che non mi sopportava quando parlavo troppo, e che non sembrava dare alcun peso alle cortesie banali e alle parole vuote.
Vero, un po' avevo avuto modo di osservarla sotto un'altra luce quando aveva messo in atto, a beneficio di quel cicisbeo di uno storiografo borioso, ciò che allora avevo considerato un'elaborata messa in scena, degna del più abite tra i truffatori Kalaan. Invece quella era stata la sua vita, prima di essere scelta come vittima sacrificale per i falsi dei che anni dopo stavamo andando a distruggere.
Nella mia notte di veglia, fuori dalla sua stanza, cercavo con la mente di calarla in ambienti sfarzosi, durante feste di gala che non avevo mai visto, ma di cui avevo sentito raccontare. Ma era tutto inutile, la guerriera che conoscevo, Night Shamyan, era troppo diversa dalla lady Nightingale con cui sir Maizorean Lunandi-Xares s'intratteneva. Chiedermi quale fosse la vera Night era un esercizio futile: chiunque fosse, eravamo entrambi consapevoli che non sarebbe vissuta abbastanza da costruirsi un'esistenza libera da ogni obbligo una volta compiuta la nostra impresa. E il pugnale che mi aveva consegnato era un gramo ricordo che Night poteva anche non veder realizzato il suo ambizioso progetto.
Uccidere gli dei.
O, meglio: le creature che in tanti veneravano come dei.
Io potevo solo sperare di accompagnarla fino alla fine e morire al suo fianco, perché non c'era posto per un "noi" nel mondo del dopo.

giovedì 8 aprile 2021

Morte bianca

Trovare racconti ambientati in montagna nel blog è stato ancora più difficile che trovare quelli di palude. Sono riuscita a rintracciare solo questi brani:

Zagaglia (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/06/zagaglia.html)
Corroborante (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/07/corroborante.html)
Gora (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/05/gora.html)
Vespertino (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/07/vespertino.html)


Nei racconti qui sopra i personaggi si muovono sulle pendici boscose di un monte, oppure in profondità, tra grotte e cunicoli. Volevo qualcosa di diverso per il brano di oggi, più vicino alla sommità del monte, e non avevo intenzione di riutilizzare lo stesso mondo della giungla paludosa della settimana scorsa, ma... Penterra ha così tanta varietà geografica che era un peccato non sfruttarla! Per scrivere questo racconto ho utilizzato, come tappeto sonoro, I suoni della montagna (https://www.youtube.com/watch?v=XwIobVz9_ps) di Audio relax.



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Foto di Flo Maderebner da Pexels


Il vento ci soffiava in faccia, così gelido da tagliare la pelle con le sue lame di ghiaccio, o almeno questa era la mia impressione. Procedevamo a fatica, con gli stivali che affondavano nella neve fresca, che sembrava pronta a inghiottirci come una pozza di candide sabbie mobili. Non parlavamo, un po' per risparmiarci di ingoiare aria ghiacciata, un po' perché con l'ululato di quel vento nelle orecchie, sentire sarebbe stato impossibile. Non vedevo nulla davanti a me, se non un costante bianco turbinio, e il capo della corda legata in vita che si perdeva nel nulla. Avrei quasi potuto pensare di essere solo, non fosse stata per quella corda. Legarci l'uno all'altro era stata l'idea migliore che avevamo avuto da giorni.
Le tute mimetiche, frutto di una tecnologia che le rendeva in grado di adattarsi all'ambiente circostante, ci avrebbero nascosto gli uni agli altri in quella tormenta. Potevano essere disattivate, ma farlo significava rinunciare al mantenimento termico che era parte delle loro funzioni, e nessuno di noi era tanto ansioso di congelare fino al midollo. Era già sufficiente avvertirlo sulla pelle del viso, quel freddo bastardo che con le mille punture dei suoi aghi sottili ti cuciva addosso la brina.
Perciò dovevamo sopportare di essere anonimi in quel candore, pur di assicurarci di poter restare vivi.
Non sapevo da quanto tempo arrancavamo in quel limbo, perche anche il tempo sembrava scomparire di fronte a quell'immensa pagina bianca, e ormai cominciavo a disperare che ne saremmo usciti. Non seguivamo più le tracce del trio di ladri la cui ricerca ci aveva portato fin quassù, perché anche se fossero stati pochi metri avanti a noi, la neve avrebbe subito coperto ogni impronta e cancellato ogni segno della loro esistenza. L'obiettivo di Matt, in testa al gruppo, era solo di condurci fuori dalla tempesta. Quanto a me, dovevo assicurarmi che le ragazze, Leda che mi precedeva e la mutaforma che chiudeva il gruppo, stessero bene. Anche se di quest'ultima non mi preoccupavo più di tanto, e la mia attenzione era quasi esclusivamente rivolta alla corda che mi collegava a Leda. Avevamo dei segnali, un numero diverso di strattoni alla corda per comunicare o segnalarci i problemi, ma fino a quel momento non l'avevo sentita tirare nemmeno una volta. Con mio stupore, mentre lottavo per liberare un piede finito in una buca coperta di neve, avvertii invece i tre strattoni del segnale di pericolo venire da dietro, così forti da rischiare di sbilanciarmi.
Per prima cosa pensai che la mutaforma si fosse sbagliata, confondendo magari un segnale per un altro, perché il bracciale al mio polso che era lo spiacevole "dono" della sua tribù, e che avrebbe dovuto illuminarsi se la mia vita fosse stata in pericolo, non si era appunto illuminato. Lì per lì non avevo pensato che esistevano anche pericoli non immediatamente mortali, e che ci stavamo avvicinando a uno di questi.
Noi non l'avevamo vista, confusa com'era nel paesaggio lattiginoso, ma era chiaro che la mutaforma aveva altri modi di percepire ciò che la circondava. Ma quando scelsi di crederle, dopo quel primo attimo di esitazione, era già troppo tardi. Non feci in tempo a trasmettere il messaggio agli altri, che la bestia ci travolse.

lunedì 5 aprile 2021

Scalare la Montagna

Questa settimana lasciamo da parte le verdi foreste e le lussureggianti giungle per andare in alto. Sempre più in alto. Lassù, sul gelido cucuzzolo della montagna.


 
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Foto di Tim Gouw da Pexels


Per la loro altezza, per le temperature proibitive, per la difficoltà dei viaggi attraverso i valichi (ammesso che ce ne siano), la montagna è spesso posta nelle storie come un limite invalicabile, e non è un caso se in tante mappe di romanzi di ambientazione fantasy, assieme alle coste, le catene montuose rappresentano i confini del mondo. Un esempio è il "Muro intorno al Mondo" del Ciclo di Darkover di Marion Zimmer Bradley, una catena montuosa che raggiunge l'altezza di 9000 metri coperta da ghiacciai perenni.
In pochi viaggiano attraverso le montagne, e ancora meno sono coloro che le abitano. A parte il popolo dei Nani, che da Il Signore degli anelli in avanti è diventato il classico popolo della montagna in quasi tutti i romanzi fantasy. E proprio La Compagnia dell'anello, il primo dei film e romanzi della trilogia, mostra quanto sia difficile superare le montagne: neve, vento, sentieri stretti e sdrucciolevoli in superficie, e una rete di gallerie oscure in cui ci si può perdere o imbattersi in creature ostili all'interno del manto roccioso, nelle Miniere di Moria. Eppure è proprio lì, in profondità nella montagna, che si possono trovare i tesori più preziosi: in Lo Hobbit, un anello, o l'intera ricchezza del re dei nani custodita da un drago nella Montagna Solitaria.
La montagna, specie quella più alta, rappresenta sia nella realtà che nelle storie una sfida irresistibile per i pochi ardimentosi che la vogliono cogliere, e allora non è raro trovare storie di scalatori, a lieto fine oppure dai risvolti drammatici: tra i tanti due dei più celebri sono Vertical Limit ed Everest, quest'ultimo tratto dai saggi e dalle testimonianze dei sopravvissuti alla scalata. Il rischio di essere sorpresi da una bufera di neve, o di cadere durante l'arrampicata su una parete rocciosa è sempre presente, senza contare il pericolo di una valanga. Che a seconda della circostanza se provocata intenzionalmente può anche rivelarsi, seppur rischiosa, la soluzione di un problema: come nel cartone animato Mulan, quando la protagonista grazie a una valanga riesce ad annientare la maggior parte dell'esercito invasore. Ma questo accade solo nelle storie.
Nella realtà la montagna è anche meta turistica, sia d'estate che d'inverno: oltre agli sport invernali, per l'isolamento, il silenzio e l'aria pura la montagna è stata il luogo ideale per ritirarsi e guarire nei sanatori, di cui rimane traccia in letteratura in libri come La montagna incantata di Thomas Mann. C'è una vena di misticismo nell'ascendere le pareti della montagna, e allora non stupisce che la regione considerata più spirituale al mondo sia anche quella in cui si trovano le montagne più alte: Sette anni in Tibet racconta la vera esperienza di uno scalatore mentre si trova in quella regione. D'altra parte l'isolamento sperimentato in montagna non sempre è positivo, perchè può impedire di ricevere aiuto se necessario, rendere i soccorsi molto difficoltosi, o scatenare paranoie e psicosi come accade nell'hotel isolato dal gelo invernale di Shining. A volte, la troppa pace si tramuta in pazzia. E a proposito di terrore: cosa capita quando la forma delle montagne, come quella delle nuvole, ricorda la sagoma di una creatura vivente? C'è da immaginare che nel cuore della notte il gigante addormentato si risvegli, come nella sequenza di Fantasia basata sulle note di Una notte sul Monte Calvo, e allora chissà quali terribili misfatti può combinare.
Impossibile non concludere questo itinerario tra le montagne nei libri e nei film senza citare un libro di Mauro Corona, e fra i tanti mi torna in mente I misteri della montagna. Perché solo chi la vive quotidianamente può dire di conoscerla davvero in tutte le sue stagioni, le sue virtù e i suoi pericoli, comprese le leggende che si tramandano da generazioni e che ora, con lo spopolamento dei paesi di montagna, stanno rischiando di scomparire.
Io mi fermo qui, e ti lascio a esplorare ancora un po' la montagna se vuoi, se ti torna in mente di averla vista in altre storie. Per quanto riguarda la mia, l'appuntamento è come al solito il prossimo giovedì.

sabato 3 aprile 2021

Scellerato

Scellerato [scel-le-rà-to] agg., s. 1. agg. Di persona, che ha commesso atrocità e delitti. 2. agg. Di cosa, che denota crudeltà ed efferatezza. 3. s.m. (f. -ta) Persona di estrema malvagità o che si è macchiata di crudeli delitti; anche usato con valore attenuato.

Etimologia: dal latino sceleratus, participio passato di scelerare, "macchiare di un delitto", derivato da scelus, "empietà, misfatto".


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Foto di cottonbro da Pexels


Lei aveva mantenuto la sua promessa.
La creatura mostruosa che avevo scelto come dono della maggiore età, istigato dai suoi sussurri tentatori, finora non aveva mai fallito nel consigliarmi la mossa giusta per garantire il successo dei miei piani. Il nostro scellerato patto mi aveva condotto a mentire, corrompere e commettere omicidi, pur di eliminare chiunque potesse rivelarsi un ostacolo sulla mia strada; eppure, grazie ai suoi suggerimenti su quando, dove e come agire, nessuno aveva mai puntato il dito contro di me. Io ne ero uscito sempre pulito, l'eroe del popolo, il presidente che aveva posto fine alle ingiustizie dell'aristocrazia, che aveva reso grande la nostra minuscola nazione, degna finalmente di attirare l'attenzione dell'impero.
Era ovvio che dopo tutto quello che avevo ottenuto, non mi sarei fermato. Volevo di più. Volevo più territori, più potere. Con un esercito, e un'alleanza con una delle due teocrazie confinanti con la mia terra, avrei potuto sfruttare il loro stato di eterna belligeranza per invadere l'altra, e spartirmi ciò che ne restava con la rivale. O ancora meglio, esacerbare di nascosto il loro conflitto, per poi giungere come salvatore e prendermi tutto.
Le possibilità erano infinite. L'unico mio cruccio era la mia dipendenza da quel mostro e dalle sue capacità profetiche. Più arrivavo in alto, più grande diventava il mio debito di riconoscenza nei suoi confronti, e più cresceva il mio odio per lei. E lei lo sapeva.
Per questo, probabilmente, centellinava le informazioni che mi forniva. Non perché la visione del futuro fosse difficile da evocare o perché la affaticasse. No, la scellerata non mi diceva mai tutto, perché voleva assicurarsi che io avessi ancora, continuamente, bisogno di lei.

giovedì 1 aprile 2021

Punti di vista

Tendo ad ambientare le mie storie più nella foresta che nella giungla, perciò queste ultime sono un caso raro. Nel blog sono riuscita a rintracciare solo questi brani:

Nella palude, in salvo (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/06/nella-palude-in-salvo.html)
Tumido (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/10/tumido.html)
Cuora (https://lapiumatramante.blogspot.com/2019/04/cuora.html)
Sollucchero (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/05/solluchero.html)


Anche se la definisco "palude", Greye (Krishid per i suoi abitanti) è più una giungla paludosa, perciò l'ho scelta per il racconto di oggi. Per scriverlo ho utilizzato, come tappeto sonoro, Mysterious Jungle (https://www.youtube.com/watch?v=5Jzp5H4mQVE) di Michael Ghelfi - RPG Ambiences & Music.



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Foto di Ray Bilcliff da Pexels


Il primo giorno da sola fu strano. Spaventosamente strano. Lontano dal clan, gli strepiti dei becchi fischianti e dei corvi mi assordavano, e le grida delle famiglie di scimmianfibio si levavano all'improvviso, così vicine al ramo su cui ero sdraiata a riposare che pareva mi urlassero direttamente nelle orecchie. Quando ascoltavo a occhi chiusi potevo sentire la palude stringersi addosso alla mia pelle, carezzandomi le squame come facevano i vapori umidi che salivano sotto forma di bruma dalle pozze. Prima, quando ero con il clan, le loro voci familiari allontanavano tutto questo fragore, così come i fuochi del nostro accampamento asciugavano l'aria, e allora mi pareva d'essere protetta, al sicuro, dentro una bolla. Anche se il mio posto era sempre stato ai margini di quella bolla, io ero comunque dentro.
Sapevo che fuori c'era dell'altro; lo sapevo meglio di tanti altri cuccioli, i fortunati che avevano i posti migliori vicino ai fuochi, e i bocconi migliori quando giungeva il tempo di spartirsi il cibo portato dai cacciatori. Perché se loro avevano avuto i fuochi, io avevo avuto Galkna. Galkna e le sue storie terrificanti sui Ruamakù, i nemici del nostro popolo, sulle loro armi magiche e su come potevano essere combattuti e sconfitti.
Guardando in giù dal mio ramo, tra le foglie protese a sfuggire all'oscurità della terra fangosa, immaginavo a volte di vederne passare uno, di avvertirne l'odore nauseabondo tra la fragranza acidula della resina spillata dai tronchi, il segnale di pericolo che gli esploratori lasciavano, laddove era stata scoperta la presenza di un Ruamakù, agli incauti che si avventuravano troppo lontano dai clan. Naturalmente, nessuno degli alberi che mi circondava recava quel segno. Sarei stata una sciocca ad andare a cercarli, a seguire le loro tracce, perché nonostante le conoscenze proibite che avevo su di loro, o forse proprio perché sapevo così tanto, ero consapevole di non essere ancora pronta ad affrontarli. La mia mente era forte, ma il mio corpo ancora troppo giovane, le squame tenere come i corpi molli delle tirnottke, il cui canto gracidante saliva dalle tane tra le radici di mangrovia. Ci voleva altro tempo prima che imparassi a indurirle come il guscio di una tartaruga. Zanne e artigli non sarebbero stati sufficienti, se non sapevo come proteggermi.
Un giorno sarei diventata una guerriera del clan, e grazie agli insegnamenti di Galkna avrei ucciso molti Ruamakù, e protetto la mia gente. E allora il mio posto non sarebbe stato più ai margini di quella bolla felice, ma attorno ai fuochi, assieme agli altri.

Greye era invadente. Fastidiosamente invadente. Non bastava che quel cicaleccio continuo sopra le nostre teste attutisse il suono delle nostre voci, no. Greye doveva proprio buttarci addosso i suoi nugoli di insetti, e il fetore marcescente che saliva dalle pozze d'acqua stagnante. La pomata di Leda era sufficiente a tenere a bada le zanzare, ma non poteva nulla contro l'umidità che ci appiccicava addosso i vestiti. La nostra guida procedeva sicura verso le riserve di caccia che il governo aveva predisposto per i turisti, e si diceva certa di poterci aiutare a trovare la bestia che cercavamo, sebbene non fosse una di quelle a cui il turista medio chiedeva di sparare di solito. Non era parso molto contento quando gli avevamo detto che quella bestia noi la volevamo catturare viva.
– Fosse per me, se questo posto schifoso non mi desse da mangiare, raderei al suolo tutto e bonificherei la fanghiglia – aveva  commentato, prima di inoltrarsi tra gli alberi fitti in testa al nostro gruppetto, sollevando i piedi tra lo sciaguattio della melma. Matt aveva dovuto lanciare un'occhiata minacciosa a Leda per evitare che la sorella, da brava ambientalista, attaccasse la solita tiritera sulla conservazione della flora e della fauna e di quanto i mutaforme fossero creature intelligenti e incomprese.
A me bastava sapere che quei mostri ammazzavano esseri umani, e che lo facevano con una tale barbarie e accanimento da non avere da parte mia la giustificazione che concedevo alle bestie feroci, che uccidevano per fame o per istinto. Perciò, con buona pace della flora e della fauna locale, io non esitavo ad accettare come più ragionevole e sensato il punto di vista della nostra guida.