lunedì 28 gennaio 2019

Il modo più facile (di accontentare i suoceri)

(racconto ispirato alla Sfida numero 15. Ho scelto una coppia... atipica, uno di loro è umano e l'altra no, e lei è in procinto di dargli una lezione di "etichetta" prima di presentarlo alla sua famiglia)

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Bianca from Pexels


Quand'ero bambino, mia madre mi raccontava una storia di Sljdzjell. Parlava di un uomo che si era innamorato di uno spirito che aveva assunto le sembianze di una donna. Lo spirito non ricordava cos'era, né quanto potere aveva, poiché l'uomo gli aveva sottratto il mantello nero che usava per trasformarsi. Era convinto di essere la moglie di quell'uomo, e come tale visse per anni. Ma un giorno, durante la stagione delle piogge, lo spirito si ritrovò costretto a uscire di casa; quindi cercò nella stanza del marito qualcosa per ripararsi durante il tragitto. Trovò quello che era stato il suo mantello nero, lo indossò e di colpo ricordò chi era, e quando l'uomo rincasò, lo spirito per punizione lo divorò prima di tornare da dov'era venuto.
Mentre guardavo Ylenia trafiggere con la lancia un coccodrillo attraverso le fauci spalancate, mi tornò all'improvviso in mente quella favola. Come lo spirito, lei aveva camminato tra gli esseri umani con le sembianze di una donna, si era adattata alla nostra lingua e alle nostre abitudini, e mentre eravamo a Terrana io avevo quasi dimenticato chi era. Ma lei no, non lo aveva mai scordato.
Appoggiata alla lancia, sporca del sangue biancastro della creatura che aveva ucciso, Ylenia mi chiamò.
– Vieni.
Alla luce azzurra della torcia da polso, l'unica che mi permetteva di tenere poiché i suoi occhi pallidi non potevano vederla, le sue squame brillavano dello stesso nero di quelle dell'animale morto. Quando la raggiunsi, Ylenia si accovacciò e iniziò a spiegarmi. – Lei è golkoksat. Lei è giovane. Piccola. Facile. In prima caccia, possibile che Clan chiederà a te di prendere golkoksat. Solo, uno più grande.
– Un esemplare adulto – commentai, annuendo.
Ylenia proseguì. – Questo che ho fatto, modo più difficile di uccidere golkoksat. Mostra forza. Mostra coraggio. Tu hai coraggio di Shidvelkhm – disse Ylenia, usando la parola che avevo imparato da lei al posto di "mutaforma", – ma non forza di Shidvelkhm.
– Ehi! – tentai di protestare, ma bastò una stretta delle sue dita artigliate sulla mia mano per farmi desistere. – Ok, ho capito. Ma allora come...?
Stavo ancora scrollando la mano dolorante, quando lei la afferrò con delicatezza e mi portò a posarla sulla mascella inferiore dell'animale, che giaceva rovesciato sulla schiena. – Golkoksat ha morso forte. Difficile aprire e tenere sua bocca aperta. Più facile da tenere chiusa.
Ci scambiammo uno sguardo. Le sorrisi, poi spinsi forte sulla mascella dell'animale morto fino a chiudergli le fauci.
– D'accordo. Ammettiamo che io riesca ad avvicinarmi abbastanza e a tenergli le fauci chiuse a mani nude. Ho i miei dubbi, ma andiamo avanti. Dopo, che faccio?
Ylenia fece scivolare un artiglio sopra la mia mano, senza graffiarmi, e proseguì verso la gola del golkoksat. Sbirciò il mio volto mentre si protendeva verso di me fino a sfiorarmi la spalla con la sua, ruvida di squame; poi fissò il punto in cui il suo indice si era fermato. – Dopo, tu tagli qui. Qui tagliare è più facile, e golkoksat muore presto.
Allungai l'altra mano fino a raggiungere la sua e tastai. Ylenia aveva ragione, sotto la gola c'era un punto in cui le squame dell'animale erano meno coriacee. Saperlo, però, non mi garantiva che lo avrei trovato mentre lottavo con una di quelle bestie, una viva e molto più grande di quella che stavamo esaminando. Tolsi le mani dal rettile e mi alzai in piedi. – Non lo so. – Scossi la testa. – Sono ancora convinto che farei molto prima con un colpo di laser. Loro sanno chi sono, non posso fingere, e se per essere accettato devo solo ammazzare uno di questi cosi, io...
Non la vidi muoversi. Sentii solo il tronco di un albero sbattere contro la mia schiena e un suo braccio squamoso contro la gola. Vidi le zanne crescere e riempirle la bocca e per un attimo mi chiesi se non si fosse stancata di me e, come lo spirito della storia, non avesse intenzione di divorarmi.
– Niente trucchi umani! – bofonchiò, la voce più profonda e le parole distorte da tutti quei denti lunghi e aguzzi.
Annuii, poi sollevai una mano ad accarezzarle il braccio con cui mi tratteneva, mormorando: – Va bene. Calmati. Farò come vuoi.
A poco a poco, le zanne si ritirarono e Ylenia si addossò a me, stringendomi contro l'albero. – Clan deve vedere come io vedo in te. Ma se fai cose da umano, loro vedono in te solo nemico. Io ho fatto come fa umano in casa tua. Qui è casa nostra, e tu devi fare come fa Shidvelkhm.
Aveva senso. In fondo, non era molto diverso da ciò che le avevo chiesto io. La abbracciai sospirando.
Ah, cosa non si fa per essere accettati dalla famiglia di lei!

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