sabato 3 agosto 2019

Sbalestrato

Quella di oggi è a mio avviso è una parola simpatica, quasi comica; una specie di insulto casto, forse d'altri tempi, di un'epoca in cui si usava la balestra da cui il termine etimologicamente deriva.

Sbalestrato [sba-le-strà-to] agg., s. 1. agg. Disordinato, privo di equilibrio e coerenza, scombussolato, frastornato; che conduce una vita irregolare e disordinata. 2. s.m. (f. -ta) Persona priva di equilibrio.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Sapendo di volerlo usare sia come aggettivo che come sostantivo, era chiaro che il brano avrebbe riguardato "uno sbalestrato" o "una sbalestrata". Senza pensarci troppo, ho cominciato a scrivere un altro pezzo della storia del primo che mi è venuto in mente.


Colette mi sorprese mentre uscivo dal magazzino farmaci con le garze e i medicinali nella borsa. Non mi chiese perché ero ancora in ospedale durante la mia pausa pranzo, né perché stavo rubando del materiale dal pronto soccorso. Andò dritta al punto.
– Un'altra visita a domicilio allo sbalestrato?
Non le risposi; chinai la testa e l'aggirai. Lei sapeva, ed era chiaro che presto avrei perso il lavoro, ma non potevo fare altrimenti.
Colette mi afferrò per un braccio. – Maria, non lo fare. Quello... quel tipo è pericoloso, non è una persona normale, e non c'entra la superstizione. Lo vedi dai suoi occhi. C'è qualcosa che non va, in lui.
Naturalmente io lo sapevo già. Scoprire lo scantinato dove viveva, gli alambicchi, laboratorio, il diario, mi aveva confuso e spaventato all'inizio. Avevo cercato di interpretare tutto alla luce di un razionale rigore scientifico, ma più sommavo i dettagli, e più si componeva di fronte ai miei occhi un quadro sbalestrato. Eppure non potevo abbandonarlo. Da quando lo avevo soccorso ero in qualche modo entrata a far parte del suo mondo, ed ero diventata uno degli elementi nella sua ricerca alchemica di un equilibrio. Sapevo bene che soccorrere non equivaleva a salvare, ma avrei fatto tutto il possibile per aiutarlo.
– Dovresti mandarlo da un dottore. E non solo per la ferita, dico... uno di psichiatria – soggiunse Colette a voce bassa.
Scossi la testa. Ormai non credevo più che fosse pazzo, ma non potevo spiegarle come lo sapevo. – Non vuole farsi visitare da un medico. Di nessun tipo. Ma si fida di me... per ora non si può far altro, credimi.
Era l'unica spiegazione che lei potesse accettare. Colette sospirò e mi lasciò il braccio. – Vai. Non dirò niente, per stavolta. Però ti prego, sta' attenta. E se dovesse dare segni di squilibrio, diventare pericoloso... scappa, d'accordo?
Colette sorrise come se fosse una battuta, ma il resto del suo volto dichiarava quanto fosse seria. Le rivolsi un cenno d'intesa e mi allontanai lungo la corsia.

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