giovedì 2 agosto 2018

Buoni vicini

(racconto ispirato alla Sfida numero 2. Ho scelto ancora il livello difficile, stavolta proseguendo con i personaggi di Vociferare)
 
 
Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.

 
Chi dice che di questi tempi tra vicini non ci si conosce affatto, ha perfettamente ragione. Prendete me, per esempio. Non avrei mai sospettato che i miei vicini fossero dei gran ficcanaso.
E io che mi ero trasferito qui per avere un po' di tranquillità e un minor numero di occhi indiscreti attorno, mi ritrovai d'un tratto al centro dell'attenzione.
La riunione era a casa di Arturo, e non era la prima. Capitava spesso che la signora Emilia, la loquace autonominata portavoce di zona, bussasse a ogni porta per avvertirci di una futura assemblea. Di solito il problema era un danno da parte di un ignoto vicino da identificare, un barbecue o una festa a sorpresa da organizzare, una richiesta di aiuto o lo scambio dei prodotti degli orti.
Capitava meno spesso che la riunione fosse una questione della massima urgenza, e che la signora Emilia riuscisse a dire solo due parole prima di trascinarmi fuori di casa.
– Vieni, tu!
Guardai il capanno degli attrezzi mentre la seguivo verso la casa di Arturo. Avevo altri programmi, di cui però non intendevo metterla al corrente.
Quello che sentii in casa di Arturo non fu il solito accavallarsi di voci concitate, bensì un silenzio di tomba e il mormorio flebile di Michele, l'attempato contadino.
– ...che l'ho visto bene, credo, era ancora un po' buio, e prima ho pensato che fosse uno dei ragazzini di Luciana, e l'ho seguito, ma quando siamo sbucati fuori dal campo di mais... vi dico che non camminava come un bambino, era tutto... e sapeva dove andava, vi dico, è andato dritto di là.
Il capannello di vicini che circondava il contadino seduto si aprì, e il suo indice finì col puntare me. Tutti gli altri mi guardarono. Come me, sapevano che Michele non indicava davvero me, ma la direzione di casa mia.
– Si può sapere cos'è questa storia? Che cosa succede?
– È entrato in casa sua – biascicò Michele.
– Oh, Orm... – La signora Emilia mi si piazzò di fronte. – Sono davvero costernata di averti fatto uscire in tutta fretta, ma tu più di tutti lo dovevi sapere. È una questione importante, e santo cielo, sono davvero felice di averti portato via prima che quella cosa ti facesse del male!
Aggrottai la fronte. – Non capisco. Quale cosa?
Naturalmente, immaginavo che cosa Michele pensava di aver visto. Ma avevo bisogno che qualcuno lo dicesse, per impiantare in loro il pensiero di quanto quell'idea fosse ridicola.
Sabina, che sosteneva di essere una veggente, si fece avanti. – Percepisco una presenza ostile tra di noi.
Gli altri bisbigliarono.
– Ha fermato il furgone! – sbraitò Anna. – Lì, di botto, in mezzo alla strada. Tutto d'un colpo è morto. Li ho visti i film, loro fanno così.
– Loro chi? – provai a insistere. Li guardai tutti, uno a uno. Nessuno ebbe il coraggio di dare per primo l'assurda rivelazione.
Poi Alberta gridò. Anche lei, come Michele, puntò il dito, ma non verso casa mia, bensì alla finestra. – Un a... a... a... a... – balbettò.
Sospirai. Possibile che non vedendomi arrivare, fosse uscito dal capanno e fosse venuto a cercarmi?
– Sentite – proposi, visto che nessuno voleva dire quella parola. – Se pensate che ci sia qualcosa a casa mia, andiamo a cercarla tutti assieme. Ma vi assicuro che non troverete nessuna... presenza ostile da me.
Si misero tutti a discutere. La decisione, alla fine, fu che gli uomini sarebbero partiti alla ricerca della creatura, mentre le donne se ne stavano al sicuro in casa di Arturo. Eravamo comunque un numero sufficiente per indurre il mio ospite a una salutare timidezza.
Mentre tornavo a casa in compagnia, guardai il cielo diurno, il cui azzurro celava le stelle. Con dei vicini così invadenti quaggiù, la mia opera di buon vicino di quelli lassù si sarebbe dimostrata assai più difficile di quanto speravo.

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