lunedì 11 febbraio 2019

Una via d'uscita

(racconto ispirato alla Sfida numero 16. Ho scritto il finale della storia di Talon, creando e risolvendo le due questioni in sospeso del pezzo mancante di un meccanismo e del motivo che spinge una folla inferocita. E, come richiedeva il livello difficile dell'esercizio, c'è pure il finale aperto per una nuova, futura avventura!)

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


– Ho barricato la porta! – urlai, una volta che mi fui assicurata che la cassa non si sarebbe spostata dall'ingresso del magazzino. Indietreggiai. La porzione di porta che vedevo al di sopra della cassa tremava per i colpi della folla inferocita all'esterno.
Aggirai altre casse polverose e bancali sgangherati fino a raggiungere Talon. Se ne stava accucciato, chino su qualcosa, e mi dava la schiena. Teneva le ali leggermente aperte e ogni tanto un lieve battito le scuoteva, come sempre quando costruiva uno dei suoi marchingegni.
– Spero per te che quella cosa sia una via d'uscita, perché siamo in trappola qui dentro! – borbottai, mentre mi accosciavo al suo fianco.
– Oh, lo è! – annunciò lui, trionfante. Guardai meglio le leve e gli ingranaggi ai nostri piedi, e riconobbi il dispositivo che Talon aveva costruito mesi prima: quello che, a suo dire, apriva il portale tra il nostro mondo e la sua Terra del Vapore. Scossi la testa.
– Ma non funziona. Lo hai detto tu. Abbiamo cercato dappertutto, e non abbiamo mai trovato un frammento di meteorite per riflettere la luce...
Talon sogghignò. La gente, fuori, si stava organizzando per spingere la porta bloccata dalla cassa. Li sentivo parlare, e incitarsi a vicenda, e sentivo i loro colpi ritmati che a poco a poco aprivano uno spiraglio sempre più largo. E Talon sogghignava, come se avesse previsto tutto quello, e la nostra via d'uscita fosse a portata di mano.
– Non dappertutto – mi contraddisse Talon. Sollevò le mani da terra, e con gli artigli della sinistra sganciò una delle ruote dentate che ornavano il braccialetto sul suo polso destro. Me lo mostrò: lì, incastonato tra i raggi della rotellina, c'era il frammento sfaccettato e dai bagliori metallici che mi aveva descritto.
– Disgraziato! – sbottai, assestandogli un colpetto sulla spalla. – Mi hai fatto girare in lungo e in largo, e per tutto il tempo avevi quello che ti serviva con te?
Lo scrutai, accigliata. Talon mi soffiò un sibilò minaccioso, un suono strano da associare al suo volto che pareva quello di un ragazzo normale. – Umana cattiva – bofonchiò poi, mentre si massaggiava il braccio dolorante. Scoppiai a ridere, nonostante il pericolo che incombeva alle nostre spalle. La sua espressione ricalcava esattamente quella del giorno in cui ci eravamo conosciuti.
Mi alzai in piedi. I colpi sulla porta si erano fatti più forti, e più distanziati l'uno dall'altro. Forse là fuori avevano trovato qualcosa da usare come ariete. – Saresti potuto tornare a casa mesi fa, e niente di tutto questo sarebbe mai successo, lo sai, vero? – lo rimproverai, tendendo il braccio in direzione della porta.
Talon sistemò la ruota dentata al suo posto. Non mi guardò nel rispondere in tono contrito. – Lo so. Ma io... io non volevo andare via.
Lo sentii tirare su col naso. Se disse altro, non lo sentii nel fracasso che seguì. Qualcuno da fuori urlava ordini, e la cassa strisciò con uno stridio terribile sul pavimento.
Talon azionò alcune delle leve. Gli ingranaggi del marchingegno di avviarono cigolando. – Ora però non ho scelta. Devo andare. – Talon si alzò in piedi, su quei suoi piedi che parevano zampe d'uccello. Feci per parlare, ma lui mi anticipò. – So che vuoi chiedermi. No, non puoi venire. Il portale è per uno soltanto, e per raggiungerlo devi saper volare.
Quindi spalancò le grandi ali da pipistrello. Ero sul punto di piangere, e non riuscii nemmeno a trovare le parole per salutarlo, col groppo che mi chiudeva la gola. Era sempre così. Non le trovavo mai, le parole. Non ero stata in grado di fermarli, o di farli ragionare, quando i primi avevano iniziato a strattonare Talon fino a spogliarlo del suo travestimento. Ero riuscita solo a scappare assieme a lui.
– Non preoccuparti – mi rassicurò Talon. – A te non faranno del male. Sei un'umana. Sei come loro.
Gli rivolsi un mezzo sorriso. – Non proprio come loro.
Sopra le nostre teste si stava formando il sole verde da cui avevo visto apparire Talon, il giorno in cui lo avevo incontrato. La folla era entrata, li sentivo borbottare dietro le casse, ma esitavano ad avvicinarsi, forse proprio a causa di quel bizzarro fenomeno.
– No, hai ragione. Tu non sei come loro. Tu sei mia amica. – Talon si diede una spinta con le gambe, batté le ali e si sollevò in aria. – Aspetta che lo racconti a casa. Una umana amica di un gremlin. Non ci crederanno mai!
Sentii un accenno di risata prima che Talon sparisse nella luce verde. Poi fu il delirio. La folla impazzita ruggì e corse verso di me, armata di mazze e spranghe, e cominciò ad accanirsi sulla strana macchina da cui scaturiva un raggio verde. – No! No, smettetela, basta! – sentii la mia voce urlare, mentre con le mani avanti tentavo inutilmente di arginare il fiume di violenza. Qualcuno mi spinse contro le casse, sbattei la testa e scivolai a terra.
Quando mi svegliai, ero rimasta da sola nel magazzino. Il marchingegno di Talon era ridotto a un rottame contorto, e io non mi ero mai sentita così sola. Forse era giunta anche per me l'ora di tornare a casa.
Non me la sentivo di prendere il mare da sola, dopo quella botta. Raggiunsi Sabrina, la mia barca, e chiamai la mia famiglia da lì. Me ne stavo tranquilla sottocoperta, quando udii una voce familiare.
– Credo di sapere perché gli umani di qui ce l'avevano con me.
Mi alzai così in fretta che quasi rischiai di battere la testa contro il soffitto basso. No. No, mi dissi, non poteva essere Talon. Lui se n'era andato.
– Mentre non c'ero, mio cugino e i suoi quattro amici sono venuti nella tua terra a cercarmi – disse ancora la voce. – Gli umani della Terra del Vapore lo chiamano Danger, e mi sa tanto che lo hanno incontrato anche i tuoi umani...
Mi affrettai verso le scale del pozzetto, e mi ritrovai faccia a faccia col sorriso di Talon.
– Che ne dici, Rachele... ti va di aiutarmi ad acchiapparli e a riportarli indietro? – mi chiese Talon. Sollevò una mano e fece tintinnare le ruote dentate appese al braccialetto. Tra di loro, ne contai sette con un frammento di meteorite incastonato. Non ci voleva un esperto di matematica per capire che ce n'era una in più rispetto al numero dei gremlin da rimandare a casa, e che questo poteva significare solo una cosa.

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