giovedì 28 dicembre 2017

Dopo la pioggia

(racconto ispirato dall'esercizio Festeggiamenti speciali. Stavolta ho inventato una festa per caratterizzare una regione di uno dei miei mondi fantasy)

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Nelle lunghe giornate della stagione bagnata sembrava che la pioggia non avrebbe mai smesso di inzuppare la terra e renderla una poltiglia appiccicosa che invadeva le strade. Ma ogni anno la pioggia finiva, il vento portava via le nuvole e Iljkshu, il dio dell'acqua, abbandonava il cielo con la sua corte di spiriti umidi per andare a tuffarsi nel mare.
E sotto il regno del sole e delle lune, tornavano i colori.
Erano tre giorni di festa, tre giorni in cui su Sljdzjell, la nostra Terra Oscura, si stendeva un velo variopinto. In ogni città e villaggio le donne legavano nastri colorati ai rami degli alberi e alle travi delle case; gli uomini accendevano lanterne colorate e le appendevano a illuminare le vie.
Sulle terrazze e nei cortili, i tessuti e gli abiti appesi ad asciugare danzavano nel vento assieme ai nastri.
Erano tre giorni in cui le comuni regole della società venivano sospese e anche le ragazze non sposate potevano uscire di casa senza un accompagnatore e parlare con gli estranei, con l'unico accorgimento di indossare una maschera. Una maschera che un tempo doveva coprire tutto il volto, ma che col passare degli anni si era sempre più ridotta fino a trasformarsi da un'imposizione a un semplice accessorio di moda.
Rimaelevi sfiorò la mascherina di pizzo bianco sul suo volto, non sufficiente a nascondere le sue fattezze, e allungò il passo in direzione delle bancarelle del mercato. La passerella di legno scricchiolava, ma il suo rumore fu presto coperto dalla musica dei flauti di pan e dal tintinnio delle campane a vento. L'aria sfrigolava del profumo caramellato dei nastri Zaitchu, il dolce tipico di quelle feste assieme alle più casalinghe "capanne di fango" fatte di cioccolato, farina d'alghe e frutta essiccata. Solo i migliori pasticceri erano in grado di creare i nastri Zaitchu più sottili, resistenti e morbidi, tanto da sembrare fatti di tessuto colorato finché non li si leccava; allora si scioglievano in bocca, lasciando sulla lingua la loro impronta zuccherina.
Rimaelevi si guardò attorno: ovunque era luce, colore e musica, risate e danze, ma non in lei. Certo, era contenta di rivedere le sue sorelle sposate, i loro figli, le zie e le rispettive famiglie che in quei tre giorni tornavano, come lei e sua madre, alla casa dei nonni materni. Ma quell'anno sarebbe stato diverso. Rimaelevi era ormai abbastanza grande da onorare un'altra tradizione della festa dei colori, alla fine della stagione delle piogge: posare per il suo ritratto, come ogni fanciulla in età da marito. Il ritratto che suo padre avrebbe usato per fare affari, presentandola ai pretendenti come una merce di scambio.
Presto gli uomini avrebbero ricominciato a coltivare i campi resi fertili dal fango limaccioso, a pescare in mare, o a cacciare le pericolose creature della palude di Greye. Tre giorni passavano in fretta e ogni cosa, ogni donna e bambino tornava infine al proprio posto.

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