lunedì 1 aprile 2024

Il portale della rovina


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Foto di ROMAN ODINTSOV da Pexels


Oltre alla direzione proibita, a nord di Timing, vi era un altro luogo nel deserto in cui quasi nessuno si recava, partendo dalla città-oasi o da qualsiasi altra. Era la zona delle Prime Rovine, a sud-ovest di Timing, il luogo in cui gli archeologi avevano per la prima volta rinvenuto artefatti dagli strani poteri magici, il motivo per cui era stata istituita l'annuale Sfida di Timing, e anche il motivo per cui scavare nella sabbia era diventata l'occupazione principale e più redditizia per tre quarti degli abitanti di Timing.
Ma prima di questa epoca, quando ancora quello di saccheggiare vecchi ruderi e strappare al deserto frammenti di coccio non era considerato un mestiere rispettabile, era stata una di quei primi esploratori curiosi ad accorgersi che una parte di quei tesori antichi, che altri avrebbero considerato spazzatura, non era esattamente quel che appariva. Forse aveva in sé un minimo di sensibilità alle correnti della magia che non faceva di lei una maga vera e propria, ma le dava modo di accorgersi quando c'era di mezzo la magia, perché quella prima archeologa amatoriale aveva messo da parte alcuni oggetti apparentemente innocui che come lei sosteneva "le davano i brividi". La sensazione a suo dire era ancora più forte nei pressi di una porta di pietra, l'unica rimasta in piedi in tutta la distesa di rovine, l'unica con gli stipiti che si ergevano diritti e l'architrave ancora al suo posto, sebbene i battenti di legno fossero ormai divorati dal tempo.
Nessuno dei suoi compagni in quella spedizione riuscì a decifrare l'antica scrittura incisa sulle pietre che formavano la porta, o a capire che cosa avessero di tanto speciale gli oggetti che lei aveva accantonato. Si decisero così a inviare messaggeri a sud e a ovest, a est e a nord, che all'epoca ancora non era una direzione proibita, per chiamare a raccolta tutti i maghi che conoscevano o di cui avevano sentito parlare, con la promessa che sarebbero potuti entrare in possesso di qualunque oggetto magico rinvenuto nelle rovine del quale avessero saputo spiegare lo scopo e il funzionamento. Quella fu la prima Sfida di Timing, anche se all'epoca ancora non si chiamava così.
Allettati dalla prospettiva di ricevere oggetti magici gratis, neanche fosse stato il loro compleanno, ovviamente una buona parte dei maghi invitati accorse alla chiamata. In molti si portarono a casa, quell'anno, una vecchia pignatta che si scaldava senza fuoco, o una sfera da predizione non aggiornata che mostrava solo eventi ormai avvenuti.
Uno dei più fortunati, o sfortunati a seconda dei punti di vista, fu il mago Mervugius, che riuscì almeno in parte a decifrare le iscrizioni sulla porta che pareva emanare più energia magica di qualunque altra cosa rinvenuta nelle rovine.
– È un portale – sostenne Mervugius, che all'epoca era un giovane mago, poco più che apprendista.
– Un portale per dove? – gli chiesero, ma Mervugius purtroppo non era riuscito a decifrare quella parte delle iscrizioni.
Il giovane mago fece allora quel che imparano assai presto a fare tutti i maghi: inventò di sana pianta, tenendosi sul vago e condendo il tutto di enigma e mistero, con un pizzico di sciagura tanto per gradire.
– Le iscrizioni su questo punto sono oscure – disse Mervogius. – Un avvertimento è tracciato sull'architrave per l'incauto che oserà attivare il portale, ma ahimè, la frase è stata lasciata incompleta.
Sperava in questo modo di guadagnarsi l'accesso esclusivo al portale senza doverne dimostrare il funzionamento, dato che ancora non aveva idea di come accenderlo, ma Mervogius ebbe molto di più di quel che si augurava.
– Be', a me sembra piuttosto chiaro – replicò l'archeologa sensibile alla magia, che non osava avvicinarsi a meno di tre passi dal portale. – Com'è possibile che una civiltà tanto avanzata nelle arti magiche sia scomparsa così, lasciandosi dietro nient'altro che rovine? È ovvio che devono aver attivato il portale.
A quella dichiarazione ci fu un gran parlottare e borbottare tra gli archeologi che erano con lei. L'espressione "portale della rovina" fu ripetuto più volte da più voci, e in men che non si dica fu decretato che il portale doveva essere nascosto e protetto affinché nessuno mai lo aprisse di nuovo, e che il suo custode da quel momento in avanti sarebbe stato colui a cui spettava in premio, ovvero il mago Mervogius. Immaginate la sorpresa del poveretto quando seppe che la sua ricompensa sarebbe stata quella di trasferirsi nelle rovine a fare l'eremita accanto a un oggetto magico che nemmeno poteva usare. Ad ogni modo, ormai il danno era fatto, e Mervogius non poteva più tirarsi indietro. Il mago si rassegnò a passare la sua esistenza incastrato in quell'ingrato compito, ma per fortuna era un mago, e quindi rese il suo soggiorno più agevole facendo magicamente crescere un giardino e un orto ed evocando un laghetto con le carpe in pieno deserto. Oltre, naturalmente, a provvedere alla difesa e all'isolamento necessario per svolgere il suo incarico, che prevedeva anche lo studio delle antiche iscrizioni sulle pietre del portale per completarne la decifrazione.
Fu così che da quel momento in avanti le rovine del portale della rovina furono protette da un'eterna tempesta di sabbia per scoraggiare i visitatori, e che solo ogni due o tre anni una carovana di coraggiosi esploratori attraversa la tempesta di sabbia per sincerarsi che il portale sia ancora chiuso, che il mago Mervogius ormai piuttosto in là con gli anni sia ancora vivo, e per portargli qualche bene di prima necessità richiesto dal mago stesso due o tre anni prima.
La volta di cui vi sto parlando, assieme alla carovana viaggiavano un elementale del ghiaccio, un elementale del fuoco, una giovanissima maga estremamente insistente e un ragazzo della stessa età che avrebbe preferito essere in qualunque altro posto piuttosto che nel bel mezzo di una tempesta di sabbia, frustato dai granelli che entravano dappertutto, perfino nelle mutande, assordato da un vento incarognito e aggrappato con tutte le sue forze a un cammello puzzolente, ubriaco e strabico, a giudicare da come procedeva nella tempesta.
– Una traversata facile facile – disse Jashira, la giovane maga, che per tutto il tempo aveva protetto sé stessa e i suoi due elementali in una bolla di bonaccia e bel tempo, dimenticando di fare altrettanto per i carovanieri e per il suo amico... compagno di viaggio... schiavetto portabagagli di fiducia Holy.
Che, una volta oltrepassato il muro di sabbia vorticante alto fino al cielo e molto più spesso di quanto umanamente sopportabile, si era messo in un angolo ad accumulare mucchietti di sabbia sputandola dalla bocca, svuotando scarpe e scrollando i vestiti.
– Finalmente potrò incontrare il famoso Mervogius e imparare tutti i suoi segreti! – esultò Jashira, fiancheggiata dai due elementali che le facevano da guardie del corpo.
– Sempre che lui voglia insegnarti i suoi segreti, Jashy – obiettò Holy, dandosi dei colpetti sulla testa piegata di lato per svuotare anche le orecchie.
– Sciocchezze – ribatté la maga. – Quando mi conoscerà, capirà che è quel che gli conviene fare.
Holy non aveva alcun dubbio in proposito.
Solo che, invece del mago Mervogius, venne loro incontro dalla stradina tra i resti di due muri diroccati un grasso e pigro gattone grigio. Poi, un micetto rosso a strisce. Quindi una gatta bianca con una macchia sul muso.
Seguendo a ritroso la scia di gatti, i carovanieri, i sue elementali, la maga Jashira e il recalcitrante Holy che richiamava inutilmente gli altri alla prudenza giunsero nei pressi del portale della rovina.
Che non era più un paio di stipiti e un'architrave privo di battenti, ma brillava di bagliori viola e argento nello spazio che era stato finora un rettangolo di vuoto tra le sue pietre. Accasciato a terra nei pressi del portale attivo trovarono il vecchio mago Mervogius circondato dai gatti, e altri gatti ancora uscivano dal magico bagliore liquido fra le pietre dalle incisioni brillanti di luce.
Tra le dita rigide della destra il mago stringeva un biglietto. Aveva completato la traduzione, dedussero i presenti, e ormai prossimo alla morte aveva voluto vedere alla protezione di quale magia aveva dedicato la sua intera esistenza.
La riga di testo tradotta dall'architrave, sul foglietto, recitava: "la rovina colga chiunque tardi nel nutrire i gatti."
I carovanieri si misero a discutere su come avrebbero fatto a dar da mangiare a tutti quanti, per evitare che la maledizione del portale li colpisse.
Holy si strinse nelle spalle. – Io invece ho una sola domanda – disse a Jashira, e indicò i felini sparsi dappertutto, poi il portale. – Come facciamo adesso a convincerli a tornare indietro?

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