giovedì 18 gennaio 2018

Codice colore e altri segni particolari

Hai presente quella riga della carta d'identità che riporta i "segni particolari"? Ebbene, tutti noi ne abbiamo qualcuno, anche se spesso non ne siamo consapevoli. È quella parte della nostra identità che ci distingue come individuo, quella che viene enfatizzata nelle parodie e nelle caricature. Quella che vedono i nostri amici, ma che noi non riconosciamo finché non ci viene fatta notare. Le frasi e le parole che ripetiamo più spesso, il modo di gesticolare, di giocare con i capelli o di tamburellare con le dita, di camminare e di stare seduti. Non esistono soltanto i segni particolari sulla pelle, le cicatrici e i tatuaggi che scrivono la nostra storia. Sopra la pelle, gli abiti che indossiamo, gli accessori e gli oggetti che portiamo sempre con noi parlano di quella parte di identità che ci appartiene per scelta.

E quello che esiste nella realtà, spesso nelle storie viene enfatizzato. Avete mai notato che nei fumetti, nei cartoni animati ma anche in qualche film e telefilm, si tende ad assegnare uno stile e talvolta persino un colore, o una combinazione di colori, almeno ai personaggi principali? Il colore li rende immediatamente riconoscibili, nonostante l'occasionale cambio d'abito. Li differenzia dagli altri, li identifica. È più facile quando la storia è raccontata attraverso un mezzo visivo, ma il codice dei colori può esistere anche in un racconto scritto. E le frasi tormentone, non dimentichiamo le frasi tormentone!

Se ti mostro un violino, una pipa e un cappello di questo tipo, forse ti verrà in mente il personaggio a cui sto pensando. Ma se ti dico: "Elementare, Watson", non ottengo lo stesso effetto, molto più immediato? Un solo "Grande Giove!" vale quanto un camice bianco, un paio d'occhi sbarrati e i capelli bianchi e spettinati del dottor Emmeth Brown. E che dire, per chi le conosce, delle varie incarnazioni del Dottor Who, ciascuna distinta non solo dal volto dell'attore che la interpreta, ma da un capo d'abbigliamento iconico e un'esclamazione o una frase che gli appartiene? Certo, forse la prima volta suonerà strano (sono rimasta perplessa di fronte a un "senza indugio" al posto di un normalissimo sì, o dei vocalizzi senza senso di Sunny Baudelaire spiegati di volta in volta dal narratore), ma la ripetizione della frase, o la presenza continua degli elementi caratteristici del personaggio li lega indissolubilmente alla sua identità, tanto che la loro assenza... farebbe sospettare al lettore o allo spettatore che qualcosa non va. E se chi scrive la storia sa il fatto suo, è di sicuro così.

Attenzione, però: non intendo dire che l'uso di questi "segni particolari" possa far emergere o dare dignità a un personaggio altrimenti piatto, vuoto e inconsistente. Si rischia, al contrario, di farne una caricatura, una macchietta ridicola. Come un regalo incartato e infiocchettato, ci vuole qualcosa, un po' di sostanza dentro, per non deludere una volta scartato. Serve un personaggio che sia, come scrivevo, prima di tutto persona: qualcuno con un passato, con desideri e obiettivi, con il suo modo di pensare e di agire. Una volta dato vita sulla pagina a qualcuno le cui vicende valga la pena leggere, alcuni segni distintivi, ripetuti e coerenti, sono secondo me la ciliegina sulla torta che renderà immediatamente identificabile, e memorabile, quel particolare personaggio.

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