sabato 13 maggio 2017

Glissare

Stavolta mi sono impegnata a cercare un verbo, nonostante le decine di bellissimi sostantivi che mi capitavano sott'occhio. Scusatemi gelicidio, granfia, gretola, gufaggine e tutti gli altri... verrà anche il vostro turno, prima o poi.

Glissare [glis-sà-re] v.intr. (aus. avere) 1. Sorvolare su un argomento, evitare di approfondirlo.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Per me questo non è un verbo così insolito, anzi, l'ho usato più di una volta nelle mie storie. Ho personaggi misteriosi, abili oratori ma allo stesso tempo riservati. O semplicemente musoni che non hanno proprio voglia di fare conversazione.


La ragazza percorre il corridoio del treno, trascinandosi dietro una valigia trolley. È un raggio di sole, capelli biondi su giacca gialla e una borsa zainetto tintinnante di campanellini. Il vagone è di quelli vecchi, diviso in scompartimenti con sedili in pelle dall'aria vissuta.
Lei si ferma, fa scorrere la porta e guarda dentro. Un ragazzo è seduto sulla poltroncina di mezzo, nel verso opposto a quello di marcia; sul sedile accanto una sacca sportiva. Legge un libro, tenuto alto di fronte a un viso spruzzato di lentiggini.
Chi legge non può essere una cattiva persona.
La ragazza entra, chiude fuori lo sferragliare delle rotaie e si accascia sul posto di fronte a lui.
Ciuffi rossi spuntano da sopra le pagine, sparati in ogni direzione. Sembrano pettinati col gel.
Lei si raddrizza. – Ciao, io mi chiamo Evangeline. Tu chi sei?
Attende la risposta per un tempo ragionevole. Dieci secondi, poi non ce la fa più e sbotta: – Lo so a cosa stai pensando, ma che genitori indecisi ha questa qui, non era meglio chiamarla Angela? O anche Lina, no, Lina è orrendo, meglio Eva! Sì, la chiamerò Eva. Eva è un bel nome, non ti pare?
Le pagine del libro hanno un fremito. – Acadia – mormora lui. La sua voce ha un timbro musicale, roco ma stranamente gradevole.
– Che c'entra Acadia con Evangeline? – La ragazza si protende in avanti. – Cosa leggi?
– Il titolo è sulla copertina. – Lui volta la pagina col pollice.
Lei sbuffa. Fa tintinnare i campanellini della borsa. Guarda fuori. – Dov'è che vai?
– Dove mi porta il treno.
– Adesso basta. – La ragazza s'imbroncia, allunga le mani e gli abbassa il libro. Lo fissa dritto negli occhi. – Vuoi continuare per tutto il viaggio a glissare sulle mie domande, noiosone?
Lui la fissa di rimando. Forse è l'ombra di un muro rasente alle rotaie, ma i capelli e gli occhi socchiusi sembrano più scuri. – Posso glissare sulle tue domande. O possiamo stare in silenzio. Ma è meglio per te che io sia noioso.
In quel momento, il treno scompare nell'oscurità di una galleria.

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