sabato 4 agosto 2018

Giumella

Oggi ho imparato anch'io una parola utile, che potrebbe essere pronunciata in molte situazioni... se solo fosse più conosciuta.

Giumella [giu-mèl-la] s.f. 1. Concavità che si ottiene giungendo insieme le palme delle mani, con le dita strette e incurvate. 2. Quantità che può essere contenuta nel cavo delle mani accostate.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Il gesto di unire le mani a coppa mi ha portato alla mente due personaggi. Il primo beveva da un ruscello, e non mi pareva una scena molto interessante. La seconda, invece, è Helena di Luce.


Le mie notti, da bambina, non erano mai buie. Mi bastava fare giumella, ricordare un momento in cui ero stata felice e al sicuro e in pochi istanti una luce liquida si raccoglieva tra i miei palmi. Mi pareva incredibile che gli altri bambini non potessero farlo, ma mio padre mi aveva detto che ero speciale, e che non dovevo raccontarlo a nessuno, nemmeno alla mamma. Lei era una biologa. Studiava la bioluminescenza degli organismi marini quando ha conosciuto mio padre, che all'epoca faceva l'istruttore di surf in un villaggio turistico.
Avrebbe trovato il fenomeno troppo interessante.
Ho provato anche a berla, quella luce impalpabile. La maggior parte delle volte non sapeva di niente; ogni tanto, però, aveva il sapore del ricordo con cui l'avevo evocata. I biscotti al burro di mia nonna. Una granita divisa con mio padre. L'acqua salata di mare, quando mia madre mi ha insegnato a nuotare.
La luce è scomparsa dalle mie mani il giorno in cui mio padre è morto. Forse non riuscivo più a sentirmi felice e al sicuro. Forse quello speciale era lui, e io invece ero come tutti gli altri.
Da sola, e al buio.
Così ho vissuto la mia vita finché non ho incontrato Lucien. Stavo bevendo da una fontana e pensavo a lui quando è successo. Per la prima volta dopo anni, da due soli che risplendevano nei palmi le mie mani si sono colmate di una giumella d'acqua lucente.
E allora ho capito. Com'era stato per mio padre, Lucien è la mia luce.
È passato un mese da quel giorno. Domani, forse, avrò il coraggio di dirglielo.

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