sabato 25 maggio 2024

Coacervo

Coacervo [co-a-cèr-vo] s.m. Mucchio disordinato di cose o di elementi concettuali; accozzaglia.

Etimologia: dal verbo latino coacervare, "accumulare", composto da cum, "con, insieme", e da acervare, "ammucchiare".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Ron Lach da Pexels


Questa era una verità indiscutibile: le stanze dei ragazzi erano sempre un coacervo di roba. A differenza di quelle delle bambine e delle ragazze, che erano lustre e ordinate con la sola eccezione di una giovane marieth che però era un maschiaccio e non stava mai ferma, i ragazzi sembravano in grado di tirar fuori da chissà dove più vestiti, giochi, libri e ammennicoli di quelli che ricordavo di aver comprato loro.
E se per il caso del bambino shoeleo che aveva iniziato da qualche mese a sperimentare il suo potere di plasmare la materia era facile capire da dove venissero gli oggetti in più nella sua stanza, per gli altri rimaneva un mistero.
– Questo non ricordo proprio dove l'ho preso – dissi un giorno a Gabriele, mostrandogli una giacchetta in pelle con il collo bordato di pelliccia che avevo trovato in una delle stanze lasciate in disordine. – Escludendo un caso di amnesia indotta, perché non abbiamo ancora un sotenver tra i ragazzi... non ce lo abbiamo, vero?
– Non che io sappia – replicò il mio "angelo" alieno, lasciandomi con un minimo di dubbio.
– Escludendo quello – ripetei – non mi resta che ammettere che con l'aumentare dei bambini che ospitiamo in questa casa, gli oggetti acquisiscono man mano la straordinaria proprietà di moltiplicarsi a dismisura.
Non si può controllare l'entropia dell'universo, diceva in quei casi Gabriele. E io replicavo che mi bastava avere il controllo di quella dentro casa.
Nei primi tempi ebbi la mia dose di problemi ad adattarmi alla convivenza con un gruppo di bambini dotati ciascuno di un diverso potere che sembrava quasi magico, e a capire esattamente chi faceva cosa. Per non parlare della telepatia, il tratto in comune di quasi tutti loro, che a volte rendeva la mia mente un coacervo di pensieri e voci diverse, non meno disordinata delle camere dei maschi.
Le cose cambiarono quando imparai a schermare la mia mente e a dettare le regole.

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