sabato 19 gennaio 2019

Lenire

Ho scelto la parola di oggi non solo perché la trovo bella come suono e come significato, ma anche perché mi basta pronunciarla per avere l'impressione che possa fare ciò che la sua definizione promette... quasi come fosse una formula magica.

Lenire [le-nì-re] v.tr. (lenisco, lenisci ecc.) [sogg-v-arg] Attenuare, calmare una sensazione dolorosa.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Victor Freitas from Pexels


Chi meglio di una guaritrice per un brano sulla parola "lenire"? Mi è venuto subito in mente questo personaggio misterioso, ed era ora di svelare uno dei suoi segreti.


– No, non è possibile!
Avevo visto molte cose strane, ma Demi era sempre stata quella normale, la mia ancora. Finché non avevo tentato di prenderla per mano, e la mia mano aveva attraversato la sua.
Demi scosse la testa. – Non avresti dovuto.
– T-tu non esisti. – Non riuscii a ricordare di averla mai sfiorata. – Non sei mai esistita! Forse... ti ho inventata io, è così, dev'essere così!
Ero impazzito. Era l'unica spiegazione che avesse senso.
Demi tese una mano e avanzò. – Cerca di calmarti, adesso.
Indietreggiai, anche se sapevo che non poteva toccarmi, poi mi portai una mano al petto: un dolore lacerante mi straziava da dentro, ed era un dolore che conoscevo. Era lo stesso dolore che avevo provato prima di essere strappato via dalla mia vita per precipitare in quella follia vagante.
– Calmati – ripeté Demi. – Devi calmarti, o lui si sveglierà.
Lui. Il mostro che avevo dentro, che Demi mi aveva detto che avevo dentro. Continuai all'indietro, piegato in due dal dolore, finché non incontrai qualcosa di solido alle mie spalle.
– Lasciami in pace! – urlai, poi la porta si aprì e caddi all'indietro sul pavimento di un caravan. Il volto della guaritrice in catene era sopra di me. Oltre il rettangolo della porta, Demi non c'era più.
– Grazie a Dio – mormorai. Strinsi i denti a un'altra fitta di dolore.
– Respira a fondo – mi disse la guaritrice. Le catene tintinnarono mentre mi posava accanto al viso una ciotola di terracotta. Il fumo amaro mi stordì. – Questo dovrebbe lenire il dolore.
Non ricordavo di averla sentita sbottonare la mia camicia, ma avvertii un peso fresco e umido sulla mia pelle, e mi sentii subito meglio.
La guaritrice sospirò, la voce stanca. – Ti avevo detto di restare calmo.
Alzai la testa Ci fissammo nella penombra del caravan.
– Non mi hai mai chiesto come mi chiamo – mormorò lei. – Mi chiamo Demi.
Restai ad ascoltarla mentre mi raccontava della ragazza che era stata prima di diventare la guaritrice, e del modo che aveva trovato per lenire la solitudine.

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