giovedì 14 marzo 2019

Romanzo vs Racconto

Giovedì scorso ho scritto la recensione per "La dannazione della Sirena" di Ornella Calcagnile, che trovi qui. E come ho già fatto per il libro precedente, oggi vorrei soffermarmi su un aspetto che mi ha particolarmente colpito.

Nel caso della storia di Ornella Calcagnile, è stato difficile scegliere, poiché c'erano molti elementi positivi che ho apprezzato nel suo testo. Avrei potuto spendere ancora altre parole sul dialogo, come se non avessi mai scritto nulla su questo argomento nel blog; oppure offrire la mia opinione sul modo di reinventare una creatura mitologica per renderla credibile e parte integrante di un'ambientazione che rispecchi in tutto il resto il nostro mondo; o ancora, riflettere su come sia possibile far innamorare di un personaggio in poche pagine, e come portarlo via al lettore nel modo più crudele possibile (scherzo... o forse no?). Potevo altrimenti rivolgere un pensiero ai rari aspetti negativi di quel testo e a come evitarli, ad esempio come descrivere l'aspetto fisico dei personaggi con espressioni diverse dalle solite due o tre già lette mille volte, o come rifuggire dalla tentazione di abbellire il proprio stile fino a correre il rischio di usare espressioni ridicole e antiquate.

Ma sono sicura che ritroverò questi spunti nei prossimi libri che leggerò, e d'altra parte questo racconto mi offre una questione più interessante da affrontare. Ovvero, la sua lunghezza.

Non era stata un problema per me: come si suol dire, le dimensioni (di un testo) non contano. Conta molto di più il suo contenuto, che la storia, corta o lunga che sia, riesca ad appassionarmi, emozionarmi, divertirmi. E se c'è un po' di sfida nel cercare di capire un mistero, meglio ancora. Eppure, scorrendo i commenti di altri lettori di questo ebook, ho scoperto che molti erano rimasti delusi dalla brevità del racconto, al punto di abbassare la valutazione solo per questo dettaglio. E qualcuno ha suggerito all'autrice di aggiungere decine di pagine, o trasformare il racconto in un romanzo. E questo mi spinge a chiedermi: come mai un racconto è così sottovalutato rispetto al suo cugino più imponente?

Nella "guerra" tra racconti e romanzi, è comprensibile che in passato abbiano sempre trionfato questi ultimi. Gli editori preferivano pubblicare i romanzi più che i racconti per ovvie ragioni: per fare un libro, un solo racconto non basta. Il testo più breve aveva la sua collocazione ideale tra le pagine di un giornale o di una rivista, anche se... perfino in quel caso, molto meglio un romanzo a puntate, che obbligava il lettore ad acquistare le uscite successive per scoprire come continuava la storia. Oggi, con una vita più frenetica e con l'avvento degli ebook, che hanno risolto finalmente il problema della pubblicazione di un racconto singolo, si potrebbe immaginare che ci sia stata una rimonta di questo formato... e invece, niente. I lettori rimangono ancorati alle loro preferenze, restii a concedere a questo "fratellino minore" uno status di pari dignità. E non capisco proprio perché.

Intendiamoci, non sono ignara del fatto che quando ci si affeziona a un gruppo di personaggi, si vorrebbe poterli seguire fino in capo al mondo, e che le loro avventure non avessero fine. Non sono immune da quella sensazione dolceamara che ti coglie una volta girata l'ultima pagina, e che capita sempre dopo aver letto una bella storia, indipendentemente dalla lunghezza, che sia un racconto, un romanzo, o una saga da tredici libri. Ma preferisco di gran lunga leggere un racconto in cui ogni scena è fondamentale e ben inserita nella trama, che un romanzo pieno zeppo di digressioni, sottotrame, capitoli interi di antefatti, paragrafi di spiegazioni dell'ambientazione, e via dicendo. A che pro sfilacciare una storia fino a renderla irriconoscibile e, soprattutto, noiosa?

C'è forse la tendenza a pensare che il romanzo sia un formato più serio e più maturo rispetto al racconto, con quest'ultimo riservato alle favole, alle storie illustrate per bambini, e ai concorsi letterari. Per la sua rapidità di scrittura e di lettura, si immagina una corrispondente facilità di scrittura. Perlomeno, rispetto al romanzo. Ho avuto modo di provare a scrivere entrambi, quindi parlo per esperienza quando dico che sono due tipi di difficoltà diverse. Se per il romanzo l'impegno è costituito dal tempo necessario a completare l'opera e dai problemi di coerenza (di stile, di voce e descrizione dei personaggi...), per il racconto si tratta di capire che cosa è essenziale, e cosa invece si può tagliare senza rischiare di rendere la storia incompleta. Condensare le proprie idee, specialmente entro un limite di battute/parole/pagine imposte da se stessi o da altri, non ha niente di facile. Riversare sulla pagina fiumi di parole privi di argini, al contrario, è fin troppo semplice. Basta iniziare.

Strano, ma anche di questi tempi, il dono della sintesi è un talento molto raro. Qualcosa che io stessa sto ancora cercando di apprendere. E qui mi fermo, o rischio di dare una dimostrazione concreta di quanta strada ho ancora da percorrere. Ma vorrei sapere di te. Preferisci i racconti o i romanzi, e perché? Non chiedo molto. Mi bastano appena due righe di commento. O anche una.

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