giovedì 8 agosto 2019

Personaggio: la signora Emilia

Come Talon, che ho presentato lunedì, spesso i miei giullari fanno parte di una coppia formata da personaggi con caratteri in contrasto tra loro: Jashira e Holy, Trevis e Alcyone, Hilo e MaaritNight, Kal e "Maiz"... ok, questo è un trio. Molto più raramente, il giullare fa parte di un gruppo più ampio e la sua commedia si regge anche senza una controparte che lo supporti. È il caso del personaggio di oggi.

Immagine creata con Mega Fantasy Avatar Creator di Rinmaru Games


Non avevo intenzione di farlo, ma coincidenza ha voluto che anche questo personaggio fosse stato creato appositamente per un brano del blog. E, dopo quella prima scenetta, è tornato in ogni singolo episodio ambientato nella stessa realtà, e questo la dice lunga su quanto mi piacesse il personaggio.
Come l'altro che ho presentato, la comicità della signora Emilia è involontaria; al contrario di lui, non deriva da una differenza culturale, dall'ignoranza delle usanze umane o da un modo di fare goffo e impacciato. La signora Emilia è umana, talmente umana che il suo comportamento è riconducibile a quello delle comari di paese, una di quelle impiccione e chiacchierone che sanno sempre tutto di tutti.
Completa la personalità istrionica e sopra le righe una certa dose di idiosincrasie (per la polvere, il disordine, gli alieni) e la tendenza a trarre la conclusione sbagliata.
Non mi sono mai soffermata a descrivere la signora Emilia, ma io la immagino così: una signora di mezza età, un po' in carne, dal trucco curato e i capelli tendenti al grigio topo, raccolti in uno chignon spettinato. Indossa vestiti leggeri, con stampe floreali, e non esce mai di casa senza qualche gioiello addosso o, nelle serate più fresche, un foulard.


Questi i brani già scritti in cui compare la signora Emilia:
Riunione del vicinato
La signora Emilia e le chiacchiere
Giallo in casa di Sabina la veggente


L'esercizio richiede di scrivere un brano in cui il giullare stempera una situazione drammatica, oppure si mette al centro di una scena comica. Ogni volta che appare, la signora Emilia, con la sua personalità invadente e i modi di fare esagerati, si prende tutto lo spazio a disposizione... non poteva essere altrimenti al primo incontro con il personaggio che funge da voce narrante. Questo racconto cronologicamente si colloca prima dei tre che ho già scritto.


Non ero abituato ai comitati d'accoglienza. O meglio, di solito, il comitato d'accoglienza ero io, e tendevo a farlo da solo, in maniera discreta e in silenzio. Così aveva sempre funzionato, ovunque andassi, perfino nel più affollato dei condomini di città.
Che sciocco ad aver pensato che in un paesino di poche anime non fosse tanto differente.
Non avevo ancora spacchettato tutta la mia roba, né sistemato l'indispensabile, quando suonò il campanello della mia nuova casa. La porta non aveva uno spioncino, perciò fui costretto ad aprire per scoprire chi c'era dietro.
Oltre la soglia, una mezza dozzina di sconosciuti mi sorrideva. In prima linea, quella che avrei imparato a conoscere come "la signora Emilia" proruppe in un gridolino eccitato.
– Ooooh, benvenuto, nuovo vicino, benvenuto!
Gorgogliando di contentezza, spinse nelle mie mani i manici della teglia che portava con sé e dopo esserci presentata si protese per scambiare un classico, simbolico, triplo bacio sulle guance, mossa che portò a termine a dispetto della mia scarsa partecipazione alla manovra. Intendiamoci, non sono del tutto estraneo a simili manifestazioni di cordialità, ma la visita improvvisata a così breve distanza dal mio arrivo mi aveva preso alla sprovvista.
– Grazie – ribattei. – Ma non era necessa...
– Posso entrare, caro? – interloquì la signora Emilia, interrompendo la mia replica impacciata. Senza attendere risposta, s'infilò oltre la porta passando al mio fianco, cosa che mi costrinse a retrocedere per evitare di rovesciare i suoi manicaretti. Quella mossa incoraggiò anche gli altri ad accomodarsi nella mia nuova casa, pronunciando i loro nomi e qualche frase di rito. Stringermi la mano, in quel momento, non era possibile.
Tentai di disfarmi di loro in fretta. – Veramente, non ho ancora...
– Santo cielo! – sbottò la signora Emilia, affacciandosi dalla cucina in cui era andata a curiosare, senza nemmeno chiedere il permesso, come se fosse a casa propria. – Ma qui è tutto in disordine, caro!
Sospirai e mi mossi verso la cucina, col resto del comitato d'accoglienza che mi veniva dietro animato da un cicaleccio continuo. Tentai di spiegarle: – Mi pare ovvio, sono arrivato da neanche venti minuti.
– E in soli venti minuti sei già riuscito a mettere a soqquadro la casa?
La signora Emilia mi fissò con disapprovazione. Quando posai la teglia su un ripiano della cucina, scosse la testa come se avessi scelto il posto sbagliato. – Immagino che non ci sia una signora... come ti chiami, caro?
Le diedi il nome che davo sempre. Anche se non era il mio. – Orm.
– Orm? Che razza di nome sarebbe Orm? – biascicò la signora Emilia con sdegno. – Non è nome da cristiano, certo che no, qualcuno avrebbe dovuto informare i tuoi genitori. Ad ogni modo, c'è una signora Orm, oppure...
– No – tagliai corto. La stranezza del nome non era bastata a calamitare la sua attenzione sul dettaglio più innocuo che potessi fornirle.
– Oooooooh, bene, benissimo! – mugolò la signora Emilia. Si avvicinò al gruppetto che la seguiva, e da lì pescò una delle donne, una ragazza mascolina che portava una salopette in jeans dai pantaloncini corti e un cappello di paglia in testa. La spinse verso di me, tenendole le mani sulle spalle. – Anche la nostra Anna qui non ha un fidanzato, ma non so proprio perché, non è una donna bellissima? Dovreste chiacchierare un po' fare conoscenza, che magari poi da cosa nasce cosa...
Anna guardava altrove, chiaramente imbarazzata, mentre la signora Emilia non smetteva un attimo di esaltare le sue doti e raccontare aneddoti di vita contadina, che coinvolgevano sia Anna che tutti gli altri abitanti della zona. Cominciai a capire che nonostante quello che aveva detto poco prima, non l'avrebbe lasciata parlare.
Era ovvio che dovevo porre un freno all'invadenza dei miei vicini, stabilire dei confini, se volevo continuare a fare lì ciò che avevo fatto altrove. Dopotutto, quando sarebbero arrivati i miei ospiti dai luoghi al di là del cielo, non potevo mica presentarli al comitato di accoglienza locale, no?
Ero ottimista. Ancora non sapevo che mantenere un segreto in quel luogo sarebbe stato impossibile.

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