lunedì 22 aprile 2024

Ricerca tra i ghiacci


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Kaushal Moradiya da Pexels


Il rombo sordo del motore le ronzava nelle orecchie mentre gli sci della motoslitta volavano sulla candida distesa piatta della pianura innevata. Era una splendida giornata sul tetto del mondo, con un sole pallido che attenuava il morso del gelo e splendeva abbacinante in riflessi traditori che l'avrebbero accecata, non fosse stato per la visiera scura del suo casco. Kall'te era preparata a quella lunga marcia. Era da tutta la vita che si preparava per quella che considerava "la missione della sua vita".
Quella era la parte più facile. Era addirittura piacevole procedere così spedita, senza nemmeno far fatica, senza un solo ostacolo in vista, e quel minimo di freddo che le intirizziva le mani avvolte nei guanti, o le spruzzate di neve sollevate dai bordi degli sci che impattavano contro la curva del parabrezza non la impensierivano. Kall'te sapeva che la vera sfida sarebbe giunta di notte, con il Vero Freddo che congelava qualunque cosa smettesse di muoversi, e le sole stelle a orientare il suo cammino. Il vento solare che dava vita a luci danzanti nel buio era troppo intenso lì per le delicate strumentazioni moderne che accompagnavano i viaggiatori in qualsiasi altra parte del mondo con la loro promessa di aiutarli a trovare sempre la loro meta. Così a nord, il viaggio era quasi lo stesso di secoli fa.
Quasi.
La motoslitta aveva sostituito le tradizionali slitte a trazione animale, con tutti i problemi che comportava doversi portare dietro altri esseri viventi da sfamare e accudire e proteggere dal Vero Freddo della notte. Ma la motoslitta poteva arrivare fino a un certo punto. Dopo, Kall'te sapeva che dipendeva tutto da lei.
Come coloro che l'avevano preceduta, Kall'te aveva studiato quel viaggio nei minimi dettagli, aveva osservato le mappe, riletto gli appunti lasciati dai suoi predecessori, da quelli che avevano rinunciato, almeno, ed erano tornati indietro per raccontarlo. Kall'te poteva imparare dai loro errori, se non altro.
Doveva accontentarsi di quelle esperienze parziali, poiché non avrebbe avuto notizie da coloro che avevano fallito così come da coloro che avevano avuto successo. Gli uni e gli altri erano semplicemente scomparsi.
Nessuno tornava mai indietro, una volta raggiunta la meta. Non c'era motivo di farlo.
Partendo Kall'te aveva detto addio a tutti coloro che conosceva, perché in qualunque modo fosse finita la sua impresa, lei non aveva intenzione di rinunciare alla Ricerca.
Quella era un'occasione che capitava una sola volta nella vita.
Il sole era quasi giunto al tramonto. Presto sarebbe cominciata la prima di una serie di notti sempre più brevi man mano che Kall'te si spingeva verso nord, finché il sole non sarebbe tramontato più e si sarebbe limitato a sfiorare l'orizzonte. Questo almeno diceva chi era arrivato così lontano da sfiorare quasi la meta. Kall'te non poteva far altro che fidarsi delle parole che ormai conosceva a memoria da quante volte le aveva lette e rilette.
In sella alla motoslitta, Kall'te strinse i denti e si preparò a resistere alla pungente tortura del Vero Freddo che di lì a poco l'avrebbe investita con tutta la sua forza.

Un'altra alba sorse e Kall'te si meravigliò di essere giunta così lontano. La motoslitta aveva ceduto giorni addietro, e se prima Kall'te aveva pensato che quel rombo continuo l'avrebbe fatta uscire di testa, in quel momento avrebbe dato di tutto per sentire qualcosa, qualunque cosa, che non fosse il silenzio ovattato dei suoi passi. Il Vero Freddo si era preso due dita delle sue mani, ma la notte durava sempre meno, e ciò la rinfrancava. Gli appunti dei suoi predecessori in quello non avevano mentito.
Se solo non fosse stato tutto così dannatamente silenzioso!
Rifletti. È così che deve essere, si disse Kall'te.
Il più grande tempio della conoscenza mai esistito non poteva che sorgere nel luogo più silenzioso dell'intero creato.
Per i primi giorni, dopo che aveva abbandonato la motoslitta ormai inservibile, Kall'te era stata tormentata da un fischio continuo nelle orecchie. Lo aveva odiato, ma non più da quando anche quel rumore fantasma era scomparso. Avrebbe potuto parlare, ma non ne vedeva l'utilità, dato che nessuno a parte lei l'avrebbe udita. Inoltre, non voleva sprecare il fiato che si condensava in preziose nuvolette di tiepido vapore non appena lasciato il suo corpo. Quel calore era tutto ciò che le restava, tutto ciò che la separava da un brusco termine del suo viaggio, dal fallimento, dalla morte per congelamento.
La notte aveva smesso di calare quando Kall'te lo trovò, perciò non sapeva più dire da quanti giorni fosse in viaggio, né se fosse giorno o notte, in quel momento, nel luogo che aveva chiamato casa, e che aveva abbandonato. Sapeva solo che le mancavano le stelle, e si sentiva persa senza la loro guida, e sì, le mancavano anche le splendide, inutili luci danzanti che le avevano ispirato tanta meraviglia.
Perciò trovare l'ingresso fu una sorpresa. Kall'te ci era arrivata vagando a caso, e d'altra parte, quella galleria di ghiaccio che scendeva nelle viscere della terra non sembrava affatto diversa da una caverna naturale. Non c'era alcuna insegna che la identificasse, né una serie di colonne scolpite nel ghiaccio cristallino, né un'imponente architettura barocca o postmoderna a fare da cornice a quell'ingresso. Solo un buco nel terreno. Una semplice tana d'orso.
Kall'te avrebbe addirittura pensato di essere nel posto sbagliato, se poco più avanti non fossero cominciati i gradini. Li percorse in reverente silenzio, come si confaceva a un simile luogo, avvolta in riflessi di luce azzurrina e accolta da un soffio d'aria insolitamente tiepido per quel clima e quella latitudine.
Nessuno sapeva davvero che cosa avrebbe trovato in fondo a quella tortuosa rampa di scale che risuonava lievemente come l'interno di una conchiglia. Le leggende parlavano di un labirinto, e di mostri da affrontare, ma erano soltanto ipotesi. Chi era arrivato dove lei si trovava, non era tornato indietro per raccontarlo.
Un uomo l'accolse ai piedi delle scale. Teneva un libro tra le mani, e la luce che si sprigionava dalle pagine in eleganti figure olografiche accompagnate da didascalie mutevoli si rifletteva sugli occhiali.
Kall'te, che si aspettava da lui un enigma da risolvere come prova del suo valore, si umettò le labbra per parlare, ma l'uomo le fece cenno con un dito di tacere e le indicò di seguirlo.
Il lungo corridoio che percorse dietro di lui, in silenzio, guidata dal bagliore che si sprigionava dal libro, si aprì infine in una balconata, e quando Kall'te si sporse, rimase a bocca aperta. File su file di scaffali ricolmi di libri, dal pavimento fino al soffitto, e figurette che si aggiravano tra di essi così in basso da sembrare minuscole formiche tanto era grande la caverna, che non era che la prima di molte sale collegate, come scoprì Kall'te in seguito. L'uomo la condusse giù lungo un'interminabile rampa di scale, e una volta che fu giunta tra coloro che come lei avevano avuto successo, che prima di lei avevano raggiunto quell'agognata meta, non ebbe bisogno di dirle che avrebbe potuto leggere tutti i libri che voleva, esplorare a suo piacimento l'immensa Biblioteca dei Ghiacci, il più grande tempio della conoscenza mai creato.
Kall'te era la più recente tra i suoi custodi, ma le ci volle poco per abituarsi a quella vita di studio silenzioso, e ancor meno per capire perché nessuno tornava mai da quell'impresa.
Era libera di lasciare la biblioteca quando lo desiderava, ma con tutta la conoscenza del mondo a propria disposizione, chi mai lo avrebbe voluto?

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