giovedì 1 agosto 2019

Come scrivere una sinossi decente e completa al quarto tentativo (forse)

La sinossi, questa sconosciuta. Questa bestia nera, questo spauracchio dello scrittore in cerca di editore, questo insormontabile ostacolo che appare, ai più, di una difficoltà maggiore rispetto allo scrivere un intero romanzo. Se stai leggendo queste righe, posso immaginare che anche tu sia bloccato da questo arduo ma necessario passo per raggiungere il tuo obiettivo, o il tuo sogno, e tra i tantissimi articoli in rete su come affrontarlo hai scelto questo. Magari non come unico approccio al problema, ma insieme ad altri... in fondo, più punti di vista danno un quadro più completo rispetto a uno solo, no?

Io non sono un'esperta in materia. Ma sto scrivendo la sinossi del mio romanzo, perciò posso condividere con te la mia esperienza di com'è stato finora, come sta proseguendo, quello che ho imparato dalle varie versioni che ho stracciato e ciò che ho trovato di utile in altri articoli e blog che ho consultato prima e durante l'impresa. Se ti va, possiamo fare questo tratto di strada insieme.

Penso sia importante innanzitutto capire perché una sinossi metta tanto in difficoltà uno scrittore che non è abituato a comporne una. Io ritengo che, più che la sinossi in sé, ciò che spaventa è il valore di cui è caricata. Ancor prima dell'incipit, e sono sicura che anche per quello avrai passato notti insonni a rifinirlo fino a renderlo perfetto, la sinossi sarà nella maggior parte dei casi il primo testo davvero letterario che arriverà davanti agli occhi di chi dovrà valutare la tua opera. Perché, parliamoci chiaro, la lettera di presentazione tanto non conta, sono molti quelli che nemmeno la accludono e lasciano il corpo dell'e-mail in bianco (scherzo... non farlo mai, mai, mai... ma di questo scriverò magari un'altra volta). In poche righe, la sinossi ha il compito di colpire, dimostrare il tuo talento e il valore del romanzo, e spingere l'editore ad affrontare la lettura dell'intero malloppo, e il tutto senza nessuno degli elementi che ritieni essere i tuoi cavalli di battaglia. Niente dialoghi dalle battute argute, al bando le descrizioni evocative, via i numerosi personaggi secondari, vividi e ben delineati, che popolano il tuo mondo immaginario, e a proposito di quel mondo, guai a lasciare entrare nella sinossi più dettagli di quelli strettamente necessari a comprendere dove si svolge l'azione. Al primo approccio, la scrittura della sinossi può scoraggiare, e farti chiedere con amarezza che cosa resta del tuo romanzo, se devi togliere tutti gli elementi che lo distinguono dalle numerose altre storie che attendono di essere pubblicate.

Ero arrivata anch'io a questo punto morto quando nel corso della mia ricerca per capire come scrivere una sinossi perfetta, quella accattivante e unica che in poche parole potesse davvero rendere l'idea del mio romanzo nonostante fosse la sua versione ridotta all'osso, mi sono imbattuta in un articolo postato in un blog che mi ha dato una nuova prospettiva. Il messaggio dell'articolo era che una sinossi ben scritta offre un riassunto non della trama, bensì dell'esperienza di lettura (mi scuso... avrei voluto a questo punto mettere un collegamento a quell'articolo, ma nonostante tutti i miei sforzi sono riuscita a ritrovarlo. Se lo conosci, per favore, segnalamelo nel commenti, così posso rimediare!). Apriti cielo! Quando l'ho scoperto, ho passato giornate intere a rileggere il romanzo capitolo per capitolo, per riassaporare l'esperienza di lettura e di conseguenza aggiornare man mano il mio file sinossi, facendo in modo che questo secondo testo, in maniera condensata, trasmettesse ogni emozione e ogni sorpresa e ogni singola rivelazione sconcertante.

Inutile dire che alla fine di quella sinossi non ci sono mai arrivata.

Mi sono resa conto, mai troppo presto, che la faccenda stava andando un po' per le lunghe. Alla sesta pagina, duecentoquarantatreesima riga, ho capito che non valeva la pena di trascinare oltre l'agonia. E a quel punto mi mancava ancora un quinto del romanzo.

Ho cambiato approccio. Non un file, troppo facile scrivere al pc una quantità spropositata di parole. Ho preso un foglio di carta, di quelli a righe, con i fori: quelli su cui generalmente scrivo la mia prima stesura di un romanzo. Fronte e retro, non di più, mi sono detta. Quello era il mio limite invalicabile. E, per evitare di inserire troppi dettagli, ho lasciato da parte l'esperienza di lettura in diretta e mi sono affidata alla mia memoria. Se qualcosa non lo ricordo, non è poi così importante da figurare nella sinossi, mi sono detta.

Due pagine fronte e retro dopo, e ancora ben lontana dal termine della sinossi, la mia conclusione è stata questa: ho una memoria troppo buona. Eppure avrei dovuto capire che la cosa non stava funzionando quando ho cominciato a inserire aggiunte sui margini inferiori e superiori della prima pagina.

Archiviata anche questa sinossi incompleta sono tornata alla fase della ricerca. E assieme a qualche articolo aggiuntivo, che comunque non mi ha rivelato niente più di quello che già sapevo, ho cercato esempi a cui ispirarmi. Ho pensato ai libri letti e ai film visti di recente, di cui avevo ancora un buon ricordo di ogni singolo dettaglio, e ho letto le loro sinossi trovate su internet, per capire che cosa veniva messo e che cosa omesso, quali particolari venivano semplificati, distorti, o spostati per rendere più comprensibile la storia in sintesi. Tra tutte, mi sono concentrata sulla sinossi di un film che mi sembrava avere in comune alcuni elementi con il mio romanzo, non a livello di trama, bensì di struttura. Un singolo protagonista che fa da punto di vista invece di una storia corale, una vicenda che riguarda le persone coinvolte e non il destino del mondo, ambientata in più di un luogo, con un mistero la cui soluzione è nelle mani di un altro personaggio, e la cui ricerca cambia la vita e il modo di vedere il mondo del protagonista. Il film, se ti interessa, è "I sogni segreti di Walter Mitty". E solo ora mi rendo conto che questo titolo contiene ben due parole collegate a quello del mio romanzo, una che era nel titolo originale, e una che è diventata il fulcro del titolo che ha oggi.

Coincidenze a parte, ciò che ho estrapolato dalla lettura di quella sinossi è questo: per una storia come la mia, una sinossi che funziona inizia con la presentazione del protagonista, poi della situazione di partenza, quindi si introduce l'evento che rompe questo equilibrio, e da lì si prosegue con la sequenza di avvenimenti, tagliuzzando qua e là per lasciare solo quelli che rappresentano una svolta e avendo cura di collegarli in modo tale che si capisca come ciascuno derivi dal precedente, e senza di esso non possa esistere. Fino ad arrivare, come già sapevo, a svelare il colpo di scena finale, e ad accennare all'epilogo che ne consegue. Bene, a questo punto della storia avevo la struttura, ma mi mancava ancora qualcosa per tradurla in realtà. Due cose, anzi. Una era la forza di volontà, e quella l'ho ottenuta un giorno con uno dei classici calci nel sedere che ti dà la vita, quando a causa di un imprevisto non sono riuscita a scrivere nemmeno una parola nel tempo sempre più ristretto della pausa pranzo che riservavo a questo scopo. La seconda era un approccio che funzionasse per me, al di là della formula che avevo ricavato dal mio studio della sinossi ideale.

È diventato tutto più facile quando ho capito che non dovevo scrivere una sinossi. Dovevo scrivere un racconto. Un racconto brevissimo, interamente narrato invece di essere "mostrato", e che somigliasse il più possibile al mio romanzo. Senza scandalizzarmi troppo se qualche evento, per amore di brevità, veniva leggermente falsato a causa dei dettagli mancanti, o se era riportato in modo impreciso. E per evitare di ripetere il grosso errore delle prime due ho messo da parte carta e penna e mi sono dedicata a scriverla interamente sul tablet: uno strumento su cui la scrittura per me procede lenta e in maniera difficoltosa, un supporto che mi costringe a porre attenzione a ogni parola per evitare che la correzione automatica distorca il senso della frase.

Alla fine dell'ordalia avevo tre pagine, seimila battute, di cui finalmente potevo essere soddisfatta. Era una sinossi completa, se non altro, dall'inizio alla fine, e molto più succinta delle prime due. Orgogliosa, l'ho passata alla mia lettrice di fiducia, che mi ha confermato ciò che in cuor mio già sapevo: è ancora troppo lunga.

Mi sono rimessa all'opera, stavolta con una base da cui partire. Togli questo paragrafo, riassumi ulteriormente la descrizione del protagonista (eliminando, tra l'altro, una delle poche espressioni su cui avevo dei dubbi), accorpa queste due frasi in una. Il giorno dopo, però, con ancora tanto da tagliare, già mi rendevo conto che questa non era più una sinossi di cui ero soddisfatta, che a furia di eliminare parole erano saltati tanti di quei collegamenti che la rendevano un'unità fluida invece di un patchwork spezzettato. E grazie a questi salti, ho compreso qualcosa che mi era sfuggito. L'unico modo per descrivere il mio romanzo in poche parole non è fornendo un riassunto di ciò che succede nella storia, bensì rivelando ciò che in un romanzo dovrebbe restare nascosto. Ciò che deve rimanere intrecciato tra le righe, mai al di sopra: il tema, il messaggio sottinteso nella storia. La risposta ultima alla domanda: di cosa parla il tuo romanzo?

E a questa sinossi, la versione 4.0 se vogliamo usare un linguaggio tecnico, ci sto ancora lavorando. Che cosa ci metterò, e che cosa a questo punto della mia esperienza ho imparato di dover mettere in un romanzo? In sintesi, ecco qui il mio stretto indispensabile:
  • presentazione del protagonista
  • tempo in cui è ambientata la storia (se diverso dal presente) e luogo (se specificato e di notevole importanza per la trama)
  • situazione iniziale
  • evento che rompe l'equilibrio
  • qualche accenno agli avvenimenti principali-punti di svolta che gradualmente portano a evidenziare...
  • il tema o i temi della storia (quella sinossi del film che ho citato sarebbe stata un esempio migliore per il mio scopo se avesse spiegato come il film intreccia i due piani del viaggio interiore e di quello esteriore, e come la ricerca del protagonista lo porta a superare i propri limiti e affrontare nella vita reale le situazioni avventurose che aveva solo immaginato, e ciò gli consente di conoscersi meglio, di valorizzare il proprio talento e di acquisire il coraggio di reagire ai problemi nella propria vita - un capo arrogante, una donna a cui non riesce a dichiararsi - in modo concreto invece di rifugiarsi ogni volta in un mondo di fantasia in cui lui è il protagonista e l'eroe)
  • e per finire, ovviamente, la fine. Rivelando tutto, anche il colpo di scena, se c'è: chi è l'assassino, qual è il mistero, come si salva il protagonista in pericolo, qual è il punto debole che porta l'antagonista alla sconfitta, dov'era la foto numero 25 e qual è il suo soggetto.

Questo è ciò che ho appreso (finora) scrivendo la sinossi del mio romanzo. Può non valere per ogni tipo di storia, e probabilmente ho ancora molto da imparare sull'argomento. Perciò, se ti va di condividere la tua esperienza, i tuoi fallimenti e i tuoi successi per quanto riguarda la sinossi, se hai un consiglio da darmi oppure se conosci il link a quell'articolo che avrei voluto riportare (se solo lo avessi trovato!), lasciami pure un tuo commento.

Fino alla prossima, non farti spaventare dalla sinossi, non bloccarti di fronte all'ossessione che dev'essere perfetta, perché se sei arrivato a questo punto, significa che il più è fatto. Ci sei quasi. Hai scritto, e hai riletto, e hai corretto più e più volte un intero romanzo: in confronto, che cos'è una singola paginetta?

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