giovedì 11 luglio 2019

Personaggio: Fiordaliso

Ho scelto, per il secondo personaggio che rappresenta il donatore, di restare nella stessa terra, ma di cambiare tipo di dono: non un oggetto, bensì un aiuto, una magia o una seconda possibilità. E dato che il donatore, tradizionalmente, nelle favole è quasi sempre una fata, non potevo esimermi dal presentarne una in questa sezione.

Immagine creata con Pixie Scene Maker di Rinmaru Games


Le fate a Penterra sono tra le creature più potenti e misteriose, talmente tanto che cerco di farle intervenire il meno possibile, soprattutto in qualità di aiuto per gli altri personaggi, perché altrimenti rischiano di diventare un deus ex machina. Sono esseri al di fuori del tempo, in grado di modificare qualunque evento passato, presente o futuro con la loro comparsa. I rari casi in cui ho deciso che la loro presenza era necessaria nella storia sono quelli in cui il loro aiuto comporta, oltre al vantaggio immediato, una considerevole quantità di guai non previsti nel futuro dei personaggi che le hanno incontrate.
Fiordaliso è l'unica fata il cui nome sia noto tra gli esseri umani di Penterra, che tendono a considerarla nelle leggende e nei racconti la "Regina delle fate". È lei quella che fa da tramite tra il suo popolo e gli esseri umani nelle rare occasioni di incontro, l'unica a parlare e stringere accordi. In realtà, ancora non lo so, ma ho il sospetto che tutte le fate siano Fiordaliso. Anche quando ne compaiono molte tutte assieme, dato il loro rapporto particolare con il tempo potrebbe trattarsi di diverse versioni dello stesso individuo. Ma questa è solo una teoria.
L'aspetto di Fiordaliso e delle altre fate non si discosta molto da quello classico che ci si aspetterebbe da queste creature, e ho il sospetto che si presentino volutamente come le leggende le ritraggono: bellissime, lucenti, dotate di ali di farfalla e dalle dimensioni che variano da quelle di un essere umano a quelle di un grosso insetto. Ciò che distingue Fiordaliso e la rende identificabile per chi la incontra è il colore azzurro, e la presenza di questi fiori sugli abiti o tra i capelli.


Questo è il primo brano che scrivo per il blog con protagonista Fiordaliso.


L'esercizio richiede di scrivere un brano che riguarda l'offerta di un aiuto, un potere o un oggetto al protagonista. Con Fiordaliso avevo già scritto una scena simile, e quindi la propongo qui.


– Mostrati! – comandò Yrael, mettendo in quell’ordine un po’ della sua antica magia del desiderio. Sapeva che la Sfera amplificava il suo potere. E la vide, su una sezione della parete sferica. Era una giovane donna, vestita nei colori dei Petracqua, azzurro e grigio, con i capelli castani raccolti in un’elaborata acconciatura. Stringeva a sé un fagotto avvolto in un lenzuolo bianco, quasi a proteggerlo, e dava l’impressione di essere allo stesso tempo debole e forte: in una parola, disperata. Camminava lungo un fiume, guardandosi attorno con timore, e quando si fermò a Yrael parve che fosse con lei nella Sfera, mentre il paesaggio rimaneva disteso sulle pareti come uno sfondo.
La donna rimase immobile per qualche istante e Yrael non seppe cosa dirle o chiederle. Anche se sentiva di doverlo fare, semplicemente non le venivano le parole. Quella donna aveva un’aria familiare.
Davanti ai suoi occhi, di fronte alla donna, l’aria si fece liquida e poi solida, cristallizzandosi nelle apparenze di una fanciulla dalla pelle di vetro. Si mosse al rallentatore, mentre le sue fattezze divenivano sempre più nitide e si delineavano le ali leggere dall’arabescata filigrana d’arcobaleno. L’apparizione cambiò più e più volte forma e consistenza, finché non fu quasi un’umana dalla bellezza indicibile, ma con azzurre trasparenti ali. Sulla veste dello stesso colore erano ricamati elaborati motivi con fili d’oro e d’argento e di un altro materiale che pareva madreperla. Frammenti d’opale e piccoli fiori celesti ornavano i suoi capelli, raccolti in una lunga treccia, candidi quasi quanto la sua pelle. Quest’ultima, sfiorata appena dai raggi solari, brillava a tratti di una propria luminescenza.
– Fiordaliso! – chiamò la donna, rivolta all’apparizione. Il nome della regina delle fate!
Yrael osservò la fanciulla fatata, evitando di interferire. Capiva che l’evento che le veniva mostrato si era svolto nel passato, o forse nel futuro, molto lontano da lì.
– Giungo al tuo richiamo, figlia dei Petracqua – disse la fata, e la sua voce risuonò nell’aria, nelle foglie e nell’acqua del fiume, senza che lei muovesse le labbra. – Cosa posso fare per te?
– Onora il patto antico. Fa’ che mia figlia viva! – affermò la donna, tendendole il fagotto che reggeva tra le braccia.
Fiordaliso allungò la mano sinistra e la passò sopra al lenzuolo. Quindi, con la mano sospesa a mezz’aria, disse alla donna: – Non ne ho il potere. So che le creature della tua gente attribuiscono alla mia capacità illimitate, ma non è così. Però, se vuoi, mi è concesso di fare una sola di due magie, per lei. Devi scegliere.
La donna annuì. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riavere con sé la figlia, la sua secondogenita, morta così giovane cadendo dalle scale del palazzo imperiale. Tutta la Sfera vibrò del suo desiderio, e il pensiero giunse a Yrael.
– Posso portarla fra la mia gente, nel mio regno dove non esiste morte né dolore; solo lì lei potrà vivere. È l’unico modo, anche se non potrai mai più rivederla. Ma se le vuoi bene, ti prego, accetta questa mia proposta.
– No, mai! – gridò la donna, ritraendo il fagotto e stringendolo a sé, per poi cullarlo dolcemente. Yrael capì, attraverso le epoche, che l’avevano avvertita degli inganni delle fate, da sempre alla ricerca di bambini o di giovani uomini da rapire e portare con sé. Quella proposta non poteva essere altro che un tranello, a cui la donna doveva opporre un deciso rifiuto. Solo così la fata avrebbe desistito dal suo intento e le avrebbe parlato dell’altra magia, l’unica che fosse possibile accettare.
Fiordaliso chinò il capo e ritirò finalmente la mano. – Come ho detto, a te sola spetta la decisione. Tremo al solo pensiero di rivelarti l’altra mia idea, ma lo farò. Ho il potere di fare della tua bambina una creatura a cui diamo il suono, nella nostra voce, di Lexemag. È una creatura fatta di carne e magia che avrà lo stesso aspetto di tua figlia, e in parte gli stessi ricordi, personalità e comportamento. Ma non sarà lei, non potrà mai più esserlo.
– Ma sarà proprio come la mia bambina… sarà uguale a lei, e io non vedrò alcuna differenza? – chiese la madre.
– Così giovane… no, ti sembrerà quella di sempre, e agli occhi della tua gente apparirà come una di voi, e anche lei crederà di esserlo, sebbene i ricordi dell’altra sua vita si faranno vaghi e confusi. Ma ti avverto ancora una volta: lei non sarà tua figlia, sarà un Lexemag.
– Non mi importa in che modo ritorna, purché torni! – dichiarò la madre.
– Allora lasciala qui. Questa notte entrambe le lune saliranno in cielo, una dopo l’altra: è il momento propizio. Sarà fatto entro l’alba: appena sorge il sole, affrettati e vieni qui. Ma bada di non giungere troppo presto, o troppo tardi, poiché in quel caso la porterò nel mio regno per sempre – l’avvertì Fiordaliso. La madre annuì stringendo le labbra e posò a terra delicatamente il fagotto. Nel farlo, una ciocca di capelli neri sfuggì dall’involto, ma la donna si affrettò a sistemarli. Indietreggiò di alcuni passi, ma senza inclinare il busto né chinare il capo: un commiato da regina a regina. Quindi si volse e si allontanò, rapida, dal magico luogo.
Rimasta la sola a contemplare Fiordaliso e il macabro fagotto, Yrael si avvide che la scena si faceva via via più veloce e confusa. Il sole scese, tramontò, poi fu sera, e fu notte. Kristalia, la piccola luna azzurra, si levò in cielo, seguita poco dopo da Albarea, il bianco specchio, la placida madre. Yrael ricordò all’improvviso una ballata che ascoltava da sua madre, da bambina: “e la dolce fanciulla azzurra e la bianca serena madre danzeranno insieme in cielo, nella notte dei prodigi, riunite da una benevola sorte.”.
Una fanciulla e una madre separate, proprio come nelle immagini che stava vedendo. Possibile che quello fosse l’evento all’origine del mito delle due lune? No, si disse Yrael, non poteva essere. Tutto, dalla foggia dell’abito della donna, al suo modo di parlare e comportarsi, rivelavano che doveva trattarsi di un fatto molto più vicino al presente.
Le immagini divennero di nuovo nitide. Si trovava in un luogo diverso, un fitto bosco i cui tronchi sembravano disordinate colonne di un tempio. Le due lune s’intravedevano tra le fronde e a terra, sui rami e tutto intorno danzavano le fate. Alcune le apparivano come era stata Fiordaliso, fanciulle umane con un paio di variopinte ali, riccamente abbigliate, coperte di veli o completamente nude; altre somigliavano piuttosto a luminose farfalle dal corpo umano, di diversi colori e dimensioni; altre ancora erano come luci pulsanti o nebbie brillanti, che si espandevano e di contraevano. Fiordaliso stessa, al centro del magico conclave, variava di continuo le sue fattezze. Era difficile, per Yrael, fissare lo sguardo su qualcosa che non aveva forma o, piuttosto, le aveva tutte.
Accanto a Fiordaliso giaceva il fagotto e tutte le fate danzavano intorno, tessendo con le loro movenze la magia che la loro regina avrebbe usato per dare vita al Lexemag. Yrael la vide riplasmare il corpo della bambina: intrecciava a ogni sua fibra un sottile filo di magia fatata, creando una rete di carne e magia. Fiordaliso muoveva le mani svelta, come se stesse tessendo un abito, o ogni tanto incitava le fate a fare presto, che la notte era breve. Disfò e ricompose il corpo della bambina in ogni sua parte, e quando ebbe finito Yrael poté vedere che la bambina era la stessa, eppure era diversa. Il suo cuore batteva per magia, e non era più sangue, bensì magia liquida ciò che le scorreva nelle vene.
Yrael memorizzò ogni istante di quel processo, spinta dalla sua curiosità di Arcimaga a conoscere ogni forma di magia praticata nel mondo. Osservò ogni particolare con fredda meraviglia. Ne era attratta, ma allo stesso tempo provava repulsione per quell’atto innaturale.
Come Fiordaliso aveva annunciato, tutto si concluse poco prima dell’alba, e le fate svanirono una alla volta fondendosi con l’aria, nel tornare forse al loro misterioso regno. Rimase solo la regina, che riprese lentamente l’aspetto con il quale si era presentata alla donna. La fata pose un fiordaliso tra i capelli della bimba, quindi raccolse con tenerezza il suo corpo addormentato vestito di broccato rosso e la portò all’appuntamento. Il luogo della visione cambiò e con esso il tempo. Il sole sorgeva all’orizzonte, Kristalia se n’era andata, rimaneva solo la pallida Albarea. La fata attendeva in piedi l’arrivo della donna, con la bambina sveglia aggrappata alla sua gonna blu.
La donna giunse e la bambina si strinse ancor di più a Fiordaliso, timorosa. Nel vederla, la madre di gettò in ginocchio ai piedi della fata e pianse.
– La mia bambina… – mormorò. Non vedeva ciò che per Fiordaliso e per Yrael era così evidente: quella non era la sua bambina.
Non era la stessa che aveva portato lì il giorno prima.

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