sabato 10 agosto 2019

Tolda

Quello di oggi è un termine così specifico che raramente lo si incontra, a meno di non leggere i racconti d'avventure marinaresche del passato, o di trovarsi a trascorrere le vacanze a bordo di un veliero.

Tolda [tòl-da] s.f. mar. Ponte scoperto delle navi a vela del passato.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Dominika Roseclay from Pexels


Era ovvio che con una parola del genere avrei dovuto ambientare il brano su una nave. E avendo già scritto un pezzetto della storia di Rachele e Talon a inizio settimana (oltretutto, quella è una barca a vela moderna), ho pensato bene di cambiare mondo e personaggi. E dove altro potevo trovare una nave, se non in nella storia che segue?


Era la nave più grande che avessi mai visto, ma anche la sua tolda aveva dei confini; e oltre a essi era il vuoto, non l'immenso blu nel quale avrei potuto sparire a nuoto tentando la fortuna, per quanto remota, di sopravvivere altrove, bensì semplicemente il vuoto, e una caduta di centinaia di leghe certamente fatale. Non c'era via d'uscita, se non quella che potevo costruire con la mia lingua, e con tutto ciò che il Corvaccio mi aveva insegnato. Non sapevo ancora quale piano mi avrebbe tirato fuori di lì, ma ero certa che, una volta messo in moto, il capitano in persona mi avrebbe pregato di andarmene, perché l'alternativa non gli sarebbe piaciuta affatto.
Quella gente pensava che io dovessi loro qualcosa, gratitudine forse, per avermi salvata dalla trappola in cui loro stessi mi avevano infilato. Li spiavo mentre lavavo la tolta assieme a un altro mozzo, un sempliciotto felice di stare dove stava e di obbedire a ogni ordine. Lui mugolava di meraviglia nel vedere il panorama di nubi e di cime di monti, e indicava gli uccelli che si tuffavano sotto la chiglia della nave volante. Io avevo già cominciato a curiosare in giro, e a fare domande, e a chiedermi come mai a tutti quelli che avevano indagato sul funzionamento della nave era stato risposto che era complicato, ma che non c'era nulla da temere, perché come potevano vedere, funzionava alla perfezione. Il capitano serbava gelosamente quello e forse anche altri oscuri segreti, segreti che avrei dovuto scoprire, perché come diceva sempre il Corvaccio, il sapere, di qualunque genere, poteva essere scambiato al pari delle monete. E il sapere noto a pochi aveva lo stesso valore dell'oro.
Perciò fingevo di far parte dell'equipaggio, e di gioire di quella situazione, quando in realtà ero una prigioniera che pianificava la sua fuga. Non mi sarei mai accontentata di vivere confinata su una tolda ed entro lo spazio racchiuso da una chiglia.
Quella nave non era il mondo, e per quanto grande, per me non era abbastanza.

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