lunedì 15 maggio 2017

Serata di burrasca in campagna

(descrizione ispirata dall'esercizio Allena la memoria)


La strada di ghiaia che vedo alla mia destra si allontana verso l'orizzonte, ma fatti appena una trentina di metri curva dirigendosi ulteriormente a destra verso una casa, di cui scorgo ogni tanto il tetto grigio antracite tra fronde verde chiaro in perpetuo moto. Una scia d'erba la percorre al centro, tagliando in due la carreggiata.
A sinistra della strada, una rete racchiude una lunga aiuola che l'affianca e la separa dal cortile di cemento di una casa. Nell'aiuola, foglie di un verde smeraldo, fiori di iris blu e un faretto che assomiglia vagamente al pistillo di un fiore: un lungo piedistallo nero su cui è montata una lampada a forma di globo, spenta. L'aiuola si spinge fino a un capanno asimmetrico fatto di lamiere verdi. Sul lato visibile dalla mia posizione si apre una porta costituita da un telaio di ferro e da una grata metallica.
Nel cortile, un tavolo rotondo ricoperto da una tovaglia di plastica con papaveri di un rosso sbiadito su uno sfondo bianco, due sedie di plastica e una panchina di ferro laccato, coordinate allo sfondo della tovaglia. Si trovano sul lato del cortile vicino all'aiuola, mentre alla sinistra del capanno, laddove il cortile di cemento lascia spazio a un prato, sono sistemati sei grossi vasi di coccio che ospitano altrettanti alberelli di limone. A terra, invece, in una piccola aiuola delimitata da pietre bianche e lisce di forma ovale, è piantato un acero dalle foglie rosse, non più alto di tre metri, che da un singolo fusto allarga i suoi rami a ventaglio.
Spingendo lo sguardo più lontano, dietro il capanno si innalzano i tronchi di due abeti dalle fronde rade, aghi verde cupo scompigliati da raffiche di grecale. L'abete di sinistra ospita, a metà del tronco, le foglie marroni di un'edera rampicante ormai secca. Tra le due conifere, che hanno visto giorni migliori, riesco a vedere un ciliegio spettinato dal vento, in mezzo ai campi oltre la rete che delimita il cortile, interrotta da un grande cancello, due metri d'altezza per cinque di lunghezza.
L'orizzonte è nascosto da macchie di gelsi e altre latifoglie che non riconosco a causa della distanza e della burrasca che ne anima le fronde. Sono disposti in filari di fianco ai fossi che dividono i campi.
In alto, il cielo è quasi completamente nascosto da nubi plumbee, che lasciano intravedere solo qualche macchia di azzurro. Le nuvole sembrano divise in spicchi di varie forme e dimensioni dai cavi dell'elettricità e del telefono, che si intrecciano, si incrociano e si allacciano a due pali color granito accanto alla strada, e a un traliccio della corrente che pare più piccolo degli abeti per la lontananza.
Infine, se abbasso lo sguardo scopro la ringhiera dipinta di bianco e di blu di un terrazzo, da cui sporgono i fili metallici di uno stendibiancheria, il loro bianco macchiato di ruggine. Due o tre mollette di plastica gialle, celesti e blu dondolano appese a ciascuno, raggruppate sul lato destro. In un paio di fioriere sono sistemati vasi di gerani rossi e violette di campo, a sinistra dello stendibiancheria, mentre da quella di destra, a cui è legato un telo leggero che sbatacchia a ogni raffica di vento, si affacciano le foglie tenere delle piantine di fragole.

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