lunedì 20 novembre 2023

Vortici


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Beto Santanna da Pexels


Era una giornata di festa. Questo era tutto ciò che sapevo di quel giorno, poiché lo scampanio che rimbombava sotto l'alto soffitto della chiesa era un allegro rincorrersi di note festose, e le panche attorno a me si stavano rapidamente riempiendo di gente mormorante e ben vestita. La donna che conoscevo come La Sentinella mi portò un bicchiere d'acqua, e quando me lo porse, ricordai che ero stato io a chiederglielo. Ma invece di berlo, lo posai sullo schienale della panca che avevo davanti, e restammo entrambi a fissarlo.
I mormorii pian piano si placarono mentre la funzione iniziava con un coro di voci fanciullesche, o almeno si placarono quelli che non ero il solo a sentire. Ignorai tutte le voci, quelle degli spiriti così come il coro di ragazzini e il sacerdote che attaccava una cantilena solenne, per concentrarsi sul bicchiere d'acqua, un semplice cilindro riempito fino a due dita dal bordo, una colonna liquida in miniatura. Qualcuno tra quelli che erano seduti più vicino a noi si girò a guardarci, ma non osò chiedere, e non lo fecero nemmeno le due beghine che ci squadrarono con disapprovazione, poiché noi non seguivamo i gesti ripetuti da tutti, non mormoravamo le parole prescritte. Stavamo solo a guardare, ma non il sacerdote e nemmeno la croce dietro all'altare, quello sarebbe stato accettabile, no, noi fissavamo un bicchiere.
Non lo sapevano, ma quel bicchiere era più importante di qualunque altra cosa stesse succedendo al mondo in quel preciso istante.
Senza preavviso l'acqua s'increspò, prese a girare in un mulinello superficiale, poi scese verso il fondo del bicchiere in un vortice a forma di cono sempre più allungato, circondato da un turbinio di bolle.
– È oggi il giorno – mormorai, e lei annuì.
Dopodiché fu il caos.
Una dozzina di vortici si aprirono sulle pareti e tra le colonne e nello spazio vuoto al centro della navata. spirali di luce e oscurità ed elettricità fuse assieme, al cui centro s'intravedevano varchi su un altro mondo, un universo incomprensibile e mostruoso. Le urla si levarono da più parti, e tra le voci distinsi gli strilli acuti delle due beghine, che nonostante la devozione ostentata furono le prime ad alzarsi e a scappare. La prima passò, ma la seconda si ritrovò la strada bloccata da un vortice in espansione, da cui emersero fauci simili a fango ornate da denti metallici, che scesero rapide sulla povera donna e la azzannarono tranciandola alla vita.
La Sentinella al mio fianco non perse tempo, scattò in avanti e con i suoi incantesimi di nebbia e di fuoco avvolse un braccio lungo e gonfio di muscoli che spuntava da un vortice, lo bruciò fino a ridurlo in cenere, e invertì la rotazione del vortice costringendolo a chiudersi.
Io che non avevo il potere della sentinella, restai indietro e cercai di guidare gli indifesi in una strada sicura verso l'uscita, ma era tutto inutile: il panico si era già diffuso, e nel fuggi fuggi generale vidi un uomo mandato da uno spintone incontro alle braccia tentacolari di un ciclope, una ragazza separata dai genitori dalla folla urlare, presa a morsi dai serpenti di una gorgone, mentre la lingua appiccicosa scaturita da chissà quale mostruosità tastava il pavimento nei pressi della porta della chiesa, costringendo uomini e donne a pigiarsi gli uni agli altri nel tentativo di sfuggirle, senza curarsi dei bambini smarriti in mezzo a loro che urlavano e piangevano, né di un anziano caduto e calpestato.
Cercai di andare in quella direzione ma passare nella marea umana era impossibile, e le voci degli spiriti sibilavano con insistenza nel mio orecchio, procurandomi un gran mal di testa: cerca il Suadente... lui è qui, cercalo, trovalo, cerca il Suadente!
Era da tempo che non incontravamo qualcuno come noi. Nemmeno sapevo che aspetto avesse.
La Sentinella chiudeva un portale dietro l'altro, e la folla si diradava man mano che i più coraggiosi o disperati riuscivano a passare oltre la lingua a guardia della porta, o che i più stupidi finivano agguantati dalle braccia, dai tentacoli, dalle fauci e dalle code dei mostri rimasti.
Eravamo rimasti quasi da soli quando lei ebbe concluso la sua opera e come al solito si apprestava a cancellare ogni traccia della battaglia grazie al suo potere. Quasi, perché c'era un bambino di cinque o sei anni inginocchiato accanto al corpo della madre trafitto da un artiglio nero.
Il bambino alzò su di noi gli occhi gonfi di pianto. – Ho detto a papà di mandare via i mostri, e lui è entrato in uno di quei buchi – bisbigliò in tono lamentoso. – Ho detto alla mamma di salvarmi, e lei si è messa davanti a me, e loro l'hanno...
Il Suadente! urlarono le voci degli spiriti nella mia testa, sovrastando il mormorio del bambino, e a quel punto mi svegliai.

Era uno di quei sogni, lo seppi subito. Uno di quelli che si sarebbero avverati. Ne avevo avuti parecchi negli ultimi mesi.
L'unica differenza era che di solito il mostro era uno soltanto, e non avevo mai visto da dove arrivavano.
Nel buio tastai le coperte alla ricerca di un altro corpo addormentato accanto a me, e quando lo trovai, lo scossi. Non mi avrebbe mai perdonato se non l'avessi avvertita subito. – Svegliati. Svegliati, dai, che ho fatto un sogno.
La Sentinella si girò verso di me e mugugnò, poi disse: – Racconta.
Ero riuscito a convincerla che per usare il mio potere non avevo bisogno di trasferirmi in un aeroporto, perciò, per praticità, era venuta lei a stare da me. Inoltre aveva scelto di sua spontanea volontà di dormire nello stesso letto, e io ne ero stato ovviamente contento, ma dopo un po' avevo capito che per lei non aveva lo stesso significato che aveva per me.
Per lei si trattava di non perdere nemmeno un istante dalla fine del sogno.
Le parlai dei vortici nel mio sogno, e delle decine di mostri che avevo intravisto al di là dei portali, pronti per un'invasione, della fuga precipitosa della folla e del bambino che gli spiriti avevano chiamato Il Suadente.
– Da come ne parli, e dal nome che hanno scelto per lui, si direbbe avere una forte capacità di persuasione – disse la donna mentre si sedeva alla scrivania e accendeva il pc. – Non molto utile contro i mostri, ma potrebbe aiutarci a gestire situazioni come quella del tuo sogno.
– Be', che intendi fare, rapirlo?
La affiancai, una mano sullo schienale della sedia e l'altra sulla scrivania, e la osservai cercare foto di interni di chiesa.
La donna fece spallucce: – I suoi sono morti...
– Non ancora, e non se riesco a evitarlo – replicai. Poi puntai il dito su una delle foto. – Eccola è quella.
La Sentinella lesse il nome della chiesa e ne controllò l'ubicazione. Non era distante.
– Bene, abbiamo il dove, ci manca solo il quando – si girò verso di me e aggiunse: – Il tuo potere è davvero migliore di quello del Sapiente. Più preciso. Lui non sapeva far altro che parlare per indovinelli, non mi sorprende che volesse il tuo dono, Sognatore.
– Neanche a me – le dissi, nel coprirmi un orecchio con una mano a difendermi da un sussurro incomprensibile, un mugolio bestiale.
Lei si accorse della mia smorfia. – Li senti ancora? – mi chiese, e io mi limitai ad annuire.
Avevo ereditato il potere del Sapiente quando lo avevo ucciso prima che lui ammazzasse me per ottenere il mio, ma non mi ero mai dato la pena di affinarlo come invece aveva fatto lui, e raramente mi mettevo a interrogare le voci in cerca di consiglio. Ma quella mattina, mentre La Sentinella se ne andava a occupare il bagno, mi rivolsi a quelle presenze invisibili: – Aiutatemi a salvarli. I suoi genitori. Non deve pensare di averli uccisi con il suo potere.
Sarebbe stato un pessimo inizio, anche peggiore del mio.

Da quel giorno io e la Sentinella frequentammo abitualmente la chiesa del mio sogno: tutte le domeniche e tutte le feste comandate eravamo là, io, lei, e un bicchiere d'acqua. Ma niente succedeva mai, e io non scorgevo mai il bambino, né tra i coristi né accanto a una delle coppie sedute sulle panche.
Cominciavo a pensare di essermi sbagliato stavolta, quando avvenne. L'acqua nel bicchiere cominciò a turbinare in un vortice, e da quel momento in avanti le cose si svolsero proprio come nel mio sogno. Con due differenze: una, che La Sentinella aveva sbloccato una porticina laterale che dava verso l'esterno dalla parte in cui noi ci trovavamo. Due, che non appena scorsi il primo accenno di vortice nel bicchiere, balzai in piedi sulla panca e urlai a squarciagola: – C'è una fuga di gas, uscite tutti da questa parte, con calma e in ordine, ma sbrigatevi, c'è una fuga di gas!
Come c'era da aspettarsi, a tutta prima nessuno si alzò dal suo posto, e mi guadagnai un bel po' di proteste e occhiate di riprovazione. Ma bastarono le prime scintille che correvano sulle pareti in spirali vorticanti, che i primi fedeli si alzarono e si diedero alla fuga dalla comoda porticina lontana da qualunque portale in formazione. I suddetti portali brulicanti di mostri convinsero tutti gli altri, e così la chiesa si svuotò molto più velocemente che nel mio sogno, e con un numero di caduti davvero esiguo. La beghina numero due, ad esempio, se la cavò. Come la ragazza che non rimase indietro a farsi mordere dai serpenti di una gorgone, perché non si separò mai dai suoi genitori e se ne andò con loro. L'uomo che nel mio sogno era stato spinto verso i tentacoli del ciclope bianchiccio, la mia nemesi, il primo mostro che mi era capitato di vedere, affrontare, e aver bisogno di essere salvato dalla Sentinella neanche fossi stato la più inutile delle damigelle in pericolo... a quell'uomo non andò tanto meglio nella realtà. Perché dapprima al mio avvertimento si rifiutò di credermi e insistette affinché la smettessi con quella pagliacciata, e quando i portali si aprirono rivolse il suo fervore verso i mostri, intimando a loro di smetterla. Inutile dire che si ritrovò di fronte allo stesso ciclope, a fissare l'unico occhio rosso in un volto privo di qualunque altra caratteristica facciale, prima che potessi avvisarlo di non fare una scemenza del genere o raggiungerlo e tirarlo via di peso da lì. E così finì con l'essere accecato e trascinato dentro al portale dal ciclope.
Perfino il sacerdote, che nel mio sogno si era dato a una precipitosa fuga, si trattenne a protestare con veemenza perché con il mio scherzo, così lo definiva, avevo disturbato la sua messa. Una zampa colossale simile a quella di una mostruosa tartaruga fuoriuscì da un portale sopra di lui e lo schiacciò.
Non avevo visto il bambino del mio sogno prima che iniziasse la funzione, tanto che prima che succedesse il finimondo avevo pensato che anche quel giorno sarebbe trascorso tranquillamente, senza nulla fuori dall'ordinario. Mentre La Sentinella si affannava a bruciare mostri e chiudere portali, e io mi aggiravo alla ricerca del Suadente spronato dalle voci degli spiriti, mi venne in mente che forse erano entrati in ritardo, e forse gli spiriti mi avevano dato retta e avevano in qualche modo messo in salvo lui e la sua famiglia.
Mancavano quattro portali quando i due più vicini si allargarono troppo e si fusero. Non era successo nel mio sogno. Forse La Sentinella aveva operato al sua magia più velocemente, spronata dall'urgenza di mettere in salvo quante più persone possibile, mentre senza altri in pericolo che noi se l'era presa comoda. Come avvertendo il peso di quel maxi portale la chiesa scricchiolò, cigolò al pari di una vecchia nave sballottata dalla tempesta, e le colonne presero a curvarsi. La Sentinella si sbrigò a invertire e richiudere i due portali più piccoli, prima di fronteggiare quest'ultimo.
Oltre il portale si intravedeva in lontananza una creatura massiccia, enorme, più grande di qualunque ci fosse capitato di affrontare. Pareva un incrocio tra un drago senza ali e un mammut, con lunghe zanne ricurve che spuntavano dal muso da rettile, quattro zampe grosse come colonne, un ventre gonfio, una folta pelliccia e una coda serpentiforme, troppo sottile per quel corpo poderoso.
Persino La Sentinella, sempre calma e sicura si sé, si lasciò sfuggire un'imprecazione: – Cristo, un Gargantua!
– Ne hai già affrontato uno? – le chiesi, sopra il cigolio che diventava sempre più forte, assordante, scandito dal rumore dei passi rimbombanti del mostro che facevano tremare il pavimento.
– No, mai. Mai visto uno, ne ho solo sentito parlare dal Sapiente! – Urlò lei. Poi mosse le mani a tracciare cerchi in senso inverso alla direzione in cui vorticava il portale, pronunciando i suoi incantesimi, e la solita nebbia si dipanò dalle sue braccia, si agganciò all'oscurità lucente che incorniciava il varco, e il sudore le gocciolò dalla fronte mentre si sforzava disperatamente di imporre la sua volontà sul vortice.
Il Gargantua nel frattempo era sempre più vicino, sempre più grande, e a intervalli regolari ci giungeva come raffica di vento la forza d'urto dei suoi passi lenti.
La Sentinella strinse i denti e sibilò i suoi incantesimi a fatica. Avrei tanto voluto aiutarla, ma il mio potere era diverso dal suo. Io potevo guidarla, ma nel fare ero inutile, proprio come la prima volta.
Sentii che stava per cedere. Gli spiriti me lo stavano dicendo. Poi mi dissero anche un'altra cosa.
– Il bambino è, qui, dobbiamo salvarlo! – le urlai, e lei annuì, e urlò a sua volta parole incomprensibili, e spinse l'aria con le braccia come a girare una grossa ruota incastrata, che alla fine si mosse, e l'intero vortice prese a girare all'inverso, sempre più veloce, sempre più piccolo, finché con uno schiocco si richiuse tranciando la punta di una zanna del Gargantua, e l'ultima onda d'urto ci investì mandandoci gambe all'aria, e l'intera realtà attorno a noi sembrò rivoltarsi come un guanto.
Quando riuscii a rialzarmi, dolorante e con un taglietto sul labbro, forse per un morso involontario, la chiesa mi apparve completamente cambiata. Non era più l'edificio splendente di candele accese a ogni angolo, di vetrate colorate e di dipinti sacri in ogni nicchia e parete. Sembrava vecchia, polverosa, buia e cadente. Come una chiesetta antica ormai abbandonata. La luce non veniva dalle candele o dalle vetrate, ma da uno squarcio sul tetto.
– Non so se riuscirò a sistemare tutto questo – si lamentò la Sentinella.
Ma a me non importava, io avevo altro in mente. Spronato dalle voci incalzanti degli spiriti mi alzai, lo cercai, lo chiamai anche se sapevo che Suadente non era il suo vero nome, come Sognatore non era il mio, e Sentinella non era quello della donna con cui convivevo. Ma non avevo altro nome per il bambino.
Lo trovai rannicchiato in un angolo a piangere, accanto al corpo della madre. Non era cambiato nulla per lui. Solo, quando alzò gli occhi, stavolta non mi parlò. Capii che non osava farlo, per paura che il suo potere, la sua voce, uccidesse qualcun altro. In silenzio mi si avvicinò e mi abbracciò le gambe.
– Sei ancora del parere che non dovremmo prenderlo con noi? – mi chiese La Sentinella nell'affiancarsi a me.
Non ci fu alcun bisogno di rispondere.

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