Salmodia [sal-mo-dì-a] s.f. 1. Nella liturgia ebraica e cristiana, il canto o la recita dei salmi. 2. estens. Canto lento e triste; discorso monotono, litania.
Per la sua etimologia il termine deriva dal greco col significato di "cantare al suono della cetra", tuttavia nel corso del tempo ha assunto l'accezione spregiativa di discorso noioso. Ho voluto provare a usare sia l'uno che l'altro dei significati, e l'ho fatto proseguendo il brano di Grottesco, più o meno da dove lo avevo lasciato.
Non è facile concentrarsi sul tuo presente, quando hai mille pensieri che ti ronzano in testa. Specie quando il tuo presente è il futuro per chiunque altro ti conosca da una vita. Centinaia di anni nel futuro, per la precisione.
Tutti quelli che conoscevo, la mia famiglia, i miei amici, erano polvere. Erano anche vivi, nel loro tempo, perché stavo iniziando a considerare il secolo che mi ero lasciato alle spalle, più che come un passato perduto, come un luogo che avrei potuto visitare, se solo non fossi diventato una specie di mostro.
Con la sua voce gentile, Kàli mi sussurrava una lagnosa salmodia nell'orecchio, ma io non capivo se fosse uno dei suoi incantesimi sciamanici o la spiegazione di quale rara Aberrazione fosse emersa dai miei geni. In realtà non m'importava. Tutto quel pensare al passato, al presente e al futuro mi faceva tornare in mente il Canto di Natale con i suoi tre fantasmi. Trovai stranamente appropriato che con il mio aspetto da mummia carbonizzata sarei potuto passare per quello più spaventoso, quello del futuro.
Quello che non potevo più fare era entrare in una chiesa del ventunesimo secolo. Me lo immaginai come avrebbero reagito, se alla messa di Natale io, un'anima dannata che aveva respirato le fiamme dell'inferno e ne era uscita cambiata, avesse varcato le porte di una chiesa. L'accorata salmodia del prete interrotta di colpo. Gli sguardi smarriti o spaventati. I bisbigli, preghiere o bestemmie, rivolte alle immagini sacre.
Nonostante la stucchevole bugia del Natale, che siamo tutti più buoni e cose del genere, chi avrebbe potuto accettarmi, se io stesso non riuscivo a guardarmi allo specchio?
Eppure di quella bugia, e di qualcosa che mi ricordasse casa, io avevo disperatamente bisogno.
– Il Natale. – Con un bisbiglio spezzato interruppi Kàli nel suo salmodiare. Mi schiarii la voce, mi alzai in piedi e chiesi, rivolto a tutti loro. – Esiste ancora, il Natale?
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