sabato 10 luglio 2021

Burbanzoso

Burbanzoso [bur-ban-zó-so] agg. Borioso, sprezzante, spocchioso.

Etimologia: da un antico bombanza, "giubilo, allegrezza", derivato dal provenzale bombansa e dal francese bombance, "frastuono". Probabilmente l'origine è dal latino bombus, "rumore, fracasso" e anche, in senso figurato, "millantazione".



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Avevo conosciuto Marco in prima elementare, e già allora era il tipo che spiccava in mezzo agli altri. Sembrava più grande, parlava a voce alta e sicura, anche agli adulti, e non abbassava mai lo sguardo. Era un tipetto burbanzoso, un capo, quello che aveva le idee e che diceva agli altri cosa fare.
Io lo ammiravo. Volevo essere come lui, ma ero tutto il contrario. Sembravo un moccioso dell'asilo, un tappetto paffuto e insignificante. Dovevo ancora svilupparmi, dicevano gli adulti. Io non vedevo l'ora di crescere. Il buco vuoto di un dente da latte caduto non aiutava a essere preso sul serio, a essere considerato da Marco, che ogni volta che aprivo bocca mi prendeva in giro. Così parlavo poco, a bassa voce, cercando di non farmi notare, anche se seguivo il mio idolo dappertutto. Mi prestavo a tutte le sfide che proponeva pur di farmi accettare. Arrampicarsi sul tetto del vecchio e sgangherato capanno? Certo. Fare l'imitazione della maestra in piedi sulla cattedra mentre lei stava per entrare in classe? Sicuro. Intascare un pacchetto di caramelle dal supermercato? Come no.
In seconda imitavo i suoi modi burbanzosi con i bambini più piccoli, anche se un po' mi sentivo a disagio a prenderli in giro come lui aveva fatto con me. Volevo disperatamente essere accettato nella sua cerchia e con il tempo, ci riuscii.
Però, anche quando fui dentro, non sembrava che fossi davvero uno di loro. Memore del tempo in cui poteva chiedermi di fare qualunque cosa e io ci sarei stato, Marco non aveva smesso di sfidarmi a compiere azioni pericolose, avventate o proibite, e se osavo obiettare sosteneva che avevo paura, che ero un fifone. E gli altri, dalla sua parte, ridevano.
Fu così anche il giorno che mi sfidò a entrare nella casa di Sara dei Sortilegi, l'inquietante ragazza che prevedeva il futuro, o così si diceva. Marco scommise che non sarei riuscito a restare in quel posto spaventoso neanche due minuti prima di scappare come il coniglio che ero.
Quella scommessa mi cambiò la vita.

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