giovedì 25 gennaio 2018

Le cicatrici che non vedi

(racconto ispirato dall'esercizio Memorabile

Personaggio: Mayaselena

Esito del dado: 3
Un dettaglio fisico anomalo, per nascita o creato artificialmente (es. tatuaggio).

Ho scelto come dettaglio: una cicatrice sulla guancia.)

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Mayaselena è fiduciosa. Pensa che stavolta sarà diverso, che non la guarderanno come sempre, che andrà tutto bene. Io le cammino accanto e lei lo sa, lo sente. Mi parla.
Da quel poco che vedo del futuro, so che non potrò proteggerla da questo.
Una cicatrice è una cosa strana. In un uomo adulto è un segno di vanto, il simbolo delle disavventure a cui è sopravvissuto. Il suo trofeo. O almeno, così è la definizione romantica che ne danno questi fragili esseri umani.
Sul viso di una bambina, stando a quanto ho scoperto in questi anni, non è una cosa desiderabile. E a mano a mano che Mayaselena cresce, il segno delle mie unghie che le deturpa il volto si fa sempre più evidente. L'ho sentita lamentarsi spesso, di notte, che prude e le tira la pelle. Ma è la luce del giorno, lo sguardo dei suoi coetanei, ciò che lei teme di più.
La mia luce l'avvolge, invisibile a occhio umano, mentre Flora parla con la maestra che la accompagnerà dentro l'aula. Cerco di darle forza, a mio modo.
Mayaselena guarda in su. La maestra annuisce, ricambia il suo sguardo, e le rivolge un sorriso d'incoraggiamento. Quando Flora se ne va, sento Mayaselena mormorare: – Maipe, stammi vicino.
Entriamo nell'aula. Mayaselena cammina lentamente, quasi sfila verso la cattedra. Guarda dritto davanti a sé, in modo da mostrare agli altri bambini il profilo destro, quello perfetto, quello carino.
Qualcuno la guarda, qualcun altro è distratto, ma i bisbigli che si scambiano non riguardano lei.
Poi, come sempre, arriva il momento. Mayaselena giunge alla cattedra, è costretta a fermarsi, a girarsi.
E allora gli sguardi diventano fissi, i mormorii, commenti malevoli. Un paio di ragazzine, che sembrano più grandi dei loro anni, ridacchiano tra loro. Non passerà molto prima che comincino a chiamarla "la sfregiata".
Mayaselena abbassa lo sguardo, si copre la guancia sinistra con la mano. Ha i capelli acconciati in una treccia, ma presto la scioglierà per poterli tirare in avanti, a coprire i segni paralleli degli artigli, gonfi e pallidi.
Un'altra cicatrice, invisibile, si aggiungerà a quelle che già la segnano.
Nel pomeriggio andrà a singhiozzare da Cinthia, e io sarò lì a consolarla. Forse non vorrà evocarmi per qualche giorno, vedendo in me la causa dei suoi guai, ma io ci sarò.
La verità è che Mayaselena non è sopravvissuta ad alcuna disavventura, non ancora. La sua cicatrice non è un trofeo, ma un presagio di quello che verrà. Io non sapevo che l'avrei esposta a tutto questo quando l'ho fatto, e a volte mi chiedo: l'avrei graffiata lo stesso, conoscendo in anticipo la sua sofferenza?
Da quel poco che vedo del futuro so che ci sono cose peggiori di questo, cose da cui potrò proteggerla. La mia piccola segnata avrà bisogno di me, e io farò tutto ciò che è in mio potere per non perderla.

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